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Sentenza

Un Cartier in cambio di favori. 4 mesi di reclusione, oltre alla incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per la durata di un anno, nei confronti di uomo ritenuto responsabile del reato ex art. 318 c.p.
Un Cartier in cambio di favori. 4 mesi di reclusione, oltre alla incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per la durata di un anno, nei confronti di uomo ritenuto responsabile del reato ex art. 318 c.p.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 23 gennaio – 6 marzo 2014, n. 10889
Presidente De Roberto – Relatore Conti

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Genova confermava la sentenza in data 21 maggio 2009 del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Massa, appellata da M.G. , condannato, all'esito di giudizio abbreviato, con le attenuanti generiche, alla pena di quattro mesi di reclusione, oltre alla incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per la durata di un anno, in quanto responsabile del delitto di cui all'art. 318 cod. pen., perché, nella qualità di pubblico ufficiale, dirigente del settore ambiente della Provincia di Massa Carrara, in violazione dell'art. 3 D.P.C.M. 28 novembre 2000 (codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni), riceveva per sé e per sua moglie da C.M. un orologio di valore pari a Euro 2.820 marca Cartier in acciaio, quale corrispettivo per il suo interessamento finalizzato al rilascio di provvedimenti a favore della ditta Costa Mauro s.r.l., svolgente attività di raccolta e trattamento di rifiuti solidi urbani e di produzione di combustibili da rifiuto, in varie pratiche amministrative e in un ricorso giurisdizionale interessanti la predetta ditta (in (omissis)).
Le prove della responsabilità penale dell'imputato venivano rinvenute in risultanze documentali, in servizi di osservazione di p.g., nel rinvenimento nell'abitazione del M. dell'orologio Cartier di cui sopra e nelle parziali ammissioni dell'imputato.
2. Ha proposto ricorso per cassazione l'imputato a mezzo del difensore avv. Giulio Enzo Frediani, che, con un unico motivo, denuncia la violazione dell'art. 318 cod. pen., nel testo precedente la riforma recata dalla legge n. 190 del 2012, sostenendo che non vi era alcuna prova del collegamento del regalo fatto dal Costa con le funzioni esercitate dal M. , tanto più a seguito delle novità recate dalla legge n. 190 del 2012, che, nell'opinione di vari commentatori, ha rafforzato l'esigenza di nesso sinallagmatico tra dazione o promessa di un'utilità e compimento dell'atto di ufficio.
3. Il ricorso è manifestamente infondato, posto che il collegamento tra il costoso regalo ricevuto dell'imputato e l'interessamento di questo nelle varie procedure amministrative interessanti la ditta facente capo a Mauro Costa è stato ineccepibilmente tratto dai giudici di merito dal tenore delle intercettazioni telefoniche, da cui si ricava tra l'altro che fu proprio l'imputato - in un contesto in cui i rapporti con l'imprenditore erano caratterizzati esclusivamente dalle preoccupazioni del Costa circa l'andamento delle pratiche interessanti la sua ditta, e senza che fra i due sussistessero rapporti di amicizia - a chiedere che gli fosse fatto il regalo di un orologio da destinare alla moglie; richiesta correttamente ritenuta non altrimenti giustificabile se non in quadro corruttivo, sia pure non finalizzato al compimento di atti contrari ai doveri di ufficio.
Non si vede come tale quadro probatorio possa mettere in dubbio il "nesso sinallagmatico tra dazione e promessa" cui si riferisce il ricorrente; fermo restando che il nuovo testo dell'art. 318 cod. pen. si pone in linea di continuità normativa con quello recato dal medesimo articolo prima della riforma introdotta dalla legge n. 190 del 2012, ed anzi ha allargato l'area della punibilità ad ogni fattispecie di monetizzazione del munus pubblico, pur se sganciata da una logica di formale sinallagmaticità (v. Sez. 6, n. 19189 del 11/01/2013, Abbruzzese, Rv. 255073).
4. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in relazioni alle questioni dedotte, si ritiene equo determinare in Euro mille.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla somma di Euro mille in favore della cassa delle ammende.
Avv. Antonino Sugamele

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