Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Penalista Trapani

Sentenza

Presenta richiesta di partecipazione ad una selezione pubblica per l’assunzione di un dirigente medico, e dichiara falsamente di non aver prestato servizio presso delle pubbliche amministrazioni. Tre mesi di reclusione.
Presenta richiesta di partecipazione ad una selezione pubblica per l’assunzione di un dirigente medico, e dichiara falsamente di non aver prestato servizio presso delle pubbliche amministrazioni. Tre mesi di reclusione.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 5 febbraio – 15 luglio 2014, n. 30955
Presidente Fumo – Relatore Positano

Ritenuto in fatto

1. A.F. propone ricorso per cassazione contro la sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Cagliari in data 23 maggio 2013 che ha parzialmente modificato la decisione adottata il 6 dicembre 2010 dal Tribunale di Cagliari con la quale l'A. è stato ritenuto responsabile del reato di cui all'articolo 495 del codice penale, per avere falsamente dichiarato al Direttore Generale della Asl di Cagliari, nella richiesta di partecipazione alla selezione pubblica per l'assunzione di dirigente medico, di non avere prestato servizio presso pubbliche amministrazioni.
2. Il Tribunale ha condannato il ricorrente alla pena di mesi tre di reclusione con le attenuanti generiche, risultando pacificamente che lo stesso era stato in precedenza assunto dalla Asl n. X in qualità di Dirigente Medico di Patologia Clinica, dal 21 febbraio 2005 al 10 settembre 2005.
3. Avverso la decisione del Tribunale ha proposto appello la difesa dell'A. contestando la sussistenza materiale del fatto e fornendo una ricostruzione degli avvenimenti che consentiva di spiegare le vicende in questione, evidenziando le criticità esistenti nell'operato del Direttore Generale dell'Azienda sanitaria.
4. La Corte d'Appello ha ritenuto sussistenti tutti gli elementi del reato di falso, essendosi l'imputato attribuito una situazione lavorativa non vera e rientrando la dichiarazione rilasciata tra quelle sostitutive concernenti i seguenti stati, tra le quali, l'appartenenza ad ordini professionali, il titolo di studio, la qualifica professionale posseduta, il titolo di specializzazione o di abilitazione, di formazione e di aggiornamento e di qualificazione tecnica ed altri, con il conforto sulla corretta qualificazione giuridica del fatto ascritto, da parte della giurisprudenza della Cassazione (Cass. Sez. 5, n. 22603 del 19 marzo 2010, che ha ritenuto integrato il delitto in questione nell'ipotesi di falsa attestazione della insussistenza, in capo al dichiarante, di cause di divieto, di decadenza di sospensione, relative alla certificazione antimafia).
5. Avverso la decisione con la quale la Corte, in parziale riforma della sentenza impugnata, concedeva il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, propone ricorso per cassazione A.F. lamentando:
6. violazione di legge e mancanza di motivazione non rientrando la omessa dichiarazione nella categoria delle "altre qualità della propria persona";
7. omessa valutazione da parte della Corte d'Appello della condotta del Direttore Generale tesa a discriminare l'imputato;
8. erronea qualificazione dell'attività prestata dall'imputato come prestazione di servizio effettivo e non come prova attitudinale precaria.

Considerato in diritto

La sentenza impugnata non merita censura.
1. Con il primo motivo la difesa del ricorrente lamenta violazione della legge penale e mancanza di motivazione riguardo al profilo specifico dell'art. 495 del codice penale, ritenendo non corretta la qualificazione operata dal giudice di appello, poiché la circostanza di aver omesso di dichiarare di non avere superato una prova attitudinale svolta presso l'Ospedale S(omissis) , non può farsi rientrare nella categoria delle "altre qualità della propria persona". In realtà si tratterebbe, secondo il ricorrente, di un fatto storico caratterizzato da precarietà, come tale incompatibile con il concetto di servizio in senso tecnico.
2. La censura è infondata. La mancata dichiarazione di un elemento impeditivo rientra certamente tra le ipotesi dell'articolo 495 codice penale, come evidenziato dalla sentenza di questa Sezione richiamata dalla Corte d'Appello, che si condivide, secondo cui integra il delitto in oggetto la presentazione di dichiarazione sostitutiva di certificazione attestante falsamente l'insussistenza, in capo al dichiarante, di cause di divieto, di decadenza o di sospensione (Sez. 5, n. 22603 del 19/03/2010 - dep. 11/06/2010, Giannone, Rv. 247442).
3. Con il secondo motivo censura l'omessa valutazione da parte della Corte d'Appello del rapporto esistente tra l'omissione imputata all'A. e l'arbitrario inserimento di tale requisito negativo da parte del Direttore della Azienda sanitaria, al probabile fine di discriminare l'imputato.
4. Rileva la Corte che le argomentazioni sono inconferenti, non essendo rilevante la motivazione posta a base dell'inserimento di tale requisito ulteriore, peraltro ragionevole (non possono accedere all'impiego coloro che siano stati destituiti o dispensati dall'impiego presso una pubblica amministrazione, per persistente insufficiente rendimento) non avendo il candidato impugnato davanti al giudice amministrativo il provvedimento di bando.
5. Con il terzo motivo deduce l'erronea qualificazione, come prestazione di servizio effettivo, dell'attività prestata dall'A. presso l'Ospedale S. Marcellino, evidenziando che si era trattato di una prova attitudinale estremamente precaria, che costituiva concetto diverso rispetto a quello di prestazione di servizio presso una pubblica amministrazione.
6. La doglianza è destituita di fondamento. La Corte, con motivazione congrua e ragionevole, ha evidenziato che la precarietà estrema della prova attitudinale è incompatibile con il dato oggettivo, desumibile dal capo d'imputazione e non contestato, dell'espletamento, in qualità di Dirigente Medico di Patologia Clinica, di attività lavorativa per diversi mesi, dal 21 febbraio 2005 al 10 settembre 2005. Si tratta di un segmento temporale inconciliabile con il concetto di periodo di prova o di estrema precarietà dell'attività svolta, come sostenuto dalla difesa.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza