Tentato omicidio con un manchete. Ricorso inammissibile.
Autorità: Cassazione penale sez. I
Data udienza: 23 novembre 2012
Numero: n. 47964
Intestazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIORDANO Umberto - Presidente -
Dott. CAVALLO Aldo - Consigliere -
Dott. LOCATELLI Giuseppe - Consigliere -
Dott. CAPRIOGLIO Piera M. - rel. Consigliere -
Dott. BONITO Francesco M.S - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) R.D. N. IL (OMISSIS);
avverso l'ordinanza n. 200/2012 TRIB. LIBERTA' di REGGIO CALABRIA,
del 30/05/2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PIERA MARIA SEVERINA
CAPRIOGLIO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott. Mario Fraticelli, che ha
chiesto il rigetto del ricorso.
(Torna su ) Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 30.5.2012 il Tribunale di Reggio Calabria, investito ex art. 310 c.p.p., ha rigettato l'appello interposto da R.D. avverso l'ordinanza emessa dalla Corte d'appello di Reggio Calabria con cui era stata rigettata l'istanza del menzionato di sostituzione della misura di maggior rigore con altra meno afflittiva, sul presupposto che non erano venute meno le ragioni cautelari che avevano imposto la misura della custodia in carcere. Il Tribunale riteneva legittimo l'operato della Corte in quanto il R., condannato alla pena di anni sei e mesi sei di reclusione per il reato di tentato omicidio ai danni di L.G. e L.M. utilizzando un machete e poi un coltello a scatto, si era macchiato di reato particolarmente grave, denotante una notevole pericolosità sociale che non poteva essere adeguatamente fronteggiata con una misura di minore rigore.
2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per cassazione il prevenuto pel tramite del suo difensore, per dedurre violazione degli artt. 125, 273, 274 e 299 c.p.p.. L'istanza avanzata dal R. mirava alla concessione degli arresti domiciliari da scontare in abitazione diversa da quella che fu locus commissi delicti ma la Corte d'appello avrebbe ignorato le deduzioni difensive, visto che concluse sulla mancata prospettazione di elementi che facessero ritenere cessate le esigenze cautelari. Intanto doveva essere valorizzato il fatto che il R. chiedeva la custodia domestica in luogo diverso e lontano da quello in cui fu commesso il reato, poi doveva essere considerato il fatto che la sentenza di seconde cure aveva ridimensionato la condotta del ricorrente in senso positivo.
Ancora si duole la difesa che non siano stati indicati i motivi specifici per cui la misura degli arresti domiciliari non fu ritenuta idonea a scongiurare il pericolo di ripetizione del reato: dovevano essere indicati gli elementi concreti e non congetturali sulla base dei quali potersi affermare che il soggetto avrebbe potuto commettere reati anche se custodito con minore incisività. La valutazione doveva essere condotta considerando la personalità del soggetto, la vita anteatta, gli eventuali precedenti giudiziari, laddove il R. non ha precedenti di alcun tipo, ha condotto una vita lontano da ambienti delinquenziali, il reato di cui si rese colpevole maturò all'interno dell'edificio in cui era domiciliato e quindi in un contesto spazio temporale limitato.
(Torna su ) Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.
Il Tribunale ha infatti adeguatamente supportato la sua valutazione con il riferimento alla gravita del reato pel quale il R. fu condannato alla pena di sei anni e sei mesi di reclusione, perchè ritenuto colpevole del reato di tentato omicidio compiuto con un machete, arma che una volta toltagli dalle mani, venne da lui sostituita con un coltello a scatto estratto dalla tasca dei pantaloni. La gravita della condotta veniva ritenuta espressiva di una notevole pericolosità sociale, non compensabile con il fatto che l'istante sia incensurato, che abbia sessanta anni e che abbia già trascorso due anni di custodia cautelare, atteso che il giudizio sulla concreta pericolosità sociale dell'interessato deve essere compiuto avendosi riguardo prima di tutto al reato attribuitogli, alle sue specifiche modalità ed alle circostanze del fatto. A fronte di tali elementi il Tribunale ha ritenuto che anche la riduzione della pena inflitta, ad opera della Corte di merito, non consentisse di modificare la negativa valutazione della personalità del ricorrente, ostativa da un'attenuazione del rigore della misura; si tratta di considerazioni del tutto logiche e giuridicamente corrette.
Quanto poi al "tempo trascorso dalla commissione del reato", va ricordato che deve essere oggetto di valutazione, a norma dell'art. 292 c.p.p., comma 1, lett. c), da parte del giudice che emette l'ordinanza di custodia cautelare, ma che analoga valutazione non è invece richiesta dall'art. 299 c.p.p., ai fini della revoca o sostituzione della misura (Sez. 2^, 30.11.2011, n. 47416).
Si impone quindi la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; a tale declaratoria, riconducibile a colpa del ricorrente, consegue la sua condanna al pagamento delle spese del procedimento e di somma che congruamente si determina in Euro mille a favore della cassa delle ammende, giusto il disposto dell'art. 616 c.p.p., così come deve essere interpretato alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000.
A cura della cancelleria copia del provvedimento andrà trasmesso al Direttore dell'istituto penitenziario, ai sensi dell'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
(Torna su ) P.Q.M.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.
Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell'istituto penitenziario, ai sensi dell'art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
Così deciso in Roma, il 23 novembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 11 dicembre 2012
02-01-2013 22:09
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