Tribunale di Trapani. Induce in errore un soggetto circa l'esperibilità di due pratiche Irfis ottenendo, come pagamento della supposta prestazione professionale, l'ingiusto profitto di Euro 6780,00. Truffa aggravata.
Cassazione penale sez. II Data:11/03/2014 ( ud. 11/03/2014 , dep.21/03/2014 )
Numero: 13258
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PRESTIPINO Antonio - Presidente -
Dott. MACCHIA Alberto - Consigliere -
Dott. IASILLO Adriano - Consigliere -
Dott. PELLEGRINO Andrea - Consigliere -
Dott. DI MARZIO Fabrizio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.G., nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo, del 17.1.2013.
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Fabrizio Di
Marzio;
udite le conclusioni del sostituto procuratore generale Eduardo
Scardaccione sull'annullamento con rinvio limitatamente alle
statuizioni civili.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Palermo ha confermato la condanna inflitta a M.G. dal Tribunale di Trapani in data 25.5.2010 per il delitto di truffa consistita nell'aver indotto in errore F. G.G. cerca l'esperibilità di due pratiche amministrative ottenendo, come pagamento della supposta prestazione professionale, l'ingiusto profitto di Euro 6780,00.
Ricorre, assistito dal proprio difensore, l'imputato sollevando i seguenti motivi:
violazione di legge in relazione all'art. 129 cod. proc. pen. per avere la corte di appello ritenuto la procedibilità d'ufficio del delitto in questione ritenendo contestata, sia pure in via di fatto, una ipotesi di truffa aggravata ai sensi dell'art. 61 c.p., n. 11 ma omettendo di considerare che il tribunale ha pronunciato la condanna per la fattispecie semplice, e non per la fattispecie aggravata, con ciò non riconoscendo in concreto la sussistenza dell'aggravante in parola.
- violazione di legge in relazione all'art. 129 cod. proc. pen. non essendo stata presentata, per uno dei due fatti contestati la querela della persona offesa dal reato ( T.V.) bensì da soggetto diverso ed estraneo ( F.G.G.);
- violazione di legge in relazione all'art. 640 cod. pen. per avere la corte di appello ritenuto la penale responsabilità a titolo di truffa senza motivare circa la effettiva sussistenza dei requisiti di fattispecie;
- di azioni di legge in relazione agli artt. 133 e 62 bis cod. pen. e vizio di motivazione circa la decisione sul trattamento sanzionatorio;
- violazione di legge e vizio di motivazione circa la quantificazione del danno liquidato alla parte civile.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
Circa la presunta tardività della presentazione della querela, deve osservarsi come nell'atto di appello la tardività della querela è affermata in ragione della comunicazione intervenuta nel settembre 2005 da IRFIS sulla reiezione della formulata istanza di finanziamento per cui è processo, dalla quale data secondo la difesa avrebbe dovuto computarsi il termine trimestrale per la proposizione della querela. Tuttavia nella stessa narrativa dei fatti svolta a pagina 3 della sentenza di primo grado emerge come la condotta truffaldina contestata all'odierno ricorrente giungesse al suo culmine proprio in quel momento: giacchè, a fronte delle rimostranze della persona offesa, il ricorrente riferiva che avrebbe riproposto la domanda ad altro e diverso competente ente pubblico onde finalmente ottenere gli sperati finanziamenti per cui aveva ricevuto l'incarico professionale.
Attesa dunque l'irrilevanza del documento citato dall'appellante a dimostrazione della tardività della querela, l'odierno motivo si mostra infondato.
Manifestamente infondato è invece il secondo motivo, essendo entrambi i fatti di reato contestati nel capo d'imputazione commessi in danno del querelante F.G.G., il quale ebbe a corrispondere per le due prestazioni professionali, integranti altrettante truffe subite, la complessiva somma di Euro 6780,00.
L'inammissibilità del terzo motivo discende dalla formulazione dello stesso, che si risolve in una critica meramente fattuale - e peraltro generica - circa la ricostruzione dei fatti motivatamente argomentata nelle sentenze del tribunale e della corte di appello in assenza di lacune e illogicità.
L'insuperabile genericità della formulazione degli ultimi due motivi ne determina, parimenti, la manifesta infondatezza: avendo il tribunale ampiamente motivato a pagina 7 e s. (con ragioni criticamente vagliate e fatte proprie dalla corte di appello alle pagine 3 e seguenti della sentenza impugnata) la decisione sia in ordine al trattamento sanzionatorio (diffondendosi sulle ragioni del mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in considerazione della gravità del fatto e della personalità del reo, illuminata dall'esistenza di numerosi precedenti penali); sia circa la determinazione, in via equitativa, dei danni subiti - compresi i danni morali - in Euro 20.000 (in essa inglobata la somma di Euro 6780,00 già consegnata dalla vittima all'imputato, maggiorata degli interessi dovuti). Ne consegue, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
PQM
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 11 marzo 2014.
Depositato in Cancelleria il 21 marzo 2014
11-04-2014 23:58
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