La vittima di un sequestro di persona può essere un minore. Anche quando è il padre a commetterlo nei confronti della figlia di 5 anni.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 12 febbraio – 3 aprile 2014, n. 15366
Presidente Ferrua – Relatore Lignola
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza di cui in epigrafe, la Corte d'appello di Trento ha confermato la pronunzia di primo grado del Tribunale di Trento, con la quale B.A. era condannato alla pena di giustizia, perché riconosciuto colpevole del delitto di sequestro di persona della figlia di cinque anni, Be.Fa. , sottratta alla madre contro la volontà della minore e della stessa genitrice, obbligando la bambina a vivere con lui e a non far ritorno dalla madre, in presenza di provvedimenti del Tribunale per i minorenni che disponevano l'affidamento a quest'ultima e dichiaravano la decadenza della potestà di genitore nei confronti dell'imputato.
La decisione di primo grado, con la quale era riconosciuto il vincolo della continuazione con i fatti di sottrazione di persone incapaci, minaccia aggravata e violazione degli obblighi di assistenza familiare, giudicati con sentenza del 29 giugno 2007 dal Tribunale di Palermo, applicava una pena complessiva di 3 anni e 10 mesi di reclusione, ritenuto più grave il delitto di sequestro di persona.
2. Ricorre per cassazione l'imputato, con atto del difensore, avv. Tullio Marchetti, affidato a quattro motivi.
2.1 Con il primo motivo si deduce violazione dell'articolo 606 lettera B, cod. proc. pen., con riferimento all'art. 605 cod. pen., per il travisamento e l'erroneo apprezzamento delle emergenze processuali, oltre che per vizio di motivazione: a giudizio del ricorrente non può parlarsi nel caso di specie di sequestro di persona, poiché tale delitto richiede che vi sia una costrizione a fondamento della privazione illegittima della libertà personale della vittima, che nel caso di specie non c'è stata. La minore infatti non ha opposto resistenza a seguire il padre e perfino la madre l'ha consegnata liberamente all'uomo; inoltre non è stata limitata nella sua libertà di locomozione, di movimento e di vita in un certo ambiente, una volta recatasi con lui a Trento. Il ricorrente ritiene che, quand'anche si ravvisasse una sua responsabilità penale, i fatti integrerebbero il delitto di sottrazione di persona incapace.
2.2 Con il secondo motivo si deduce violazione dell'articolo 606, lettera E, cod. proc. pen., con riferimento all'art. 62 bis cod. pen., per avere la Corte territoriale confermato il giudizio di esclusione delle attenuanti generiche, pur in presenza di elementi positivamente apprezzabili, quale l'assenza di una condotta violenta da parte dell'imputato e il fatto che allo stesso era negata la possibilità di vedere la figlia.
2.3 Con il terzo motivo si deduce violazione dell'articolo 606, lettera E, cod. proc. pen., con riferimento all'art. 133 cod. pen., in relazione al trattamento sanzionatorio, per l'eccessività della pena base da cui i giudici di merito sono partiti, pari a tre anni e sei mesi di reclusione, a fronte di un minimo edittale di un anno di reclusione e considerata la condotta dell'imputato.
2.4 Con il quarto motivo si deduce violazione dell'articolo 606, lettera E, cod. proc. pen., in relazione all'art. 168 cod. pen., rispetto alla statuizione di revoca del beneficio della sospensione condizionale della pena, poiché una volta ricondotta la pena unitaria nei limiti previsti dall'articolo 163 del codice penale, consegue l'impossibilità di revocare il beneficio riconosciuto dal Tribunale di Palermo.
Considerato in diritto
1. Il ricorso va rigettato.
1.1 Il primo motivo è infondato, poiché la sentenza impugnata con motivazione logica e coerente, riportandosi ai più recenti arresti giurisprudenziali di questa Corte, ha chiarito che la condotta dell'imputato ha limitato la libertà personale della figlia anche sotto il profilo della libertà di locomozione, poiché, pur avendo sottratto la piccola con l'inganno e non con la forza, l'ha poi trattenuta per diversi anni in un luogo diverso da quello in cui ella aveva diritto ed intendeva vivere, pur manifestando ella reiteratamente e continuativamente il proprio dissenso.
1.2 Quanto alla sussumibilità della condotta nell'ambito del delitto di sottrazione di persona incapace, va ricordato che il delitto di sequestro di persona è diretto a preservare la libertà personale del soggetto, la cui inviolabilità è stabilita dall'art. 13 Cost., mentre il delitto previsto dall'art. 574 cod. pen. risulta introdotto dall'ordinamento al solo fine di tutelare la potestà genitoriale, come è dimostrato dalla sua collocazione normativa (Sez. 6, n. 48744 del 06/12/2011, Neyra Santibanez, Rv. 251472).
Dunque diverso è il soggetto passivo del reato e diversa è la condotta punita e nel caso di specie la condotta contestata è proprio quella di aver obbligato la bambina a vivere a Trento, impedendole di tornare dalla madre.
1.3 Orbene, certamente il fatto di avere sottratto un minore alla persona esercente la potestà genitoriale integra il delitto di cui all'art. 574 cod. pen., ma ciò non esclude affatto che ricorra anche il delitto di sequestro di persona, poiché le due norme non sono tra loro alternative, né l'una assorbe l'altra (Sez. 5, n. 6220 del 04/11/2010 - dep. 18/02/2011, B., Rv. 249292; Sez. 5, n. 38438 del 20/09/2001, Welch, Rv. 219976) e possono quindi concorrere, perché le due fattispecie, sotto il profilo strutturale, sono diverse, con riferimento alla condotta ed all'oggetto materiale: nell'una, quella evocata, la sottrazione del minore o dell'infermo di mente al genitore, al tutore, al curatore o a chi ne abbia la vigilanza o a custodia; nell'altra, quella contestata e ritenuta, la privazione della libertà personale della vittima (Sez. 1, n. 47544 del 02/12/2008, P., Rv. 242078).
D'altronde alla commissione del reato di cui all'art. 574 cod. pen. non consegue affatto, secondo l'id quod plerumque accidit, anche la commissione del reato di sequestro di persona e nessuna delle due fattispecie incriminatrici esaurisce, in concreto, l'intero disvalore del fatto in esame (l'esclusione dell'ipotesi contestata lascerebbe senza tutela il diritto alla libertà personale del minore, cui pure vanno riconosciuti, come s'è già detto, i diritti fondamentali).
1.4 Né possono esserci dubbi sul fatto che la vittima del sequestro di persona possa essere una minore di cinque anni; questa Sezione ha riconosciuto la sussistenza del reato anche laddove il soggetto passivo del delitto sia un neonato, trattandosi di reato posto a tutela della libertà personale la cui titolarità è riconosciuta fin dalla nascita (Sez. 5, n. 6220 del 04/11/2010 - dep. 18/02/2011, B., Rv. 249291); più in generale, la tutela penale offerta dalla norma si estende a tutte le persona giuridicamente incapace di agire e di far valere i propri diritti: si pensi oltre all'infans, all'amens, al portatore di handicap motorio o intellettivo, e comunque a tutti i soggetti che, per qualsivoglia ragione, non siano in grado da soli di manifestare ed affermare la propria volontà e di tutelare i loro diritti fondamentali.
Con riferimento al caso del sequestro di persona di un minore dell'età di cinque mesi, è stato affermato che in questo delitto la vittima è strumentalizzata in tutte le sue dimensioni, anche affettive, rispetto all'obbiettivo perseguito dall'agente, e la liberazione potrà dirsi attuata quando la persona offesa sia fisicamente libera da interventi coattivi "sul corpo" che impediscano o limitino tutte quelle espressioni che costituiscono il contenuto della libertà personale; libertà personale, che non è soltanto quella di locomozione, ma comprende tutte le possibili estrinsecazioni della libertà personale stessa, quali, ad esempio, le relazioni interpersonali (Sez. 6, n. 48744 del 06/12/2011, Neyra Santibanez, in motivazione).
Anzi, rispetto al sequestro di un minore in tenera età, il criterio del pregiudizio alle relazioni personali assume assoluta dominanza ed immanenza rispetto a quello della "libertà di locomozione", naturalmente non percepibile o comunque percepibile in maniera minore dalla piccola vittima, privata degli usuali ed essenziali riferimenti affettivi ed ambientali.
2. Il secondo ed il terzo motivo sono inammissibili, poiché la Corte territoriale ha posto a fondamento del diniego delle attenuanti generiche e del trattamento sanzionatorio la gravità del fatto commesso, la gravità delle conseguenze arrecate alla persona offesa, la lunga durata (quattro anni) del sequestro, la privazione della figura materna per un così lungo lasso di tempo per una minore di cinque anni, la violenza morale esercitata sulla vittima.
2.1 Va al proposito rimarcato che il riconoscimento delle attenuanti generiche e la determinazione della pena sono statuizioni che l'ordinamento rimette alla discrezionalità del giudice di merito, per cui non vi è margine per il sindacato di legittimità quando la decisione sia motivata in modo conforme alla legge e ai canoni della logica, come nel caso di specie; d'altra parte non è necessario, a soddisfare l'obbligo della motivazione, che il giudice prenda singolarmente in osservazione tutti gli elementi di cui all'art. 133 cod. pen., essendo invece sufficiente l'indicazione di quegli elementi che nel discrezionale giudizio complessivo, assumono eminente rilievo.
3. Conseguentemente anche il quarto motivo è inammissibile, perché manifestamente infondato: il venir meno dei presupposti di legge, conseguente alla pena complessivamente determinata in 3 anni e 10 mesi di reclusione, ha indotto il giudice a revocare il beneficio della sospensione condizionale concesso con la sentenza del Tribunale di Palermo per il reato di sottrazione di persone incapaci. È infatti pacifico che, perfino in sede esecutiva, il giudice che ritenga,- unicità del disegno criminoso tra due fatti oggetto di due diverse sentenze ed applichi agli stessi la disciplina de. reato continuato, deve valutare se il beneficio già concesso possa essere esteso alla pena complessivamente determinata, ovvero se esso debba essere revocato perché venuti meno i presupposti di legge (Sez. 1, n. 5579 del 15/01/2008, Zerilli, Rv. 238882; Sez. 1, n. 24571 del 28/05/2009, Villari, Rv. 243819).
4. in conclusione il ricorso dell'imputato va rigettato, con conseguente condanna dello stesso al pagamento delle spese processuali.
4.1. va disposto l'oscuramento dei dati delle parti, a norma dell'art. 52 del D.Lgs. n. 196 del 2003, in quanto imposto dalla legge per la presenza di una vittima minorenne.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.lgs. n. 196/03, in quanto imposto dalla legge.
05-04-2014 00:14
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