Per l'accusa: un ragioniere, doveva predisporre la falsa documentazione fiscale e reddituale, riferibile a fittizi datori di lavoro per allegarle alle domande di sanatoria dei permessi di soggiorno di soggetti extracomunitari. La Corte annulla parzialmente.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 4 aprile – 12 luglio 2013, n. 29909
Presidente Fiandanese – Relatore De Crescienzo
Motivi della decisione
D.A.M. ricorre per Cassazione avverso la sentenza 26.4.2012 con la quale la Corte d'Appello di Milano, lo ha condannato alla pena di anni due, mesi otto di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa per la violazione degli artt.: 416 cp; 48, 479 cp; 56, 48, 479; 110 648 cp; 15 l. 102/2009 e 12 comma 5 d.lvo 286/98, come da capi di imputazione riportati nella epigrafe della impugnata decisione.
La difesa richiede l'annullamento della sentenza deducendo:
p.1.) ex art. 606 I^ comma lett. E) cpp, vizio di motivazione. La difesa lamenta che la Corte d'Appello si sarebbe limitata a parafrasare il contenuto della sentenza di primo grado senza dare alcuna risposta alle censure contenute nell'atto di appello.
La difesa lamenta in particolare che non sarebbe stata data adeguata risposta in merito alla dedotta questione inerente il capo 1) e alla sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie di cui all'art. 416 cp, ben potendo i fatti ascritti integrare la diversa fattispecie del concorso di persone nel reato continuato. La difesa lamenta inoltre la mancata risposta in merito alle doglianze sollevate con riferimento ai capi 4 e 10 della rubrica della imputazione.
Ritenuto in diritto
Il ricorso è fondato e va accolto nei limiti qui di seguito delineati.
Per quanto attiene alla omessa motivazione in ordine alla invocata applicazione della fattispecie del concorso di persone nel reato continuato, in luogo del contestato reato di partecipazione ad associazione per delinquere di cui al capo 1) della imputazione, va osservato quanto segue.
Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, la Corte d'Appello ha preso in considerazione il tema sottoposto alla sua attenzione con l'atto di appello. Alla pagina 28 della decisione impugnata la Corte Milanese ha fornito una dettagliata descrizione della associazione criminosa e degli elementi di prova che ne dimostrano la esistenza. La Corte ha altresì individuato l'oggetto dell'attività dell'organizzazione e i distinti ruoli ricoperti al suo interno dai vari componenti, facendo presente che il D.A., nella sua veste di ragioniere aveva il precipuo compito di predisporre la falsa documentazione fiscale e redittuale, riferibile a fittizi datori di lavoro al fine di allegarle alle domande di sanatoria dei permessi di soggiorno di soggetti extracomunitari, essendo invece i correi G. e M. investiti dei compiti di individuare da un lato i datori di lavoro compiacenti e le persone di provenienza extracomunitaria bisognose di regolarizzazione ai fini di una legittima permanenza sul territorio nazionale. La descrizione della predisposizione dei mezzi necessari allo svolgimento dell'attività criminosa (utilizzo di basi logistiche - pag. 33 della motivazione) concretatasi anche attraverso l'utilizzo della srl MASTER, la pluralità delle persone coinvolte nell'attività criminosa, la ripartizione e la articolazione dei compiti affidati a ciascuno dei componenti della organizzazione, la volontà di perseguire un comune programma criminoso (facilitare con modalità illecite la regolarizzazione dei permessi di soggiorno di persone extracomunitarie), sono elementi costitutivi di una associazione criminale perfettamente corrispondente all'archetipo normativo e sotto questo punto di vista la motivazione della decisione impugnata è del tutto ineccepibile. Sotto un profilo di diritto va ancora osservato che il fatto che la attività criminosa avrebbe avuto una durata temporale limitata, tenuto conto del breve periodo previsto dalla legge per la presentazione delle domande di regolarizzazione, è circostanza del tutto irrilevante. Infatti, ai fini della integrazione della fattispecie non è necessario che essa si protragga a lungo nel tempo essendo sufficiente che il vincolo associativo non sia a priori circoscritto alla consumazione di uno o più reati predeterminati [v. Cass. Sez. VI 16.12.2011 n. 9117]. Sotto questo punto di vista si deve osservare che mentre appare evidente che la attività dell'organizzazione criminosa aveva caratteri di indeterminatezza nel suo orizzonte di attività, la difesa dall'altra non ha fornito alcun argomento volto a dare una efficace smentita alla tesi seguita dalla Corte Milanese.
Sotto questo punto di vista, pertanto il ricorso deve essere rigettato.
Il ricorso è meritevole di accoglimento per quanto attiene, invece, al denunciato vizio di motivazione in ordine ai fatti contestati ai capi 4 e 10 della rubrica della imputazione.
Con riferimento al capo 4 (relativo al delitto di falso relativo alla predisposizione del CUD di L.M. , finalizzato alla formazione della domanda di sanatoria sfociata nel rilascio del permesso di soggiorno a favore di S.I.S. da parte della Questura di Biella), la difesa, con l'atto di appello aveva posto in evidenza che la prova a carico dell'imputato sarebbe stata rappresentata dalla chiamata in correità del L. , facendo altresì presente che lo stesso giudicante aveva affermato la esistenza di ulteriori elementi di prova che ne avrebbero confermato la colpevolezza. La Corte d'Appello [pag. 33] ha dato atto, in modo succinto del contenuto della doglianza, ma alla stessa non ha dato una specifica risposta. Va d'altro canto osservato che al di là del suo fondamento la doglianza della difesa prende le mosse proprio dal contenuto della decisione di primo grado, totalmente ripresa in quella di appello, ove non risulta essere stata condotta alcuna indagine in ordine alla valutazione della credibilità intrinseca ed estrinseca del dichiarante e chiamante in correità L. né viene fatta alcuna valutazione della specifica e dimostrata convergenza delle prove documentali in relazione alla asserita responsabilità dell'imputato con riferimento al capo 4 della imputazione.
Con l'atto di appello la difesa del D.A. aveva formulato specifiche doglianze in relazione al capo 10 della rubrica della imputazione, lamentando la estrema laconicità della motivazione della decisione del Tribunale, riportandone il contenuto, formulando specifiche osservazioni critiche, con particolare riferimento alla sussistenza degli elementi costitutivi del delitto di ricettazione. La difesa, infatti [v. Pag. 5 dell'atto di appello] facendo riferimento a specifici atti processuali avanza fondate perplessità circa la sussistenza dell'illecito contestato e in particolare circa la prova di una sua riferibilità proprio al D.A. .
Dalla lettura della decisione qui impugnata si rileva che sul punto la Corte d'Appello non ha risposto.
Pertanto, sia per quanto attiene alle doglianze formulate con riferimento al capo 4 della imputazione, sia per quelle relative al capo 10, la sentenza presenza il vizio di carenza di motivazione riconducibile all'ipotesi prevista dall'art. 606 I^ comma lett. E) cpp.
La carenza riguarda aspetti essenziali della motivazione della sentenza oggetto di specifica e motivata doglianza. Per le suddette ragioni il ricorso è fondato a la sentenza va annullata limitatamente ai punti caratterizzati dal vizio evidenziato.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con riferimento ai reati contestati ai capi 4 e 10 dell'imputazione, con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Milano per nuovo giudizio sui predetti capi. Rigetta nel resto il ricorso.
16-07-2013 14:52
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