L'Avvocato sciopera e la Corte territoriale celebra il processo. Tutto da rifare per la Cassazione.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 12 marzo – 31 marzo 2014, n. 14775
Presidente Giordano – Relatore Vecchio
Rileva in fatto e diritto
1. — Con sentenza, deliberata il 28 ottobre 2009 e depositata il 13 novembre 2009, il giudice della udienza preliminare del Tribunale ordinario di Rimini, in esito al giudizio, celebrato col rito abbreviato, ritenuti il concorso di circostanze attenuanti ge-neriche (equivalenti alle aggravanti) e la continuazione tra tutti i reati, ha condannato alla pena principale della reclusione in otto anni e alle pene accessorie di legge, L.J. , imputato dei delitti di rapina aggravata tentata (capo A della rubrica), di rapina aggravata consumata (capo B, ibidem), di lesione personale aggravata (capo B, rectius C, ibidem) e di omicidio tentato aggravato (capo C, rectius D, ibidem), commessi tutti in danno di M.C.M. , in (omissis).
2. - Sugli appelli proposti dall'imputato e dal Procuratore generale della Repubblica, all'esito della udienza di trattazione dei gravami, celebrata in camera di consiglio con l'intervento del Pubblico Ministero e senza partecipazione dell'appellante e del difensore, la Corte di appello di Bologna, con sentenza, deliberata il 23 marzo 2012 e depositata il 2 aprile 2012, in parziale riforma della sentenza impugnata (nel resto confermata) ha ritenuto l'assorbimento della rapina tentata in quella consumata e il concorso formale tra detto reato e quello di lesione personale; ha escluso la continuazione tra i succitati delitti e l'omicidio tentato; ha rideterminato le pene principali in ragione di cinque anni e quattro mesi di reclusione per la rapina (come ritenuta) e in complessivi due anni, venti giorni di reclusione e quattrocento Euro di multa pei residui reati.
I giudici di merito hanno accertato che il giudicabile, in concorso con altri compartecipi non identificati, mediante violenza, consistita nello sferrare pugni e calci, aveva tentato di sottrarre il portafoglio di M.C.M. ; quindi con un violento schiaffo al volto si era impossessato del copricapo del M. ; e a costui aveva cagionato lesioni personali all'orbita dell'occhio destro; successivamente, agendo da solo, aveva compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a cagionare la morte del medesimo M. , che colpiva violentemente al capo con un corpo contundente (un mattone di cemento) provocando la l'insorgenza di trauma cranio encefalico, la rottura della arteria meningea media, conseguente ematoma extradurale acuto, senza, tuttavia, conseguire, per cause indipendenti dalla propria volontà, l'intento omicida, in quanto, grazie alle cure praticate, la vittima riusciva a sopravvivere.
Con riferimento ai motivi di gravame e in relazione a quanto serba rilievo nella sede del presente scrutinio di legittimità, la Corte territoriale ha motivato:
a) le condotte di rapina e di lesione, cronologicamente antecedenti alla perpetrazione dell'omicidio tentato sono comprovate dalle dichiarazioni rese dalla persona offesa e dal conquesto immediato del M. con l'amico G.N. ; non è influente la circostanza che del tentativo di sottrazione del portafoglio la vittima abbia fatto menzione alla polizia giudiziaria “solo in secondo battuta”; è da escludere ogni intento calunniatorio o, comunque, finalizzato ad aggravare la posizione del prevenuto da parte del M. ; costui, infatti, in relazione allo schiaffo subito, neppure ha attribuito la materialità della condotta alla azione personale di L. , avendo dichiarato di non essere in grado di indicare chi tra gli aggressori lo avesse colpito;
b) deve essere disattesa la richiesta dell'appellante di derubricazione del più grave delitto, correttamente qualificato dal primo giudice in conformità della contestazione: il dolo omicida, quanto meno nella forma alternativa, è dimostrato dalla zona corporea attinta (sede di organi vitali), dalla micidialità del mezzo e dalla estrema violenza colla quale L. inflisse il “pur unico colpo”.
3. - L'imputato, col ministero del difensore di fiducia, avvocata Francesca Cramis, mediante atto recante la data del 3 luglio 2012, depositato il 5 luglio 2012, ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza e, congiuntamente, avverso la ordinanza della Corte territoriale 23 marzo 2012, di rigetto della mozione difensiva di differimento della trattazione del gravame in dipendenza della adesione del difensore alla astensione dalle udienze promossa dalla associazione di categoria.
Il ricorrente ha sviluppato due motivi.
3.1 — Col primo motivo il difensore denunzia, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettera c), cod. proc. pen. inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, in relazione all'articolo 420-ter cod. proc. pen., e con riferimento agli articoli 111 della Costituzione e 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, adottata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848.
Il ricorrente deduce: il diritto “di sciopero del difensore è costituzionalmente garantito dall'articolo 40 della Costituzione” e prevale sul “combinato disposto degli articoli 443, comma 3, 599 e 127 cod. proc. pen.” che non contemplano “l'impedimento a comparire del difensore cui è equiparata la adesione alla astensione dalle udienze”.
La celebrazione della udienza in assenza del difensore, aderente alla astensione dalle udienze, sanziona illegittimamente e contraddittoriamente l'esercizio del diritto costituzionale, lede il contraddittorio del giusto processo, sancito dall'articolo 111 della Costituzione e il “diritto a un processo equo” garantito dall'articolo 6 della Convenzione citata.
La Corte territoriale non ha neppure designato un difensore di ufficio sicché l'appellante è “rimasto del tutto sguarnito di difesa”.
3.2 — Col secondo motivo il difensore dichiara promiscuamente di denunziare, ai sensi dell'articolo 606, comma 1, lettere b), c) ed e), cod. proc. pen. “erronea applicazione della legge penale, inosservanza delle norme processuali [...] mancanza o manifesta illogicità della motivazione” e deduce: in ordine al delitto di rapina la sentenza è “lacunosa”, difetta il “riscontro probatorio”; la persona offesa non fatto cenno nella querela della sottrazione del copricapo; difetta, altresì, la prova del delitto di lesione personale; la documentazione medica, in atti, concerne gli esiti della successiva condotta delittuosa; quanto al tentato omicidio la “univocità del gesto” non è dimostrata; il ricorrente non aveva alcun intento omicida, siccome ha confermato nell'interrogatorio di garanzia; ha colpito una sola volta Henna e si è allontanato; non vi è stata reiterazione dei colpi: né vi è stata contestuale esternazione di alcun proposito omicida; era stata, piuttosto, la vittima a “recarsi incontro all'imputato”; M. ha cercato “lo scontro e il contatto con l'imputato”; dopo che fu colpito si recò da solo al pronto soccorso.
4. - Fondato è, nei termini che seguono, il primo motivo di ricorso, preclusivo dell'esame delle ulteriori censure.
4.1 - Questa Corte suprema di cassazione, a Sezioni Unite, in materia di procedimenti incidentali de libertate — affatto sovrapponibili per l'identità del rito, modellato sulle forme dell'articolo 127 cod. proc. pen., al giudizio abbreviato camerale in grado di appello, disciplinato dall'articolo 444, comma 3, cod. proc. pen. che rinvia all'articolo 599 cod. proc. pen. il quale, a sua volta, richiama l'articolo 127 cod. proc. pen. — ha recentemente fissato il seguente principio di diritto: “non è consentita l'astensione dalle udienze da parte del difensore che aderisca ad una protesta di categoria, in quanto l'articolo 4 del Codice di Autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, adottato il 4 aprile 2007 [...], avente valore di normativa secondaria, esclude espressamente che l'astensione possa riguardare le udienze penali 'afferenti misure cautelari”; sicché, “in applicazione di tale principio, [ha] rigettato l'istanza di rinvio avanzata dal difensore dell'imputato nel giudizio di cassazione proposto ai sensi dell'art. 311 cod. proc. pen.” (Sez. U, n. 26711 del 30/05/2013 - dep. 19/06/2013, Ucciero, Rv. 255346).
Siffatto arresto ha implicitamente superato il precedente orientamento affermato delle medesime Sezioni Unite — e concordemente ribadito dalle altre Sezioni di questa Corte suprema di cassazione con consolidata giurisprudenza - secondo il quale la disposizione dell'articolo 486, comma 5, cod. proc. pen. [attualmente, per effetto della novella del 16 dicembre 1999, n. 479, dell'articolo 420-ter, comma 5, cod. proc. pen.], recante la previsione della sospensione o del rinvio del dibattimento in caso di legittimo impedimento del difensore, non si applica ai procedimenti in camera di consiglio che si svolgono nelle forme previste dall'articolo 127 cod. proc. pen.; e ciò sul presupposto che, in difetto di espressa previsione normativa dell'impedimento del difensore (a differenza dell'impedimento dell'imputato che ha manifestato la volontà di comparire, v. articolo 599, comma 2, cod. proc. pen.), “nessun rilievo” debba essere “riconosciuto — in generale — all'impedimento a comparire del difensore” e, comunque - per quanto qui precipuamente rileva — alla adesione del difensore alla astensione collettiva dalle udienze, promossa dalle organizzazioni di categoria (Sez. U, n. 7551 del 08/04/1998 - dep. 27/06/1998, Cerroni, Rv. 210795, secondo la quale, proprio in “fattispecie relativa ad adesione del difensore all'astensione collettiva dalle udienze [..] in relazione a giudizio abbreviato in grado di appello, il disposto dell'art. 486, comma quinto, cod. proc. pen., a norma del quale il giudice provvede alla sospensione o al rinvio del dibattimento in caso di legittimo impedimento del difensore, non si applica ai procedimenti in camera di consiglio che si svolgono con le forme previste dall'art. 127 cod. proc. pen.”; cui adde Sez. 6, n. 1855 del 0910/1992, Sibio, Rv. 193526; Sez. 6, n. 6868 del 03/05/1993 - dep. 09/07/1993, Ginanneschi, Rv. 195140; Sez. 4, n. 2503 del 17/12/1993 - dep. 25/02/1993, Tuminetti, Rv. 197737; Sez. 3, n. 10155 del 11/07/1995 - dep. 06/10/1995, Ghia, Rv. 202778; Sez. 1, n. 579 del 05/12/1995 - dep. 18/01/1996, De Rosa, Rv. 203464; Sez. 4, n. 2543 del 21/02/1996 - dep. 06/03/1996, Pulcini ed altro, Rv. 204581; Sez. 6, n. 4420 del 27/03/1996 - dep. 30/04/1996, Grillo, Rv. 205087; Sez. 5, n. 11269 del 17/02/1998 - dep. 27/10/1998, Gulinello, Rv. 211515; Sez. 3, n. 7939 del 04/06/1998 - dep. 07/07/1998, Dotti F, Rv. 211683; Sez. 5, n. 5619 del 22/11/1999 - dep. 28/02/2000, Patalano, Rv. 215482; Sez. 1, n. 388 del 25/11/1999 - dep. 14/01/2000, Arienti, Rv. 215144; Sez. 1, n. 41687 del 02/10/2001 - dep. 21/11/2001, Morelli, Rv. 220041; Sez. 4, n. 33283 del 12/12/2001 - dep. 04/10/2002, Adducci ed altri, Rv. 222497; Sez. 4, n. 14866 del 03/02/2004 - dep. 26/03/2004, Bazzucchi, Rv. 227918; Sez. 5, n. 23323 del 23/03/2004 - dep. 19/05/2004, Collini ed altro, Rv. 228867; Sez. 5, n. 22308 del 23/03/2004 - dep. 10/05/2004, Chi-naglia, Rv. 228093; Sez. 4, n. 21761 del 15/04/2004 - dep. 07/05/2004, Zangari ed altro, Rv. 228592; Sez. 6, n. 40542 del 23/09/2004 - dep. 15/10/2004, Di Gregorio, Rv. 230260; Sez. 4, n. 20576 del 17/03/2005 - dep. 01/06/2005, Arenzani, Rv. 231360; Sez. 5, n. 16555 del 06/04/2006 - dep. 16/05/2006, Verbi, Rv. 234451; Sez. 6, n. 23778 del 24/05/2006 - dep. 07/07/2006, Guarino, Rv. 234726; Sez. 6, n. 34462 del 20/02/2007 - dep. 12/09/2007, De Martino e altri, Rv. 237792; Sez. 4, n. 33392 del 14/07/2008 - dep. 12/08/2008, Menoni, Rv. 240901; Sez. 5, n. 36623 del 16/07/2010 - dep. 13/10/2010, Borra e altri, Rv. 248435; Sez. 6, n. 10840 del 18/10/2011 - dep. 20/03/2012, Cosentino, Rv. 252278; e Sez. 1, n. 6907 del 24/11/2011 - dep. 22/02/2012, Ganceanu, Rv. 252401).
La sentenza Ucciero, invece, annettendo rilevanza alla valutazione della conformità della astensione dalle udienze alle disposizioni del Codice di Autoregolamentazione forense del 4 aprile 2007, e, soprattutto, modulando la decisione sulla mozione di differimento della trattazione del procedimento (formulata dal difensore aderente alla astensione), in funzione della ridetta valutazione, dimostra di aver fatto proprio (pur senza espressa esplicitazione delle ragioni della revisione dell'orientamento) il presupposto antitetico rispetto a quello - fino a quel momento ritenuto - della assoluta irrilevanza dei motivi del mancato intervento del difensore (ritualmente avvisato), in relazione ai procedimenti in parola.
Successivamente, con recentissimo arresto, questa Corte suprema di cassazione ha espressamente affermato, proprio in termini, il principio di diritto secondo il quale, nel giudizio camerale di appello delle sentenze pronunciate col rito abbreviato, in caso di legittimo esercizio della “libertà di astensione” da parte del difensore (nei casi previsti e secondo le forme stabilite dal Codice di autoregolamentazione), la reiezione della mozione difensiva di “rinvio” comporta la nullità generale, a regime intermedio, del procedimento, ai sensi degli articoli 178, comma 1, lettera e), e 180 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 1826 del 24/10/2013 - dep. 17/01/2014, A. S., non massimata).
A tale approdo ermeneutico il Collegio si uniforma.
Sicché, nella specie, il diniego del rinvio, implicitamente chiesto (con nota dal 14 marzo 2012) dal difensore di fiducia dell'appellante aderente alla astensione dalla udienze indetta dalla associazione di categoria, in conformità delle disposizioni del Codice di autoregolamentazione, cit., comporta la nullità della sentenza.
In mancanza dell'intervento alla udienza camerale davanti alla Corte territoriale di alcun difensore e dell'imputato (v. fascicolo della Corte di appello di Bologna n. 915/10 Regg. App., pp. 26 — 30), la invalidità non è stata sanata (per decadenza) ai sensi dell'articolo 182 cod. proc. pen.; sicché risulta tempestivamente dedotta, nel termine di cui all'articolo 180, comma 1, cod. proc. pen., col ricorso per cassazione.
Conseguono - laddove deve manifestamente escludersi la ricorrenza di veruna delle ipotesi contemplate dall'articolo 129 cod. proc. pen. — l'annullamento della sentenza impugnata e il rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.
01-04-2014 23:51
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