Recapita due missive, contenenti un proiettile ciascuna, al presidente, agli associati ed ai dipendenti delle ACLI di Trieste.L’assenza di indicazione del destinatario delle buste, recapitate a mano, non comporta l’insussistenza del reato, né la sua configurabilità in forma tentata.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 22 aprile – 11 novembre 2014, n. 46472
Presidente Bruno – Relatore Caputo
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza deliberata il 21/02/2013, la Corte di appello di Trieste ha confermato la sentenza del Tribunale di Trieste del 11/10/2010, che aveva dichiarato D.G. colpevole dei reati di minaccia aggravata commessi in Trieste in data 11/02/2009 e 12/02/2009 e del reato di cui all'art. 697 cod. pen. commesso in Trieste il 12/02/2009. A D. veniva imputato di avere minacciato al presidente, agli associati e ai dipendenti delle Acli di Trieste, tra i quali M.E. , C.L. , U.G. e Q.F. , un male ingiusto recapitando due missive con scritto "per il 10 febbraio foiba" e contenenti, ciascuna, un proiettile (in particolare, una comune munizione atta all'impiego inserita nella busta del 12/02/2009 e un proiettile non funzionante inserito nell'altra busta).
Rileva la Corte di merito che l'assenza di indicazione del destinatario delle due buste recapitate - evidentemente a mano - presso la sede provinciale delle ACLI di Trieste non comporta l'insussistenza del reato o la sua configurabilità in forma tentata, posto che esse vennero regolarmente ricevute dai responsabili delle ACLI che chiesero l'intervento della polizia e, in particolare, dal direttore del patronato Q.F. : le minacce sono state commesse con scritti anonimi e mediante l'invio di munizioni, sicché è configurabile il reato di cui all'art. 612, secondo comma, cod. pen., risultando altresì evidente che l'invio di un proiettile rappresenta un'esplicita minaccia di morte, tale da integrare la minaccia grave.
2. Avverso la sentenza della Corte di appello di Torino ha proposto ricorso per cassazione, nell'interesse di D.G. , l'avv. Giovanni Di Lullo, denunciando - nei termini di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. - inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta sussistenza del reato di minaccia in assenza di un destinatario individuato o individuabile. Le missive minatorie sono risultate prive di destinatario sicché non è risultato confermato il capo di imputazione a tenore del quale i soggetti passivi del reato si sarebbero dovuti identificare in M. , C. , U. e Q. , né rileva che quest'ultima abbia ricevuto e poi consegnato alla polizia una delle due lettere. Soggetto passivo del reato può essere soltanto una persona determinata o determinabile, sicché non può dirsi sussistente il reato di minacce, ma, al più, si sarebbe dovuto contestare il reato di cui all'art. 658.
Considerato in diritto
Il ricorso non è fondato.
Per la configurabilità del reato di minaccia, il destinatario della stessa deve essere individuato o comunque individuabile (cfr. Sez. 1, n. 960 del 17/10/1985 - dep. 25/01/1986, Onorato, Rv. 171669). Nel caso di specie, la sentenza impugnata ha ritenuto la prospettazione delle minacce, veicolate attraverso missive recapitate presso la sede provinciale delle Acli, come ricollegata a persone identificabili (i responsabili delle Acli locali) e in parte identificate (il direttore del patronato Acli): il riferimento alle modalità delle condotte minacciose (missive recapitate ad un'associazione) e la connessa identificabilità dei destinatari, svolta dalla sentenza impugnata con motivazione immune da cadute di conseguenzialità logica, escludono il carattere indistinto dei destinatari e, quindi, la sussistenza del vizio denunciato.
A conclusioni diverse non può giungersi sulla base del precedente invocato dal ricorso e sopra richiamato: Sez. 1, n. 960 del 17/10/1985 - dep. 25/01/1986, Onorato, Rv. 171669, infatti, ha ritenuto non configurabile il reato di cui all'art. 612 cod. pen. in relazione ad una fattispecie in cui si è escluso che con la frase "se tale situazione politica continua, in Calciano scorrerà il sangue" l'imputato intendesse minacciare di morte il sindaco, fattispecie, questa, affatto diversa da quella in esame, caratterizzata non già da una condotta minacciosa risoltasi in una frase non riferibile a destinatari individuabili, ma in missive indirizzate ad un'associazione. Il precedente indicato conferma, al contrario, la configurabilità del delitto di minaccia in presenza di destinatari identificabili della condotta minacciosa.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
12-11-2014 23:38
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