L'imputato si rivolge ad una agenzia di scommesse Eurobet e chiede il versamento periodico di somme di denaro per potere esercitare in tranquillità l'attività commerciale. 4 anni e 8 mesi di reclusione.
Ufficio Indagini preliminari sez. XLV Napoli Data: 17/10/2014 ( ud. 18/09/2014 , dep.17/10/2014 ) Numero: 1770
TRIBUNALE DI NAPOLI
SEZIONE DEL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
UFFICIO 45
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Giudice dell'udienza preliminare dott.ssa Emilia Di Palma,
all'udienza del 18.9.2014, ha pronunciato la seguente sentenza ex
art. 438 c.p.p. nel procedimento penale nei confronti di
1) V.P., nato a Maddaloni il (omissis) ed attualmente detenuto
presso la Casa Circondariale di SMCV, presente;
difeso di fiducia dall'avv.to Michele Ferraro, presente;
2) V.A., nato a San Felice a Cancello il (omissis) e residente in
Maddaloni alla via M.S., attualmente sottoposto alla misura degli
arresti domiciliari in Puianello Fr. Quattro Castella (RE) alla via
V. 5 (presso V.A.), presente;
difeso di fiducia dall'avv.to Michele Ferraro, presente;
3) M.P., nato a Maddaloni il (omissis) ed ivi residente alla via
S.E., attualmente detenuto agli arresti domiciliari, presente;
difeso di fiducia dall'avv.to Francesco Liguori, presente;
IMPUTATI (Come da foglio allegato)
CONCLUSIONI DELLE PARTI:
- Pubblico Ministero:
per V.P. e M.P. anni 10 di reclusione ed euro 8 mila di multa; per
V.A. anni 6 di reclusione ed euro 6 mila di multa;
IMPUTATI
Del delitto p. e p. dagli artt. 81 cpv, 110, 629 co. II in relazione
all'art. 628 comma terzo n. 1) c.p. e 7 l. 203/1991 perché, in
concorso ed unione tra di loro, con più atti esecutivi di un
medesimo disegno criminoso, anche in tempi diversi, mediante
minaccia, consistita nel prospettare alla persona offesa, titolare
di una agenzia di scommesse a marchio Eurobet con sede a Maddaloni
la necessità di versare loro periodicamente delle somme di denaro
per potere esercitare in tranquillità l'attività commerciale,
costringevano P.G. a versare dapprima la somma di euro 300,00 e
quindi la somma di euro 500,00, così procurandosi il corrispondente
ingiusto profitto, essendo quella di seguito indicata la scansione
degli eventi:
- verso la metà del settembre 2013 M.P. si presentava all'interno
della agenzia della persona offesa, riferendo agli addetti presenti
di rappresentare al titolare di mettersi in contatto con tale P. a
boxer sulla utenza n. (omissis);
- dopo alcuni giorni V.P., contattato sulla utenza citata, si
presentava in compagnia di V.A. e di M.P. alla persona offesa e
riferendogli "Mò a Maddaloni ci sto io e devi fare riferimento a me
per qualsiasi cosa e devi pagarmi euro 500,00 tre volte l'anno, a
Natale, Pasqua e Ferragosto", si faceva consegnare dal P. la somma
di euro 300,00 quale rata per il già trascorso Ferragosto;
- alcuni giorni prima di Natale 2013 M.P. si presentava nuovamente
presso la agenzia della persona offesa, riferendo alla stessa di
mettersi in contatto con il predetto P. o boxer sulla utenza
telefonica mobile già comunicatagli nel settembre 2013;
- nella mattinata del 10.1.2014 V.P., V.A. e M.P. si incontravano
con la persona offesa e, riferendogli che per potere stare
tranquillo avrebbe dovuto loro consegnare loro la somma di euro
500,00 nella medesima giornata, davano appuntamento al P. alle ore
14,30 del medesimo giorno per la consegna della somma;
- alle successive 14,30 nel luogo convenuto si presentavano V.P. e
V.F. e, dopo che il primo aveva nuovamente riferito alla persona
offesa "allora mi dovete dare tre rate, Natale Pasqua e Ferragosto e
potete stare tranquilli e non avrete problemi con nessuno" si
facevano consegnare la somma in contante di 500 euro.
Con le ulteriori aggravanti di aver commesso il fatto avvalendosi
delle condizioni di assoggettamento ed omertà di cui all'art. 416
bis c.p., nonché al fine di agevolare l'organizzazione camorristica
denominata "Clan B.-fazione Maddaloni" e di affermare la supremazia
dell'organizzazione sul territorio di competenza.
In Maddaloni nel mese di settembre 2013 e il 10 gennaio 2014
- Difesa: per tutti, escluda l'aggravante dell'art. 7 l. 203/91,
concessione delle attenuati generiche e minimo della pena.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
A seguito di decreto di giudizio immediato emesso dal GIP presso il Tribunale di Napoli in data 10.6.2014 gli imputati V.P., V.A. e M.P. chiedevano definirsi il presente procedimento con rito abbreviato.
Sulla predetta richiesta veniva fissata l'udienza del 18.9.2014 nel corso della quale questo Giudice, ammessa la richiesta, sulle conclusioni rassegnate dalle parti, dava lettura del dispositivo che di seguito si motiva.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il presente procedimento trae origine dalla denuncia sporta da P.G. in data 10.1.2014 innanzi ai CC della Compagnia di Castello di Cisterna nel corso della quale la p.o. riferiva che era titolare di tre agenzie di scommesse EUROBET (con sede rispettivamente in San Giuseppe Vesuviano, Sant'Anastasia e Maddaloni) e che proprio con riferimento all'agenzia sita in Maddaloni alla via L., era stato vittima di una richiesta estorsiva.
Precisava che nel settembre 2013 si era presentato più volte presso la predetta agenzia un soggetto che aveva chiesto di parlargli; in una delle predette occasioni, attesa l'insistenza dell'avventore, i suoi dipendenti, chiamandolo al cellulare, lo avevano messo direttamente in contatto con lui; detto soggetto gli aveva rappresentato che aveva necessità di parlargli e che sarebbe, dunque, ripassato. Alla fine di settembre si erano ripresentati presso l'agenzia due soggetti comunicando ai suoi dipendenti che vi era una persona, tale P. o' boxer di Maddaloni - poi identificato in V.P. -, che voleva parlare con il loro titolare ed a tal fine gli lasciavano il numero del telefono cellulare da contattare (omissis). Uno dei predetti soggetti veniva riconosciuto come tale P. o' niro, - poi identificato in M.P. -, assiduo cliente della agenzia di scommesse. Contattata, dunque, la predetta utenza rispondeva proprio P. o' niro che gli dava appuntamento presso un bar sito in Maddaloni alla via R. Ivi giunto, il P.G. trovava ad attenderlo proprio il predetto P. o' boxer che, unitamente a P. o' niro e ad un altro soggetto da lui non conosciuto, gli diceva testualmente "mò a Maddaloni ci sto io e devi fare riferimento a me per qualsiasi cosa e devi pagarmi euro 500,00 tre volte all'anno, Natale, Pasqua e Ferragosto". Per il ferragosto 2013, anche se già trascorso, pretendeva ed otteneva la somma di euro 300,00, dandogli poi appuntamento per il Natale 2013.
Alcuni giorni prima di Natale si presentava in agenzia una persona, non meglio identificata, che riferiva ai suoi dipendenti che lo cercava tale P. o' boxer. Detta circostanza si ripeteva sia l'8 che il 9 gennaio 2014 ed anche in questo caso l'utenza da contattare per un appuntamento era sempre la n. (omissis). Al predetto numero rispondeva ancora una volta P. o' niro che, come nella precedente occasione, gli fissava un incontro con P. o' boxer, questa volta presso la ditta Cementir in Maddaloni alla via L. Qui P. o' boxer - presente unitamente a P. o' niro e ad un terzo soggetto - gli precisava che per poter continuare a lavorare doveva consegnargli la somma di euro 500,00 non più tardi del pomeriggio stesso, dandogli appuntamento alle successive 14.30.
A quel punto, la p.o., temendo per la propria incolumità, decideva di rivolgersi alle FF.OO.
Si predisponeva, dunque, un servizio di appostamento teso a monitorare la cessione delle banconote - precedentemente fotocopiate e firmate dal denunciante - dal P.G. ai malviventi che si sarebbero presentati all'appuntamento.
Al predetto appuntamento partecipava anche il luogotenente L.A., presentatosi come proprietario dell'agenzia, il quale assisteva allo scambio delle banconote tra la predetta p.o. e due giovani giunti a bordo di una Toyota Yaris tg. (omissis). Lo stesso aveva altresì modo di sentire uno degli uomini - identificato poi in V.P. - dire "già ti ha parlato P.G.? Ok allora mi dovete dare tre rate, Natale, Pasqua e Ferragosto. Così potete stare tranquilli e non avrete problemi con nessuno. Per qualsiasi problema ce lo fate sapere tramite P. che lavora nella tua agenzia". A quel punto il militare ivi presente gli dava appuntamento a Pasqua - "vabbé allora ci vediamo a Pasqua" -, mentre il V.P. li sollecitava al pagamento di natale - "perché quelli di natale non me li vuoi dare?". Consegnata la somma, il V., pur sollecitato dal P.G., non contava neppure i soldi asserendo di fidarsi.
All'esito, i due predetti soggetti, allontanatisi a bordo della Toyota Yaris, venivano immediatamente fermati e sottoposti a controllo. In sede di perquisizione personale venivano trovati con indosso la somma appena consegnatagli; in particolare, V.P. veniva trovato con indosso la somma di euro 400,00, mentre V.A. - così identificato l'altro soggetto di cui sopra - con la somma di euro 100,00. Le predette banconote riportavano il medesimo numero di serie di quelle predisposte e fotocopiate dalle FF.OO. unitamente alla p.o.
All'esito, si procedeva dunque, all'arresto dei due predetti imputati.
In sede di interrogatorio l'indagato V.A. dichiarava che aveva solo accompagnato il fratello atteso che lo stesso doveva chiedere un prestito ad un amico, somma che aveva poi ottenuto.
Di contro, V.P. dichiarava che si era portato presso l'agenzia del P.G. in quanto cercava lavoro e che era stato accompagnato dal fratello che, tuttavia, nulla sapeva. Ammetteva di essersi fatto dare euro 500,00 dal P.G. adducendo a propria giustificazione le precarie condizioni economiche in cui versava. Precisava altresì di essere soprannominato P. o' boxer attesi i propri trascorsi sportivi.
Le successive indagini consentivano di identificare anche il terzo complice, indicato dalla p.o. come P. o' niro, e dallo stesso già conosciuto in quanto assiduo frequentatore della sua agenzia di scommesse.
Escussa, dunque, nuovamente la persona offesa la smessa precisava alcune circostanze che consentivano di meglio circostanziare i fatti nonché di identificare tutti i complici dell'azione. Come già detto, la p.o. riferiva che P. o' nir - ovvero colui che aveva creato il contatto con P. o' boxer, capo del gruppo malavitoso che gli aveva avanzato la richiesta estorsiva - era soggetto a lui già noto in quanto frequentatore della sua agenzia di scommesse. Quest'ultimo, proprio in occasione del loro primo incontro gli aveva rappresentato che a seguito dell'arresto di V.L., a Maddaloni comandava suo cugino, tale P. o' boxer, soggetto a cui da quel momento in poi avrebbero dovuto far riferimento tutti i commercianti della zona, versandogli le relative rate estorsive tre volte l'anno (Natale, Pasqua e Ferragosto).
Proprio nel mese di settembre, dunque, la p.o. versava la rata a P. o' boxer. Quest'ultimo era in compagnia, oltre che di P. o' nir, anche del fratello A. Sul punto, la p.o. precisava che al momento della prima estorsione - ovvero prima dell'arresto in flagranza - non conosceva le generalità del predetto V.A., aggiungendo, tuttavia, che lo stesso aveva presenziato anche alla prima dazione di denaro. In detta occasione, infatti, era giunto a bordo della Toyota Yaris e, sceso dal veicolo, aveva proprio assistito alla materiale consegna dei soldi.
Rappresentava altresì che proprio al cospetto di V.A. e M.P., P. o' boxer alias V.P., gli aveva rappresentato che a Maddaloni era lui il riferimento e che, dunque, gli avrebbe dovuto versare la somma di euro 500,00 tre volte l'anno. A fronte della improcrastinabilità del pagamento, la p.o., sollecitata dai predetti tre malviventi, aveva immediatamente consegnato la liquidità disponibile in cassa. Anche nel successivo mese di gennaio il contatto con P. o' boxer era stato creato da P. o' nir.
In sede di individuazione fotografica la p.o. riconosceva in M.P. il soggetto indicato in denuncia come P. o' nir (si veda riconoscimento fotografica, in atti). Sulla base dei predetti elementi veniva emessa in data 28.4.2014 (eseguita in data 6.5.2014) ordinanza di custodia cautelare anche nei confronti di M.P., individuato appunto dalla p.o. come il terzo complice.
In sede di interrogatorio di garanzia il predetto imputato si dichiarava del tutto estraneo ai fatti per i quali si procede. Riferiva che V.P., suo cugino, gli aveva detto che in caso di sua assenza gli sarebbe dovuto subentrare, ma non era in grado di dire per che cosa; gli aveva chiesto di essere messo in contatto con P.G. al quale aveva effettivamente dato il proprio numero di telefono, ma non aveva presenziato alla consegna di soldi. Sul punto, precisava che sapeva che P.G. doveva dei soldi a V. e che quest'ultimo praticava estorsioni. Dichiarava, infine di non aver mai ricevuto soldi da V.
Ciò detto, ad avviso di questo Giudice, le dichiarazioni rese dalla persona offesa, in uno con le risultanze delle indagini svolte, consentono di ritenere raggiunta la piena prova della responsabilità degli odierni imputati per i fatti in contestazione.
è appena il caso di ricordare che secondo costante giurisprudenza "... le dichiarazioni accusatorie rese dalla persona offesa, anche se costituita parte civile - da valutare con opportuna cautela e da sottoporre ad una indagine accurata circa i profili di attendibilità oggettivi e soggettivi - possono tuttavia essere assunte anche da sole come fonte di prova ..."(cfr., fra le altre, Cass. 16868/2004; 4946/97; 11186/95; 7241/94; 3448/93; 839/93).
Nel caso in oggetto, la persona offesa ha reso dichiarazioni estremamente lineari e coerenti, attraverso un narrato genuino e spontaneo, assumendosi la responsabilità ed il rischio, in quanto imprenditore tuttora operante sul territorio, di quanto denunciato, circostanza questa che induce ad escludere, in mancanza di elementi di segno contrario, intenti calunniatori.
Quanto ai fatti, il P.G. descriveva nel dettaglio la trattativa intercorsa con gli imputati, il ruolo da ciascuno assunto, i più incontri avuti presso la propria agenzia e l'esplicito riferimento fatto da P. o' niro a P. o' boxer, indicato come colui che era subentrato a Maddaloni a seguito dell'arresto di V.L.
Certa appare la stessa identificazione dei soggetti agenti.
La persona offesa, infatti, senza alcuna esitazione riconosceva negli odierni imputati i soggetti che a vario titolo avevano preso parte alla descritta azione criminosa.
M.P., indicato come P. o' niro, è colui che si reca più volte presso l'agenzia della p.o. e che, rappresentandogli la caratura criminale di P. o' boxer, lo mette in contatto con quest'ultimo, presenziando ai relativi incontri.
Illogiche ed inverosimili devono ritenersi le dichiarazioni dallo stesso rese in sede di interrogatorio. Riferisce di una pseudo investitura ricevuta da V.P., salvo poi dichiarare di non sapere a cosa fosse finalizzata; così come, pur dichiarando di sapere che il V.P. si occupava di estorsioni, mostra di nulla sapere e neppure immaginare circa la causale del pagamento dovuto dal P.G..
V.P., alias P. o' boxer, e colui che nei successivi incontri esplicita ulteriormente la richiesta estorsiva, rappresentando alla p.o. di essere il nuovo riferimento camorristico di Maddaloni e colui al quale doveva rivolgersi se voleva stare tranquillo e proseguire nella propria attività lavorativa.
Infine, V.A., inizialmente indicato dalla p.o. come un soggetto non meglio conosciuto, è colui che presenzia ad entrambi gli incontri, assistendo alle minacce ed alla consegna del denaro da parte della p.o.
A ciò si aggiunga che V.P. e V.A. vengono tratti in arresto proprio nella flagranza del reato, con ancora indosso i soldi - precedentemente segnati e fotocopiati dalle FF.OO. - appena consegnatigli dalla p.o., somma peraltro ripartita tra entrambi i predetti imputati.
La stessa identificazione successiva di M.P. appare esente da censure atteso che la p.o., fin dalla prima denuncia, riferiva di conoscere il predetto P. o' niro in quanto assiduo frequentatore della propria agenzia di scommesse.
Detta identificazione ha trovato poi ampi riscontri nella successiva attività di indagine.
Non solo, infatti, come riferito dalla p.o. il predetto M. è cugino di V.P. - circostanza ammessa dall'imputato in sede di interrogatorio -, ma sua è anche l'utenza telefonica indicata in denuncia come quella fornita da P. o' niro.
Quanto al contributo fornito da ciascuno degli imputati, nel vigente sistema penale il concorso di persone nel reato è delineato come una struttura unitaria, nella quale confluiscono in connessione causale, fino a costituire un unicum, tutte le attività dei compartecipi, di modo che gli atti dei singoli sono, nel contempo, atti loro propri ed atti comuni anche agli altri. Consegue, dunque, che, ai fini del concorso nel reato, il contributo del correo non deve essere esteso a tutta l'attività esecutiva, essendo sufficiente che egli partecipi ad una qualsiasi fase di essa.
Peraltro, con riguardo alla specifica fattispecie estorsi va, come osservato in giurisprudenza, la rateizzazione del pizzo dà luogo ad un reato a consumazione prolungata o progressiva in cui la condotta originaria provoca un evento che continua a prodursi nel tempo con la riscossione degli illeciti profitti, man mano maturati.
Si ha, dunque, concorso di reato ogni qual volta si ponga in essere un contributo causale in termini, sia pur minimi, di facilitazione della condotta delittuosa a livello ideativo o esecutivo che puo' concretarsi anche in singoli atti.
Non è dubitabile che, in costanza di esecuzione del reato, qualsivoglia aiuto fornito all'autore materiale è punibile a titolo di concorso, in quanto finalizzato a tradursi in un sostegno per la protrazione della condotta criminosa (cfr. Cass., Sez. 1A, 27 settembre 1995, Foglia; Cass., Sez. 6A, 22 aprile 1994, Sordini).
"La partecipazione di più persone ad un reato non esige" dunque, "imprescindibilmente, che tutti i concorrenti esplichino una attività insostituibile e necessaria rispetto alla realizzazione dell'evento, bene potendo i diversi apporti eziologici configurarsi in termini di utilità o di maggiore sicurezza rispetto al risultato finale ..." (cfr. Cass. Pen. 4241/1982).
In tal senso, anche la semplice presenza - come appunto per V.A. -, purché non meramente casuale, sul luogo dell'esecuzione del reato è sufficiente ad integrare gli estremi della partecipazione criminosa, avendo la stessa fornito agli altri compartecipi un maggior senso di sicurezza nella propria condotta, determinando altresì una maggior idoneità dell'azione a diminuire o elidere la capacità di resistenza della p.o.
Nel caso specifico il P.G. non solo riferiva che V.A. aveva presenziato ad entrambi gli appuntamenti, ma precisava che in entrambe le occasioni era sceso dal veicolo ed aveva assistito anche a tutta la conversazione, minacce comprese.
è evidente, dunque, che detta presenza non solo non puo' ritenersi casuale - come malamente sostenuto in sede di interrogatorio dal V.P., adducendo circostanze smentite dallo stesso fratello -, ma appare oltremodo rafforzativa e percepita dalla p.o. come tale.
Non puo', peraltro, revocarsi in dubbio che la condotta di tutti gli imputati sopra descritta sia idonea ad integrare le minacce richieste dalla fattispecie incriminatrice.
In tal senso depone certamente la progressione degli eventi e lo svolgimento degli stessi.
M.P., portandosi più volte presso l'agenzia del P.G., già durante il loro primo incontro gli rappresentava il nuovo scenario criminale di Maddaloni.
Sarà V.P. - alias P. o' boxer - nel successivo incontro ad esplicitare ulteriormente le conseguenze di un rifiuto, rappresentando alla p.o. di essere il nuovo riferimento camorristico di Maddaloni e che se voleva continuare a lavorare doveva subito versargli quanto richiesto, intimazione tanto perentoria ed efficace da indurre il P.G. a prelevare e a consegnargli il contante immediatamente disponibile in agenzia.
La successiva visita di M.P. a ridosso di Natale ed il susseguente incontro con i fratelli V., chiudono il cerchio del clima di intimidazione creato e del terrore in cui versava la p.o. al momento dell'incontro. Proprio il timore per la proprio incolumità e la paura di entrare in una spirale senza via d'uscita lo inducevano a rivolgersi alle FF.OO. denunciando l'accaduto.
Tanto basta per ritenere integrata la minaccia richiesta dalla norma incriminatrice, oltre che l'aggravante contestata delle più persone riunite.
Al pari integrata deve ritenersi l'aggravante di cui all'art. 7 DL n. 152/91 succ. modif. L. 203/91 limitatamente al metodo mafioso utilizzato.
La condotta minacciosa ascritta agli indagati, oltre ad essere obiettivamente idonea a coartare la volontà del soggetto passivo del reato, appare certamente espressione della maggiore capacità persuasiva promanante dalle modalità mafiose utilizzate e, dunque, idonea a determinare nel destinatario la condizione di assoggettamento. Invero, nel caso in oggetto, la capacità persuasiva si riconnette, eo ipso, proprio alle descritte modalità della condotta ed alla qualità del soggetto agente (cfr. Cass. Pen. Sez. 5, Sentenza n. 28442 del 2009).
Il metodo mafioso connota ogni passaggio della vicenda.
Mafioso è l'approccio degli imputati, così come mafiose sono le modalità dell'azione.
In tal senso, basti pensare alle reiterate visite cui l'imprenditore viene sottoposto nella propria agenzia ed al pagamento rateale richiestogli, proprio di un delitto tipico delle organizzazioni camorristiche.
Mafiose sono le stesse espressioni utilizzate.
Espliciti risultano i riferimenti alla organizzazione camorristica operante sul territorio di Maddaloni ed alla circostanza che da quel momento in poi sarebbe stato P. o' boxer il destinatario dei proventi estorsivi.
Anche la richiesta rientra in uno schema ricorrente, trattandosi della classica estorsione "di durata", con rate a scadenza prefissata tre volte l'anno, costituente una tipica pattuizione delle organizzazioni mafiose.
L'efficacia del metodo usato è nei fatti.
L'imprenditore, ben consapevole dell'esistenza di una struttura criminale di matrice camorristica operante a Maddaloni - influenzato negli ultimi anni dalle principali organizzazioni camorristiche (clan dei C. e Clan B.) operanti in provincia di Caserta -, accondiscende subito alla richiesta estorsiva.
La circostanza poi che il M. abbia fornito alla p.o. la propria utenza cellulare appare espressila - non, come sostenuto dalla difesa, della sprovvedutezza dell'imputato - della tracotanza e protervia dei soggetti agenti, certi dell'assoggettamento della vittima e per nulla preoccupati - in quanto ipotesi non contemplata - per eventuali denunce o delazioni.
Diverso il discorso quanto alla contestazione di aver commesso il fatto "al fine di agevolare l'organizzazione camorristica denominata Clan B. - fazione Maddaloni".
La predetta seconda ipotesi, postulando che il reato sia commesso al fine specifico di agevolare l'attività di un'associazione di tipo mafioso, implica, necessariamente, l'esistenza reale e non più semplicemente supposta di questa, essendo impensabile un aggravamento di pena per il favoreggiamento di un'entità solo immaginaria.
Orbene, nel caso in oggetto l'esistenza di una struttura criminale di matrice camorristica operante nella zona non è in discussione, avendo detto accertamento già costituito oggetto di precedenti provvedimenti giudiziari, oltre che delle plurime dichiarazioni dei collaboratori di giustizia.
Tuttavia, non emerge in atti la prova che gli imputati abbiano agito proprio per agevolare l'attività della predetta associazione.
Se da un lato, infatti, le modalità dell'azione utilizzate ed il richiamo alla consorteria criminale operante in Maddaloni, puo' certamente ritenersi idonea, per le ragioni sopra esposte, ad integrare il metodo mafioso tipico dell'associazione camorristica, d'altra parte è necessario un quid pluris per addivenire alla affermazione di agevolazione dell'operato della predetta organizzazione.
Né in senso contrario depongono le dichiarazioni del collaboratore di giustizia M.N. che, nel riconoscere P. V. - alias P. o' boxer - lo colloca sì come soggetto vicino al clan, aggiungendo però che lo stesso "si limitava a fare un po' di droga", senza un ruolo preciso e non avendo mai svolto attività estorsive per il gruppo (cfr. dichiarazioni del 18.2.2013, in atti).
Per tutte le ragioni sopra esposte va dunque riconosciuta la colpevolezza degli odierni imputati in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti.
Per le ragioni sopra esposte, pur tenuto conto dello stato di formale incensuratezza degli imputati, in considerazione della gravità dei fatti, dell'allarmante modalità delle azioni ed in mancanza di positivi elementi di valutazione - tale non potendosi ritenere l'ammissione di responsabilità fatta da V.P. in sede di spontanee dichiarazioni in giudizio, evidentemente finalizzata solo ad escludere ancora una volta la responsabilità del fratello A. nonché a contenere il trattamento sanzionatorio e, dunque, non espressione della resipiscenza dell'imputato -, tutti gli imputati non vanno ritenuti meritevoli della concessione delle circostanze attenuanti generiche di cui all'art. 62 bis c.p.
Quanto alla pena da irrogare in concerto, valutati i criteri di cui all'art. 133 c.p., appare equo determinarla in anni quattro mesi otto di reclusione ed euro 6 mila di multa così calcolata: p.b. anni 6 di reclusione ed euro 6 mila di multa, aumentata per la continuazione ad anni 7 di reclusione ed euro 9 mila di multa, ridotta per il rito nella misura concretamente irrogata.
Nella determinazione della predetta pena, ex art. 63 co. 5 c.p., concorrendo più circostanze ad effetto speciale, attesa la natura aggravata dell'estorsione e la contestazione dell'art. 7 l. 203/91, si dispone il solo aumento per circostanza più grave ovvero l'art. 629 co. 2 c.p., atteso che la pena così determinata appare commisurata alla gravità dei reati commessi, tenuto conto della descritta personalità dei soggetti agenti e delle modalità dell'azione.
Consegue ex lege la condanna degli imputati al pagamento delle spese processuali e del proprio mantenimento in carcere, nonché, ai sensi degli artt. 29 e 32 c.p., alle pene accessorie dell'interdizione dai pubblici uffici per anni cinque.
Letti gli artt. 304 co. 1 lett. c) bis e 544, co. 3 c.p.p. si dispone il deposito della motivazione della sentenza nel termine di sessanta giorni, in considerazione della particolare complessità della motivazione, dovuta alla gravità delle imputazioni, sospendendo i termini della custodia cautelare applicata agli imputati detenuti durante il tempo indicato per il deposito della motivazione.
PQM
P.Q.M.
Letti gli artt. 438, 533, 535 c.p.p dichiara V.P., V.A. e M.P. colpevoli dei reati loro ascritti e li condanna alla pena di anni quattro mesi otto di reclusione ed euro 6.000,00 di multa, già ridotta per il rito prescelto.
Condanna i predetti imputati al pagamento delle spese processuali e del proprio mantenimento in carcere.
Dispone l'interdizione degli imputati dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
Letto l'art. 304 co. 1 lett. c c.p.p. e 544 co. 3 c.p.p. stante la gravità delle imputazioni e la complessità del procedimento, indica in giorni sessanta il termine per il deposito della motivazione, sospendendo i termini delle misure cautelari in corso di esecuzione.
Napoli 18.9.2014
23-12-2014 22:45
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