Udienza preliminare: art. 419 - Atti introduttivi.
Sommario: 1. Profili costituzionali e sovranazionali 2. Avvisi e avvertimenti 3. I tempi di comparizione 4. Avvisi omessi o intempestivi 5. I "ritmi" dell'indagine suppletiva 6. La rinuncia all'udienza preliminare
1. Profili costituzionali e sovranazionali
La Corte Costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 419, 1° co., sollevata in riferimento all' art. 24 Cost., nella parte in cui, ai fini della notificazione, non consentirebbe al giudice di identificare la persona offesa in relazione alla quale non risultino, agli atti, identità e domicilio - pur essendo sicuramente identificabile -, ovvero di richiedere che il P.M. la identifichi. La disposizione impugnata, invero, fissa una regola da intendersi intimamente connessa alle prescrizioni enunciate dall' art. 417, 1° co., lett. a, sicché spetta al rappresentante della pubblica accusa compiere tutti gli accertamenti necessari a rendere in concreto "possibile" individuare la persona offesa; e, laddove tali accertamenti non siano stati espletati, ben potrà il giudice disporre la restituzione degli atti al P.M. - salvo che non ritenga di provvedere personalmente in merito - in ossequio al principio di massima semplificazione delle forme ( C. Cost. 22.1.1992, n. 8, in CP, 1992, 1194).
La Corte Costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 419, 3° co., sollevata - avendo riguardo all'originaria formulazione della norma - in riferimento all' art. 24, 2° co., Cost., nella parte in cui non prevede che trasmissione e deposito della documentazione inerente gli atti investigativi compiuti dopo la richiesta di rinvio a giudizio avvenga immediatamente dopo la ricezione, da parte del P.M., del relativo avviso. A parere della Consulta, infatti, deve ritenersi che, ove le indagini suppletive del P.M. sopravvengano in tempi tali da non consentire un'adeguata difesa, spetti al giudice di regolare le modalità di svolgimento dell'udienza preliminare, anche attraverso differimenti congrui rispetto alle singole fattispecie, così da contemperare esigenze di speditezza e garanzia del contraddittorio ( C. Cost. 3.2.1994, n. 16, in CP, 1994, 1182).
Con l'occasione, la Corte Costituzionale ha potuto precisare altresì che è assolutamente ragionevole non avere previsto "tempi" massimi entro i quali effettuare ulteriori investigazioni. Il legislatore, d'altro canto, se, per un verso, non avrebbe frapposto limiti temporali all'attività permessa al P.M., per l'altro verso, ha (comunque) consentito alle parti di produrre ulteriori atti e documenti nel corso dell'udienza preliminare ( art. 421, 3° co.) nonché di proseguire le indagini persino dopo il decreto che dispone il dibattimento ( art. 430), ancora una volta, senza precisi sbarramenti cronologici.
Una differente impostazione, diretta a porre un freno alla perdurante attività di ricerca della prova, violerebbe la continuità investigativa delineabile sul piano delle norme. Resta fermo, in ogni caso, tanto più dopo la modifica dell'art. 419, 3° co. (intervenuta ad opera dell' art. 13, L. 7.12.2000, n. 397), che tutte le parti, incluso l'inquirente, hanno diritto a conoscere per tempo l'eventuale documentazione relativa a indagini suppletive (rispettivamente) condotte dalle altre; il che implica, per esempio, che l'organo d'accusa avrà diritto ad un termine nel caso di un dossier difensivo depositato in udienza - che tutte le parti, incluso in P.M., hanno diritto a conoscere per tempo l'eventuale documentazione relativa a indagini suppletive (rispettivamente) condotte dalle altre; il che implica, per esempio, che l'organo d'accusa avrà diritto ad un termine nel caso di un dossier difensivo depositato in udienza ( Bindi, Tecniche decisorie e «impercettibili ritocchi» al sistema tendenzialmente accusatorio del processo "Vassalli", in GiC, 1994, I, 1304).
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 418 e 419, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui, nel disciplinare il decreto di fissazione dell'udienza preliminare - e, con esso, il relativo avviso da notificarsi all'imputato -, non prevedono, a differenza di quanto espressamente previsto dall' art. 552, 1° co., lett. f, che sia dato all'imputato l'avvertimento in base al quale, ricorrendone i presupposti, questi potrà presentare richiesta di applicazione pena nel termine di cui all' art. 421, 3° co. Il rimettente, infatti, se, per un verso, «omette di precisare [...] che l'avvertimento andrebbe previsto a pena di nullità», per l'altro verso, non indica le ragioni per le quali «sarebbe ricavabile dal sistema una sanzione di nullità tale da determinare la regressione del procedimento alla fase, ormai esaurita, dell'udienza preliminare» ( C. Cost. 26.11.2002, n. 484, in GiC, 2002, 6).
È manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell' art. 409, 5° co., sollevata in riferimento agli artt. 3 e 111 Cost., nella parte in cui prevede che il giudice fissi, con proprio decreto, l'udienza preliminare anche laddove il reato per cui si procede "imponga" la citazione diretta a giudizio, ovvero nella parte in cui non prevede che il P.M. formuli l'imputazione con citazione diretta a giudizio laddove l'imputazione coatta abbia ad oggetto un reato «compreso tra quelli per cui si deve procedere con citazione diretta». A parere della Consulta, infatti, il rimettente muoverebbe da un'erronea premessa interpretativa, giacché, «se è pur vero che, a seguito della riforma del giudice unico, l'assetto normativo preesistente è stato incrinato», deve, non di meno, ritenersi che «il dedotto mancato collegamento tra l' art. 409 comma 5 c.p.p. e la previsione dei reati a citazione diretta [sia] del tutto privo di conseguenze proprio perché [...] non vi è dubbio che, in ipotesi di "imputazione coatta" riguardante reati per i quali è prevista la citazione diretta, il G.I.P. non debba fare altro che invitare il P.M. a formulare l'imputazione», con conseguente emissione da parte di questi del decreto ex artt. 549 ss. ( C. Cost. 27.3.2003, n. 77, in GiC, 2003, 2).
La Corte Costituzionale ha dichiarato manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 419, sollevate in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui non prevede che l'avviso di fissazione dell'udienza preliminare debba contenere, a pena di nullità, l'avvertimento all'imputato che ha facoltà di richiedere giudizio abbreviato e patteggiamento. Secondo la Consulta, infatti, l'omessa previsione dell'avvertimento - della facoltà di chiedere riti alternativi - nell'avviso dell'udienza preliminare non viola gli artt. 3 e 24 Cost., in quanto l'informazione è comunque assicurata dalla presenza obbligatoria e dall'assistenza del difensore; né la medesima disposizione viola l' art. 111 Cost., atteso che il diritto di difesa va inteso anche come possibilità di ricorrere all'assistenza tecnica del difensore ( C. Cost. 19.1.2007, n. 8, in ND, 2007, 1-2, 61. Nello stesso senso, con riguardo all' art. 3 Cost., C. Cost. 22.7.2005, n. 309, in ND, 2005, 12, 1045, nonché in GiC, 2005, 4 e in CP, 2005, 3332. Sul punto, v. anche C., Sez. VI, 6.2.2003, Sindoni, in Mass. Uff., 225665).
La Corte di cassazione ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 419, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede che l'avviso medesimo, con possibilità di richiedere i riti alternativi, debba essere tradotto nell'idioma noto all'imputato straniero che ignora la lingua italiana, diversamente da quanto disposto dall' art. 169 in vista dell'invito ad eleggere domicilio in Italia. A parere del giudice di legittimità, infatti, diversa è la situazione presupposta e disciplinata dalle norme evocate. Se, nel caso previsto dall' art. 169, si versa dinanzi alla notifica del primo atto del processo ad uno straniero non residente in Italia che non conosce la lingua italiana, nel secondo caso, o si tratta di persona che ha già eletto in Italia un domicilio quale punto di riferimento per la sua difesa o ci si riferisce ad un soggetto che si trova in Italia e che non incontra, pertanto, difficoltà a comprendere i contenuti dell'atto o a procurarsene adeguata conoscenza ( C., Sez. V, 18.12.1992, Hrustic, in CP, 1994, 1866). L'enunciato principio di diritto, a ben guardare, desta perplessità, se solo si considera che l'avviso in parola viene notificato unitamente alla richiesta di rinvio a giudizio - ovvero all'imputazione - rispetto alla quale, alla luce di quanto statuito dall' art. 6, n. 3, lett. a, CEDU, vige l'obbligo di traduzione in una lingua comprensibile all'accusato. Su questo sfondo, non può omettersi di osservare come l' art. 2, 1° co., l. delega imponesse di adeguarsi alle Carte internazionali dei diritti (in dottrina, v., per tutti, Vigoni, Minoranze, stranieri e processo penale, in AA.VV., Protagonisti e comprimari del processo penale, Torino, 1995, 346. In giurisprudenza, se C., S.U., 24.9.2003, Zalagaitis, in CP 2004, 1563, con nota di Vessichelli, Ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti dello straniero e diritto alla traduzione del provvedimento con riferimento all'ordinanza di custodia cautelare, ha affermato che l'indagato e l'imputato vantano un diritto soggettivo perfetto a conoscere in lingua nota gli addebiti che vengono loro mossi - di talché l'ordinanza di custodia cautelare in carcere deve essere tradotta a pena di nullità -, C., S.U. 26.9.2006, Cieslinsky, in DPP 2007, 468, con nota di Morisco, Imputato alloglotta e avviso di conclusione delle indagini ex art. 415 bis, nonché in Gdir, 2006, n. 49, 77, ha statuito che l'omessa traduzione in lingua nota all'indagato alloglotta dell'avviso di chiusura delle indagini preliminari ne determina la nullità exartt. 178, 1° co., lett. c e 180, nullità che si riverbera sulla richiesta di rinvio a giudizio).
In tema di richiesta di giudizio immediato, è stata dichiarata manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 419, 6° co., sollevata in riferimento agli artt. 3, 101, 102, 107 e 112 Cost., nella parte in cui prevede che la scelta unilaterale compiuta dall'imputato abbia carattere vincolante per il giudice: «l'udienza preliminare assolve soprattutto, ed anzi per quanto concerne la posizione delle parti, esclusivamente, alla funzione di garanzia dell'imputato come vaglio della sostenibilità dell'accusa [...]. Pertanto, la richiesta di giudizio immediato da parte dell'imputato, in quanto si sostanzia nella rinuncia a detta garanzia, si configura quale scelta libera ed insindacabile dell'imputato stesso [...] non subordinata come tale al concorso di specifici presupposti e quindi non soggetta al controllo dell'avveramento di essi da parte del giudice» ( C. Cost. 30.5.1991, n. 234, in CP, 1992, 712). Quest'ultimo, tuttavia, non può considerarsi sempre obbligato ad emettere il decreto di giudizio immediato sol perché l'imputato lo richieda ( infra, par. 6).
2. Avvisi e avvertimenti
Scontato che l'avviso della fissazione dell'udienza preliminare va notificato insieme alla richiesta di rinvio a giudizio e che, nei confronti dell'imputato irreperibile - ove non si è già provveduto durante la fase delle indagini - occorre procedere alla previa emissione del relativo decreto ( art. 160), profili problematici concernono la posizione dell'offeso. Innanzitutto, si è chiarito - a prescindere dall'obbligo di effettuarne l'esatta individuazione ( supra, par. 1) - che l'avviso in esame va notificato solo alla persona offesa e non anche al danneggiato; pertanto, la relativa omissione non produce alcuna nullità, con l'effetto che è inammissibile il ricorso per cassazione proposto a questo scopo, sulla base dell' art. 428, 3° co. ( C., Sez. VI, 1.7.1997, Ciccia, in CP, 1998, 3071; C., Sez. VI, 9.10.1995, Valente, in RP, 1996, 786; C., Sez. VI, 22.5.1995, Ferrara, in CP, 1996, 3431).
In caso di patteggiamento, qualora l'accordo sulla pena intervenga nella fase delle indagini preliminari, la persona offesa, non essendo legittimata a costituirsi parte civile, non ha diritto ad essere citata, posto che tale diritto, ex art. 419, sorge solo avendo riguardo all'udienza preliminare ( C., Sez. V, 17.10.2002, Rinaldi, in Mass. Uff., 224279).
Se al P.M. il giudice procede soltanto a comunicare l'avviso ( art. 153), il difensore dell'imputato è avvertito della facoltà di prendere visione di quanto trasmesso per effetto dell' art. 416, 2° co., nonché di presentare memorie e produrre documenti. Quanto al primo aspetto va rilevato che non è obbligatorio rendere edotto il patrocinatore che egli ha diritto di estrarre copia degli atti ( art. 131 disp. att.), essendo l'avvertimento limitato alla possibilità di «prenderne visione»; pressoché inutile risulta, oggi, l'esplicitare la possibilità di presentare memorie o produrre documenti, considerate le regole generali fissate a riguardo, rispettivamente, dagli artt. 121 e 391 octies. Giova, peraltro, sottolineare come l'avvertimento risulti di per sé strumento utile a rendere edotta la parte che non ha cognizioni "tecniche"; pertanto, un accurato impiego della previsione imporrebbe che sia l'imputato a conoscere quali attività partecipative è messo in grado di svolgere. In tale prospettiva, i contenuti dell'avviso spedito a quest'ultimo dovrebbero estendersi a quanto prescrive l'art. 419, 2° co. L'omissione dell'avvertimento secondo cui - non comparendo - all'accusato verrà applicata la disciplina prevista per l'assente o, qualora ne ricorrano i presupposti quella per la sospensione del processo per l'irreperibile, genera - stando alla disciplina prevista per la precedente figura del processo contumaciale - una nullità a regime intermedio deducibile nei limiti dell' art. 182 sanabile mediante la rinuncia espressa dell'imputato a comparire all'udienza, nonostante il diverso comportamento processuale del difensore ( C., Sez. I, 4.6.2003, Di Pietrantonio, in Mass. Uff., 227379).
3. I tempi di comparizione
L'art. 419, 4° co., contempla termini dilatori, suscettibili di prolungamento quanto all'imputato ( art. 174), da considerarsi "liberi": non vanno computati il giorno di avvenuta notifica (o comunicazione) e quello corrispondente alla data d'udienza [ Frigo, sub art. 419, in Comm. Chiavario, IV, Torino, 1990, 600, nonché, volendo, Sola, I termini, in Spangher (diretto da), Trattato di procedura penale, 1, II, in Dean (a cura di), Gli atti, Torino, 2008, 294 ss.].
Interrogativi particolari determina la previsione che impone la notifica della citazione al responsabile civile nei dieci giorni prima dell'udienza. Tale ultimo atto presuppone, per un verso, avvenuta la costituzione di parte civile - la quale può dipendere, a sua volta, dall'avviso spettante all'offeso nei medesimi termini - e, per altro, implica che sia stata presentata una richiesta in tal senso ( art. 83, 1° co.): si tratta di attività "propedeutiche" ragionevolmente incompatibili con i tempi fissati dalla norma ( Della Sala, Garello, L'udienza preliminare, Milano, 1989, 160; Ferraro, Il giudice delle indagini preliminari, in CP, 1989, 1134; Frigo, 601). Il problema, peraltro, sembra estraneo ai casi in cui sia il P.M. a esercitare l'azione risarcitoria ( art. 77, 4° co.), perché egli potrebbe chiedere la citazione del responsabile civile già al momento del deposito della richiesta di rinvio a giudizio, facendo fronte, così, all'angustia dei tempi; e allo stesso modo va risolta la questione concernente la vocatio del civilmente obbligato. Quando, invece, l'attività diretta ad ottenere la citazione del responsabile civile viene effettuata dal privato, s'impone un'esegesi adeguatrice della norma - altrimenti sospetta d'illegittimità costituzionale per violazione dell' art. 24, 1° e 2° co., Cost. - che consenta effettivamente di realizzare in tempo utile la situazione soggettiva riconosciuta ( Scaglione, Udienza preliminare, in EG, XXXII, Roma, 1994, 3); il rimedio potrebbe consistere nel differimento dell'udienza disposto dal giudice che abbia verificato l'impossibilità concreta di rispettare i termini statuiti dall'art. 419, 4° co.
Quanto al mancato rispetto del termine di dieci giorni entro il quale va notificato o comunicato l'avviso, l'ipotesi integra una nullità a regime intermedio che, se dedotto, non comporta l'obbligo di una dilazione che rispetti l'intero termine di dieci giorni, bastando il rinvio dell'udienza ad una data futura che, computando anche il periodo trascorso dal primo avviso, rispetti complessivamente i tempi prescritti dall'art. 419, 3° co. ( C., Sez. I, 6.12.2001, Zuccaro, in Mass. Uff., 220440).
4. Avvisi omessi o intempestivi
La specifica comminatoria di nullità di cui all'art. 419, 7° co., costituisce, in realtà, una norma a tutela dell'offeso, perché rispetto all'imputato, al suo difensore e al P.M. bastano le previsioni generali di cui all' art. 178, 1° co., lett. b e c ( Cordero, Procedura penale, 8 a ed., Milano, 2006, 842). Ecco, che, allora, l'avviso che manca o risulta intempestivo verso l'organo d'accusa o il difensoregenera una nullità a regime "intermedio" ( art. 178, 1° co., lett. b e c).
Secondo un certo orientamento, la vera e propria assenza dell'avviso (anche per vizi di notifica) verso l'imputato o l'incompletezza nei suoi elementi essenziali, essendo equiparabile al difetto di citazione ( Nappi, L'udienza preliminare, in ED, XLV, Milano, 1992, 524), determina un'invalidità assoluta, rilevabile, pertanto, in ogni stato e grado ( art. 179) ( Frigo, 604); risposta analoga riguarda l'ipotesi in cui all'avviso non è unita la richiesta di rinvio a giudizio, elemento connaturato alla vocatio "preliminare". Il mancato rispetto dei termini a comparire produce invece - salvo a voler equiparare, con riguardo all'imputato, l'avviso omesso a quello intempestivo - una nullità a regime "intermedio" ( art. 178, 1° co., lett. c). Se tali patologie riguardano l'offeso, la non riconducibilità dei casi in esame nel novero delle categorie fissate dagli artt. 178 e 179 implica che la prescritta nullità ha natura relativa, è sottoposta ai limiti di cui all' art. 181 ( Leo, Problemi dell'udienza preliminare, in IP, 1996, 493) e non può essere eccepita dall'imputato perché non ne ha interesse ( Lo Russo, In tema di omessa notifica alla persona offesa dell'avviso di fissazione dell'udienza, in CP, 1993, 2066).
A parere della Suprema Corte, non produce nullità assoluta la notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare che sia stata effettuata, non già nel domicilio eletto presso la sede legale della società, bensì presso l'unità locale della stessa, ogni qual volta la notificazione sia stata comunque idonea a procurare l'effettiva conoscenza dell'atto ( C., Sez. VI, 14.5.2009, O. e altro, in Mass. Uff., 244529. Nello stesso senso, avendo riguardo alla notificazione effettuata, non già nel domicilio eletto, bensì presso la residenza dell'imputato, C., Sez. VI, 14.5.2009, O. e altro, in Mass. Uff., 244529). Secondo la Corte di cassazione, infatti, nullità assoluta ed insanabile si verifica se e solo se la notificazione sia stata omessa ( C., Sez. VI, 4.7.2008, Fonzi, in Mass. Uff., 240705), ovvero laddove, essendo stata eseguita in violazione di legge, risulti inidonea a garantire l'effettiva conoscenza dell'atto ( C., Sez. II, 15.5.2008, Fina in Mass. Uff., 240613. Conf., C., S.U., 27.10.2004, Palumbo, in CP 2005, 1148, con nota di Vessichelli, Sul regime delle nullità della notificazione all'imputato dell'atto di citazione; C., S.U., 9.7.2003, Ferrara, in CP, 2004; C., Sez. VI, 1.2.1995, Craxi, in GP, 1995, III, 661. Con riferimento alla mancata indicazione dell'aula, v. C., Sez. I, 16.4.2004, Schiavone, in Mass. Uff., 228507).
Si è pure manifestata l'idea secondo cui l'omissione in parola determina una nullità "intermedia", in quanto l'avviso per l'udienza preliminare non è equiparabile alla citazione a giudizio, vista la diversità funzionale delle fasi alle quali le rispettive vocationes mettono capo ( C., Sez. V, 2.6.1998, Giordano, in Mass. Uff., 211445).
Quanto alla persona offesa, è stato affermato che l'omessa notificazione alla persona offesa dal reato dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare è causa di nullità anche della sentenza di non luogo a procedere che dovesse essere resa in esito a detta udienza ( C., Sez. II, 17.6.2009, X, in Mass. Uff., 244881; C., Sez. V, 24.2.2004, Bettati, inedita; C., Sez. V, 14.3.2002, Nazzaro, in Mass. Uff., 222604).
Il mancato avviso al difensore - considerata la finalità della fase, sia in ordine alla conoscenza degli atti investigativi che alla scelta dei riti differenziati, e valutata la presenza obbligatoria del patrocinatore all'udienza - comporta una nullità assoluta ( C., Sez. I, 24.9.2002, Moscatiello, in Mass. Uff., 222632; C., Sez. III, 5.12.1995, Xy, in RP, 1996, 900); però, il regime del vizio diventa "intermedio" nell'ipotesi in cui l'omissione riguardi un solo professionista tra due nominati ( C., Sez. IV, 1.3.1994, Didoni, in CP, 1995, 2597). Quanto all'offeso, è pacifico che la nullità derivante dal suo mancato avviso abbia carattere relativo ( C., Sez. I, 8.5.1995, Amoroso, in CP, 1997, 508; C., Sez. I, 3.2.1992, Correale, in CP, 1993, 2604) e che non possa essere conseguentemente eccepita dall'imputato, mancandone l'interesse ( C., Sez. I, 9.12.1992, Aquino, in Mass. Uff., 193522).
La nullità di ordine generale a regime intermedio, derivante dall'omesso avviso ad uno dei due difensori di fiducia dell'imputato, deve essere eccepita, ad opera dell'altro difensore, al più tardi immediatamente dopo gli atti preliminari - e, comunque, prima delle conclusioni, qualora il procedimento non importi altri atti -, in quanto lo svolgersi dell'udienza preliminare comporta - presumendola - la rinuncia all'eccezione ( C., S.U., 16.7.2009, A., in Mass. Uff., 244188, che ha precisato, in motivazione, che non è possibile fare valere successivamente l'interesse dell'imputato ad essere assistito da entrambi i difensori, posto che tale interesse non è riconoscibile in sede di impugnazione del provvedimento conclusivo del giudice).
In ogni caso, alcun avviso spetta al soggetto danneggiato che non rivesta anche la qualifica di persona offesa ( C., Sez. VI, 22.5.1995, Ferrara, in ANPP, 1995, 857).
È certo, infine, è che non sono autonomamente impugnabili le pronunce del giudice emesse in udienza mediante le quali vengono respinte le richieste dirette a far valere nullità; in caso di giudizio, le parti hanno il diritto - purché siano state prontamente eccepite - di riproporre le relative questioni dopo aver compiuto per la prima volta la verifica sulla regolare costituzione del rapporto processuale ( C., Sez. I, 31.5.1995, Esposito, in CP, 1997, 514; in senso pressoché analogo, C., Sez. V, 24.1.1992, Ranieri, in ANPP, 1992, 593; C., Sez. I, 12.6.1991, Contino, in CP, 1992, 2455; C., Sez. III, 29.3.1990, Bonato, in GI, 1990, II, 407); da notare che la suddetta limitazione temporale è talvolta ritenuta operante - con dubbio fondamento esegetico - anche per le nullità assolute ( C., Sez. V, 16.12.1991, Domma, in ANPP, 1992, 594).
5. I "ritmi" dell'indagine suppletiva
Una volta solo l'avviso inviato al P.M. conteneva l'invito a trasmettere tutta la documentazionedelle indagini suppletive effettuate dopo il deposito della richiesta di rinvio a giudizio; la regola ha manifestato perlomeno due problemi: l'esistenza di un limite cronologico quanto alla prosecuzione delle indagini e i tempi di trasmissione degli atti relativi.
Sotto il primo aspetto, nonostante apparisse doveroso evitare che il P.M. potesse cogliere l'imputato di sorpresa, riservandosi dopo la richiesta di rinvio a giudizio l'espletamento di investigazioni più delicate ( Molari, Lineamenti e problemi dell'udienza preliminare, in IP, 1988, 490), la Corte Costituzionale ha escluso la sussistenza di uno sbarramento temporale allo svolgimento di dette indagini ( supra, par. 1), superando, in tal modo, un condivisibile orientamento che ne segnava la battuta d'arresto, ora, nella ricezione dell'avviso d'udienza da parte dell'organo d'accusa ( Buzzelli, Il dossier dell'accusa di fronte all'udienza preliminare, in RDPr, 1992, 992; Della Marra, Utilizzabilità nell'udienza preliminare delle indagini espletate dal P.M. dopo la richiesta di rinvio a giudizio, in GI, 1991, II, 58; Li Vecchi, L'udienza preliminare e le sue problematiche dottrinarie e giurisprudenziali, in RP, 1994, 356), ora, nel momento della complessiva trasmissione degli atti stessi da effettuare, comunque, prima dell'udienza ( Dominioni, Chiusura delle indagini preliminari e udienza preliminare, in AA.VV., Il nuovo processo penale. Dalle indagini preliminari al dibattimento, Milano, 1989, 67), o nel rispetto «della data (fissata per) l'udienza» ( Carli, Le indagini preliminari nel sistema processuale penale, Milano, 1999, 232).
In giurisprudenza, ritenendo possibili le indagini sino alla comunicazione dell'avviso della data d'udienza, vedi una pronuncia del Tribunale di Roma ( T. Roma 7.4.1990, Di Bella, in CP, 1990, II, 170).
È scontato, peraltro, che il supplemento investigativo d'accusa non deve per forza essere effettuato - a pena d'inutilizzabilità - negli ambiti cronologici previsti per la durata massima delle indagini preliminari ( art. 407), nulla ostando al loro superamento ( C., Sez. V, 30.4.1998, Dell'Orto, in Mass. Uff., 210935).
Secondo alcune pronunce, essendo il P.M. legittimato, anche dopo la chiusura delle indagini e la richiesta di rinvio a giudizio, a compiere ulteriori indagini allo scopo di acquisire fonti di prova, è legittimo disporre il sequestro ex art. 253, se pur nel periodo precedente l'emissione del decreto che dispone il giudizio, stante il limite stabilito dall' art. 430 per gli atti garantiti ( C., Sez. IV, 20.3.2003, Troudi, in Mass. Uff., 225726).
Sul piano dei "tempi" di deposito, considerata la perdurante mancanza di limiti prefissati, la questione delle indagini suppletive d'accusa si è presentata non priva di nodi. Per esempio, nel caso di rito abbreviato scelto con richiesta scritta prima dell'udienza preliminare - ipotesi da non scartare anche secondo il rinnovato assetto dell' art. 438, 1° e 2° co., - l'imputato può trovarsi di fronte ad un improvviso dossier prodotto nel frattempo dall'accusa ( Garuti, La verifica dell'accusa nell'udienza preliminare, Padova, 1996, 177); il rilievo si presenta ancora più pregnante stando alla regola secondo cui, ai fini della decisione, deve tenersi conto anche delle indagini suppletive ( art. 442, co. 1° bis). Tuttavia, in casi del genere, postulando che l'opzione del rito abbreviato non condizionato intervenga primadel deposito di documentazione suppletiva, sembra che il giudice non potrà attingere a quest'ultima in vista del giudizio.
Sul piano formale è stato difficile scorgere ostacoli al deposito della documentazione "suppletiva" d'accusa fino al momento che precede la discussione ( art. 421, 3° co.) ( Campagna, L'udienza preliminare, in Comm. Chiavario, Agg. I, Torino, 1993, 686), anche se - non senza agganci sistematici - si è sostenuto che il P.M. dovesse depositare gli atti investigativi subito dopo averli compiuti ( Caselli Lapeschi, Il deposito della documentazione concernente gli atti d'indagine ex art. 419 comma 3 c.p.p.: primo, non del tutto soddisfacente, intervento della Consulta sul tema delle indagini suppletive, in CP, 1994, 2363).
La modifica dell'art. 419, 3° co. - intervenuta ad opera dell' art. 13, L. 7.12.2000, n. 397 amplia i destinatari dell'invito a trasmettere la documentazione concernente indagini compiute dopo la richiesta di giudizio; cosicché, ogni altra "parte" legittimata a svolgere proprie investigazioni ( art. 327 bis) sarà avvisata affinché ne renda noti i risultati. È comunque evidente che il nuovo 3° co. dell'art. 419 altera le prospettive dell'analisi, sinora avviata sull'esclusivo piano degli obblighi facenti capo al P.M.; del resto, che le ottiche di osservazione debbano mutare è fatto palese proprio dalla complessa normativa sulle indagini del difensore ( L. 7.12.2000, n. 397). Esigenze di completezza investigativa inducono in ogni caso a ritenere che il magistrato d'accusa sia gravato da un obbligo di trasmissione, a differenza di quanto accade per le altre parti private, in funzione delle quali sembra più corretto parlare di un onere ( art. 391 octies). Quanto ai profili cronologici, è difficile ipotizzare limiti temporali al compimento investigativo, o al deposito della documentazione, che non siano omogenei per tutte le parti.
Sul versante di una maggiore concretezza, va, invece, attentamente valutato l'impiego del potere di disporre il differimento dell'udienza nei casi di improvvisa produzione delle ulteriori indagini, così come suggerito dalla Corte Costituzionale ( supra, par. 1): l'inadeguatezza dei tempi concessi può essere oggetto di controllo sul terreno del mancato rispetto delle garanzie partecipative, con invalidità riconducibili all' art. 178, 1° co., lett. b e c.
6. La rinuncia all'udienza preliminare
La richiesta di procedere con il rito immediato - motivata da esigenze a contenuto variabile, come quella di evitare di scoprire le "carte" in udienza preliminare o quella di ritenere altamente probabile un esito proscioglitivo ( Illuminati, Il giudizio immediato, in I riti differenziati nel nuovo processo penale, Atti del Convegno presso l'Università di Salerno 30.9-2.10.1989, Milano, 1989, 141) - va presentata dall'imputato direttamente o per mezzo di procuratore speciale, il che esclude un intervento motu proprio del difensore. Il termine - da considerare "libero" - di tre giorni anteriori alla data dell'udienza preliminare va riferito al momento in cui la dichiarazione perviene in cancelleria e non implica che sia già stata effettuata la notifica prevista dall'art. 419, 5° co. ( Gaito, Giudizio immediato, in Dalia, I procedimenti speciali, Napoli, 1989, 257).
Quanto ai requisiti del decreto immediato, è inevitabile il richiamo implicito all' art. 456 che descrive l'omologo atto nel caso in cui il rito è instaurato su richiesta del P.M.; tuttavia, esso non deve contenere anche l'avvertimento secondo cui l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato, giacché si tratta di "trasformazione" espressamente esclusa dall' art. 458, 3° co. ( Rivello, Il giudizio immediato, Padova, 1993, 128).
Sul piano dei presupposti del rito - a prescindere dai già menzionati profili soggettivi - mancano indicazioni espresse; ed è stato chiarito come l'udienza preliminare, rappresentando un diritto disponibile per l'imputato, possa essere evitata dietro sua semplice richiesta ( supra, par. 1). Non è, pertanto, condivisibile un superato orientamento ( Uff. indagini preliminari T. Foggia 18.4.1990, Posa, in CP, 1991, II, 54) in base al quale l'obbligo di subordinare all'evidenza della prova anche il giudizio immediato su domanda del privato nascerebbe dall'esigenza di non vulnerare l'attività suppletiva d'indagine del P.M.
Tuttavia, non si manca in parallelo di osservare che - nell'ipotesi di rinuncia all'udienza preliminare - la inevitabile carenza di controlli sulla qualità delle investigazioni condotte dall'accusa può determinare dibattimenti dagli «esiti abortivi»; la qual cosa presuppone interessi di cui l'imputato non potrebbe disporre ( Cordero, 843).
Occorre, comunque, tenere presente che, in caso di processo plurisoggettivo o con più imputazioni, il giudice può non emettere decreto quando la richiesta riguarda uno solo (o alcuni) degli imputati o soltanto una parte delle imputazioni, dovendo valutare se scindere le regiudicande «risponda effettivamente ad esigenze di economia... ovvero provochi una inutile duplicazione di procedimenti» ( Paolozzi, Profili strutturali del giudizio immediato, in Gaito, I giudizi semplificati, Padova, 1989, 244).
Nella stessa ottica ( C., Sez. V, 19.6.1995, D'Alessandro, in CP, 1997, 3485), non si considera abnorme il provvedimento di diniego sulla richiesta di rito immediato quando il G.U.P., avvalsosi della facoltà contemplata dall' art. 18, 1° co., non abbia disposto la separazione ( C., Sez. VI, 7.5.1999, Ventre, in CP, 2000, 2317; C., Sez. VI, 22.2.1996, Cabras, in CP, 1997, 1429; C., Sez. V, 19.6.1995, D'Alessandro, in CP, 1997, 3484; C., Sez. VI, 22.9.1994, Romeo, in CP, 1996, 583; in termini pressoché analoghi, C., Sez. VI, 27.3.1992, Pandolfo, in CP, 1993, 350); ne segue, peraltro, la non impugnabilità del citato provvedimento ( C., Sez. I, 13.7.1994, Boni, in CP, 1996, 850). Tuttavia, la scelta del giudice qui esula da un'indagine sul terreno probatorio, contrariamente a quanto avviene per il giudizio immediato richiesto dal P.M.; pertanto - prescindendo qui da più diffuse osservazioni - non va condivisa l'idea ( C., Sez. V, 21.3.1994, Bonifati, in CP, 1994, 2745) di ritenere il decreto di cui all'art. 419, 6° co., come determinante un effetto preclusivo sul riesame dei gravi indizi di colpevolezza.
Quanto all'organo destinato a celebrare il dibattimento a seguito di richiesta accordata ad un imputato in un processo plurimo, il relativo giudizio immediato dovrà svolgersi presso quello individuato tramite le regole della connessione ( Uff. indagini preliminari T. Reggio Calabria 7.11.1994, Boemi, in GI, 1996, II, 609).
28-06-2014 23:57
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