Nasconde nel reggiseno della figlia 451 dosi di cocaina. 6 anni di reclusione.
Ufficio Indagini preliminari Napoli 29/05/2014 ( ud. 29/05/2014 , dep.29/05/2014 ) Numero: 1236
TRIBUNALE DI NAPOLI
(Giudice per le Indagini Preliminari - uff. 29)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Napoli
dott. Francesco De Falco Giannone, all'udienza del 29 mag. 14 ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nel procedimento a carico di:
O.A., nato a Napoli il ..., attualmente detenuto per questo
procedimento:
PRESENTE;
difesa di fiducia dall'avv. Vittorio MAIONE;
IMPUTATO
del delitto p. e p. dagli artt. 110, 112 n. 3 e 4 c.p., 73 co. 1, 80
co. 1 lett. b) d.p.r. n. 309/1990 perché, in concorso con la figlia
O.I. classe 1998, minore degli anni 18, illecitamente deteneva,
alfine della cessione a terzi e, comunque, per uso non
esclusivamente personale sostanza stupefacente del tipo cocaina, per
un peso complessivo superiore ai limiti massimi indicati con decreto
del Ministero della Salute, ed esattamente una bustina occultala nel
reggiseno della figlia contenente cocaina del perso netto di mg.
100198,9 con principio attivo del 67,5%pari a mg. 67634,0 utile per
il confezionamento di n. 451 dosi medie singole. In Napoli, il
24/1/2014. Con la recidiva reiterata e specifica.
Conclusioni delle parti:
P.M.: dichiarazione dì responsabilità e, esclusa la recidiva,
condanna, con la riduzione per il rito, alla pena di anni 6 di
reclusione ed euro 30.000,00 di multa;
DIFESA: dichiarazione di responsabilità e condanna, previo
esclusione della recidiva e della circostanza aggravante di cui
all'art. 80 d.p.r. n. 309/1990, al minimo della pena;
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto del 20/3/2014 nel procedimento in epigrafe il G.I.P. del Tribunale di Napoli, su richiesta della locale Procura della Repubblica, disponeva il giudizio immediato nei confronti dell'imputato per il reato ascritto.
Nei termini di legge l'imputato, a mezzo del proprio difensore procuratore speciale, avanzava richiesta di giudizio abbreviato.
All'odierna udienza, ammesso il rito speciale, le parti concludevano come in epigrafe e il Tribunale pronunciava sentenza, come da dispositivo allegato al verbale di udienza.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Gli elementi acquisiti anche al fascicolo del Pubblico Ministero, ed utilizzabili nel presente giudizio in virtù della scelta del rito operata, consentono di ritenere raggiunta, al di là di ogni ragionevole dubbio, la prova della penale responsabilità dell'imputato per il reato ascritto.
Ed invero i fatti di reato di cui all'imputazione emergono in primo luogo dal verbale di arresto operato dal personale del Nucleo Operativo Compagnia Carabinieri di Napoli-Centro, il quale, alle ore 20,15 circa del 24/1/2014, nel corso di un servizio di osservazione al vico D. n. 28 aveva modo di notare il prevenuto e la figlia minore O.I. entrare nel portone con fare sospetto. Una volta bloccati dai militari spontaneamente O.A. estraeva dal reggiseno della figlia una bustina contenente sostanza stupefacente (cocaina del perso netto di mg. 100198,9 con principio attivo del 67,5% pari a mg. 67634,0 utile per il confezionamento di n. 451 dosi medie singole, per quanto risultante dagli accertamenti).
La chiara ricostruzione dei fatti fin qui operata, trovava conferma nelle dichiarazioni rese dall'imputato durante l'interrogatorio di garanzia allorquando questi, non potendo negare l'evidenza, ammetteva l'addebito sostenendo di non conoscere il nome di chi gli dava lo stupefacente e di avere immediatamente consegnato ai Carabinieri la droga, che aveva fatto occultare alla figlia. In sede di spontanee dichiarazioni precisava, altresì, che l'occultamento veniva da lui in concreto effettuato allorquando si accorgeva della presenza dei militari.
Così ricostruita, pacificamente tra le parti, l'intera vicenda, nessun dubbio puo' sussistere circa la detenzione a fini di spaccio della sostanza stupefacente in imputazione da parte del prevenuto.
La riscontrata presenza degli elementi oggettivi del reato per cui si procede viene, infine, corredata anche dal necessario elemento psicologico non potendo esservi dubbi che l'imputato fosse perfettamente consapevole di stare violando, volontariamente, un precetto penale, come dimostrano, a tacere altro, i comportamenti, le precauzioni e le strategie assunte.
Pertanto, nessun dubbio puo' sussistere circa la responsabilità penale in ordine al reato contestato come aggravato dall'avere determinato a concorrere nel reato una minore soggetta alla sua autorità. Sul punto è appena il caso di precisare che secondo l'orientamento giurisprudenziale cui si ritiene di aderire, "In tema di stupefacenti, la circostanza aggravante prevista dall'art. 80, comma primo, lett. b), d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309 opera, per il principio di dinamicità delle fonti del diritto, un rinvio formale a tutte le ipotesi richiamate dall'art. 112. comma primo, n. 4, c.p., che non è limitato soltanto alla condotta di colui che abbia "determinato a commettere il reato un minore di anni diciotto", ma si estende alle ulteriori ipotesi successivamente introdotte di "essersi comunque avvalso degli stessi" o di aver con questi "partecipato nella commissione di un delitto". (Fattispecie in cui è stata riconosciuta l'aggravante nella condotta di un soggetto che si era avvalso di un minore per il trasporto dello stupefacente)" (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 44403 del 17/10/2013 Ud., dep. 31/10/2013 Rv. 256688).
Da ultimo è appena il caso di evidenziare che la Cassazione, alla luce delle modifiche normative introdotte dal D.L. n. 146/2013 conv. in L. n. 10/2014 ha, innanzitutto, chiarito che la lieve entità di cui al quinto comma dell'art. 73 configura, non più una circostanza attenuante come nella precedente formulazione, ma un titolo autonomo di reato. Resta fermo che -essendo la nuova ipotesi delittuosa correlata ad elementi (i mezzi, le modalità, le circostanze dell'azione, la qualità e la quantità delle sostanze) che non mutano, nell'obiettività giuridica e nella struttura, la fattispecie precedentemente prevista - valgono pur sempre i principi già enunciati a Sezioni Unite sotto la previgente disciplina, allorquando la Suprema Corte ha spiegato che detta ipotesi puo' essere riconosciuta solo in caso di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell'azione) con la conseguenza che, ove venga meno anche uno solo degli indici previsti dalla legge, diviene irrilevante l'eventuale presenza degli altri (Cass. Pen. Sez. Un., 21 settembre 2000, n. 17 - ud. 21 giugno 2000, Primavera ed altri in una fattispecie nella quale è stato ritenuto sufficiente ad escludere l'ipotesi in questione il dato quantitativo della sostanza stupefacente detenuta). Con altra pronuncia la Cassazione ha aggiunto che quand'anche uno soltanto degli elementi indicati dal quinto comma dell'art. 73 porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità il giudice dovrà negare l'ipotesi in questione, viceversa dovrà riconoscerla ove accerti l'esistenza anche di un solo elemento positivo, purché non contrastato da alcuno degli altri previsti (Cass. Pen. Sez. VI, 19 giugno 1996, n. 6143 - ud. 2 aprile 1996, Bolzano conformi Cass. Pen. Sez. VI, 25 agosto 1995, n, 9100 - ud. 18 maggio 1995, Cass. Pen. Sez. VI, 21 maggio 1996, n. 5083 - ud. 9 aprile 1996, Cass. Pen. Sez. VI, 24 giugno 1996, n. 6308 - ud. 25 gennaio 1995 che avverte che il giudice non è tenuto a soffermarsi su ciascun elemento essendo sufficiente il richiamo a quelli che hanno avuto un ruolo determinate sulla decisione, Cass. Pen. Sez. VI, 30 luglio 1998, n. 8857 - ud. 15 giugno 1998).
Orbene, nel caso in esame la valutazione dei parametri normativi non consente di ritenere sussistente l'ipotesi della lieve entità in quanto, a parte la significativa quantità di sostanze stupefacenti di diverso tipo rinvenute, gli altri parametri (inserimento in una piazza di spaccio in zona ad alta densità delinquenziale, ove si opera con accorgimenti atti ad ostacolare l'intervento delle forze dell'ordine e coinvolgendo nel reato minori soggetti alla propria potestà) si presentano sintomatici di una significativa offensività della condotta.
Alla luce di quanto fin qui indicato, posta la responsabilità dell'imputato, occorre procedere alla determinazione della pena irrogabile, tenendo presente che non possono riconoscersi le circostanze attenuanti generiche, in considerazione del ruolo rilevante assunto in qualità di persona di particolare fiducia negli ambienti criminali (alla quale era possibile affidare un significativo quantitativo di stupefacente in un luogo ad alta densità delinquenziale) nonché del passato giudiziario del prevenuto, gravato da grave precedenti penali anche specifici. Né, diversamente da quanto sostenuto dalla difesa, le suddette circostanze attenuanti possono essere riconosciute sulla base della confessione resa atteso che le circostanze in cui venivano operate la perquisizione ed il sequestro si presentavano tali da escludere ogni ricostruzione alternativa.
Avvalendosi del potere discrezione riconosciuto dalla legge, invece, puo' essere esclusa la recidiva contestata nell'imputazione, per adeguare la risposta sanzionatoria all'epoca di commissione dei precedenti reati.
In punto di determinazione della pena, vanno preliminarmente fissati alcuni principi che presiedono il calcolo della stessa alla luce della recente sentenza della Corte Costituzionale n. 32/2014 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter, del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 272 (Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell'Amministrazione dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 49. Ed invero, nonostante la predetta sentenza dichiarativa di incostituzionalità, deve applicarsi nella fattispecie la normativa ora dichiarata incostituzionale, sotto la cui vigenza veniva posta in essere la condotta antigiuridica, senza dubbio più favorevole al reo, vertendosi in ipotesi di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alle tabelle I e III.
Sempre in punto di determinazione della pena, vanno preliminarmente fissati alcuni ulteriori principi che presiedono il calcolo della pena per i soggetti nei cui confronti sia stata riconosciuta l'aggravante all'art. 99 co. 4 c.p. (di carattere facoltativo) ovvero nei casi di recidiva obbligatoria, di cui all'art. 99 co. 5 c.p.. Al riguardo vale, innanzitutto, rilevare che la Suprema Corte ha definitivamente statuito l'applicabilità della regola di cui all'art. 63 co. 4 c.p. anche al giudizio di comparazione tra recidiva ex art. 99 co. 4 c.p. ed altre circostanze ad effetto speciale. Si è infatti affermato dalle Sezioni Unite, con sentenza n. 20798 del 24.2.11, che la recidiva, allorché comporta un aumento di pena superiore a un terzo, è circostanza ad effetto speciale, come tale soggetta, in caso di concorso con altre circostanze ad effètto speciale, alla disciplina di cui all'art. 63, co. 4 c.p. (applicazione della pena prevista per la circostanza più grave, che il giudice puo' aumentare fino a un terzo); ciò anche qualora si tratti di recidiva obbligatoria ex art. 99, co. 5 c.p..
Ciò posto, facendo applicazione dei predetti principi, l'imputato va condannato alla pena che, alla luce dei criteri di giudizio di cui all'art. 133 c.p. [vedi in particolare la gravità dei fatti per cui si procede (ruolo rilevante per la fiducia attribuita nella detenzione di un significativo quantitativo di stupefacente in un luogo ad alta densità delinquenziale ove si opera con accorgimenti atti ad ostacolare l'intervento delle forze dell'ordine) e la personalità dell'imputato (desumibile dai gravi precedenti penali anche specifici) che non consentono di attestarsi in sede di dosimetria della pena sui minimi edittali], si reputa congruo quantificare in anni 6 di reclusione ed euro 30.000,00 di multa (pena così determinata: pena base, previa esclusione della contestata recidiva, anni 6 di reclusione ed euro 30.000,00 di multa; aumentata per la circostanza aggravante di cui al combinato disposto degli artt. 112 n. 3 e 4 c.p., 80 co. 1 lett. b) d.p.r. n. 309/1990 alla pena di anni 9 di reclusione ed euro 45.000,00 di multa; ridotta come sopra per il rito). Alla condanna segue di diritto l'obbligo del pagamento delle spese processuali e di custodia.
Alla condanna segue per legge la confisca di quanto in sequestro (stupefacente, ovvero cose la fabbricazione, l'uso il porto la detenzione o l'alienazione della quali costituisce reato ai sensi dell'art. 240, comma II lett. e, c.p.). Si impone la distruzione della sostanza stupefacente.
PQM
P.Q.M.
Visti gli artt. 442, 533 e 535 e.p.p., dichiara O.A. responsabile del reato ascritto e, con la diminuente per il rito, lo condanna alla pena di anni 6 di reclusione ed euro 30.000,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia.
Confisca di quanto in sequestro, con distruzione della sostanza stupefacente.
Napoli udienza del 29/5/2014.
27-09-2014 21:20
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