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Sentenza

Scrive su facebook .. vi consiglio vivamente di non  andare  x chi lo conosce al Centro E. B. S. perché fa  ..onco  ai  bai (vomitare i bachi), sono persone che non lavorano seriamente .. Imputata condannata, anche al risarcimento dei danni.
Scrive su facebook .. vi consiglio vivamente di non andare x chi lo conosce al Centro E. B. S. perché fa ..onco ai bai (vomitare i bachi), sono persone che non lavorano seriamente .. Imputata condannata, anche al risarcimento dei danni.
Ufficio Indagini preliminari    Livorno Data:    31/12/2012 ( ud. 02/10/2012 , dep.31/12/2012 ) Numero:    38912
                                  TRIBUNALE DI LIVORNO
                    UFFICIO DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
                     N°. 4078/11 N.R. N°. 25/12 G. I. P.
                                SENTENZA N°. 38912
                             REPUBBLICA ITALIANA
                              IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
                         IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Presso il Tribunale di Livorno Dr. Antonio Pirato
    all'udienza  in  Camera  di  Consiglio  del 02/10/12 ha pronunciato e
    pubblicato
    mediante lettura la seguente
                                      SENTENZA
    nei  confronti di: M.R. nt. Livorno ... dom. eletto c/o lo studio del
    difensore  Girolamo Adoncecchi del Foro di Livorno - presente -difesa
    di fiducia dall'Girolamo Adoncecchi del Foro di Livorno - presente -
    IMPUTATA
    Del  reato  di  cui  all'art.  595 comma 3 c.p. perché pubblicando su
    Facebook  messaggi  con  le seguenti frasi "vi consiglio vivamente di
    non  andare  x chi lo conosce al Centro E. B. S. perché fa
    onco  ai  bai, sono persone che non lavorano seriamente" nonché "sono
    dei  pezzi  di merda, è quello che si meritano ... " "sei proprio una
    ....  e di merda", offendeva la reputazione di G.P. titolare e legale
    rappresentante del Centro Estetico. In Livorno il 09.05.2011
    Parte Civile
    G.P.  nt.  Albania  ... dom. eletto c/o lo studio dell'Avv.to Valerio
    Misiti del Foro di Livorno
                                                                      - non presente
    Difeso dall'Avv.to Valerio Misiti del Foro di Livorno
                                                                          - presente
    con l'intervento del Pubblico Ministero Dr. G. Rizzo
    e degli Avv.to G. Adoncecchi e Avv.to V. Misiti del Foro di Livorno
    Le  parti  hanno  concluso  come segue: Il PM chiede la condanna alla
    pena della multa di euro 2.000
    P  Avv.to  Misiti  per  la  P.C. si associa alle conclusioni del PM e
    chiede    "Piaccia    al    Giudice    adito,  confermata  la  penale
    responsabilità  dell'imputata  M.R.  in  ordine  al reato alla stessa
    ascritto  in  rubrica, condannarla alla pena ritenuta di giustizia ed
    all'integrale  risarcimento  dei  danni  materiali e morali, ex artt.
    2043  e  2059  c.c., in favore delle parte civile costituita P.G., da
    liquidarsi in via equitativa e/o in sede civile.
    Piaccia   ancora  al  Giudice  adito  condannare  la  sopra  indicata
    imputata  al  pagamento  di provvisionale immediatamente esecutiva in
    favore  del  sig.  P.G., ai sensi dell'art. 540 c.p.p., in misura non
    inferiore  ad  euro  10.000,00  ovvero in via equitativa, nonché alla
    refusione  delle  spese sostenute dalla parte civile per questo grado
    del giudizio".
    L'Avv.to  Adoncecchi  per  M.  chiede sentenza di NLP con benefici di
    legge


    Fatto
    MOTIVI DELLA DECISIONE IN FATTO E IN DIRITTO

    Con richiesta di rinvio a giudizio depositata dal P.m. il 5.1.2012 M.

    Rossella veniva tratta a giudizio con l'accusa di avere commesso il reato di cui all'art. 595 comma 3 c.p. pubblicando si Facebook i messaggi offensivi descritti nel capo d'imputazione in epigrafe trascritti, a proposito del centro estetico gestito a Livorno dal querelante G.P..

    Quest'ultimo, ritenendosi leso nella sua reputazione, in data 10.5.2011 proponeva atto di querela contro la M. affinché venisse perseguita penalmente per il reato di cui all'art. 595 e all'udienza preliminare si costituiva parte civile.

    Il difensore dell'imputata nel corso dell'udienza preliminare otteneva che il

    procedimento venisse trattato con le forme del rito abbreviato e all'odierna udienza, udita la discussione e le conclusioni delle parti, veniva pronunciata sentenza mediante lettura del dispositivo.

    Nell'atto di querela la persona offesa rappresentava in particolare che l'odierna prevenuta aveva prestato attività lavorativa alle sue dipendenze presso il centro estetico ma il rapporto aveva avuto breve durata essendo stata la dipendente licenziata per le inadempienze nello svolgimento delle mansioni lavorative.

    Lamentava il querelante che il successivo 9 maggio 2011 la ex dipendente aveva pubblicato un messaggio sulla "bacheca" del proprio profilo Facebook dal contenuto volgare e tenore chiaramente denigratorio a proposito dell'aspetto della professionalità del centro estetico E. B. S. ("sono persone che non lavorano seriamente" ... "fa onco ai bai (1)") sconsigliando a chiunque di frequentarlo (cfr. doc. n. 5 allegato alla querela).

    La M., inoltre, nel conversare con altri "amici" sempre su facebook si esprimeva con epiteti offensivi con riferimento al gestore del centro estetico ("sei proprio un a.....e di merda (2) ... sono dei pezzi di merda ").

    Valuta questo G.U.P. che le risultanze istruttorie siano idonee a fondare l'ipotesi accusatoria.

    Non v'è dubbio che le espressioni sopra riportate provengano da M.R..

    Le argomentazioni difensive svolte in sede di discussione finale si sono incentrate essenzialmente sulla pretesa impossibilità di attribuire con certezza la paternità di uno scritto o un messaggio al titolare "apparente" del "profilo" dalla cui fonte quello scritto proviene potendo sotto quella apparente identità celarsi un soggetto autore diverso dal titolare del profilo che avrebbe operato sostanzialmente un "furto d'identità", scrivendo sotto falso nome utilizzando indebitamente l'altrui profilo.

    La tesi difensiva non ha pregio.

    È pacifico e non è contestato dalla difesa il presupposto antefatto e cioè che la M. abbia lavorato presso il suddetto Centro Estetico ed infatti uno dei partecipanti alla conversazione si rivolge a R. M. - che aveva appena pubblicato sulla propria bacheca la frase: "vi consiglio vivamente di non andare x chi lo conosca al centro estetico E. B. S. perché fa onco ai bai, sono persone che non lavorano seriamente" - dicendole: " perché? Non ci lavoravi?." e la M. risponde: " si, ma ora è un mesetto che non ci lavoro più, e meno maleV e poi, aggiunge la frase sopra riportata: "sei proprio un a******e di merda" (cfr. a pag 5 del fascicolo delle indagini preliminari).

    Vi sono inoltre altre affermazioni della M. (come quella riferita al fatto di non avere ancora riscosso le retribuzioni arretrate) che riconducono univocamente al trascorso rapporto lavorativo tra lei e il Centro estetico gestito dal querelante.

    Non vi sono perciò dubbi sulla riferibilità soggettiva degli scritti incriminati all'odierna imputata e che i pregressi rapporti professionali tra le parti abbiano costituito il movente per l'uso improprio del mezzo informatico di comunicazione in danno del decoro e della reputazione del proprio ex datore di lavoro contro cui erano diretti i pubblici "sfoghi" manifestati dalla M. nel trattare l'argomento con altri soggetti partecipanti e facenti parte del medesimo gruppo di amici.

    Ai fini della valutazione relativa alla configurabilità del reato di diffamazione in contestazione giova premettere brevi notazioni sul funzionamento del sito web denominato "Facebook" che oggi è considerato il più diffuso e popolare dei social network ad accesso gratuito, vale a dire una cosiddetta rete sociale in cui può essere coinvolto un numero indeterminato di utenti o di navigatori Internet che tramite questo sito web entrano in relazione tra loro pubblicando e/o scambiandosi contenuti che sono visibili altri utenti facenti parte dello stesso gruppo o comunque a questo collegati. All'interno di esso gli utenti possono creare propri "profili personali" su cui pubblicare fotografie, video, informazioni personali e liste di interessi e aderire ad un gruppo di cosiddetti "amici". Per ciò che qui maggiormente rileva, Facebook consente agli utenti di fruire di alcuni servizi tra i quali l'invio e la ricezione di messaggi, rilascio di commenti, fino alla possibilità di scrivere sulla bacheca di altri amici, decidendo di impostare diversi livelli di condivisione di tali informazioni. È evidente che gli utenti del social network sono consapevoli, e anzi in genere tale effetto non è solo accettato ma è indubbiamente voluto, del fatto che altre persone possano prendere visione delle informazioni scambiate in rete. Infatti, è nota agli utenti di "Facebook" l'eventualità che altri possano in qualche modo individuare e riconoscere le tracce e le informazioni lasciate in un determinato momento sul sito, anche a prescindere dal loro consenso: trattasi dell'attività di ed. "tagging" che consente, ad esempio, di copiare messaggi e foto pubblicati in bacheca e nel profilo altrui oppure email e conversazioni in "chat", che di fatto sottrae questo materiale dalla disponibilità dell'autore e sopravvive alla stessa sua eventuale cancellazione dal social network. L'uso di espressioni di valenza denigratoria e lesiva della reputazione del profilo professionale della parte civile integra sicuramente gli estremi della diffamazione alla luce del detto carattere pubblico del contesto in cui quelle espressioni sono manifestate, della sua conoscenza da parte di più persone e della possibile sua incontrollata diffusione tra i partecipanti alla rete del social network.

    Lo specifico episodio in trattazione va più esattamente qualificato come delitto di diffamazione aggravato dall'avere arrecato l'offesa con un mezzo di pubblicità (fattispecie considerata al comma terzo dell'art. 595 c.p. e equiparata, sotto il profilo sanzionatorio, alla diffamazione commessa con il mezzo della stampa).

    Della diffamazione sussistono tutti gli estremi essenziali:

    - la precisa individuabilità del destinatario delle manifestazioni ingiuriose (nel caso di specie la M. ha espressamente fatto riferimento al Centro E. E.  nel quale ha lavorato come dipendente);

    - la comunicazione con più persone alla luce del cennato carattere "pubblico" dello spazio virtuale in cui si diffonde la manifestazione del pensiero del partecipante che entra in relazione con un numero potenzialmente indeterminato di partecipanti e quindi la conoscenza da parte di più persone e la possibile sua incontrollata diffusione.

    - La coscienza e volontà di usare espressioni oggettivamente idonee a recare offesa al decoro, onore e reputazione del soggetto passivo.

    Si giunge agevolmente a ritenere che l'utilizzo di Internet integri l'ipotesi aggravata di cui all'art. 595, co. 3, c.p. (offesa recata con qualsiasi altro mezzo di pubblicità), poiché la particolare diffusività del mezzo usato per propagare il messaggio denigratorio rende l'agente meritevole di un più severo trattamento penale.

    Affermata conclusivamente la penale responsabilità dell'imputata in riferimento al reato a lei contestato, in ragione della sua incensuratezza e del concreto contesto da cui ha preso spunto il fatto nonché valutato il concreto grado del dolo ,possono riconoscersi alla M. le attenuanti generiche e quantificare la pena in quella di euro 1.000,00 di multa (per effetto della riduzione di un terzo per effetto della scelta del rito).

    All'accertamento del reato consegue ex lege la condanna dell'imputato al risarcimento dei danni in favore della parte civile nei termini di cui al dispositivo che segue.
    PQM
    P.Q.M.

    Visti gli artt. 438 e ss., 533 e 535, c.p.p.

    DICHIARA

    M.R. colpevole del reato a lei ascritto e concesse le attenuanti generiche, la

    CONDANNA

    alla pena di euro 1.000,00 di multa. Visti gli artt. 163 e 175, c.p.

    CONCEDE

    All'imputata i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna sul certificato del casellario giudiziale a richiesta dei privati.

    Visto l'art. 538 c.p.p.

    CONDANNA

    M.R. a risarcire il danno sofferto dalla parte civile costituita, P.G., che si liquida in euro 3.000,00 oltre interessi di mora al tasso legale dalla odierna liquidazione al saldo oltre alla rifusione delle spese di costituzione di parte civile che si liquidano in complessive euro 1.500 oltre IVA e CAP di legge Motivazione entro giorni 90. Livorno 2.10.2012

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    (1) Espressione gergale tipica del dialetto livornese che può essere tradotto in questi termini "fa vomitare i bachi (vermi)"

    (2) alludendo chiaramente alla nazionalità di G.P. che infatti è a(lbanes)e.
Avv. Antonino Sugamele

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