Tocca i capelli di un’amica della figlia: puo considerarsi atto sessuale? La Cassazione annulla una condanna, ma il processo va rifatto.
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 5 giugno– 30 settembre 2014, n. 40349
Presidente Teresi– Relatore Andreazza
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 03/04/2013 la Corte d'Appello di Lecce, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Lecce di condanna di P.S. per il reato di cui all'art. 609 bis c.p. per avere costretto A.V. , amica di sua figlia, a subire atti sessuali cominciati toccandole i capelli ed apprezzandone la bellezza e proseguiti con carezze sul viso, vicino al mento ed alle labbra e sul collo, ha ridotto la pena irrogata ad anni uno e mesi quattro di reclusione.
2. Ha proposto ricorso l'imputato che, con un primo motivo, lamentando violazione dell'art. 192 c.p.p., rileva come la Corte, ritenendo nitida la versione della persona offesa, abbia per contro ritenuto non credibili le deposizioni dell'imputato nonché di sua figlia e sua moglie; in particolare sostiene che la Corte avrebbe dovuto, in linea con i principi espressi dalla giurisprudenza, valutare con particolare rigore le dichiarazioni della persona offesa costituita parte civile ed effettuare i dovuti riscontri oggettivi e soggettivi; in particolare, da un lato, dette dichiarazioni contrasterebbero con quelle rese da altri testi e, dall'altro, segnatamente con riguardo alla zona dove l'imputato avrebbe condotto la persona offesa, sarebbe risultato che tale zona, lungi dall'essere buia e isolata, era regolarmente illuminata sin dal 2005, ed era posta a circa 100 metri dall'abitazione dell'imputato ovvero, in sostanza, di fronte alla stessa.
3. Con un secondo motivo, lamentando la violazione dell'art. 609 bis c.p., rileva che in base allo stesso racconto della minore l'imputato le avrebbe fatto i complimenti e toccato semplicemente i capelli, aggiungendo che era bastato il suo minimo rifiuto per indurre P. a mettere in moto l'auto e ad accompagnarla a casa senza farle alcuna particolare richiesta, in tal modo non venendo integrato il reato contestato.
4. Con un terzo motivo lamenta la violazione dell'art. 603 c.p.p. precisando che con l'atto di appello era stata chiesta la rinnovazione del dibattimento per ascoltare i testi An.Lu. , An.Is. e B.S. e che tali testimonianze dovevano ritenersi investire elementi diretti a valutare la veridicità del narrato della parte offesa; censura la decisione di rigetto della richiesta avendo la Corte ritenuto dette prove non relative al punto centrale della versione fornita dalla minore.
5. In data 19/05/2014 hanno presentato memoria le costituite parti civili con cui, premettendosi non essere stato loro notificato il ricorso, nonostante la tuttora valida loro partecipazione al giudizio, contestano le argomentazioni del ricorso chiedendone l'inammissibilità o il rigetto.
6. Il ricorrente ha poi presentato motivo nuovo lamentando l'erroneo computo, nella determinazione della pena, della diminuzione per effetto dell'attenuante di cui all'art. 609 bis c.p. posto che la riduzione di due terzi della pena base fissata in anni cinque avrebbe dovuto condurre la pena finale ad anni uno e mesi otto in luogo che ad anni due e mesi sei.
Considerato in diritto
7. Il primo motivo del ricorso è inammissibile.
Questa Corte si è più volte soffermata sulla metodologia che deve guidare il giudice nell'atto di valutare le dichiarazioni accusatorie della persona offesa e che sia anche costituita (sia pure, nella specie, nel solo giudizio di primo grado, per il tramite della madre esercente la patria potestà) parte civile; ha infatti evidenziato come ben possano dette dichiarazioni fondare anche da sole, in aderenza alla generale idoneità delle dichiarazioni della persona offesa, la prova dei fatti, pur dovendosi procedere ad una attenta verifica, corredata da idonea motivazione, anzitutto della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve, in tal caso, essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone; ha tuttavia aggiunto come la qualità di parte civile possa rendere opportuna anche la ricerca di elementi di riscontro estrinseco (cfr., da ultimo, Sez. Un., n. 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte ed altri, Rv. 253214).
Sempre questa Corte ha poi puntualizzato, con riguardo alla testimonianza del minore persona offesa in particolare del reato di violenza sessuale, come non ricorra alcuna necessità di indagine psicologica in relazione alle dichiarazioni di persona adolescente, la cui naturale maturazione è connessa all'età, ove si possa escludere la presenza di elementi, quali una particolare predisposizione all'elaborazione fantasiosa o alla suggestione, tali da rendere dubbio il narrato (Sez. 3, n. 44971 del 06/11/2007, Saveri, Rv. 238279).
Nella specie la sentenza impugnata si è senz'altro attenuta a tali canoni: la Corte salentina, nel valutare le dichiarazioni della persona offesa, quindicenne al momento del fatto, e dunque non più bambina, ha posto in rilievo in maniera appropriata: a) le circostanze spazio-temporali della rivelazione del fatto (raccontato alla madre non appena tornata a casa accompagnata dall'imputato stesso e subito dopo che il fatto era a suo dire avvenuto) e le sequenze immediatamente successive (la telefonata fatta dalla stessa madre ai P. , la partenza, subito dopo, per giungere a casa degli stessi, presenti però le sole figlie e, subito dopo, la denuncia sporta ai carabinieri); b) la coerenza interna delle dichiarazioni rese in giudizio dalla ragazza e la corrispondenza del loro contenuto con quanto già esposto nella querela; c) l'assenza di contraddizioni di sorta atteso che le difformità riscontrabili avevano investito aspetti del tutto irrilevanti (come quello della presenza, in piazza e prima che Vanessa si allontanasse da sola e venisse fatta salire sull'auto dall'imputato, di uno solo o di più ragazzi e quello della condizione dei fari dell'auto, se cioè accesi o spenti, durante la sosta dietro la chiesa); d) i riscontri effettuati con esito positivo dal personale di polizia circa la corrispondenza dell'auto dell'imputato con quella indicata, nel colore e nella marca, dalla ragazza e circa le caratteristiche del luogo, isolato e di recentissima costruzione, ove l'auto si era, lungo il percorso, fermata, venendo subito dopo commessi i fatti poi denunciati; e) l'assenza di qualunque ragionevole motivo, tale non essendo quello, prospettato dall'imputato, di evitare i rimproveri della madre per il ritardato ritorno a casa, alla base di una falsa denuncia, tanto più avendo la ragazza, da poco rientrata in paese dopo un lungo soggiorno in (…), ben pochi amici, tra cui la figlia dell'imputato.
A fronte di tale iter motivazionale, il ricorrente, pur correttamente rievocando i principi in tema di valutazione testimoniale già ricordati sopra, ha, da un lato, continuato a riproporre pretese incongruenze la cui irrilevanza è tuttavia, come già detto, stata ben spiegata dai giudici di appello, e, dall'altro, ha automaticamente fatto derivare dalla minore età della persona offesa una pretesa sua suggestionabilità e inadeguatezza psicologica pur a fronte, nella specie, di una ragazza di quindici anni sulle cui caratteristiche personologiche e psicologiche lo stesso ricorrente nulla afferma, restando così del tutto sganciate dal piano concreto le doglianze sul punto.
Resta, quindi, in definitiva, intangibile la motivazione data dai giudici di appello, ove, tra l'altro, si consideri che la sentenza di merito non è tenuta a compiere un'analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico ed adeguato, le ragioni del convincimento, dimostrando che ogni fatto decisivo è stato tenuto presente (Sez. 4, n. 26660 del 13/05/2011, Caruso e altro, Rv. 250900; Sez. 5, n. 8411 del 21/05/1992, Chirico ed altri, Rv. 191488). Infatti la denunzia di minime incongruenze argomentative o l'omessa esposizione di elementi di valutazione, che il ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione (ma che non siano inequivocabilmente muniti di un chiaro carattere di decisività), non possono dar luogo all'annullamento della sentenza, posto che non costituisce vizio della motivazione qualunque omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto. Al contrario, è solo l'esame del complesso probatorio entro il quale ogni elemento sia contestualizzato che consente di verificare la consistenza e la decisività degli elementi medesimi, oppure la loro ininfluenza ai fini della compattezza logica dell'impianto argomentativo della motivazione (ex plurimis, Sez. 2, n. 18163 del 22/04/2008, Ferdico, Rv. 239789; Sez. 2, n. 7380 del 11/01/2007, Messina ed altro, Rv. 235716).
8. Anche il terzo motivo è inammissibile perché manifestamente infondato : la richiesta di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale mediante l'assunzione testimoniale dei ragazzi presenti in piazza con Vanessa è stata correttamente rigettata sul presupposto, discendente dalle considerazioni già riepilogate sopra, della assoluta irrilevanza, quanto al thema decidendi, delle circostanze oggetto delle testimonianze richieste, segnatamente riferite ai momenti precedenti l'incontro della persona offesa con l'imputato.
9. È invece fondato il secondo motivo nei limiti di cui subito oltre.
Risulta dalla stessa sentenza impugnata che, fermata la propria auto nei pressi della chiesa di (OMISSIS) , e spenti il motore ed i fari, l'imputato aveva cominciato a fissare la ragazza "dicendole che aveva bei capelli e toccandoglieli, poi le aveva accarezzato il viso, scendendo verso il collo, aveva preso dei capelli, che erano ricci, tirandoli un po', tanto da arrivare al seno"; d'altra parte, la contestazione riportata nel capo d'imputazione ha addebitato all'imputato atti sessuali consistiti segnatamente nel toccare i capelli della persona offesa, nell'averne apprezzato la bellezza e nell'avere accarezzato il viso, vicino al mento e alle labbra nonché sul collo, insistendo sul davanti e dietro dello stesso.
Risulta altresì che la ragazza aveva reagito cercando di aprire l'auto e di scappare, tuttavia non riuscendovi, sì che l'imputato aveva allora acceso il motore ed era ripartito.
Ciò posto in fatto, i giudici di appello hanno ritenuto configurabile il reato di cui all'art. 609 bis c.p. sulla base della "chiara valenza sessuale degli atteggiamenti" da parte dell'imputato "che, infatti, si era premurato di avvicinarsi alla minore nel momento in cui era riuscito ad essere solo con lei in auto e quindi anche in uno spazio ristretto, che facilitava tale condotta, oltre che in un luogo isolato, così ponendo la ragazza in una evidente situazione di inferiorità fisica, data la corporatura minuta della medesima, in confronto alla sua, piuttosto massiccia, nonché psicologica, considerato che era molto più grande di lei ed inoltre era il padre della sua amica, della quale frequentava abitualmente la casa" (vedi pag. 7).
In tal modo argomentando, sembra, dunque, che la Corte territoriale abbia fatto dipendere la valenza sessuale degli atti, o meglio, come affermato testualmente dagli stessi giudici, degli "atteggiamenti" (nozione, questa, già di per sé non esattamente coincidente con quella di atti), dalle circostanze spaziali di verificazione dei fatti e dalla situazione di inferiorità fisica della ragazza rispetto al suo interlocutore.
Va tuttavia ricordato che questa Corte ha più volte precisato che la nozione di "atti sessuali" implica necessariamente il coinvolgimento della corporeità sessuale del soggetto passivo (sez. 3, n. 23094 del 11/05/2011, T., Rv. 250654), nel senso che gli stessi devono riguardare una zona erogena del corpo altrui essendo quindi in tal modo idonei ad invadere appunto la sfera sessuale (sez. 3, n. 42871 del 26/09/2013, Z. ed altro, Rv. 256915); in altri termini, ed in conformità alla ratio ed alla lettera della norma incriminatrice, in tale nozione devono rientrare tutti quegli atti che siano oggettivamente idonei a compromettere la libertà sessuale del soggetto passivo, invadendo la sfera sessuale di questo, mediante un rapporto corpore corpori, che non deve necessariamente riguardare le zone genitali ma può estendersi anche a tutte le altre zone ritenute erogene dalla scienza, non solo medica, ma anche psicologica, antropologica e sociologica (Sez. 3, n. 41096 del 18/10/2011, P.G. in proc. M., Rv. 251316; Sez. 3, n. 12506 del 23/02/2011, Z., Rv. 249758; Sez.3, n. 25112 del 13/02/2007, G., Rv. 236964; Sez. 3, n. 21167 del 25/05/2006, B. G., Rv. 234174).
Ne consegue che, nella specie, la individuazione della valenza degli atti posti in essere dall'imputato avrebbe dovuto essere effettuata, dalla Corte territoriale, sulla base dei predetti parametri.
Al contrario, la motivazione impugnata appare essersi limitata a porre in evidenza elementi che appaiono sicuramente tali (anche in ragione della predisposizione di tempi e luoghi attuata) da poterne dedurre la sussistenza di atti idonei e diretti in modo non equivoco a porre in essere, in rapida e consequenziale successione, atti sessuali nel senso già precisato (cfr., Sez. 3, n. 21840 del 17/02/2011, L, Rv. 249993) e non portati tuttavia a termine per la reazione della ragazza, che, come visto, aveva cercato di aprire l'auto e scappare; questi stessi elementi non appaiono invece, a fronte della necessità dei requisiti già ripetutamente indicati da questa Corte, chiaramente di per sé dirimenti nel senso di far ritenere la sussistenza della violenza sessuale contestata come consumata.
10. Assorbito pertanto l'ultimo, nuovo, motivo di ricorso, la sentenza va annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Lecce che provvederà a motivare nuovamente nel rispetto dei principi sopra delineati, in una complessiva valutazione che tenga conto, accanto agli elementi, unicamente valorizzati nella sentenza impugnata, del contesto spazio - temporale e della disparità fisica, della fisionomia degli atti concretamente posti in essere.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Lecce.
02-10-2014 12:17
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