Sottrae e disperde un motociclo sottoposto a sequestro amministrativo dai Carabinieri della Stazione di Partanna e a lui affidato in giudiziale custodia. Condannato.
Cassazione penale sez. VI
Data: 18/06/2014 ( ud. 18/06/2014 , dep.27/06/2014 )
Numero: 27999
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MILO Nicola - Presidente -
Dott. FIDELBO Giorgio - Consigliere -
Dott. CAPOZZI Angelo - Consigliere -
Dott. APRILE Ercole - Consigliere -
Dott. DE AMICIS Gaetano - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
I.F. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 533/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del
21/01/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GAETANO DE AMICIS;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. FODARONI
Giuseppina che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza emessa in data 22 gennaio 2013 la Corte d'appello di Palermo ha confermato la sentenza pronunziata dal G.u.p. presso il Tribunale di Marsala in data 11 ottobre 2010, che, a seguito di giudizio abbreviato condizionato, dichiarava I.F. colpevole del reato di cui all'art. 334 c.p., comma 2, e lo condannava, applicata la diminuente del rito, alla pena sospesa di giorni quaranta di reclusione ed Euro 20,00 di multa, per avere sottratto o comunque disperso un motociclo sottoposto a sequestro amministrativo in data 23 novembre 2006 dai Carabinieri della Stazione di Partanna e a lui affidato in giudiziale custodia.
2. Avverso la su indicata pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, deducendo due motivi di doglianza.
2.1. Contraddittorietà nella motivazione, atteso che dalle dichiarazioni rese dal figlio dell'imputato, secondo cui la decisione di spostare il mezzo in altro luogo fu determinata dal fatto che il motociclo dava intralcio nel luogo ove si trovava, non risulta affatto la finalità di eludere il vincolo esistente sul bene, con la conseguenza che il comportamento dell'imputato non si pone in contrasto con l'interesse tutelato dall'art. 334 c.p..
2.2. Erronea applicazione della legge penale con riferimento alla ritenuta sussistenza dell'elemento psicologico del reato, tenuto conto del fatto che, nel caso in esame, l' I. era stato semplicemente avvisato dai Carabinieri del fatto di non poter più utilizzare in futuro il ciclomotore sequestrato, omettendo pertanto di fornire un'informazione completa e dettagliata in merito alle modalità concrete in cui sarebbe dovuta avvenire la custodia del mezzo. In ogni caso, il fatto avrebbe dovuto essere inquadrato nella diversa fattispecie di cui all'art. 335 c.p..
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile, in quanto sostanzialmente orientato a riprodurre un quadro di argomentazioni già esposte in sede di appello - e finanche dinanzi al Giudice di prime cure - che tuttavia risultano ampiamente vagliate e correttamente disattese dalla Corte distrettuale, ovvero a sollecitare una rivisitazione meramente fattuale delle risultanze processuali, perchè imperniata sul presupposto di una valutazione alternativa delle fonti di prova, in tal guisa richiedendo l'esercizio di uno scrutinio improponibile in questa Sede, a fronte della linearità e della logica conseguenzialità che caratterizzano la scansione delle sequenze motivazionali dell'impugnata decisione.
Il ricorso, dunque, non è volto a rilevare mancanze argomentative ed illogicità ictu oculi percepibili, bensì ad ottenere un non consentito sindacato su scelte valutative compiutamente giustificate dal Giudice di appello, che ha adeguatamente ricostruito il compendio storico-fattuale posto a fondamento del tema d'accusa.
In tal senso, la Corte territoriale, sulla base di quanto sopra esposto in narrativa, ha proceduto ad un vaglio critico di tutte le deduzioni ed obiezioni mosse dalla difesa, pervenendo alla decisione impugnata attraverso una disamina completa ed approfondita delle risultanze processuali.
Nel condividere il significato complessivo del quadro probatorio posto in risalto nella sentenza del Giudice di primae curae, la cui struttura motivazionale viene a saldarsi perfettamente con quella di secondo grado, sì da costituire un corpo argomentativo uniforme e privo di lacune, la Corte di merito ha esaminato la contrastante versione dei fatti narrata dall'imputato ed ha puntualmente disatteso la diversa ricostruzione prospettata nelle deduzioni e nei rilievi sollevati dalla difesa, ponendo in evidenza, sulla base delle fonti prova orale e documentale in atti acquisite: a) che il motociclo, di proprietà del ricorrente, era stato oggetto di sequestro e successiva confisca ad opera della Prefettura di Trapani; b) che l'imputato, quale proprietario del mezzo, ne era stato nominato custode, con l'obbligo di custodirlo presso la propria abitazione; c) che, a seguito della confisca del mezzo con provvedimento notificatogli il 1 marzo 2008, la P.G. si recava presso l'abitazione dell' I. per procedere all'esecuzione forzata del provvedimento ablativo, ma non rinveniva il mezzo nel luogo ove avrebbe dovuto essere custodito, poichè, come riferito dal figlio, era stato spostato dal padre presso un appezzamento di terreno del cugino; d) che quest'ultimo, a sua volta, confermava la circostanza, precisando altresì che il motociclo era stato successivamente oggetto di un furto all'inizio del 2009; e) che lo spostamento del mezzo fu effettuato nel settembre 2008, quando il ricorrente era già a conoscenza del provvedimento di confisca notificatogli nel precedente mese di marzo; f) che la scelta di spostare il mezzo in altro luogo, sulla base di quanto indicato nell'annotazione di servizio redatta dai Carabinieri, che sul punto hanno richiamato le dichiarazioni del figlio, I.R., fu volontariamente adottata dall'imputato per il fatto che quel motociclo, nel luogo ove inizialmente si trovava custodito, recava intralcio.
4. Sulla base del compendio probatorio in atti acquisito, la Corte d'appello ha coerentemente concluso il suo percorso motivazionale, escludendo, alla luce della ricostruita sequenza storico-fattuale, la configurabilità dell'ipotesi colposa di cui all'art. 335 c.p. - evocata sull'ipotizzato rilievo che il ricorrente potesse non aver compreso gli obblighi imposti dal fatto di esser stato nominato custode del bene - non solo in quanto gli stessi risultavano a lui ritualmente comunicati, ma anche in ragione del fatto che egli ebbe a conservare per un lungo periodo il mezzo nel luogo indicato nel relativo verbale di sequestro, ossia dal giorno dell'apposizione del vincolo - il 23 novembre 2006 - sino al settembre del 2008, spostandolo in seguito alla notifica del provvedimento di confisca, senza richiedere alcuna autorizzazione o fornire alcun preavviso alle competenti autorità.
Al riguardo, pertanto, deve ritenersi che l'impugnata sentenza ha fatto buon governo dei principii più volte stabiliti da questa Suprema Corte (Sez. 6, n. 18285 del 27/02/2007, dep. 11/05/2007, Rv.
236447), secondo cui la sottrazione di una cosa sottoposta a sequestro si realizza anche con la mera "amotio" della "res", ingiustificata e non comunicata all'ufficio esecutante. Ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 334 cod. pen., infatti, il termine "sottrarre" ha un significato molto ampio, comprensivo di qualunque fatto del custode idoneo ad eludere il vincolo imposto sul bene pignorato, come la semplice "amotio" non segnalata agli organi competenti (Sez. 6, n. 6220 del 16/01/1976, dep. 20/05/1976, Rv.
133599).
Ai fini della penale responsabilità del custode, si soggiunge nell'elaborazione giurisprudenziale di questa Suprema Corte, il concetto di sottrazione non implica esclusivamente quello di appropriazione, essendo sufficiente ad integrarlo il mero spostamento della cosa effettuato senza preavviso all'Ufficiale giudiziario e al Giudice dell'esecuzione, con la conseguenza che il reato sanzionato dall'art. 334 c.p. è configurabile non solo quando la rimozione sia obiettivamente idonea ad impedire la vendita del bene pignorato, ma anche quando crei ostacoli o ritardi al suo reperimento (Sez. 6, n. 3442 del 09/02/1983 dep. 22/04/1983, Rv. 158545).
La consapevolezza di agire in contrasto con il vincolo gravante sulla cosa, infine, è alla base del dolo generico richiesto per la configurabilità della fattispecie incriminatrice in esame (Sez. 6, n. 2788 del 29/01/1974, dep. 03/04/1974, Rv. 088627), ed è stata motivatamente ritenuta nelle conformi decisioni dei Giudici di merito, che sul punto hanno linearmente argomentato muovendo dal rilievo della cosciente violazione degli obblighi inerenti alla custodia del motociclo, il quale avrebbe potuto essere rimosso dal luogo ove si trovava custodito solo nell'ipotesi di una specifica autorizzazione rilasciata dalla competente autorità.
5. La Corte d'appello, pertanto, ha compiutamente indicato le ragioni per le quali ha ritenuto sussistenti gli elementi richiesti per la configurazione del delitto oggetto del tema d'accusa, ed ha evidenziato al riguardo gli aspetti maggiormente significativi, dai quali ha tratto la conclusione che la ricostruzione proposta dalla difesa si poneva solo quale mera ipotesi alternativa, peraltro smentita dal complesso degli elementi di prova processualmente acquisiti.
La conclusione cui è pervenuta la sentenza impugnata riposa, in definitiva, su un quadro probatorio linearmente rappresentato come completo ed univoco, e come tale in nessun modo censurabile sotto il profilo della congruità e della correttezza logico-argomentativa.
In questa Sede, invero, a fronte di una corretta ed esaustiva ricostruzione del compendio storico-fattuale oggetto della regiudicanda, non può ritenersi ammessa alcuna incursione nelle risultanze processuali per giungere a diverse ipotesi ricostruttive dei fatti accertati nelle pronunzie dei Giudici di merito, dovendosi la Corte di legittimità limitare a ripercorrere l'iter argomentativo ivi tracciato, ed a verificarne la completezza e la insussistenza di vizi logici ictu oculi percepibili, senza alcuna possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle correlative acquisizioni processuali.
6. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo quantificare nella misura di Euro mille.
PQM
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 18 giugno 2014.
Depositato in Cancelleria il 27 giugno 2014
08-08-2014 14:36
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