Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Penalista Trapani

Sentenza

Maresciallo dei Carabinieri interviene durante una rapina mentre era in abiti civili. 3 anni e 3 mesi di reclusione al rapinatore.
Maresciallo dei Carabinieri interviene durante una rapina mentre era in abiti civili. 3 anni e 3 mesi di reclusione al rapinatore.
Cassazione penale  sez. II Data:14/01/2014 ( ud. 14/01/2014 , dep.24/01/2014 ) 
Numero:    3609


                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                           SEZIONE SECONDA PENALE                        
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. CASUCCI    Giuliano      -  Presidente   -                     
    Dott. CAMMINO    Matilde       -  Consigliere  -                     
    Dott. GALLO      Domenico      -  Consigliere  -                     
    Dott. VERGA      Giovanna      -  Consigliere  -                     
    Dott. PELLEGRINO Andrea   -  est. Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
              L.V.,  n.  a  (OMISSIS),  rappresentato  e 
    assistito dall'avv. D'Amelio Roberto Maria; 
    avverso la sentenza n. 3087/2006 pronunciata dalla Corte d'Appello di 
    Catania, sezione terza penale, in data 24.10.2012; 
    rilevata la regolarità degli avvisi di rito; 
    visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; 
    sentita  la relazione della causa fatta dal consigliere dott.  Andrea 
    Pellegrino; 
    udita  la requisitoria del sostituto procuratore generale dott. Paolo 
    Canevelli  che  ha  chiesto  di  dichiararsi  l'inammissibilità  del 
    ricorso. 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO

    1. Con sentenza in data 24.10.2012, la Corte d'Appello di Catania confermava la condanna alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione ed Euro 1.800,00 di multa inflitta a seguito di giudizio abbreviato a L.V. con sentenza del Giudice per l'udienza preliminare presso il Tribunale di Catania in quanto ritenuto responsabile dei reati di tentata rapina aggravata e violazione di domicilio aggravata ai danni della Banca Popolare di Lodi agenzia di Belpasso, di furto aggravato di un'autovettura, di resistenza e lesioni personali al maresciallo S.S., con interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque e pronunzia di delinquenza abituale.

    2. Avverso tale sentenza veniva proposto il presente ricorso per cassazione per chiedere l'annullamento della sentenza impugnata con i consequenziali provvedimenti di legge.

    3. Tre sono i motivi di doglianza sollevati dal ricorrente:

    -il primo, relativo a violazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) per erronea applicazione della legge penale in relazione all'art. 614 cod. pen. e carenza di motivazione in relazione all'art. 192 cod. proc. pen.;

    -il secondo, relativo a violazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. b) ed e) per erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 337 e 582 cod. pen. e carenza di motivazione in relazione all'art. 192 cod. proc. pen.;

    -il terzo, relativo a violazione di legge ex art. 606 c.p.p., lett. e) per carenza di motivazione.

    Con riferimento al primo motivo, lamenta il ricorrente come del tutto inopinatamente fosse stata riconosciuta la ricorrenza del reato di violazione di domicilio dal momento che era apparso in modo incontrovertibile come il L., oltre ad essersi introdotto nella banca come un normale cliente, era sempre rimasto nell'area della banca aperta al pubblico senza ostentare alcun taglierino o minacciare chicchessia.

    Con riferimento al secondo motivo, lamenta il ricorrente come - difformemente da quanto ritenuto dai giudici d'appello - il L. venne afferrato per le spalle dal militare che, in questa azione, si sarebbe accidentalmente tagliato e ne sarebbe nata, avendolo scambiato per cliente essendo in abiti borghesi, una colluttazione violenta, cessata nei momento in cui il militare si qualificava come tale. Con riferimento al terzo motivo, lamenta il ricorrente come, del tutto inopinatamente, i giudici di secondo grado avessero negato la concessione delle circostanze attenuanti generiche non essendosi tenuto conto del fatto che il L. aveva confessato altri fatti già avvenuti (che sulla base di tali dichiarazioni avevano avuto una corretta qualificazione giuridica) e che, grazie alle indicazioni dal medesimo fornite, era stato possibile il rinvenimento dell'autovettura rubata.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    4. Il ricorso - che in parte reitera le medesime doglianze fatte valere avanti ai giudici di merito - si appalesa infondato e, come tale, va rigettato.

    5. Fermo quanto precede, rileva il Collegio come il provvedimento impugnato motivi in modo logico e consequenziale in ordine alla ricostruzione degli accadimenti, all'individuazione delle responsabilità, alla qualificazione giuridica dei fatti, alla determinazione della pena e, infine, al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

    Afferma al riguardo la Corte d'Appello di Catania che costituisce consolidata giurisprudenza della Suprema Corte che l'introduzione violenta nella parte del salone della banca, delimitata dal bancone di lavoro e dagli sportelli ove gli impiegati svolgono il loro lavoro, costituisce violazione di domicilio perchè la detta zona, essendo destinata allo svolgimento di un'attività privata, è luogo di privata dimora.

    I giudici di secondo grado hanno inoltre congruamente motivato in ordine alla circostanza che il L. fosse entrato all'interno della banca ostentando in modo manifesto il possesso di un taglierino, circostanza di per sè sufficiente per ritenere aggravato non solo il tentativo di rapina ma anche la violazione di domicilio.

    Altrettanto congrua motivazione si riscontra in merito al riconoscimento dei reati di resistenza e lesioni in danno del maresciallo S. laddove si afferma che dalla deposizione di quest'ultimo, ritenuta attendibile e veritiera, oltre che dalla testimonianza dell'impiegato S.R., risulta come il militare si fosse qualificato subito come appartenente alle forze dell'ordine e che, nonostante questo, il L. si fosse strenuamente opposto all'arresto usando violenza nei confronti del S. che feriva con il taglierino che aveva in mano.

    Infine, ampiamente motivato risulta il diniego del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nei confronti del L., essendosi riconosciuto come l'intervenuta confessione, alla luce dell'arresto in flagranza, dei precedenti penali, dell'intrinseca gravità del fatto posto in essere all'interno di un luogo abitualmente frequentato da molte persone e dalla violenza usata nei confronti di un militare, non poteva certo considerarsi come segno positivo tale da giustificare l'applicazione del beneficio.

    6. Alla pronuncia di rigetto del ricorso consegue, per il disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
    PQM
    P.Q.M.

    Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

    Così deciso in Roma, il 14 gennaio 2014.

    Depositato in Cancelleria il 24 gennaio 2014
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza