Due maestre di asilo nido accusate di avere maltrattato alcuni minori loro affidati.
Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 06-05-2014) 03-06-2014, n. 23013
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IPPOLITO Francesc - Presidente -
Dott. LEO Guglielm - Consigliere -
Dott. PETRUZZELLIS Ann - rel. Consigliere -
Dott. APRILE Ercole - Consigliere -
Dott. PATERNO' RADDUSA Benedett - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1. B.R. nata a (OMISSIS);
2. P.E., nata a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 23/09/2013 della Corte d'appello di Milano;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. SELVAGGI Eugenio, che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi;
uditi gli avv. Rossana Tebaldi in sostituzione dell'avv. Franco Bambagioni e Luigi Pamphili per le parti civili, che si sono riportati alle conclusioni scritte.
Svolgimento del processo
1. La Corte d'appello di Milano, con sentenza del 23/09/2013, ha confermato la pronuncia di condanna di B.R. ed P.E. emessa dal Gup del Tribunale di Pavia l'08/02/2012 per il reato di maltrattamenti continuati in danno dei minori loro affidati per la funzione di maestre presso l'asilo nido rivestita, condannando entrambe al pagamento delle spese processuali e di rappresentanza delle parte civili.
2.1. B.R. ha proposto ricorso personalmente con il quale contesta il mancato riconoscimento in suo favore delle attenuanti generiche, che non risulta giustificato nella motivazione del provvedimento impugnato, e segnala in senso favorevole a tale trattamento la confessione resa, le scuse formulate all'indirizzo dei genitori delle parti offese, il risarcimento offerto, nonchè le sue difficili condizioni personali, che avevano causato i gravi comportamenti realizzati.
2.2. Si deduce inoltre carenza argomentativa sui criteri determinativi della sanzione, con particolare riferimento alla decisione di aumento per la continuazione, commisurato al numero delle parti lese, che si assume contrastante con i criteri di cui all'art. 133 cod. pen..
3. Nell'interesse di P.E. la difesa lamenta l'argomentazione operata dal giudice d'appello di richiamo alla pronuncia di primo grado, che non ha offerto specifica illustrazione degli elementi valutativi propri dell'oggetto del gravame proposto, con particolare riferimento alla capacità di intendere e volere dell'interessata ed alla sollecitazione allo svolgimento di una perizia finalizzata a tale accertamento, la cui necessità risulta documentata dagli sviluppi della condizione clinica dell'interessata, sulla base di una relazione dell'unità psichiatrica dell'Ospedale di Pavia, oltre che in forza di una consulenza di parte.
La Corte non ha ritenuto di approfondire le risultanze tecniche, richiamandosi a quanto già ritenuto sul punto dal primo giudice sul punto, in ragione del mero dato cronologico della sopravvenienza di tali accertamenti rispetto alle vicende di cui è processo.
La difesa valuta non appagante tale argomentazione, poichè lascia impregiudicata la possibilità del dubbio sulla capacità dell'interessata al momento dei fatti.
3.2. Si eccepisce violazione di legge sull'accertamento della consumazione del delitto di maltrattamenti in famiglia, in mancanza dell'individuazione degli elementi essenziali di una abitualità della condotta, sorretta da una volontà unitaria, di cui non sussiste prova in atti.
3.3. Si eccepisce violazione di legge e vizio di motivazione sulla quantificazione della sanzione, determinazione per cui sono stati ignorati i criteri di cui all'art. 133 c.p., in quanto non è stato fornito il dovuto rilievo all'attivazione dell'interessata per provvedere al risarcimento del danno.
3.4. Analoghi vizi vengono eccepiti con riferimento all'esclusione dell'applicazione delle attenuanti generiche con valutazione il giudizio di prevalenza, che nella specie ben poteva giustificarsi per le condizioni personali dell'interessata e la condotta volta a riparare il danno dalla stessa tenuta.
Motivi della decisione
1. I ricorsi sono inammissibili per manifesta infondatezza.
2.1. Il motivo proposto nell'interesse di P.E., volto a contestare la decisione di non disporre un accertamento sulle sue capacità di intendere e volere, costituisce la riproposizione di quanto già sottoposto all'attenzione della Corte territoriale, e contiene l'implicita sollecitazione allo svolgimento in questa fase di una nuova valutazione di merito al riguardo. Si deve ricordare che l'istanza è stata respinta nel presupposto che le allegazioni di fatto sulle quali era fondata evidenziavano il sopraggiungere, rispetto all'accertamento dei fatti contestati, di una situazione di disagio della ricorrente, che è stata collegata alle conseguenze dell'azione, di cui non vi era traccia nell'epoca precedente. La situazione descritta ha condotto a ritenere l'insussistenza di elementi di fatto idonei a suggerire un accertamento sulle condizioni psichiche dell'interessata al momento della consumazione dei fatti.
A fronte di tale argomentazione, che da conto compiutamente della valutazione di rilevanza dell'accertamento sollecitato ai fini del decidere, la difesa non deduce illogicità o contraddizioni, ma si limita a riproporre la propria tesi dell'indispensabilità dell'accertamento, in ragione della possibilità di un dubbio sulla capacità, che non sostiene con l'allegazione di alcuna circostanza di fatto rilevante, portata a conoscenza dei giudici di merito e da questi ingiustamente ignorata, così proponendo un rilievo per un verso generico, e per altro contenente la sollecitazione ad una rivalutazione della deduzione, che risulta quindi inammissibile sotto il duplice profilo richiamato.
2.2. Del tutto generica è la contestazione, svolta nell'interesse della Pistillo, in merito alla mancanza di abitualità nelle condotte contestate, che si assume impeditiva della qualificazione giuridica riconosciuta. L'indicazione degli elementi della fattispecie contenuti nella sentenza, ove si richiama la diffusione delle condotte violente in danno di molti minori affidati alle odierne ricorrenti, desunta sia dai segni fisici rilevati, che dagli anomali comportamenti reattivi osservato sui piccoli, forniscono indicazione univoca sull'abitualità delle aggressioni, rapportabili alle interessate, che hanno ammesso i fatti, consentendo di escludere la consistenza di dubbi sulla natura abituale delle condotte, in assenza della quale sarebbe stato impossibile registrare i richiamati effetti delle violenze, stante la tenerissima età delle vittime, che non erano in grado di esprimersi verbalmente.
3. Analizzando unitariamente i ricorsi delle interessate sul trattamento sanzionatorio, sotto il duplice aspetto della quantificazione della sanzione in concreto, e del mancato riconoscimento di prevalenza delle attenuanti generiche, o, per la B., dell'omessa applicazione, si deve ricordare che sul punto è rimessa al giudice di merito ampia discrezionalità determinativa, delimitata esclusivamente dall'obbligo della motivazione, il cui controllo di completezza e coerenza costituisce il perimetro della verifica demandata a questa Corte al riguardo.
La richiesta formulata da B. di applicazione delle attenuanti generiche è manifestamente inammissibile in quanto ignora il dato di fatto della loro già intervenuta applicazione.
Quanto alla sollecitazione al riconoscimento della prevalenza di tale trattamento proposta nell'interesse di Pistillo/ si osserva che la Corte ha giustificato il rigetto dell'istanza all'esito di un'approfondita analisi sulla gravità delle condotte e dei danni provocati, sulla loro reiterazione nel tempo, e sulla particolare insidiosità dell'aggressione, in quanto consumata in danno di minori non in grado di esprimere tempestivamente il loro disagio, elementi a fronte dei quali la difesa oppone autonomi e generici elementi favorevoli, già considerati dal giudice di merito per riconoscere l'applicazione delle attenuanti generiche, che evidentemente risultano superati, nell'insindacabile determinazione del giudicante sotto tale profilo, dagli indicati elementi di segno opposto.
Con l'illustrazione richiamata il giudice di merito ha esaurito il suo onere argomentativo, poichè le indicazioni fornite, anche nell'ipotesi di mancata confutazione specifica degli elementi di segno contrario addotti dalla difesa, implicitamente offrono l'indicazione della maggiore valenza degli elementi di segno negativo, e non esigono una singola e specifica esclusione della valenza degli elementi opposti.
3.2. Analogamente infondate sono le contestazioni mosse sulla determinazione della sanzione, poichè il giudice sul punto ha operato un richiamo alla fattispecie concreta, ed alle sue modalità di svolgimento, secondo i criteri richiamati dall'art. 133 c.p., che deve ritenersi esauriente all'atto in cui individua tutti i dati considerati, in quanto valuta implicitamente minusvalenti quelli di segno opposto offerti dalla difesa, che risultano già considerati dal giudice di primo grado nel riconoscimento delle attenuanti generiche.
Non ha pregio la contestazione svolta da B. in merito alla non corretta determinazione dell'aumento di pena per la continuazione, in quanto correlato al numero delle parti lese, poichè contrariamente all'assunto posto a fondamento del ricorso, l'art. 133 c.p., richiama tra gli elementi valutativi della sanzione qualsiasi modalità dell'azione, oltre che la gravità del danno, circostanze di fatto su cui assume sicura incidenza la presenza di una pluralità di parti offese, cui deve necessariamente rapportarsi la sanzione irrogabile in concreto, anche per gli episodi commessi in continuazione.
4. All'accertamento di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuna a quello della somma indicata in dispositivo, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione dell'art. 616 c.p.p..
La condanna alla rifusione delle spese di rappresentanza in giudizio delle parti civili può essere limitata nei confronti della sola Pistillo, che risulta aver contestato elementi di responsabilità, gli unici potenzialmente idonei ad incidere sui diritti dei danneggiati, mentre l'impugnazione B., riguardante la determinazione della pena, è estranea all'interesse delle parti civili, ed alle conseguenze della loro citazione in questa fase.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 ciascuna in favore della Cassa delle ammende.
Condanna inoltre la Pistillo a rifondere le spese di parte civile sostenute in questa fase che liquida in complessivi Euro 5.600 in favore delle parti difese dall'avv. F. Bambagioni ed in Euro 8.400 in favore delle parti civili difese dall'avv. L Pamphili, oltre IVA e CPA. Così deciso in Roma, il 6 maggio 2014.
Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2014
18-06-2014 09:06
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