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Sentenza

8 persone fanno irruzione in una discoteca armati di spranghe di ferro, machete e pugnali, rintracciano la vittima del commando e lo colpiscono all'interno e all'esterno del locale procurandone la morte.
8 persone fanno irruzione in una discoteca armati di spranghe di ferro, machete e pugnali, rintracciano la vittima del commando e lo colpiscono all'interno e all'esterno del locale procurandone la morte.
Cassazione penale  sez. I   
Data:
    13/12/2012 ( ud. 13/12/2012 , dep.17/04/2013 ) 
Numero:
    17617

 

    Intestazione

                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                            SEZIONE PRIMA PENALE                         
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. GIORDANO Umberto          -  Presidente   -                    
    Dott. CAIAZZO  Luigi Pietr -  rel. Consigliere  -                    
    Dott. ROMBOLA' Marcello         -  Consigliere  -                    
    Dott. BONITO   Francesco Maria  -  Consigliere  -                    
    Dott. ROCCHI   Giacomo          -  Consigliere  -                    
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
    1)      H.Z. N. IL (OMISSIS); 
    2)       L.J. N. IL (OMISSIS); 
    3)         Z.X. N. IL (OMISSIS); 
    4)     H.X.P. N. IL (OMISSIS); 
    5)      HU.ZH. N. IL (OMISSIS); 
    6)     H.J.J. N. IL (OMISSIS); 
    7)      L.D.G. N. IL (OMISSIS); 
    8)       H.C. N. IL (OMISSIS); 
    9)     Z.L.B. N. IL (OMISSIS); 
    avverso  la  sentenza n. 1/2011 CORTE ASSISE APPELLO di  MILANO,  del 
    14/06/2011; 
    visti gli atti, la sentenza e il ricorso; 
    udita  in  PUBBLICA  UDIENZA del 13/12/2012 la  relazione  fatta  dal 
    Consigliere Dott. LUIGI PIETRO CAIAZZO; 
    Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. MAZZOTTA Gabriele, 
    che ha concluso per il rigetto dei ricorsi. 
    Udito il difensore avv. Silvestri Alessandra del foro di Milano; 
    avv. Mario Gesualdo Murgo del Foro di Trento; 
    avv. Rosario Scarfò del foro di Locri; 
    avv. Angelo Colucci del foro di Milano. 
                              RILEVATO IN  
                     


    Fatto
    RILEVATO IN FATTO

    Con sentenza in data 14.6.2011 la Corte di assise d'appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Milano in data 5.3.2010, condannava per i seguenti reati, unificati dal vincolo della continuazione:

    A) delitto di cui agli artt. 110 e 575 c.p. e art. 112 c.p., n. 1, perchè in più di cinque persone in concorso tra loro, facendo irruzione nella discoteca (OMISSIS) di (OMISSIS) armati di spranghe di ferro, machete e pugnali, dopo aver rintracciato H.L. B., iniziavano a colpirlo, lo inseguivano dapprima dietro il bancone del bar poi lungo il corridoio di collegamento della sala reception continuando a colpirlo e da qui sino all'uscita del locale ove, dopo averlo circondato in otto-dieci persone, ne procuravano la morte con più colpi inferti al corpo e al capo con le spranghe nonchè procurandogli più ferite da arma da taglio, una delle quali, inferta da H.X.P. alla schiena, risultata letale;

    B) delitto di cui agli artt. 110, 112, 582, 583 e 585 c.p., perchè in più di cinque persone in concorso tra loro, nelle circostanze di cui al capo A), cagionavano, colpendoli con armi bianche, a H. W. lesioni guaribili in giorni 60;

    a H.L. lesioni guaribili in giorni 15;

    a H.L.H. lesioni guaribili in giorni 7;

    a J.Z.Q. lesioni guaribili in giorni 10;

    a G.S.X. lesioni guaribili in giorni 40;

    C) reato di cui all'art. 110 c.p., L. n. 110 del 1975, art. 4 e art. 61 c.p., n. 2, per aver portato in luogo pubblico spranghe di ferro, machete e pugnali;

    reati commessi in (OMISSIS);

    i seguenti imputati:

    1) H.Z.G. - con le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante art. 112 c.p. - alla pena di anni 15 e mesi 4 di reclusione;

    2) L.J.L. - con le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante art. 112 c.p. - alla pena di anni 15 e mesi 4 di reclusione;

    3) Z.X.C. - con le attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante art. 112 c.p. - alla pena di anni 10 di reclusione;

    4) H.H.P., ritenuta oltre l'aggravante di cui all'art. 112 c.p., anche l'aggravante della premeditazione, alla pena di anni 30 di reclusione;

    5) HU.ZH.XI., ritenuta oltre l'aggravante di cui all'art. 112 c.p., anche l'aggravante della premeditazione, con giudizio di equivalenza delle suddette aggravanti con le attenuanti generiche, alla pena di anni 18 di reclusione;

    6) H.J.J. - con le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante art. 112 c.p. - alla pena di anni 15 e mesi 4 di reclusione;

    7) L.D.G. - con le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante art. 112 c.p. - alla pena di anni 15 e mesi 4 di reclusione;

    8) H.C.L. - con le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante art. 112 c.p. - alla pena di anni 15 e mesi 4 di reclusione;

    9) Z.L.B. - con le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante art. 112 c.p. - alla pena di anni 15 e mesi 4 di reclusione.

    La Corte di assise d'appello ha inizialmente riassunto i contenuti della sentenza del GUP del Tribunale di Milano, impugnata da tutti gli imputati, della quale ha condiviso l'impianto generale e la ricostruzione della vicenda che ha avuto come epilogo l'uccisione di H.L.B..

    In sintesi, i passaggi essenziali della vicenda, come ricostruiti dai giudici di merito, sono i seguenti.

    H.L.B., dopo essere vissuto per qualche tempo a (OMISSIS), era andato a vivere a (OMISSIS), dove era diventato il capo di una banda di connazionali che spacciava droga nelle discoteche.

    Circa un mese prima dell'omicidio, T.Y. soprannominato Diesel, capo riconosciuto della banda dei milanesi (della quale facevano parte anche gli imputati del presente processo Z.X.C., H. Z.G., L.J.L., H.J.J. e L.D.G.) era stato arrestato per violazioni della legge sulle armi e H.L.B., profittando dell'assenza del capo della banda dei milanesi, aveva deciso di estendere l'attività che svolgeva a (OMISSIS) con la sua banda anche nella città di (OMISSIS).

    A questo scopo, aveva preso in affitto la discoteca di (OMISSIS), dove aveva organizzato una festa per la serata tra il (OMISSIS), in coincidenza con analoga festa che i milanesi avevano già organizzato nella discoteca da loro controllata, (OMISSIS), dove praticavano lo spaccio di sostanze stupefacenti.

    L'intrusione di H.L.B. nella piazza di (OMISSIS) era osteggiata non solo dalla banda dei milanesi, ma anche dai loro alleati bresciani (il cui capo era L.B. e componenti della banda dei bresciani imputati nel presente processo sono H.C.L. e Z. L.B.) nonchè dal gruppo di cinesi che viveva in Olanda (imputati nel presente processo H.X.P. e Hu.Zh.Xi.) i quali rifornivano di sostanze stupefacenti la banda dei milanesi e volevano avere a che fare, sulla piazza di (OMISSIS), solo con loro, anche perchè erano a conoscenza che H.L.B. era in contatto a (OMISSIS) con altri fornitori di sostanze stupefacenti.

    Vi erano stati tentativi, senza successo, di esponenti della banda dei milanesi di dissuadere H.L.B. dal portare avanti il suo progetto di estendere le sue attività illecite nella città di (OMISSIS).

    Alcuni giorni prima dell'omicidio vi era stata a (OMISSIS) una riunione, tra milanesi e bresciani, per decidere come fronteggiare la predetta iniziativa di H.L.B..

    La sera del (OMISSIS) tutti gli imputati del presente processo si erano incontrati nella discoteca (OMISSIS) e qui era stata decisa una spedizione punitiva da effettuare la stessa sera nella discoteca (OMISSIS), dove si stava svolgendo la festa organizzata da H.L.B..

    Il gruppo formato dagli attuali imputati si era spostato a bordo di quattro autovetture, nelle quali vi erano spranghe di ferro, pugnali e machete, ed aveva fatto irruzione nella suddetta discoteca alle ore 1,35 del 24 febbraio, dove con le suddette armi bianche erano state ferite varie persone appartenenti alla banda di H.L.B. ed era stato ucciso quest'ultimo, con le modalità indicate nel capo di imputazione.

    L'azione era durata solo pochi minuti e tutti gli imputati erano fuggiti prima dell'arrivo delle forze dell'ordine, intervenute perchè erano stati uditi colpi di pistola provenienti dall'interno della discoteca, risultati in seguito sparati con una scacciacani da Z.L.B..

    La Corte di assise d'appello respingeva la richiesta avanzata da tutti gli imputati di riconoscere l'attenuante di cui all'art. 116 c.p., osservando che le modalità stesse dell'azione escludevano, per tutti i partecipanti all'irruzione nella discoteca, la configurabilità del concorso anomalo. La situazione di conflitto e di acuta tensione con H.L.B. e il suo gruppo era nota a tutti gli imputati, che avevano agito nella piena consapevolezza che in quelle peculiari circostanze e con quell'armamentario il rischio di eventi lesivi anche mortali sarebbe stato al limite della certezza.

    La tecnica dell'azione, concordata tra tutti gli imputati prima di salire a bordo delle autovetture, smentiva la tesi, comune a tutti gli imputati, di un accordo finalizzato a "creare casino" e devastare la discoteca, devastazione che peraltro, secondo il giudice di secondo grado, non vi era stata. Significativo, invece, era il fatto che i soli ad essere stati colpiti erano stati H.L.B. ed appartenenti al suo gruppo e che l'azione fosse durata solo pochi minuti, poichè gli imputati avevano puntato subito al loro scopo, che era quello di eliminare fisicamente H.L.B..

    La tecnica utilizzata dimostrava che il fine dell'azione era quello di uccidere il predetto H.L.B., essendo entrati tutti insieme con le armi in pugno, avendo creato scompiglio esplodendo colpi di arma da sparo; si erano poi divisi i compiti tra chi aveva bloccato l'uscita della discoteca, chi era andato a caccia di H.L.B. e chi aveva neutralizzato amici dello stesso, ferendoli.

    Significativo era anche l'uso di guanti di lattice, del tutto incongruo e ingiustificato rispetto a una mera azione di danneggiamento.

    L'accanimento dagli aggressori contro H.L.B. mostrava che l'intento non era solo quello di dargli una lezione: dopo essere stato colpito mentre era seduto su un divano, era stato inseguito, accerchiato e, dopo essere caduto a terra, era stato ancora colpito selvaggiamente ripetute volte, fino ad essere stato quasi sfigurato dai colpi infertigli. Infine, da una conversazione telefonica intercettata in data 6.7.2009 sull'utenza in uso a H.C.L., era risultato che i partecipi alla spedizione avevano ricevuto cinquemila Euro ciascuno, circostanza che, secondo la Corte di assise d'appello, dimostrava come il risultato conseguito fosse conforme alle aspettative e meritevole di compenso.

    La sentenza impugnata prendeva in esame gli ulteriori motivi d'appello presentati dagli imputati, osservando che l'affermazione - comune a tutti gli imputati del gruppo milanese - secondo cui gli appartenenti al predetto gruppo avrebbero usato solo bastoni era contraddetta da numerosi testi e parti lese; che le spranghe di ferro erano state realizzate in vista dell'azione di commando e depositate presso l'abitazione del padre di H.Z.G. e poi prelevate da L. J.L. poco prima della spedizione; che la dotazione complessiva era nota a tutti, poichè presso il (OMISSIS) era stato fatto l'inventario delle armi disponibili; che tutte le armi erano state riposte alla rinfusa nelle auto e poi prelevate appena arrivati nei pressi della discoteca (OMISSIS).

    Rimarcava, quanto a Z.X.C., che, dopo l'arresto di Diesel, era divenuto il capo della fazione milanese e che, oltre ad aver avuto una parte attiva nella decisione di arrestare l'ingerenza di H.L.B. nella piazza milanese, aveva organizzato la spedizione punitiva. Dopo un momento di tentennamento, avendo anche pensato di poter neutralizzare l'azione di H.L.B. con una trattativa, aveva fatto prevalere, spinto dagli olandesi, le ragioni di risentimento e di astio verso H.L.B. ed era stato proprio lui a richiamare il gruppo dei bresciani e dare il via all'azione violenta, concordandone le modalità, assegnando i ruoli e distribuendo le armi.

    La Corte distrettuale riteneva però il suddetto imputato meritevole di un'ulteriore riduzione della pena inflitta a titolo di continuazione, in considerazione della condotta processuale del medesimo.

    Con riguardo a L.J.L., L.D.G. e H.Z.G. (facenti parte del gruppo milanese), gli stessi dovevano rispondere dell'omicidio quanto meno a titolo di dolo eventuale. I predetti erano a conoscenza che l'azione si sarebbe svolta non solo con sbarre di ferro (trasportate nell'auto Renault) ma anche con pugnali e machete, come poteva desumersi dal fatto che testimoni avevano notato in discoteca H.Z.G. armato di un grosso coltello e che, delle tre persone ferite da L.J.L., il teste H.W.G. aveva precisato che il predetto, oltre a colpirlo con una sbarra di ferro, l'aveva colpito anche con una spada (machete).

    L.D.G., che su ordine di Z.X.C. era rimasto in macchina nei pressi della discoteca (OMISSIS) con un compito funzionale alla riuscita dell'impresa, era a conoscenza della dotazione di armi del gruppo, avendo partecipato ai preparativi della spedizione davanti alla discoteca (OMISSIS).

    Prendendo in esame la posizione di H.J.J. (anche lui facente parte del gruppo milanese), metteva in evidenza che era entrato in discoteca e che il teste J.L. l'aveva riconosciuto come colui che aveva ferito il suo amico N., colpendolo con un coltello. Il teste C.Q., inoltre, lo aveva indicato come facente parte del gruppo che aveva aggredito H.L.B..

    La Corte di merito condivideva il giudizio del primo giudice che aveva ritenuto, nei confronti dei predetti quattro imputati, equivalenti le attenuanti generiche all'aggravante dell'art. 112 c.p..

    Esaminando la posizione dei due componenti del gruppo bresciano, riteneva accertato, anche alla stregua delle ammissioni dello stesso imputato, che H.C.L. fosse tra gli imputati che avevano fatto irruzione nella discoteca (OMISSIS); tra l'altro era stato riconosciuto all'interno della discoteca dal teste C.Q.. Un poderoso riscontro all'assunto accusatorio, secondo la sentenze impugnata, si rinveniva nella conversazione telefonica intercettata il 6.7.2009, dalla quale risultava che H.C.L. non solo aveva partecipato all'aggressione, ma che con i compartecipi ne aveva condiviso ragioni, modalità, obiettivo e compenso, optando poi per un allontanamento cautelativo dall'Italia, come aveva fatto il suo capo L.B..

    Riteneva del tutto irrilevante, ai fini della responsabilità di Z.L.B., che lo stesso si fosse recato al (OMISSIS) armato solo di una pistola scacciacani, poichè quel simulacro di arma era stato funzionale alla realizzazione del progetto criminoso. Il predetto, comunque, era ben consapevole dell'armamentario di cui i suoi complici disponevano e dell'obiettivo della spedizione. La circostanza che egli fosse o meno il primo picchiatore del gruppo bresciano era irrilevante a fronte della condotta adesiva al comune progetto criminoso. Anche per i suddetti imputati i giudici dell'appello hanno ritenuto di dover condividere il giudizio di comparazione del primo giudice tra le attenuanti generiche e l'aggravante di cui all'art. 112 c.p..

    La Corte di assise d'appello, prendendo in esame la posizione dei due imputati provenienti dall'Olanda, riteneva accertato che H.X.P. fosse stato l'autore materiale dell'omicidio, avendo sferrato con un grosso coltello il colpo alla schiena che aveva cagionato la morte di H.L.B., come risultava in particolare dalle precise e circostanziate dichiarazioni rese dal suo socio e collaboratore Hu.

    Z.X., il quale aveva anche precisato che la vittima era stata contemporaneamente e violentemente accoltellata da sei o sette persone. Nei confronti di Hu.Zh.Xi. riteneva di non poter riconoscere la richiesta attenuante di cui all'art. 116 c.p., per le stesse ragioni per le quali detta attenuante non era stata riconosciuta ai componenti del gruppo dei milanesi e dei bresciani.

    Il primo giudice aveva escluso l'aggravante della premeditazione contestata a tutti gli imputati. Sul punto il Pubblico Ministero aveva interposto ricorso per cassazione nei confronti di tutti gli imputati, convertito in appello, e la Corte di assise d'appello aveva accolto l'impugnazione nei confronti dei suddetti H.X.P. e H. Z.X., mentre aveva dichiarato inammissibile la stessa nei confronti di tutti gli altri imputati, senza entrare nel merito, perchè il Pubblico Ministero aveva dedotto motivi specifici sono nei confronti dei due imputati del gruppo olandese, senza dire alcunchè di specifico nei confronti di tutti gli altri imputati.

    Secondo la ricostruzione della Corte di assise d'appello, H.X. P., accompagnato da Hu.Zh.Xi., era venuto a (OMISSIS) per chiarire, dopo l'arresto di Ca.Yo., quale dovesse essere il suo nuovo esclusivo referente, con l'intenzione di proseguire i rapporti con il gruppo milanese, data anche l'importanza della piazza di (OMISSIS); la presenza di H.L.B. in questa piazza creava notevoli problemi agli olandesi, poichè rompeva il monopolio che essi avevano nel rifornire il gruppo cinese che operava nella suddetta piazza. La risposta violenta alla scelta di H.L.B. era stata già preparata a (OMISSIS), nella riunione che si era svolta tra esponenti dei gruppi bresciano e milanese, alleati da tempo tra loro, e il ruolo attivo dei suddetti imputati provenienti dall'Olanda si era reso evidente, nella serata del (OMISSIS), quando avevano informato Z.X.C. - in un centro massaggi - dell'intenzione di H.L.B. di spacciare droga nella discoteca e avevano caldeggiato la necessità di compiere un intervento. Vi era stata poi la riunione nella discoteca (OMISSIS) alla presenza di componenti di tutti i gruppi (milanese, bresciano e olandese), durante la quale l'atteggiamento dei due olandesi era stato decisamente improntato alla costante sobillazione di Z.X.C. perchè, accantonata ogni remora, passasse con i suoi uomini all'azione.

    L'atteggiamento dei predetti imputati provenienti dall'Olanda era rimasto immutato per tutto il tempo, in quanto erano portatori di uno specifico e diretto interesse all'eliminazione di H.L.B., il quale già si era dimostrato refrattario a seguire i consigli di molti suoi amici milanesi che lo invitavano a non invadere la piazza di (OMISSIS).

    Quanto all'elemento cronologico della premeditazione, la Corte di assise d'appello osservava che nelle tre-quattro ore che avevano preceduto l'irruzione vi erano state discussioni sull'opportunità di eseguirla, durante le quali i due del gruppo olandese avevano sempre spinto gli altri a passare all'azione, avendo però avuto, in concreto, l'opportunità di un ripensamento, date le incertezze di Z.X.C..

    Ma già prima che i bresciani si allontanassero (poi richiamati da Z.X.C.) vi erano stati preparativi della spedizione ed erano anche state distribuite le armi. La tecnica impiegata nell'irruzione dimostrava, secondo la Corte di merito, che non di mera preordinazione si era trattato, ma di una vero e proprio piano per commettere l'omicidio, tenuto conto dell'ingresso nel locale di un folto numero di persone armate; dell'esplosione di alcuni colpi di pistola a scopo intimidatorio; della ordinata suddivisione dei compiti tra i partecipanti alla spedizione; dello sbarramento delle vie di fuga; della focalizzazione immediata dell'obiettivo e delle modalità di esecuzione del delitto.

    Il dolo della premeditazione, evidente nell'esecutore materiale dell'omicidio, doveva estendersi a Hu.Zh.Xi. che era pienamente consapevole ed aveva in comune con H.X.P. il progetto di eliminare H.L.B..

    H.X.P. non veniva ritenuto meritevole delle attenuanti generiche, mentre a Hu.Zh.Xi., fermo restando il giudizio di equivalenza tra attenuanti generiche e aggravanti, la pena inflitta dal primo giudice veniva aumentata di due anni.

    Avverso la sentenza della Corte di assise d'appello hanno proposto ricorso per cassazione, personalmente H.J.J. e Z.L.B., tramite i loro difensori gli altri imputati, chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi.

    H.Z..

    Il difensore, con un primo motivo, ha sostenuto che la sentenza impugnata non aveva dimostrato che l'imputato, partecipando all'azione, si fosse rappresentato la possibile uccisione di H.L. B. e avesse comunque accettato il rischio che dall'azione punitiva potesse derivare la morte del predetto.

    Ha sostenuto, invece, che la spedizione era stata organizzata per far fallire la festa organizzata da H.L.B. nella discoteca (OMISSIS) e, secondo il ricorrente, non ha riscontro nelle risultanze che tutti gli imputati avessero invece aderito ad una spedizione punitiva nella quale si doveva dare una dura lezione esemplare per scoraggiare altre bande di cinesi dall'inserirsi nel giro delle discoteche e dello spaccio di stupefacenti ivi praticato e controllato dalla banda di cinesi di (OMISSIS), in accordo con la banda di cinesi di (OMISSIS) e con il gruppo di cinesi che dall'Olanda forniva lo stupefacente.

    L'imputato non era a conoscenza che la dotazione di armi del gruppo, oltre che di bastoni di ferro, consistesse anche in coltelli e machete.

    Il teste C.Q. non aveva mai dichiarato, come erroneamente aveva ritenuto la Corte di assise d'appello, che l'imputato aveva fatto parte del gruppo che aveva aggredito H.L.B.. Con un secondo motivo ha criticato la motivazione con la quale era stata negata all'imputato l'attenuante del concorso anomalo di cui all'art. 116 c.p..

    La Corte di assise d'appello aveva rigettato la richiesta di detta attenuante con una motivazione complessiva per tutti gli imputati, senza quindi considerare la particolare posizione di H.Z.G., che non era a conoscenza della presenza di coltelli e machete in possesso di altri imputati e che si era limitato ad aggredire altri soggetti presenti in discoteca, ma non H.L.B..

    Con un terzo motivo ha chiesto l'annullamento della sentenza per carenza di motivazione in ordine al mancato giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sull'aggravante di cui all'art. 112 c.p. e in ordine alla determinazione della pena, non avendo la Corte territoriale considerato la collaborazione data dall'imputato, il quale aveva anche ammesso di aver spacciato droga, insieme ai correi, nelle discoteche che frequentava.

    L.J.L. e L.D.G..

    Con un primo motivo il difensore ha contestato la sussistenza del dolo in capo ai ricorrenti in ordine al delitto di omicidio.

    Era vero che nell'aggressione erano state usate armi micidiali tipo machete e coltelli - il che, ove gli imputati ne fossero stati a conoscenza, costituirebbe prova incontestabile della loro responsabilità per il delitto di omicidio - ma era altresì vero che dagli atti non risultava affatto che L.J.L. e L.D.G. fossero a conoscenza della presenza di armi del suddetto tipo nel momento in cui si erano mossi dalla discoteca (OMISSIS) per recarsi, insieme ai coimputati, nella discoteca (OMISSIS).

    In effetti, nell'auto in cui avevano viaggiato i suddetti ricorrenti (una Renault Scenic) era emerso che vi erano solo tubi e spranghe di ferro.

    La Corte di assise d'appello aveva ritenuto che la parte lesa H.W. C. avesse riconosciuto L.J.L. come colui che deteneva, oltre a una spranga di ferro, anche una spada (machete), ma la suddetta parte lesa non aveva riconosciuto con sicurezza L.J. L..

    Aveva anche ritenuto che presso la discoteca (OMISSIS), alla presenza di tutti i partecipanti alla spedizione, fossero state distribuite le armi, ma la circostanza non risultava da alcun atto, risultando invece che L.J.L., qualche momento prima della spedizione punitiva, si era recato a prelevare le sbarre di ferro presso l'abitazione del padre. Non era risultato, inoltre, che le armi fossero state distribuite in presenza di tutti gli imputati nei pressi del (OMISSIS), essendo invece più che probabile che i coltelli e i machete fossero già custoditi all'interno delle auto dei "bresciani" e dell'auto BMW condotta da Z.X.C..

    Anche dalle conversazioni chattate da quest'ultimo con L.D.G. si evinceva che questi non aveva immaginato che la spedizione potesse finire con l'uccisione di H.L.B..

    Con un secondo motivo ha censurato la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui non aveva riconosciuto ai ricorrenti l'attenuante di cui all'art. 116 c.p..

    Non si era tenuto nel debito conto che gli imputati non erano a conoscenza che l'irruzione sarebbe stata compiuta anche con coltelli e machete, e il previsto uso di bastoni di ferro non rendeva prevedibile un evento omicidiario.

    L.D.G., su ordine di Z.X.C. era rimasto in macchina e non era neppure entrato in discoteca, e quindi non poteva sapere che alcuni dei suoi coimputati si erano muniti di coltelli e machete.

    Per quanto riguarda L.J.L., illogicamente era stato desunto il dolo di omicidio dal fatto che il predetto si fosse recato a (OMISSIS) un paio di giorni prima, quale emissario di Z.X. C., nonchè dal ferimento - ma con un bastone - di alcuni del gruppo di (OMISSIS) e dalla partecipazione all'inseguimento di H.L. B., armato però solo di un bastone.

    Con un ulteriore motivo ha criticato la motivazione con la quale era stato negato ai ricorrenti il giudizio di prevalenza delle attenuanti generiche sull'unica aggravante di cui all'art. 112 c.p..

    La Corte di assise d'appello aveva sottovalutato la collaborazione prestata dai ricorrenti, che era stata ampiamente utilizzata per accertare i fatti e riscontrare le dichiarazioni di Z.X.C., nonchè la presentazione spontanea di L.D.G., che avrebbe avuto la possibilità di fuggire in Cina.

    HU.ZH.XI..

    Il difensore, con un primo motivo, ha dedotto manifesta illogicità e carenza della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell'aggravante della premeditazione.

    La Corte di assise d'appello aveva ritenuto che l'omicidio fosse premeditato, anche da parte del ricorrente, per la comunanza di interessi dello stesso con H.X.P., il quale voleva fornire la droga solo al gruppo di cinesi di (OMISSIS) e non tollerava l'intrusione nel mercato milanese di H.L.B.; e per questo i due "olandesi" ( H.X.P. e Hu.Zh.Xi.) avrebbero sobillato gli altri ad attuare la spedizione punitiva contro H.L.B. con la ferma intenzione di ucciderlo.

    Secondo il ricorrente, però, non era stato provato che H.X.P. e Hu.Zh.Xi. avessero insistito per compiere l'irruzione nella discoteca (OMISSIS) con l'intenzione di uccidere H.L.B., e la prova appariva incerta soprattutto nei confronti di Hu.Zh.

    X., il quale non era stato l'esecutore materiale del delitto.

    La prova dell'intenzione del ricorrente di volere effettuare la spedizione punitiva non poteva sostituire la prova della premeditazione dell'omicidio, non essendo peraltro risultato che H. X.P., presunto autore materiale del delitto, avesse comunicato al ricorrente la sua intenzione di uccidere H.L.B..

    Con un secondo motivo si è denunciata carenza e manifesta illogicità della motivazione in ordine al non riconoscimento dell'attenuante del concorso anomalo.

    La volontà del ricorrente di partecipare alla spedizione non poteva essere considerata dimostrativa anche della volontà di uccidere H. L.B. e non sarebbero state raccolte prove che consentissero di estendere le intenzioni di H.X.P. a Hu.Zh.Xi..

    Z.X.C..

    Il difensore, con un primo motivo, ha denunciato la contraddittorietà della motivazione della sentenza che aveva ritenuto pienamente credibile l'imputato nella ricostruzione di tutta la vicenda del presente processo e, senza un'adeguata motivazione, non aveva creduto allo stesso quando aveva affermato che non era sua intenzione uccidere H.L.B., così ingiustamente negando al ricorrente la richiesta attenuante di cui all'art. 116 c.p.. Z. X.C. aveva spiegato in modo del tutto credibile che la spedizione non era stata compiuta al fine di uccidere H.L.B. e che egli non aveva mai avuto questa intenzione. Era amico della vittima da molti anni e fin dall'inizio, sollecitato a reagire all'invasione di campo compiuta da H.L.B., aveva proposto altre soluzioni per risolvere la questione; si era rivolto anche a un personaggio autorevole come D.E.G. per convincere il gruppo dei bresciani a desistere dall'idea di fare irruzione nella discoteca affittata a (OMISSIS) da H.L.B., ma nè lui nè D.E.G. erano riusciti a convincere il gruppo dei bresciani a desistere.

    Il ricorrente non era il capo riconosciuto del gruppo dei milanesi - lo era T.Y. che era stato arrestato circa un mese prima - e condivideva compiti di coordinamento delle attività del gruppo dei milanesi con T.Z., A.N. e A.L.. Erano stati questi ultimi due a recarsi qualche giorno prima a (OMISSIS), dove avevano appreso da L.B., capo del gruppo dei bresciani, che lo stesso aveva intenzione di distruggere la discoteca dove H.B. aveva organizzato una festa per punirlo del fatto che voleva estendere la sua zona di influenza anche su (OMISSIS). La sera prima della festa T.Z. si era recato a (OMISSIS) per convincere H.L.B. a desistere dal venire a (OMISSIS), ma non c'era riuscito. Era stato L.B. a prendere la decisione di picchiare il gruppo di H.L. B. ed egli, prima dell'irruzione, aveva telefonato a K.K. (rappresentante di L.B.) dicendogli di tornare, perchè gli altri avevano deciso di effettuare la spedizione punitiva.

    L'azione, comunque, era stata decisa per danneggiare la discoteca ed eventualmente picchiare il gruppo di H.L.B., ma non vi era alcuna intenzione di uccidere costui.

    Contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di assise d'appello, il ricorrente non aveva alcun motivo per uccidere H.L.B., non solo perchè gli era amico, ma anche perchè aveva ipotizzato di allearsi con lui in un prossimo futuro.

    L'esistenza dell'animus necandi non poteva essere desunta solo dal consenso all'uso di armi, delle quali peraltro era in possesso anche il gruppo di H.L.B..

    Costui, in effetti, era stato ucciso, con decisione improvvida e improvvisa, da soggetti portatori di interessi propri e svincolati da qualsiasi legame gerarchico con il gruppo dei milanesi.

    Con un secondo motivo ha dedotto la contraddittorietà della motivazione in ordine al mancato contenimento dell'aumento per la continuazione nei minimi di legge, per aver la Corte d'assise d'appello in premessa accolto il motivo di impugnazione attinente alla mancata determinazione nei minimi degli aumenti per la continuazione, ma in pratica aveva poi apportato alla pena base per l'omicidio aumenti che si discostavano di molto dal minimo.

    H.X.P..

    Il difensore, con un primo motivo, ha dedotto l'erronea applicazione della legge penale con riferimento alla ritenuta aggravante della premeditazione.

    Il proposito iniziale del ricorrente, come quello degli altri partecipanti alla spedizione punitiva, era quello di dimostrare alla parte offesa la forza del gruppo di (OMISSIS), alleato con il gruppo di (OMISSIS), e scoraggiare il proposito di H.L.B. di aprire un'attività in (OMISSIS), dopo che questi aveva organizzato una festa in una discoteca proprio lo stesso giorno in cui ne era prevista un'altra nella discoteca controllata dal gruppo milanese.

    L'intenzione era quella di "fare casino" come aveva dichiarato Z. X.C. nell'interrogatorio del 26.3.2009.

    Oltre a mancare l'elemento ideologico della premeditazione, mancava anche l'elemento cronologico, poichè tra l'ideazione della spedizione punitiva e la sua attuazione erano trascorse solo poche ore.

    L'organizzazione da parte di H.L.B. di una festa in concomitanza con la festa organizzata dal gruppo dei milanesi aveva determinato anche uno stato d'ira che aveva impedito, in un così breve lasso di tempo, un qualsiasi ravvedimento.

    L'essersi procurati delle armi per la spedizione punitiva non poteva essere considerato indice di premeditazione, non essendo eccezionale per i gruppi di etnia cinese di munirsi di armi in previsione di scontri.

    Per costante giurisprudenza, poi, la preordinazione non è da sola sufficiente alla configurazione della premeditazione e quindi a fondamento dell'aggravante non potevano essere poste le modalità di esecuzione del delitto.

    Con un secondo motivo è stata censurata la carenza di motivazione, con riferimento al diniego delle attenuanti generiche, in quanto la sentenza impugnata si era limitata a un generico riferimento allo spessore delinquenziale del ricorrente, senza tener conto della sua incensuratezza.

    H.J.J..

    L'imputato ha criticato la motivazione con la quale la Corte di assise d'appello aveva respinto la richiesta di ritenere le attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante di cui all'art. 112 c.p..

    Non si era tenuto conto dell'ampia collaborazione data dal ricorrente, che aveva fatto il nome di tutte le persone a lui note che avevano concorso nel reato.

    Z.X.C. era stato in grado di fornire dettagli maggiori sull'attività del gruppo, perchè ne era il capo ed era stato lui ad organizzare la spedizione punitiva.

    Ha criticato anche la motivazione della sentenza nella parte in cui era stato ritenuto in capo al ricorrente il dolo del delitto di omicidio.

    All'azione avevano partecipato esponenti di più gruppi - i milanesi, i bresciani e gli olandesi - ognuno portatore di un peculiare interesse. Il gruppo di milanesi, di cui faceva parte il ricorrente, voleva compiere un'azione dimostrativa, con danneggiamento del locale (OMISSIS), per impedire la riuscita della festa organizzata in quel locale da H.L.B..

    Costui era stato colpito con un solo colpo mortale da un soggetto che aveva un suo peculiare interesse, ignoto ai membri del gruppo di (OMISSIS), i quali erano armati solo di bastoni.

    Nelle condizioni in cui si era svolto il fatto, non era affatto probabile che qualcuno compisse un omicidio, e quindi l'uccisione di H.L.B. non poteva essere attribuita al ricorrente a titolo di dolo eventuale, poichè secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione un fatto, per essere attribuito a titolo di dolo eventuale, deve essere previsto come altamente probabile.

    Pertanto la sentenza impugnata doveva essere annullata anche perchè non era stata riconosciuta al ricorrente l'attenuante di cui all'art. 116 c.p..

    H.C.L..

    Il difensore ha censurato la motivazione con la quale la Corte di assise d'appello aveva ritenuto che il ricorrente dovesse rispondere del delitto di omicidio, a titolo di concorso ex art. 110 c.p., con l'autore materiale del fatto, e non con il concorso anomalo previsto dall'art. 116 c.p..

    Non era stato considerato che per la sussistenza del dolo eventuale non è sufficiente che il soggetto si rappresenti l'evento criminoso, ma lo deve anche volere.

    Tutti gli imputati avevano concordemente dichiarato che l'intento della spedizione punitiva fosse quello di dare una lezione a H.L. B., intenzionato ad inserirsi nello spaccio di sostanze stupefacenti di (OMISSIS), ma non certo quello di ucciderlo.

    Dalla testimonianza di C.Q., ritenuta attendibile dai giudici di merito, era risultato che gli imputati, entrati tutti insieme nella discoteca, si erano poi divisi in gruppi e picchiavano persone presenti e compivano danneggiamenti e distruzioni dove passavano.

    Anche E.I., titolare del locale, aveva dichiarato che il gruppo di cinesi armati di machete aveva colpito ragazzi presenti, apparentemente senza un bersaglio preciso. La stessa versione, in sostanza, era stata data dal teste H.L.H..

    Dalla informativa dei Carabinieri in data 24.2.2009 si evinceva che la discoteca era stata messa completamente a soqquadro.

    Anche dalle conversazioni chattate da Z.X.C., sotto il controllo degli inquirenti, era emerso chiaramente che l'iniziativa di uccidere H.L.B. era stata presa dai cinesi provenienti dall'Olanda.

    Una sola era stata la lesione mortale, inferta alle spalle, e tutte le altre contusioni e lesioni da punta e taglio riscontrate sul corpo della vittima erano risultate ininfluenti nel determinismo del decesso.

    La non consapevolezza, da parte del ricorrente e del gruppo dei milanesi, della volontà omicidiaria di H.X.P. si poteva desumere anche dal fatto che i giudici dell'appello avevano esteso il dolo della premeditazione solo all'altro componente del gruppo olandese, Hu.Zh.Xi., e da ciò risultava evidente anche l'illogicità della motivazione della sentenza impugnata.

    L'evento morte, in occasione di una spedizione punitiva con l'utilizzo di armi bianche, era prevedibile in astratto, ma nel caso in esame non era stato previsto dal ricorrente e tanto meno accettato come rischio dell'azione.

    Z.L.B..

    Preliminarmente il ricorrente ha messo in luce la personalità di H. L.B., capo della banda dei torinesi, intenzionato - dopo l'arresto del capo della banda dei milanesi - ad espandere la propria influenza anche su (OMISSIS), subentrando ai milanesi nello spaccio delle sostanze stupefacenti che si praticava nelle discoteche. Sebbene da mesi i milanesi avessero programmato una festa per la notte tra il (OMISSIS) nella discoteca (OMISSIS), provocatoriamente H.L.B. aveva organizzato nella stessa notte una festa in altra discoteca di (OMISSIS).

    Il gruppo dei milanesi era alleato al gruppo dei bresciani, del quale faceva parte, in posizione del tutto marginale, il ricorrente. Egli era stato dato presente alla riunione a (OMISSIS) tra i bresciani e i milanesi, qualche giorno prima del fatto, nella quale si era discusso come far fronte alle mire espansionistiche di H.L.B. su (OMISSIS), ma si era limitato a presenziare a questa riunione in cui avevano discusso solo i capi dei due gruppi.

    Nell'incontro tra il gruppo di (OMISSIS) e il gruppo di (OMISSIS) la sera del fatto nella discoteca (OMISSIS) si era alla fine deciso di fare una irruzione nella discoteca presa in affitto da H. L.B., al fine di rovinargli la festa e anche la reputazione.

    Al ricorrente era stato dato il compito di entrare nella discoteca e "fare casino" ed egli si era in effetti limitato ad entrare nel locale in un momento successivo all'aggressione, aveva sparato uno o due colpi in aria con la scacciacani di cui era in possesso e subito era corso fuori, neppure avendo così avuto modo di assistere all'omicidio.

    Non rispondeva al vero che il ricorrente, nell'ambito del gruppo bresciano, ricoprisse il ruolo di primo picchiatore, come si poteva desumere dal fatto che fra tutti gli imputati era l'unico che non aveva impugnato alcuna arma. La sua posizione marginale nel gruppo bresciano la si poteva desumere anche dal fatto che, dopo l'omicidio, era rimasto a (OMISSIS), a differenza dei capi del suo gruppo - L. B. e Ka.Ka. - che si erano resi irreperibili.

    Il ricorrente, quindi, non poteva avere nemmeno il minimo sospetto che l'azione di disturbo nella discoteca (OMISSIS) potesse sfociare nell'omicidio di H.L.B., e la sua azione non aveva dato alcun apporto causale all'omicidio, che si sarebbe verificato nello stesso modo anche se egli non fosse stato presente.

    Il ricorrente, sulla base delle risultanze, avrebbe dovuto essere assolto per non aver commesso il fatto.

    In via subordinata, doveva essergli riconosciuta l'attenuante del concorso anomalo, se si fosse ritenuto che era entrato nella discoteca per creare scompiglio, ma il fatto che non fosse armato dimostrerebbe che non aveva nemmeno temuto che si potesse verificare una rissa.

    In ulteriore subordine doveva essergli concessa l'attenuante di cui all'art. 114 c.p., essendo stato certamente minimo il suo apporto causale al fatto, e comunque le attenuanti generiche dovevano essere concesse con giudizio di prevalenza rispetto alle aggravanti.

    Errata era anche la condanna per la contravvenzione di cui al capo C), poichè era pacifico che non aveva portato alcuna arma.

    Tenuto conto del suddetto ruolo del ricorrente, avrebbe dovuto essere inflitto il minimo della pena, con il minimo aumento per la continuazione.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    Vi sono aspetti della vicenda in esame, così come ricostruita nella sentenza della Corte di assise d'appello, che non sono contestati dai ricorrenti.

    Non si contesta, in particolare, che operava in (OMISSIS) un gruppo di cinesi (del quale facevano parte gli imputati Z.X.C., H. Z.G., L.J.L., H.J.J. e L.D.G.) che controllava lo spaccio della droga in alcune discoteche; che questo gruppo si riforniva della sostanza stupefacente da connazionali che vivevano in Olanda (tra i quali vi erano gli imputati H.X.P. e Hu.Zh.Xi.); che vi era un gruppo di cinesi a (OMISSIS), capeggiato da L.B., alleato con il gruppo di (OMISSIS) e cointeressato nello spaccio di sostanze stupefacenti sulla piazza di (OMISSIS) (del gruppo bresciano sono imputati nel presente processo H.C.L. e Z.L.B.).

    Neppure si contesta che tutti gli imputati hanno partecipato, dopo essersi riuniti nella discoteca (OMISSIS), a una spedizione punitiva contro H.L.B. il quale, intenzionato a estendere anche nella città di Milano l'attività che già svolgeva a (OMISSIS) nello spaccio di sostanze stupefacenti, aveva provocatoriamente organizzato con i suoi uomini nella discoteca (OMISSIS) "una serata" con la quale doveva far conoscere ed affermare la sua presenza sulla piazza milanese.

    Tutti i ricorrenti, però, contestano che la spedizione avesse di mira l'uccisione di H.L.B. e, seppure con diverse sfumature e con argomenti specifici per ciascun imputato, sostengono, in sostanza, che la spedizione era stata organizzata al solo fine di dare una dimostrazione di forza per costringere H.L.B. e la sua banda a rinunciare all'intento di inserirsi nello spaccio della droga in discoteche di (OMISSIS), spaccio già gestito dal suddetto gruppo milanese in accordo con il gruppo bresciano e con il gruppo olandese.

    Come si è già esposto, riportando in sintesi i motivi di ricorso a favore degli imputati, alcuni di loro sostengono che neppure erano a conoscenza che la spedizione punitiva sarebbe stata effettuata - oltre che con sbarre di ferro che peraltro, di per sè, avevano una elevata potenzialità lesiva - anche con armi vere e proprie (pugnali e machete). Deve però rilevarsi che nella sentenza impugnata si afferma che tutti gli imputati erano a conoscenza della dotazione complessiva delle armi poichè, prima di iniziare la spedizione, era stato fatto l'inventario delle armi disponibili, le quali erano state riposte nelle autovetture e poi prelevate appena giunti nei pressi della discoteca (OMISSIS).

    Peraltro, appare illogico quanto sostenuto da alcuni ricorrenti, di non essere stati a conoscenza del possesso di armi bianche da parte di componenti dello stesso gruppo, quando non si contesta che alcuni di loro sono entrati nella discoteca con le armi in pugno e, durante "l'azione dimostrativa" all'interno del locale, più persone sono state ferite con le suddette armi bianche che, anche per le loro dimensioni, erano ben visibili a tutte le persone presenti, e quindi non potevano certamente sfuggire a coloro che partecipavano all'aggressione. Tutti gli imputati ammettono che l'azione dimostrativa concordata, volta ad impedire che H.L.B. invadesse la piazza di (OMISSIS), doveva essere compiuta mediante atti vandalici in danno della discoteca (OMISSIS) e aggredendo H.L.B. e gli uomini della sua banda; sostengono però che H.X.P., inseguendo H.L.B. insieme ad altri coimputati, aveva inaspettatamente colpito mortalmente il predetto con una coltellata alla schiena, compiendo un'azione diversa e più grave rispetto a quella concordata con tutti gli altri coimputati, e pertanto costoro hanno chiesto l'attenuante di cui all'art. 116 c.p..

    Diversa è la ricostruzione del fatto da parte dei giudici dell'appello, i quali hanno invece ritenuto che l'uccisione di H.L. B. fosse stata sicuramente premeditata da parte di H.X.P. e di Hu.Zh.Xi. e che tutti gli altri componenti della spedizione, tenuto conto della dotazione di armi micidiali da parte del gruppo, della tecnica dell'azione concordata e poi militarmente eseguita, si erano non solo rappresentati l'evenienza che da quel genere di azione poteva derivare la morte del predetto - contro il quale tutti avevano motivi di risentimento, poichè prepotentemente voleva con la sua banda sostituirsi a loro nell'attività di spaccio di sostanze stupefacenti in (OMISSIS) - ma avevano anche quanto meno accettato il rischio di questa evenienza.

    In particolare, secondo la Corte distrettuale, era indicativa della volontà di uccidere H.L.B. la descritta suddivisione dei compiti tra gli imputati: L.D.G. lasciato fuori della discoteca a guardia delle quattro auto per poi tutti potersi allontanare velocemente, dopo aver portato a termine l'azione;

    l'esplosione di colpi di pistola da parte di Z.L.B. per creare panico tra le persone presenti nel locale; il blocco delle uscite della discoteca; l'aggressione e ferimento degli uomini di H.L. B. per impedire che intervenissero in aiuto del predetto;

    quest'ultimo preso subito di mira e inseguito da un folto gruppo che si era accanito contro di lui colpendolo selvaggiamente, anche dopo che era caduto a terra, fino a sfigurarlo, mostrando così che l'intento non era solo quello di dargli una lezione ma di ucciderlo.

    Questa Corte non ha il compito di accertare quale sia la corretta ricostruzione del fatto, poichè nel giudizio di legittimità non si devono esaminare gli atti del processo e le prove, ma si deve verificare, tenendo conto dei vizi denunciati con i motivi di ricorso, se i giudici di merito sono pervenuti alla decisione nel rispetto dei canoni del diritto e della logica.

    Il sindacato di legittimità, infatti, secondo quanto dispone l'art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), è circoscritto nei limiti della assoluta "mancanza o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato". Tale controllo di legittimità è diretto ad accertare che a base della pronuncia esista un concreto apprezzamento delle risultanze processuali e che la motivazione non sia puramente assertiva o palesemente affetta da vizi logici, restando escluse da tale controllo non soltanto le deduzioni che riguardano l'interpretazione e la specifica consistenza degli elementi di prova e la scelta di quelli determinanti, ma anche le incongruenze logiche che non siano manifeste, ossia macroscopiche, eclatanti, assolutamente incompatibili con le conclusioni adottate o con altri passaggi argomentativi utilizzati dai giudici. La verifica di legittimità riguarda cioè la sussistenza dei requisiti minimi di esistenza e di logicità della motivazione, essendo inibito dal citato art. 606, comma 1, lett. e), il controllo sul contenuto della decisione.

    Ne consegue che non possono trovare ingresso in sede di legittimità i motivi di ricorso fondati su una diversa prospettazione dei fatti addotta dai ricorrenti nè su altre spiegazioni fornite dalla difesa, per quanto plausibili e logicamente sostenibili (V. Sez. 6 sentenza n. 1662 del 4.12.1995, Rv. 204123).

    Le modifiche apportate dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, non hanno mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane un giudizio di legittimità. Ne consegue che gli "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame" menzionati ora dall'art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), non possono che essere quelli concernenti fatti decisivi che, se convenientemente valutati anche in relazione all'intero contesto probatorio, avrebbero potuto determinare una soluzione diversa da quella adottata, rimanendo esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione si tramuti in una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito (V. Sez. 4 sentenza n. 35683 del 10.7.2007, Rv.

    237652).

    La ricostruzione in fatto della vicenda ad opera dei giudici di merito non presenta alcuna contraddizione o incongruenza logica, e neppure i ricorrenti hanno indicato elementi di fatto decisivi che non sarebbero stati presi in considerazione dalla Corte di assise d'appello, nè si sono lamentati in modo specifico per il travisamento di prove, che si ha soltanto nell'utilizzazione, ai fini della decisione, di un'informazione ritenuta decisiva e che invero non esiste agli atti del processo, o nell'omissione della valutazione di una prova parimenti decisiva. Non si tratta ovviamente di denuncia del travisamento delle prove, quando i ricorrenti mettono in evidenza che da tutte le dichiarazioni degli imputati - e anche da quelle rese da Z.X.C., di cui i giudici di merito hanno apprezzato la collaborazione resa nella ricostruzione della vicenda - risulta che non era stata programmata l'uccisione di H.L.B., trattandosi in questo caso di interpretazione della prova, della quale in questa sede può e deve essere verificato solo il metodo con il quale è stata assunta e la congruenza logica.

    Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, per accertare il dolo del delitto di cui all'art. 575 cod. pen., l'individuazione del processo volitivo, normalmente del tutto intimo, e della direzione della volontà che ne costituisce il risultato, non può che essere effettuata attraverso la normale indagine probatoria, e cioè un accertamento dall'esterno che non può prescindere dagli elementi di natura oggettiva concernenti la materialità dell'azione, quali la parte del corpo attinta e la micidialità della arma. L'utilizzazione di tali elementi, estrinseci all'azione criminosa, non esclude, però, quella concomitante e sussidiaria, di altri elementi come la causale dell'azione stessa, i rapporti antecedenti tra l'autore della condotta lesiva e la vittima, il comportamento antecedente ovvero contemporaneo dei protagonisti in modo che la valutazione della correlazione tra tali elementi e quelli concernenti la materialità dell'azione possa fornire al giudice la dimostrazione esauriente della sussistenza della "voluntas necandi" ovvero della sua esclusione (V. Sez. 1 sentenza n. 5966 del 19.10.1987, Rv. 178407).

    Nella giurisprudenza di questa Corte si è anche precisato che in tema di omicidio volontario, in relazione alla valutazione circa la sussistenza o meno dell"'animus necandi", la prova del dolo omicidiario è prevalentemente affidata alle peculiarità estrinseche dell'azione criminosa, aventi valore sintomatico in base alle comuni regole di esperienza, quali il comportamento antecedente e susseguente al reato, la natura del mezzo usato, le parti del corpo della vittima attinte, la reiterazione dei colpi, nonchè tutti quegli elementi che, secondo l'"id quod plerumque accidit", abbiano un valore sintomatico (V. Sez. 1 sentenza n. 15023 del 14.2.2006, Rv.

    234126).

    Nel caso in esame l'indagine sul dolo degli imputati è stata condotta da parte dei giudici di merito con metodologia corretta, poichè sono stati considerati gli elementi obiettivi dell'azione di non equivoca potenzialità semantica, idonei ad esprimere la finalità perseguita (programmazione della condotta; tipologia delle armi utilizzate; direzione dell'azione contro la vittima, subito dopo l'irruzione nella discoteca, neutralizzando il possibile intervento dei suoi amici; numero delle persone che hanno inseguito e colpito H.L.B., fermando la sua fuga con un colpo di pugnale alla schiena; accanimento feroce contro il predetto, benchè ferito mortalmente, fino a sfigurarlo) nonchè i rapporti della vittima con gli imputati e la causale dell'omicidio (erano stati inutili tutti i tentativi di convincere H.L.B. a non attuare il progetto di invadere la piazza di (OMISSIS); il predetto, con la sua presenza in questa città, sconvolgeva le attività illecite nel campo della droga svolte dagli imputati, tra i quali sussistevano cospicui interessi nello spaccio delle sostanze stupefacenti in discoteche milanesi; solo l'eliminazione fisica del predetto avrebbe garantito di mantenere in capo al gruppo milanese e a quelli allo stesso alleati l'esclusiva nello spaccio di dette sostanze).

    Anche nello stabilire quale fosse il tipo di dolo in capo agli imputati, la Corte territoriale ha correttamente utilizzato i principi elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte nel ritenere sussistente l'aggravante della premeditazione; prudentemente ha inoltre affermato che per gli imputati per i quali non era in discussione la suddetta aggravante era evidente la sussistenza quanto meno del dolo eventuale.

    Si deve premettere che, per ragioni procedurali, è stato ritenuto ammissibile l'appello del Pubblico Ministero - il quale aveva chiesto che per tutti gli imputati fosse riconosciuta sussistente l'aggravante della premeditazione - solo nei confronti di H.X.P. e Hu.Zh.Xi., e quindi la Corte di merito, per i restanti imputati, non si è dovuta porre la questione se vi fossero gli elementi per riconoscere l'aggravante della premeditazione, mettendo in evidenza che per tutti sussistevano quanto meno gli estremi del dolo eventuale.

    Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, sussiste il dolo eventuale quando l'agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenta la concreta possibilità del verificarsi di ulteriori conseguenze della propria azione e, nonostante ciò, agisce accettando il rischio di cagionarle; quando invece l'ulteriore accadimento si presenta all'agente come probabile, non si può ritenere che egli, agendo, si sia limitato ad accettare il rischio dell'evento, bensì che, accettando l'evento, lo abbia voluto, sicchè in tale ipotesi l'elemento psicologico si configura nella forma di dolo diretto e non in quella di dolo eventuale (V. Sez. U sentenza n. 3571 del 14.2.1996, Rv. 204167).

    E' stato anche precisato, per definire i contorni del dolo eventuale, che in tema di delitti omicidiari, deve qualificarsi come dolo diretto, e non meramente eventuale, quella particolare manifestazione di volontà dolosa definita dolo alternativo, che sussiste quando il soggetto attivo prevede e vuole, con scelta sostanzialmente equipollente, l'uno o l'altro degli eventi causalmente ricollegabili alla sua condotta cosciente e volontaria, con la conseguenza che esso ha natura di dolo diretto (V. Sez. 1 sentenza n. 27620 del 24.5.2007, Rv. 237022).

    Secondo la ricostruzione del fatto da parte della Corte di merito, gli imputati del gruppo milanese e del gruppo bresciano non si erano limitati ad accettare il rischio che nel corso dell'azione H.L. B. potesse essere ucciso, ma non potevano che aver previsto come altamente probabile tale evento, tenuto conto del tipo di armi che avevano a disposizione, delle concrete modalità dell'azione come concordate e del movente comune a tutti gli imputati, individuato nella necessità di impedire a H.L.B. - che si mostrava molto determinato nel realizzare il suo intento - di accaparrarsi il settore dello spaccio delle sostanze stupefacenti nelle discoteche milanesi.

    In base ai criteri elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, quando gli agenti hanno la consapevolezza che vi è un'alta probabilità che l'evento previsto e voluto si realizzi, in conseguenza dell'azione concordata e preparata da tutti, si è in presenza non di dolo eventuale ma di dolo diretto.

    Non vi può quindi essere alcuno spazio - nella dinamica del fatto come accertata dai giudici di merito - per riconoscere l'attenuante del cd. concorso anomalo, concedibile soltanto nel caso in cui l'agente non abbia in alcun modo voluto, neppure accettandone solo il rischio, l'evento più grave commesso dal concorrente.

    Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, nel delitto di omicidio la circostanza aggravante della premeditazione, prevista dall'art. 577 cod. pen., comma 1 n. 3, richiede due elementi: uno, ideologico o psicologico, consistente nel perdurare, nell'animo del soggetto, di una risoluzione criminosa ferma e irrevocabile; l'altro, cronologico, rappresentato dal trascorrere di un intervallo di tempo apprezzabile fra l'insorgenza e l'attuazione di tale proposito (V. Sez. 1 sentenza n. 27307 del 18.6.2003, Rv. 225261).

    Quanto all'elemento cronologico, è stato precisato che la consistenza minima non può essere in astratto rigidamente quantificata, ma deve risultare in concreto sufficiente a far riflettere l'agente sulla decisione presa e a consentire il prevalere dei motivi inibitori su quelli a delinquere (V. Sez. 1 sentenza n. 8974 del 13.6.1997, Rv. 208471).

    Quanto agli elementi sintomatici della premeditazione, questa Corte ha più volte affermato che in tema di omicidio, dalla preordinazione del crimine, concernente le modalità di esecuzione di esso, sebbene da sola non sia sufficiente a denotarne la premeditazione, possono essere tratti elementi sintomatici idonei ad una corretta individuazione e qualificazione del dolo del soggetto agente, con la conseguenza che la causale del fatto, la preordinazione accurata dei mezzi per porlo in essere, la ricerca della occasione più favorevole per realizzarlo e le modalità di esecuzione del delitto sono fatti oggettivi dai quali il giudice di merito può, con adeguata motivazione, desumere la sussistenza o meno della circostanza aggravante prevista dall'art. 577 cod. pen., comma 1, n. 3, (V. Sez. 1 sentenza n. 4956 del 15.3.1993, Rv. 194557).

    La Corte di assise d'appello, per riconoscere l'aggravante della premeditazione nei confronti di H.X.P. e di Hu.Zh.Xi., si è attenuta ai suddetti principi.

    In punto di fatto, dalla sentenza impugnata risulta che i predetti imputati, i quali facevano parte del gruppo degli olandesi che rifornivano di sostanze stupefacenti il gruppo milanese capeggiato da Ca.Yo. (Diesel), dopo l'arresto di quest'ultimo si erano recati a (OMISSIS) al fine di individuare la persona dello stesso gruppo con la quale proseguire i rapporti di compravendita della droga. Giunti a (OMISSIS), erano venuti a conoscenza del progetto, ormai in corso di realizzazione, di H.L.B. di accaparrarsi la vendita dello stupefacente nelle discoteche milanesi. Il gruppo degli olandesi era molto allarmato per la presenza di H.L.B. sulla piazza di (OMISSIS), non solo perchè spezzava il monopolio che il predetto gruppo aveva nel rifornire questa piazza, ma anche perchè si era a conoscenza che H.L.B. era in grado di offrire la droga a prezzi concorrenziali, disponendo di suoi specifici canali di rifornimento.

    Nei contatti con il gruppo milanese i due imputati provenienti dall'Olanda erano venuti a conoscenza della inutilità di tutti i tentativi esperiti da componenti del gruppo milanese per convincere H.L.B. a rinunciare al suo progetto; avevano anche seguito le discussioni all'interno del gruppo milanese, che aveva coinvolto il gruppo alleato bresciano, sul come intervenire per impedire al predetto di invadere la piazza di (OMISSIS).

    Secondo i giudici di merito, i due imputati provenienti dall'Olanda si erano sempre mostrati interessati a risolvere in modo definitivo il problema, poichè temevano di perdere il monopolio dei rifornimenti di droga, e la fermezza del loro proposito di risolvere una volta per tutte il problema, uccidendo H.L.B., è stata tratta particolarmente dai seguenti elementi:

    - nella serata del (OMISSIS) si erano incontrati in un centro massaggi con Z.X.C. - che dopo l'arresto di Ca.Yo.

    faceva le veci del capo - e l'avevano spinto a compiere l'intervento contro H.L.B., dicendogli di essere venuti a conoscenza che il predetto, già durante la serata che aveva organizzato alla discoteca (OMISSIS), aveva intenzione di spacciare droga;

    - nel corso della riunione, quella stessa sera, nella discoteca (OMISSIS) tra il gruppo dei milanesi e bresciani avevano caldeggiato la necessità di un immediato intervento contro H.L. B. e i suoi uomini, sobillando in particolare Z.X.C. e invitandolo ad accantonare ogni remora e passare con i suoi uomini all'azione;

    - avevano poi partecipato alla preparazione dell'azione che doveva essere compiuta nella discoteca (OMISSIS), essendo quindi presenti sia alla distribuzione delle armi sia alla suddivisione dei compiti tra tutti i partecipanti all'azione;

    - H.X.P. era stato uno dei più attivi - nel gruppo di 6-7 persone - che avevano dato la caccia a H.L.B. appena vi era stata l'irruzione nella discoteca, ed era stato proprio il predetto imputato a conficcare nella schiena di H.L.B., con un colpo mortale, il grosso coltello che impugnava.

    Quanto all'elemento cronologico dell'aggravante in questione, la Corte di assise d'appello ha messo in evidenza che, anche prendendo in considerazione solo la serata del (OMISSIS), dal momento in cui gli imputati provenienti dall'Olanda - incontrando in un centro massaggi Z.X.C. - avevano caldeggiato la necessità di compiere un decisivo intervento nei confronti di H.L.B., fino alla irruzione nella discoteca (OMISSIS), era trascorso un apprezzabile periodo di tempo nel quale non solo astrattamente sarebbe stato possibile per i suddetti imputati riflettere sulla decisione presa, ma concretamente vi erano state discussioni nella discoteca (OMISSIS) sull'opportunità di compiere l'azione nei confronti di H.L.B., e in questa discussione i due del gruppo olandese, di fronte ad incertezze manifestate da altri, avevano spinto tutti, e in particolare Z.X.C., a passare all'azione.

    Appare, quindi, congruamente motivata la premeditazione sia nei confronti di H.X.P., tra l'altro autore materiale dell'omicidio, sia nei confronti di Hu.Zh.Xi., che con il primo non solo aveva una stretta comunanza di interessi, ma aveva anche condiviso tutti i suddetti atteggiamenti dai quali è stata logicamente dedotta la sussistenza dell'aggravante in questione.

    Alcuni ricorrenti, come riportato nella prima parte della presente sentenza, per contestare la dinamica dei fatti come ricostruita in sentenza, hanno fatto riferimento al contenuto di testimonianze ed altri elementi di fatto che non possono però essere presi in considerazione in questa sede, in mancanza di vizi logico giuridici nella motivazione della sentenza impugnata, non essendo apprezzabile in sede di legittimità una diversa interpretazione delle prove raccolte e poste alla base della decisione.

    Tutti i ricorrenti hanno criticato la motivazione della sentenza di secondo grado anche nella parte in cui è stato stabilito, per ciascun imputato, il trattamento sanzionatorio. Anche queste critiche risultano infondate, poichè la sentenza impugnata ha congruamente motivato il trattamento sanzionatorio, negando solo a H.H.P. le attenuanti generiche, in considerazione del descritto ruolo svolto nella vicenda; ritenendo le predette attenuanti equivalenti all'aggravante di cui all'art. 112 c.p. (la cui sussistenza non è contestata) per gli altri imputati, con esclusione del solo Z. X.C., per il quale - in considerazione della collaborazione prestata nella ricostruzione dei fatti - le attenuanti generiche sono state ritenute prevalenti sulla suddetta aggravante.

    Le attenuanti generiche sono state concesse a tutti gli imputati (con esclusione di H.X.P.), tenendo conto del contesto socio culturale di appartenenza e della giovane età degli stessi. Per quanto riguarda la comparazione tra le attenuanti e le aggravanti, i giudici dell'appello hanno confermato il giudizio contenuto nella sentenza di primo grado, ritenendo che non potesse essere concessa la prevalenza delle attenuanti generiche, in considerazione delle modalità della condotta da ciascuno tenuta e dell'intensità del dolo.

    Per Hu.Zh.Xi., in considerazione della ritenuta aggravante della premeditazione, è stata aumentata la pena, ferme restando la concessione delle attenuanti generiche e il giudizio di equivalenza con le aggravanti.

    Per tutti gli imputati è stato dato conto della determinazione della pena, in base ai criteri di cui all'art. 133 c.p..

    I ricorrenti hanno criticato la motivazione della sentenza impugnata per non aver ritenuto, sulla base degli elementi indicati nei motivi di gravame, le attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti, e la difesa di H.X.P. per non aver riconosciuto al predetto le attenuanti generiche, nonostante risultasse incensurato.

    Come si è già osservato, il giudice di secondo grado ha giustificato i motivi per i quali ha ritenuto di non concedere le attenuanti generiche a H.X.P. e di non poter ritenere per gli altri imputati la prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti.

    Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, il giudice di merito non è tenuto ad una analitica valutazione di tutti gli elementi favorevoli dedotti dalla difesa, essendo sufficiente che indichi quelli rilevanti e ritenuti decisivi ai fini del diniego delle attenuanti generiche e del diniego del giudizio di prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti.

    Essendo stato adeguatamente motivato l'esercizio del suddetto potere discrezionale da parte dei giudici di merito - sia con riguardo al diniego delle attenuanti generiche a H.X.P., sia con riguardo al giudizio di comparazione tra attenuanti e aggravanti, sia infine con riguardo alla dosimetria della pena - i suddetti giudizi sono insindacabili in sede di legittimità.

    A Z.L.B. non poteva essere concessa l'attenuante di cui all'art. 114 c.p., per il disposto del secondo comma del predetto articolo, che stabilisce la non applicabilità della predetta attenuante nel caso in cui sia ritenuta sussistente l'aggravante prevista dall'art. 112 c.p..

    Lo stesso imputato non poteva essere assolto dal reato di porto abusivo di armi bianche poichè, essendo stata concordata l'irruzione nella discoteca (OMISSIS) con armi bianche, anche Z.L.B. deve rispondere del reato di cui al capo C), secondo le regole del concorso di persone nel reato.

    Pertanto, tutti i ricorsi devono essere rigettati, con conseguente condanna degli imputati al pagamento delle spese processuali.
    PQM
    P.Q.M.

    Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

    Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2012.

    Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2013
Avv. Antonino Sugamele

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