Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Penalista Trapani

Sentenza

Concussione. Un soggetto, in concorso con un vigile, costringe il titolare di un bar a versare 400 euro per annullare una multa che aveva ad oggetto il mancato rispetto dell'orario di chiusura serale del bar, diversamente gli avrebbe fatto chiudere l'esercizio. Lo stesso soggetto e' imputato di sfruttamento della propstituzione.-
Concussione. Un soggetto, in concorso con un vigile, costringe il titolare di un bar a versare 400 euro per annullare una multa che aveva ad oggetto il mancato rispetto dell'orario di chiusura serale del bar, diversamente gli avrebbe fatto chiudere l'esercizio. Lo stesso soggetto e' imputato di sfruttamento della propstituzione.-
Cassazione penale  sez. VI   
Data:
    15/07/2014 ( ud. 15/07/2014 , dep.21/07/2014 ) 
Numero:
    32242

 

    Intestazione

                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                            SEZIONE SESTA PENALE                         
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. IPPOLITO         Francesc -  Presidente   -                    
    Dott. FIDELBO          Giorgio  -  Consigliere  -                    
    Dott. DI SALVO         Emanuele -  Consigliere  -                    
    Dott. APRILE           E.  -  rel. Consigliere  -                    
    Dott. PATERNO' RADDUSA Benedett -  Consigliere  -                    
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
                G.P., nato a (OMISSIS); 
    avverso la sentenza del 22/04/2013 della Corte di appello di Venezia; 
    visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; 
    udita la relazione svolta dal Consigliere Ercole Aprile; 
    udito  il  Pubblico  Ministero, in persona del Sostituto  Procuratore 
    generale    SELVAGGI    Eugenio,   che    ha    concluso    chiedendo 
    l'inammissibilità del ricorso. 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

    1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello riformava parzialmente la pronuncia di primo grado del 10/05/2012, assolvendo l'imputato dal reato originariamente ascrittogli al capo c) e rideterminando la pena, e confermava nel resto la medesima pronuncia con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verona, all'esito di giudizio abbreviato, aveva condannato G. P. alle pene di giustizia rispettivamente in relazione al reato di cui all'art. 110, 81 cpv. e 317 cod. pen., per avere, in concorso con A.A., quale agente della polizia locale di Verona, tra il (OMISSIS), abusando della propria qualità e dei propri poteri, costretto in ripetute occasioni S.G., titolare di un esercizio pubblico, a versare loro la somma complessiva di 400 Euro, a fronte di una richiesta iniziale di 500, con la promessa che avrebbe fatto annullare la contravvenzione comminatagli il (OMISSIS) per non avere rispettato l'orario di chiusura serale del bar, quindi prospettandogli che, se non avesse versato loro quella somma, gli avrebbe fatto chiudere il locale alle (OMISSIS) anzichè alle (OMISSIS) di notte, versamenti che erano avvenuti la prima volta per la somma di 100 Euro, la seconda di 200 Euro, e, quindi, di ulteriori 100 Euro, prospettandogli altresì la possibilità di tenere aperto il locale ventiquattro ore al giorno, con l'onere di versare metà degli introiti e di avvalersi dell'agenzia di sicurezza di cui l' A. era titolare (capo a) dell'imputazione); nonchè in relazione al reato di cui agli artt. 56, 81 cod. pen., L. n. 75 del 1958, art. 3 e art. 4, n. 7, per avere, in (OMISSIS), in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a reclutare, agevolare, favorire e sfruttare la prostituzione di varie donne, talune non identificate, proponendo loro denaro in cambio della partecipazione a festini di carattere sessuale, incontri che poi non si erano realizzati per motivi non riconducibili alla sua volontà, e pubblicando su siti web inserzioni relative ad offerte di meretricio da parte di numerose donne che a tanto lo avevano incaricato (capo b) dell'imputazione.

    Rilevava la Corte di appello come fossero infondate le eccezioni in rito poste dall'impugnante, come le prove assunte avessero provato senza tema di smentita la colpevolezza del G. in ordine alle condotte ascrittegli, la prima delle quali era stata correttamente qualificata in termini di concussione e non di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio; ed ancora, come dovesse escludersi la configurabilità di una continuazione tra i due delitti per i quali era stata confermata la condanna.

    2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il G., con atto sottoscritto dal suo difensore avv. Federico Simoncelli, il quale, con sei distinti punti, ha dedotto i seguenti sette motivi.

    2.1. Violazione di legge, in relazione agli artt. 453 e 458 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per avere la Corte di appello erroneamente disatteso l'eccezione di nullità del decreto di giudizio immediato perchè emesso con riferimento a tre distinti capi d'imputazione, benchè solo per il terzo l'imputato non fosse stato previamente interrogato e non avesse potuto far valere le proprie ragioni difensive.

    2.2. Violazione di legge, in relazione agli artt. 125, 438 e 603 cod. proc. pen., e vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale omesso di esaminare l'istanza difensiva di rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale per l'assunzione di una serie di elementi di prova, con riferimento ai quali era stata pure originariamente avanzata una richiesta di abbreviato condizionato ai sensi dell'art. 438 c.p.p., comma 5, rigettata dal G.i.p..

    2.3. Vizio motivazione, per mancanza, contraddittorietà, manifesta illogicità, nonchè travisamento della prova, per avere la Corte distrettuale confermato la condanna dell'imputato senza tenere adeguatamente in conto le prove a discarico e ingiustificatamente valorizzando le prove a carico, in specie le dichiarazioni scarsamente attendibili del Gu., e senza considerare che i suoi rapporti con soggetti gravitanti nell'ambiente della prostituzione derivavano proprio dall'attività istituzionale che gli era stata affidata.

    2.4. Violazione di legge, in relazione all'art. 319 cod. pen., e vizio di motivazione, per mancanza e contraddittorietà, per avere la Corte veneziana disatteso la richiesta di riqualificazione dei fatti sub capo a) come ipotesi di corruzione propria, tenuto conto della posizione di sostanziale parità in cui si era trovato il G. rispetto al privato Gu..

    2.5. Violazione di legge, in relazione all'art. 319 quater cod. pen., e vizio di motivazione, per avere la Corte veneta omesso di esaminare la questione di una possibile diversa qualificazione delle condotte innanzi indicate come ipotesi di induzione indebita, fattispecie introdotta dalla L. n. 190 del 2012.

    2.6. Violazione di legge, in relazione all'art. 597 cod. proc. pen., per avere la Corte di merito disposto per la prima volta l'applicazione all'imputato della misura di sicurezza dell'assegnazione ad una casa di lavoro, pur in assenza di una statuizione sul punto da parte del Giudice di prime cure ed in mancanza di un appello del P.M..

    2.7. Violazione di legge, in relazione all'art. 81 cod. pen., e vizio di motivazione, per avere la Corte di appello ingiustificatamente escluso la possibilità di riunire sotto il vincolo della continuazione i reati contestati all'imputato nei capi a) e b) dell'imputazione.

    3. Ritiene la Corte che il ricorso sia fondato, sia pur nei ristretti limiti di seguito indicati.

    3.1. Il primo motivo del ricorso è infondato, in quanto - anche a voler prescindere dal fatto che esso è riferibile al reato del capo c) dell'imputazione, dal quale l'imputato è stato assolto in secondo grado - le nullità eccepite dalla difesa, asseritamente maturatesi in ragione della mancata osservanza dei presupposti di instaurazione del rito immediato, sono certamente nullità a regime intermedio (in questo senso, tra le altre, Sez. 1, n. 15239/12 del 07/12/2011, Gallo, Rv. 252255) e devono considerarsi non più deducibili a seguito della scelta del giudizio abbreviato, poichè la richiesta di tale rito speciale opera pacificamente un effetto sanante di quelle invalidità, ai sensi dell'art. 183 cod. proc. pen. (così, tra le altre, Sez. 6, n. 5902/12 del 13/10/2011, Adiletta, Rv. 252065).

    3.2. Anche il secondo motivo del ricorso è privo di pregio.

    E' bene rammentare che, in primo grado, il giudizio nei confronti dell'odierno ricorrente si era svolto nelle forme del rito abbreviato, con la rinuncia all'assunzione della prova nel contraddittorio e con l'accettazione da parte dell'imputato di essere giudicato sulla base degli atti facenti parte del fascicolo del Pubblico Ministero. Dunque, un'eventuale integrazione degli elementi di prova sarebbe stata possibile, pure se sollecitata dalle parti, esclusivamente ai sensi dell'art. 441 c.p.p., comma 5, pacificamente applicabile anche nel giudizio di appello, vale a dire solo se il giudice avesse ritenuto di non poter decidere allo stato degli atti.

    Esclusa, dunque, l'applicabilità della disciplina della rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale ai sensi dell'art. 603 cod. proc. pen., va rilevato come la Corte di appello abbia implicitamente escluso la necessità di compiere d'ufficio un'attività di integrazione del materiale di conoscenza a disposizione, dal momento che ha ritenuto pienamente sufficienti a dimostrare la colpevolezza del G. gli elementi di prova che erano stati già raccolti durante la fase delle indagini preliminari.

    3.3. Il terzo motivo del ricorso è inammissibile perchè presentato per fare valere ragioni diverse da quelle consentite dalla legge.

    La sentenza impugnata ricostruisce in fatto le vicende con motivazione esaustiva, immune da vizi logici e strettamente ancorata alle emergenze processuali e, in particolare, alle prove testimoniali ed alla documentazione acquisita, nonchè alle parziali ammissioni dello stesso imputato, sicchè tanto la condotta concussiva tenuta dal pubblico ufficiale G. in danno del privato Gu., quanto l'attività del prevenuto di tentativo di favoreggiamento e di sfruttamento della prostituzione, possono ritenersi dati definitivamente acclarati (v. pagg. 5-7 sent. impugn.).

    I rilievi formulati al riguardo, peraltro in termini molto generici, dal ricorrente si muovono nella prospettiva di accreditare una diversa lettura delle risultanze istruttorie e si risolvono, quindi, in non consentite censure in fatto all'iter argomentativo seguito dalla sentenza di merito, nella quale, per altro, v'è puntuale risposta a detti rilievi, in tutto sovrapponibili a quelli già sottoposti all'attenzione della Corte territoriale.

    3.4. Infondato sono il quarto ed il quinto motivo del ricorso, avendo la Corte di appello congruamente motivato, con argomenti contrastati dalla difesa dell'imputato in termini alquanto indeterminati e con il riferimento a circostanze non entrate nel compendio dei dati informativi utilizzabili dai Giudici dell'abbreviato, come le iniziative prevaricatrici assunte dal G., agente della polizia municipale, dunque abusando delle sue qualità e violando i suoi doveri, in danno del privato Gu. avessero posto quest'ultimo in una posizione di soggezione psicologica, essendo stato escluso dalle emergenze acquisite l'esistenza di alcun pactum sceleris tra i due prevenuti e, dunque, una posizione di parità tra gli stessi (v.

    pag. 6 sent. impugn.).

    Tali argomenti, valorizzati nella motivazione della sentenza gravata - nella parte in cui si parla espressamente di una sistematica iniziativa del pubblico ufficiale di palese prevaricazione sul privato, destinatario di minacce che ne avevano significativamente coartato la volontà senza lasciare spazi di autodeterminazione - consentono di ritenere priva di pregio anche l'asserita violazione di legge (in essa assorbito il denunciato vizio di motivazione), peraltro non dedotta con l'atto di appello e formalizzata con il ricorso per cassazione in termini molto generici, circa la mancata considerazione degli effetti dell'entrata in vigore della L. n. 190 del 2012 e la configurabilità del nuovo delitto di cui all'art. 319 quater cod. pen. Tanto in conformità con l'indirizzo della giurisprudenza di questa Corte, per il quale il nuovo reato di concussione di cui all'art. 317 cod. pen. è designato dall'abuso costrittivo del pubblico ufficiale attuato mediante violenza o minaccia di un danno contra ius, da cui deriva una grave limitazione della libertà di autodeterminazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sè, è posto di fronte all'alternativa secca di subire il male prospettato o di evitarlo con la dazione o la promessa dell'indebito; mentre il nuovo reato di cui all'art. 319- quater cod. pen. è caratterizzato dall'abuso induttivo del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, vale a dire da una condotta di persuasione, di suggestione, di pressione morale, con più tenue valore condizionante la libertà di autodeterminazione del destinatario, il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta di prestazione non dovuta, perchè motivato dalla prospettiva di conseguire un indebito tornaconto personale (Sez. U, n. 12228/14 del 24/10/2013, Maldera e altri).

    3.5. Il sesto motivo del ricorso è fondato, in quanto il Giudice di secondo grado, in assenza dell'appello del P.M., dunque in violazione di divieto di reformatio in peius previsto dall'art. 597 cod. proc. pen., ha disposto per la prima volta l'applicazione nei riguardi dell'imputato di una misura di sicurezza personale, senza che nulla avesse al riguardo deciso il Giudice di prime cure (in questo senso, tra le altre, Sez. 1, n. 20004 del 30/04/2009, Vico, Rv. 243779).

    La sentenza impugnata deve essere, perciò, annullata senza rinvio limitatamente a tale statuizione, che va conseguentemente eliminata.

    3.6. Il settimo motivo del ricorso, infine, è generico.

    Nella giurisprudenza di legittimità si è avuto modo ripetutamente di chiarire che il requisito della specificità dei motivi implica non soltanto l'onere di dedurre le censure che la parte intenda muovere in relazione ad uno o più punti determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi che sono alla base delle censure medesime, al fine di consentire al giudice dell'impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato (cosi, tra le tante, Sez. 3, n. 5020 del 17/12/2009, Valentini, Rv. 245907, Sez. 4, n. 24054 del 01/04/2004, Distante, Rv. 228586; Sez. 2, n. 8803 del 08/07/1999, Albanese, Rv. 214249).

    Nel caso di specie il ricorrente si è limitato ad enunciare, in forma molto indeterminata, il dissenso rispetto alle valutazioni compiute dalla Corte territoriale, senza specificare gli aspetti di criticità di passaggi giustificativi della decisione, cioè omettendo di confrontarsi realmente con la motivazione della sentenza gravata: pronuncia con la quale erano state analiticamente indicate le ragioni per le quali non poteva essere riconosciuta l'esistenza di un vincolo ai sensi dell'art. 81 cod. pen. tra reati commessi dal G. in tempi diversi e per motivazioni criminali del tutto differenti ed in alcun modo collegabili tra loro.
    PQM
    P.Q.M.

    Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla misura di sicurezza dell'assegnazione alla casa di lavoro, misura che elimina. Rigetta nel resto il ricorso.

    Così deciso in Roma, il 15 luglio 2014.

    Depositato in Cancelleria il 21 luglio 2014
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza