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Sentenza

E' appropriazione indebita l'azione del cointestatario di un conto corrente bancario che pur se con la facoltà a compiere operazioni separatamente, disponga in proprio favore, senza il consenso (espresso o tacito) degli altri cointestatari, della somma in deposito in misura eccedente la quota da considerarsi di sua pertinenza.
E' appropriazione indebita l'azione del cointestatario di un conto corrente bancario che pur se con la facoltà a compiere operazioni separatamente, disponga in proprio favore, senza il consenso (espresso o tacito) degli altri cointestatari, della somma in deposito in misura eccedente la quota da considerarsi di sua pertinenza.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 20 giugno - 4 luglio 2014, n. 29019
Presidente Casucci – Relatore Carrelli Palombi di Montrone

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 18/4/2013 la Corte di appello di Lecce, in riforma della sentenza del Tribunale di Brindisi del 18/2/2010 impugnata dalle parti civili M.A. e M.M. con la quale M.V. era stato assolto dal reato contestatogli di cui all'art. 646 cod. pen., condannava quest'ultimo al risarcimento dei danni causati da tale reato alle suddette parti civili, rimettendo le parti dinanzi al giudice civili per la liquidazione degli stessi, nonché condannando M.V. a pagare a ciascuna delle parti civili una provvisionale di € 2.000,00 oltre le spese processuali di entrambi i gradi di giudizio.
2. Avverso tale sentenza propone ricorso l'imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando il seguente motivo di gravame: manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell'art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen. Rappresenta, al riguardo, che la Corte territoriale ha ritenuto provato il reato di appropriazione indebita, nella sua componente soggettiva, sulla base di mere congetture e di una errata lettura delle dichiarazioni rese dall'imputato in sede di esame; evidenzia ancora che le somme oggetto di appropriazione non sono mai state riconosciute come ricadenti nell'asse ereditario e che il fondo era stato cointestato al solo figlio M.V. con la volontà di compiere una liberalità nei suoi confronti.

Considerato in diritto

3. Il ricorso deve essere rigettato, in quanto basato su un motivo infondato. Difatti la Corte territoriale, provvedendo sull'appello proposto dalle parti civili, è pervenuta, in linea con la costante giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal Collegio, alla conclusione che la condotta ascritta all'imputato - appropriazione di una somma di denaro depositata su un fondo d'investimento cointestato allo stesso ed alla madre deceduta corrispondente alla quota di proprietà di M.M. e M.A. - integri il delitto di appropriazione indebita previsto dall'art. 646 cod. pen. In tal senso si è affermato che è configurabile il delitto di appropriazione indebita a carico del cointestatario di un conto corrente bancario, il quale, pur se facoltizzato a compiere operazioni separatamente, disponga in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito degli altri cointestatari, della somma in deposito in misura eccedente la quota parte da considerarsi di sua pertinenza, in base al criterio stabilito dagli artt. 1298 e 1854 cod. civ., secondo cui le parti di ciascun concreditore solidale si presumono, fino a prova contraria, uguali (sez. 2 n. 17239 del 4/4/2006, Rv. 234754; sez. 2 n. 16655 del 20/4/2010, Rv. 247024).
Nel caso di specie dalla sentenza impugnata risulta che il fondo d'investimento portante, all'epoca dei fatti, la somma di € 33.000,00, era cointestato a S.M.C., madre dell'imputato, nonché a quest'ultimo, il quale, in data 27/12/2006, aveva incassato la suddetta somma sottoscrivendo il modulo di rimborso. Certo è quindi che, al di là delle apodittiche affermazioni contenute nel ricorso circa intenzioni di liberalità della madre nei confronti del figlio, M.V. non poteva legittimamente impossessarsi dell'intera somma portata dal fondo, in quanto almeno la metà della stessa era di pertinenza di tutti gli eredi della S.M.C. e quindi anche delle costituite parti civili M.A. e M.M. E la Corte territoriale ha, ragionevolmente, ravvisato l'elemento psicologico del reato in questione, per essersi il ricorrente impossessato dell'intera somma con la consapevolezza di agire contro la volontà dei coeredi.
4. A quanto detto consegue, per il disposto dell'art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione in favore delle costituite parti civili M.M. e M.A. delle spese sostenute per il presente grado di giudizio, che si ritiene di potere liquidare in complessivi € 4.200,00 oltre spese generali, IVA e CPA.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione in favore delle costituite parti civili M.M. e M.A. delle spese sostenute per il presente grado di giudizio, che liquida in complessivi € 4.200,00 oltre spese generali, IVA e CPA.
Avv. Antonino Sugamele

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