L'istanza di rinvio per legittimo impedimento del difensore non può essere inviata via fax e deve essere con motivazione congrua.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 1 ottobre 2013 - 8 gennaio 2014, n. 284
Presidente Petti – Relatore De Crescienzo
Motivi della decisione
M.G.P.A. (imputato del delitto di cui all'art. 648, 56 - 640 cp, 477-482 cp), tramite il difensore ricorre per Cassazione avverso la sentenza 13.12.2010 con la quale la Corte d'Appello di Tarante lo ha condannato alla pena di anni due, mesi due di reclusione ed Euro 3.000,00 di multa.
La difesa chiede l'annullamento della decisione impugnata deducendo:
p.1.) Vizio di motivazione dell'ordinanza con la quale il Tribunale ha rigettato l'istanza di rinvio dell'udienza ex art. 420 tre cpp della difesa per concomitanti impegni professionali. La difesa lamenta che la Corte territoriale, senza considerare il tema della ritualità della trasmissione dell'istanza a mezzo fax, ha affermato la tardività della richiesta e la insufficienza della giustificazione del mancato reperimento di un eventuale sostituto processuale.
p.2.) Vizio di motivazione nell'apprezzamento del contenuto di un documento di identità.
p.3.) vizio di motivazione nella valutazione della deposizione del N. perché non sono state prese in considerazione le contraddizioni espresse nella descrizione delle caratteristiche somatiche della persona che si era proposta come acquirente.
p.4.) vizio derivante dall'incomprensibilità del tratto grafico con il quale è stata vergata la sentenza.
p.5.) vizio di motivazione con riferimento al ritenuto elemento psicologico del delitto di ricettazione e nel punto in cui è stata esclusa l'attenuante di cui al 2^ comma dell'art. 648 cp.
p.6.) vizio di motivazione ed erronea applicazione della legge penale essendo state formulate nei confronti dell'imputato accuse fra loro inconciliabili sul piano logico - giuridico. Infatti da un lato all'imputato è stato contestato il delitto di ricettazione di una carta di identità falsa e dall'altro è stato contestato il diverso reato di ricettazione.
p.7.) vizio di motivazione in ordine alla determinazione della pena. La difesa lamenta che la Corte d'Appello ha proceduto all'aumento della pena ex art. 81 cpv. cp, erroneamente, avendo calcolo un incremento della sanzione per ogni singolo delitto contestato. La difesa eccepisce altresì la prescrizione dei reati contestati ai capi 5, 6, 7 della rubrica e si duole del netto riconoscimento delle attenuanti generiche.
Ritenuto in diritto
Il primo motivo di ricorso è infondato e va rigettato. Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la Corte d'Appello ha risposto puntualmente alle censure mosse; superando la questione relativa all'irrituale modo di trasmissione della richiesta adottato dalla difesa che si pone in contrasto con la giurisprudenza più recente [v. Cass. Sez. IV 23.1.2013 n. 21602 in Ced. Cass. Rv 256498 per la quale va affermata l'inammissibilità della istanza di rinvio dell'udienza per concomitante impegno del difensore trasmessa via fax, perché l'art. 121 cpp stabilisce l'obbligo per le parti di presentare memorie e le richieste rivolte al giudice mediante deposito in cancelleria, essendo il ricorso al telefax riservato ai funzionali di cancelleria ex art. 150 cpp], il giudice di Appello ha valutato anche la tempestività e la fondatezza della istanza, ritenendola comunque non meritevole di accoglimento neppure sotto questi ulteriori profili. In particolare, con riferimento alle valuta-zione della "tempestività" dell'istanza, si deve osservare che le doglianze della difesa sono generiche esondando dall'alveo del giudizio di legittimità per rifluire in quello di merito, senza la formulazione di valide censure in diritto idonee a superare una motivazione che segue fedelmente i principi sanciti da Cass. SU 25.6.2009 n. 29529 in Ced. Cass. Rv 244109; né rientra fra i compiti del giudice della legittimità procedere ad una nuova valutazione critica del merito della decisione se non nell'ipotesi in cui l'apprezzamento sia manifestamente illogico, aspetto che neppure è stato messo in discussione dalla difesa. Nella specie la valutazione della tardività della proposizione dell'istanza di rinvio, apprezzata nella comparazione dei diversi momenti di conoscenza dei differenti impegni professionali della difesa attiene alla sfera del merito che non presenta incoerenze o illogicità e non è pertanto sindacabile in questa sede. Analoga considerazione deve essere svolta con riferimento all'aspetto della rilevata mancata di indicazione da parte del difensore della impossibilità di reperire un sostituto processuale. Va qui infatti richiamato il condiviso principio di Cass. sez. V 28.19.2010 n. 41148 in Ced. Cass. Rv 248905 ove si afferma che "È legittima la decisione di rigetto dell'istanza di rinvio dell'udienza, pur tempestivamente presentata, per precedenti improrogabili impegni professionali, qualora l'attestazione di impossibilità di sostituzione sia assolutamente apodittica, in quanto, pur essendo arduo dare la prova negativa di un fatto, è comunque onere del difensore istante esplicitare le ragioni di detta impossibilità - che possono variamente riguardare la difficoltà, delicatezza o complicazione del processo, l'esplicita richiesta dell'assistito, l'assenza di altri avvocati nello studio del difensore, l'indisponibilità di colleghi esperti nella medesima materia ecc. - per consentire al giudicante di apprezzarle".
La Corte d'Appello ha preso in considerazione pertanto in modo esaustivo tutti gli aspetti della doglianza proposta dalla difesa, così formulando un giudizio che è conforme al rispetto delle regole di diritto e che nel contempo non presenta vizi di coerenza o illogicità: la sentenza per questa profilo sfugge ai motivi di censura che vanno rigettati.
Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato. Se da un lato è vero che la sentenza della Corte d'Appello risulta essere stata vergata a mano, va osservato che il testo appare del tutto comprensibile e la dimostrazione di ciò è proprio nell'ampio ricorso redatto dalla difesa che ha censurato vari aspetti della decisione.
Il secondo il terzo e il quinto motivo di ricorso sono manifestamente infondati. Le censure che si sostanziano in una differente lettura degli atti processuali, attengono alla valutazione della prova del reato; la difesa propone una l. personale lettura degli dati processuali senza specificare la esistenza di precisi vizi della motivazione desumibili dal testo del provvedimento impugnato secondo il paradigma tracciato dall'art. 606 1^ comma lett. e) cpp. La sentenza di appello (che può essere letta congiuntamente a quella di primo grado tenuto conto dei richiami a quest'ultima, contenuti nella prima e della coincidenza dei criteri di valutazione delle prove) affronta nella sostanza le censure che la difesa con l'atto di impugnazione formulando giudizi che sfuggono a censure di legittimità.
Il sesto motivo di ricorso è infondato. La lettura della decisione impugnata e quella di primo grado, portano ad escludere la esistenza di una inconciliabilità di fatti oggetto di imputazione. Il contestato concorso nella falsificazione del documento di identità non è posto come antecedente fattuale al delitto di ricettazione. Come ben specificato dai giudici di merito, all'imputato è stata contestata la ricettazione del modulo di documento di identità e successivamente la sua falsificazione. La difesa non ha formulato una critica specifica idonea a far ritenere la illogicità, la contraddittorietà o la incompetenza del ragionamento giuridico e della ricostruzione del fatto ad opera dei giudici di merito.
Il settimo motivo di ricorso è manifestamente infondato in ogni dei suoi aspetti. La difesa richiede la dichiarazione di prescrizione dei reati di cui ai capi 5, 6, 7. la doglianza è generica bella sua formulazione e indica punti della contestazione che sono inesistenti. Infatti dalla lettura del capo di imputazione riportato nella sentenza di primo grado risultano contestati solo quattro reati, con la conseguenza che è non è possibile comprendere a cosa intendesse riferirsi la difesa che fra l'altro non ha indicato né il reato del quale si assume essere avvenuta la estinzione per prescrizione, né la data in questa sarebbe maturata.
la doglianza è inoltre manifestamente infondata anche con riferimento alle censure mosse sull'applicazione delle regole della continuazione. Contrariamente a quanto ritenuto dalla difesa il giudice nella determinazione della pena complessiva per il delitto continuato è preciso compito del giudice procedere alla determinazione del reato base (cioè quello ritenuto più grave) e ad indicare i singoli e specifici aumenti di pena per ciascuno dei reati posti in continuazione. Il giudice del merito si è attenuto alla suddetta regola e la sentenza sfugge ad ogni critica anche per questo aspetto.
Per le suddette ragioni il ricorso va quindi rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
11-01-2014 16:09
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