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Sentenza

Grave inimicizia tra il difensore e giudice? Non è prevista come causa di ricusazione.
Grave inimicizia tra il difensore e giudice? Non è prevista come causa di ricusazione.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 7 – 22 ottobre 2014, n. 43884
Presidente Gentile – Relatore Gallo

Ritenuto in fatto

1. G.A. ha proposto ricorso avverso l'ordinanza 8/4/2013 con la quale la Corte d'appello di Trieste ha dichiarato inammissibile l'istanza di ricusazione proposta dal medesimo G.A. nei confronti del dr. F.G., presidente della Sezione penale del Tribunale di Trieste.
2. Al riguardo deduce distorsione dei fatti e violazione di legge ed eccepisce il carattere non endoprocessuale del fatto oggetto di ricusazione, vale a dire la circostanza che il difensore del G., avv. E.L., aveva interposto atto di denuncia penale per minaccia nei confronti dei dr. G.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è palesemente inammissibile.
2. In punto di diritto è del tutto pacifico che la presentazione di una denuncia contro un magistrato non è da sola sufficiente ad integrare l'ipotesi di ricusazione di cui all'art. 37, comma primo , lett. a), in relazione all'art. 36, comma primo, lett. d), cod. proc. pen., poiché il sentimento di grave inimicizia, per essere pregiudizievole, deve essere reciproco, deve nascere o essere ricambiato dal giudice e deve trarre origine da rapporti di carattere privato, estranei al processo, non potendosi desumere semplicemente dal trattamento riservato in tale sede alla parte, anche se da questa ritenuto frutto di mancanza di serenità (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 30443 del 18/06/2003 Cc. (dep. 21/07/2003 ) Rv. 226571). Del resto - ha precisato la S.C. - non può ammettersi che sia rimessa alla iniziativa della parte la scelta di chi lo deve giudicare (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 8429 del 10/01/2007 Cc. (dep. 28/02/2007 ) Rv. 236253).
3. In ogni caso, secondo l'insegnamento di questa Corte, le posizioni interpersonali di inimicizia grave tra difensore e giudice (od un suo prossimo congiunto) non sono previste nel vigente sistema normativo quali possibili cause di ricusazione, posto ché l'art. 36 lett. d), cui rinvia l'art. 37 del codice di rito, limita espressamente i casi di astensione e, conseguentemente di ricusazione, per inimicizia grave ai soli rapporti fra giudice (o un suo prossimo congiunto) ed una delle parti private, senza possibilità di estensione analogica al difensore della parte privata, atteso che la norma fondamentale (l'art. 36, cui si riallaccia, in gran parte specularmente, l'art. 37) distingue espressamente il difensore e la parte privata, menzionando nelle lettere a), b), d), e) la parte privata quale titolare di posizione (sostanziale) obbligante il giudice all'astensione, e nelle sole lettere a) e b) il difensore quale portatore di posizione consimile (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 974 del 14/02/1996 Cc. (dep. 13/04/1996 ) Rv. 204336; conforme Cass. Sez. 1, Sentenza n. 45799 del 22/11/2001 Cc. (dep. 20/12/2001 ) Rv. 220508).
4. Pertanto il fatto che l'avv. L. abbia presentato una denuncia penale contro il dr. G., dolendosi della minaccia di essere deferito all'ordine degli avvocati è circostanza assolutamente irrilevante ai fini della ricusazione proposta dal G. contro il suddetto magistrato.
5. Quanto poi alle dichiarazioni rilasciate alla stampa dal suddetto magistrato, sfavorevoli nei confronti di una protesta iscenata in un'aula del Tribunale dagli esponenti del movimento Trieste libera cui aderisce il ricusante, le stesse non sono espressive di inimicizia grave nei confronti dell'imputato ma costituiscono legittimo esercizio del diritto di critica (art. 21 Cost.) che certamente non può essere censurato dall'imputato.
3. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, si stima equo determinare in euro 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Avv. Antonino Sugamele

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