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Sentenza

Detenuto in regime di trattamento “differenziato” e colloquio prolungato.
Detenuto in regime di trattamento “differenziato” e colloquio prolungato.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 30 giugno – 18 dicembre 2014, n. 52545
Presidente Siotto– Relatore Magi

Ritenuto in fatto

1. In data 28 ottobre 2013 il Magistrato di Sorveglianza di Roma accoglieva il reclamo proposto da O.P. avente ad oggetto la possibilità di usufruire - lì dove le condizioni organizzative lo consentano - del colloquio «prolungato» sino ad ore due, ai sensi dell'art. 37 comma 10 d.P.R. 30.6.2000 n.230, nel caso di mancata fruizione del colloquio nel mese precedente, sempre che i congiunti risiedano in comune diverso da Roma. Va premesso che nei confronti dei detenuto risulta emesso decreto di sospensione dell'applicazione delle regole di trattamento penitenziario ai sensi dell'art. 41-bis ord. pen. ma ad avviso del Magistrato di Sorveglianza tale condizione, pur comportando ex lege la riduzione del numero di colloqui fruibile (uno al mese) non preclude l'applicazione della norma che regolamenta la durata massima dei colloqui (art. 37 comma 19 del Regolamento). Si fa riferimento alla decisione emessa da questa Corte, sul tema, in data 24 giugno 2013 n. 39537.
2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, deducendo violazione di legge regolatrice, rappresentata dall'art. 41-bis ord. pen. e dall'art. 37 DPr 230/200. Nel ricorso si rappresenta che l'applicazione dell'art. 37 comma 10 Reg. nella parte in cui consente il prolungamento del colloquio a due ore anche per i soggetti raggiunti dal decreto applicativo del regime «differenziato» di cui all'art. 41-bis ord. pen. finisce con violare il criterio di specialità tra le diverse norme trattamentali, essendo innegabile che l'applicazione dell'art. 37 comma 10 si tradurrebbe in una «regola» per tutti i soggetti sottoposti al regime differenziato, dato che la allocazione di tali detenuti è in forza di legge disposta in istituti lontani dal luogo di radicamento criminoso.
Lì dove l'art. 37 al comma 10 prevede che il colloquio «prolungato» è fruibile quando i congiunti risiedono in comune diverso da quello in cui ha sede l'istituto - se nella settimana precedente non vi sono stati colloqui - è evidente che si riferisce ai detenuti posti in regime ordinario e l'applicazione di detta previsione ai detenuti sottoposti al regime «differenziato» frustrerebbe le esigenze preventive sottese alla previsione legislativa.
Si prospetta inoltre la particolare rilevanza della questione interpretativa, non condividendosi l'orientamento richiamato nella decisione impugnata, auspicandone una rivalutazione o, in alternativa, investendo della questione le Sezioni Unite di questa Corte.

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato, per i motivi che seguono.
Questa Corte si è di recente espressa sul tema oggetto del ricorso non solo con la decisione n. 39537 del 2013 (cui si compie riferimento nel provvedimento impugnato) ma anche con altre di analogo tenore (tra cui n. 49732 dei 2013, 49733 dei 2013, 49734 del 2013) il che rende costante l'orientamento interpretativo seguito e insussistente il presupposto per la richiesta trasmissione del ricorso alle Sezioni Unite.
Va dunque ribadito che la norma di legge di cui all'art. 41 bis ord. pen. - nel prevedere espressamente al comma 2 quater i contenuti della sospensione delle regole di trattamento e degli altri istituiti previsti dall'ordinamento penitenziario - fissa, in deroga al regime ordinario, in un solo colloquio al mese il numero delle occasioni di incontro, prevedendo altresì che gli stessi colloqui si svolgano in locali attrezzati, sì da impedire il passaggio di oggetti. E' prevista inoltre la videoregistrazione nonchè - su autorizzazione dell'autorità giudiziaria - il controllo auditivo. Sono esclusi dalla ammissione al colloqui soggetti diversi dai familiari e conviventi salvo casi eccezionali previamente autorizzati dalla autorità penitenziaria o giudiziaria.
L'ampiezza della previsione normativa è tale da ritenere - dunque - che ulteriori limitazioni, al di là di quelle previste, non siano possibili, salvo che derivino da una assoluta incompatibilità della norma ordinamentale - di volta in volta considerata - con i contenuti normativi tipici dei regime differenziato.
In particolare, l'art. 41 bis ord. pen. non prevede in modo esplicito il limite di durata dell'unico colloquio mensile (a differenza di quanto previsto per il colloquio straordinario effettuato, nei casi previsti, a mezzo del telefono, fissato in dieci minuti) e pertanto la norma regolatrice va effettivamente individuata nell'art. 37 comma 10 del regolamento (d.P.R. 30.6.2000 n.230) che indica in un'ora la durata massima.
Ciò posto, va detto che tale norma prevede due ipotesi di «ampliamento» della durata dei colloquio, la prima correlata a «eccezionali circostanze» da valutarsi, dunque, caso per caso, la seconda correlata a due condizioni obiettive rappresentate dalla extraterritorialità del luogo di detenzione rispetto a quello di residenza dei congiunti, unita alla circostanza della mancata fruizione dei colloquio nella «settimana precedente» e sempre che le esigenze e l'organizzazione dell'istituto lo consentano.
Ora, è evidente che mentre la prima previsione (circostanze eccezionali) non può dirsi in alcun modo in contrasto con le previsioni normative caratterizzanti il regime differenziato (e risulta dunque sempre applicabile, ferma restando la valutazione della eccezionalità del caso) la seconda previsione va «adattata» alle caratteristiche ontologiche della detenzione «conformata» ai sensi dell'art. 41 bis ord. pen.
In particolare, ricorrendo tendenzialmente in modo stabile il presupposto della extraterritorialità (data l'allocazione dei detenuti sottoposti al regime del 41 bis), è evidente che l'interpretazione del secondo presupposto (mancanza di colloquio nella settimana precedente) non può essere riferita a tale particolare «categoria» di detenuti, essendo per definizione assente il colloquio settimanale, sostituito da quello mensile. Detta parte della norma potrà dunque - secondo un criterio interpretativo logico-sistematico - trovare applicazione lì dove il detenuto sottoposto al regime differenziato di cui all'art. 41 bis ord. pen. non abbia effettuato il previsto colloquio nel «mese» antecedente.
Tale operazione interpretativa non si pone in contrasto con alcun principio generale dell'ordinamento - trattandosi di ordinaria individuazione dei nessi logici tra norme di legge tese a regolamentare la condizione della persona detenuta - nè comporta attenuazione alcuna del rigore cui è ispirata la disciplina del trattamento differenziato di cui all'art. 41 bis ord.pen., posto che le condizioni materiali di esecuzione del colloqui restano immutate così come la durata complessiva massima del medesimo, trattandosi esclusivamente di consentire il 'recupero' temporale della frazione non goduta e non utilizzata il mese antecedente.
Le esigenze organizzative dei singoli Istituti sono, inoltre, espressamente valutate e fatte salve nello stesso provvedimento impugnato.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Avv. Antonino Sugamele

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