Rapina e applicazione dell’attenuante del danno di lieve entità. Non si deve avere riguardo all'entità del bottino, ma agli eventuali danni fisici e morali subiti dalle vittime del reato.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 18 novembre – 3 dicembre 2014, n. 50651
Presidente Gentile – Relatore Iannelli
1. Tramite difensore, G.E.M., già condannato in abbreviato con doppia conforme – sentenze del tribunale di Milano in data 5.6.2013 e della corte di appello della stessa città in data 13/17.1.2014 – alla pena di anni due di reclusione ed euro 400,00 di multa per il delitto di rapina aggravata ex artt. 110, 628, commi 1 e 3 n. 1 c.p., ricorre avverso la seconda decisione, esponendo tre ragioni di doglianza: violazione dell'art. 62, n. 4 c.p. per il mancato riconoscimento della relativa attenuante, carenza di motivazione per il negato giudizio di prevalenza delle attenuanti sulla aggravante contestata, carenza ancora di motivazione in ordine alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
2. Il ricorso non può accogliersi per ripetere per gran parte dei motivi di ricorso quelli già costitutivi dei motivi di appello, esaustivamente, anche se sinteticamente, valutati dai giudici del merito.
E' pur vero che complessive euro 55 e un telefonino, del resto restituito ad una delle persone offese, possono, con riferimento al danno complessivo, nel contesto di una interpretazione angusta del termine patrimoniale, ritenersi di speciale tenuità, ma non più certo allorché dell'aggettivo si accolga una interpretazione comprensiva del danno fisico o morale procurato dalla condotta illecita (in tal senso, Sez. 2, 20.12.2013/24.03.2014, Di Girolamo e a., Rv. 259701). E nella specie i danni morali procurati alle due persone offese, aggredite da un gruppo di giovani, spintonati, umiliati dall'essere stati frugati nel loro vestiario, sbattuti contro una macchina in sosta, colpiti con pugni e calci devono ritenersi rilevanti, certo non di lievi entità una volta che i danni morali trasmigrino, per i loro riflessi, sul piano del danno economico.
Di certo infondati sono i due ulteriori motivi di ricorso: il giudizio di equivalenza delle circostanze contrapposte e il diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena, nelle determinazioni dei giudici di merito, sono fondati sul disvalore, non tanto dell'unico precedente penale a carico dell'imputato, ma dal disvalore emergente dalle modalità della condotta che denotano – argomentano i giudici del fatto – una “abitualità di gruppo” pericolosa e che non depone per una possibilità di resipiscenza da condotte criminose improntate alla violenza ed alla sopraffazione dei deboli.
3. Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l'imputato che lo ha proposto, deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
03-12-2014 23:13
Richiedi una Consulenza