A differenza dell'art. 12-sexies della legge sul divorzio (che punisce il mero inadempimento dell'obbligo di corresponsione del contributo al mantenimento dei figli disposto in sede di divorzio, prescindendo dalla prova dello stato di bisogno degli stessi), l'art. 570, comma 2, n. 2 c.p. appresta tutela penale alla violazione dei genitori dell'obbligo di assicurare i mezzi di sussistenza ai figli minori in stato di bisogno. Condizione che va quindi verificata sul piano fattuale.
Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 10-04-2014) 08-05-2014, n. 18951
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AGRO' Antonio S. - Presidente -
Dott. ROTUNDO Vincenzo - Consigliere -
Dott. FIDELBO Giorgio - Consigliere -
Dott. DI SALVO Emanuele - Consigliere -
Dott. BASSI Alessandra - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
L.D. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 5661/2012 CORTE APPELLO di MILANO, del 24/09/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/04/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Aniello, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 24 settembre 2013, la Corte d'Appello di Milano ha riformato in parte la sentenza del 2 dicembre 2012, con la quale il Tribunale di Monza (sezione distaccata di Desio) assolveva L.D. da tutti i reati ascrittigli e - dichiarata l'inammissibilità dell'appello relativamente ai reati di cui agli artt. 572 e 574 c.p., (di cui ai capi A e D), preso atto della rinuncia all'appello del Procuratore Generale - ha dichiarato l'appellato responsabile del reato di cui all'art. 570 (di cui al capo C, commesso dal (OMISSIS)), confermando nel resto la sentenza e condannando l'imputato al risarcimento del danno e al pagamento delle spese di rappresentanza e difesa della costituita parte civile.
In particolare, la Corte ha rilevato come il giudice di primo grado abbia omesso di considerare la prova evidente della piena capacità contributiva di L., il quale, all'epoca dei fatti, riceveva dalla stessa persona offesa 80 mila Euro per il riscatto della quota di proprietà della casa coniugale e, nonostante ciò, provvedeva a pagare la somma di 3.750,00 Euro soltanto in un momento successivo, omettendo ogni contribuzione a favore della prole nel periodo in contestazione.
2. Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l'Avv. Giuseppe Ferrara, difensore di fiducia di L.D., chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi:
2.1. Inosservanza o erronea applicazione delle norme penali e processuali in relazione all'art. 570 c.p., comma 2.
Evidenzia il ricorrente che, contrariamente a quanto concluso dal giudice di seconde cure, L., nonostante versasse all'epoca in una situazione di grave e comprovata difficoltà economica, non aveva mai fatto mancare i mezzi di sussistenza ai figli, come comprovato dalle ricevute delle spese mediche e sportive sostenute nell'interesse di questi ultimi e dal fatto che l'assistito aveva versato la somma di 3.750,00 Euro non appena aveva la disponibilità economica, secondo le disposizioni del Tribunale per i Minorenni. In più, la Corte territoriale non aveva considerato che manca in atti la prova dell'effettivo stato di bisogno dei figli minori.
3. Il 7 e 9 aprile 2014, l'Avv. Giuseppe Ferrara ha fatto pervenire nella Cancelleria della Corte richieste documentate di rinvio dell'udienza per legittimo impedimento, in relazione al concomitante impegno defensionale innanzi al Tribunale del riesame di Milano.
4. In udienza, il Procuratore Generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato con riguardo ad entrambi i motivi.
Il ricorrente si duole del fatto che la Corte territoriale non avrebbe considerato, da un lato, che L. versava in gravi condizioni economiche e provvedeva ad assolvere agli obblighi nei confronti dei figli minori non appena era in grado di farvi fronte;
dall'altro lato, che non risulta provato lo stato di bisogno dei figli minori.
In linea generale, si deve rilevare che, come questa Corte ha avuto modo di affermare anche a Sezioni Unite, in tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato (Cass. Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679; Cass. Sez. 6, n. 46742 del 08/10/2013, P.G. in prog. Hamdi Ridha, Rv. 257332). In altri termini, nel caso di riforma da parte del giudice di appello di una decisione assolutoria emessa dal primo giudice, il secondo giudice ha l'obbligo di dimostrare specificamente l'insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti della sentenza di primo grado, con rigorosa e penetrante analisi critica seguita da completa e convincente motivazione che, sovrapponendosi a tutto campo a quella del primo giudice, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati, non essendo sufficiente la manifestazione generica di una differente valutazione ed essendo, per contro, necessario il riferimento a dati fattuali che conducano univocamente al convincimento opposto rispetto a quello del giudice la cui decisione non si condivida. (Cass. Sez. 5, n. 35762 del 05/05/2008, P.G. in proc. Aleksi e altri, Rv. 241169).
2. Applicati tali condivisibili principi anche nel caso in oggetto, non può non rilevarsi la totale inadeguatezza del percorso argomentativo seguito dalla Corte d'appello di Milano laddove, con il provvedimento impugnato, ribaltava il giudizio assolutorio di primo grado e condannava L.D. in ordine al reato di cui all'art. 570 c.p., omettendo di esaminare, sia pure per sintesi, il materiale probatorio vagliato dal primo giudice e quello eventualmente acquisito in seguito e, soprattutto, di fornire una puntuale motivazione in ordine alle ragioni per le quali giungeva a conclusioni difformi da quelle del giudice di prime cure.
Ed invero, per un verso, la Corte territoriale si è limitata ad affermare l'evidenza della prova della piena capacità contributiva di L., rilevando come l'imputato avesse ricevuto dalla persona offesa la somma di 80 mila Euro (per il riscatto della quota di proprietà della casa coniugale) e avesse poi provveduto a versare la somma di 3.750,00 Euro, senza tuttavia dare conto della scansione temporale di tali eventi e dei termini esatti degli obblighi dell'appellato nei confronti dei figli. In particolare, la Corte non ha specificato in che data L. ebbe a ricevere la somma dalla ex coniuge, in che data ebbe a versare la somma di 3.750,00 Euro ai figli, entro che data avrebbe dovuto fare fronte a tale obbligo e in quali termini economici, di tal che - sulla base delle laconiche considerazioni contenute nella sentenza in esame - non è possibile affermare in modo fondato che l'imputato abbia colpevolmente contravvenuto agli obblighi nei confronti dei figli pur essendo in grado di farvi fronte.
Per altro verso, nella sentenza impugnata rimane del tutto inesplorato il terreno dell'esistenza dell'effettiva mancanza di mezzi di sussistenza da parte dei figli minori dell'imputato.
Al riguardo, mette conto evidenziare come, a differenza della L. n. 869 del 1970, art. 12 sexies, - che punisce il mero inadempimento dell'obbligo di corresponsione ai figli (senza limitazione di età) affidati al coniuge divorziato dell'assegno di mantenimento stabilito dal giudice in sede di divorzio, prescindendo dalla prova dello stato di bisogno dell'avente diritto -, l'art. 570 c.p., comma 2, n. 2, appresta tutela penale alla violazione dei genitori dell'obbligo di assicurare i mezzi di sussistenza ai figli minori in stato di bisogno.
La Corte avrebbe pertanto dovuto procedere ad una disamina approfondita di tale presupposto, in quanto imprescindibile ai fini dell'affermazione della penale responsabilità in ordine al reato di cui all'art. 570 c.p., comma 2, dando conto degli elementi valutati per giungere al radicale rovesciamento della decisione di primo grado.
Ne discende che la sentenza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Milano.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Milano.
Così deciso in Roma, il 10 aprile 2014.
Depositato in Cancelleria il 8 maggio 2014
21-05-2014 22:03
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