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Sentenza

Minaccia un carabiniere che, a causa di un sinistro,  stava provvedendo a fermare il traffico a monte della zona interessata, sollecitando la percorrenza di strade alternative, proseguendo il transito nonostante il divieto, abbattendo e danneggiando alcuni
Minaccia un carabiniere che, a causa di un sinistro, stava provvedendo a fermare il traffico a monte della zona interessata, sollecitando la percorrenza di strade alternative, proseguendo il transito nonostante il divieto, abbattendo e danneggiando alcuni "birilli" posti a delimitare il tratto precluso al traffico.
Cassazione penale  sez. VI   
Data:
    17/09/2013 ( ud. 17/09/2013 , dep.23/09/2013 ) 
Numero:
    39251

 

    Intestazione

                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                            SEZIONE SESTA PENALE                         
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. MILO       Nicola        -  Presidente   -                     
    Dott. CORTESE    Arturo        -  Consigliere  -                     
    Dott. LANZA      Luigi         -  Consigliere  -                     
    Dott. CITTERIO   Carlo    -  rel. Consigliere  -                     
    Dott. CAPOZZI    Angelo        -  Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
             R.A. N. IL (OMISSIS); 
    avverso  la  sentenza  n.  1993/2010  CORTE  APPELLO  di  LECCE,  del 
    16/11/2012; 
    visti gli atti, la sentenza e il ricorso; 
    udita  in  PUBBLICA  UDIENZA del 17/09/2013 la  relazione  fatta  dal 
    Consigliere Dott. CITTERIO CARLO; 
    Udito  il  Procuratore Generale in persona del  Dott.  VIOLA  Alfredo 
    Pompeo, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso; 
    Udito il difensore Avv. FASANO per l'accoglimento. 
                     


    Fatto
    CONSIDERATO IN FATTO

    1. Avverso la sentenza con cui la Corte d'appello di Lecce in data 16.11.2012 ha confermato la condanna deliberata il 20.5.2010 dal Tribunale di Lecce/Maglie, per il delitto di resistenza commesso il (OMISSIS), ricorre, a mezzo del difensore, R.A., con due motivi: violazione ed erronea applicazione degli artt. 337 e 15 c.p. e violazione della L. n. 689 del 1981, art. 53 e art. 597 c.p.p., con illogicità della motivazione s tale ultimo punto.

    Risulta dalla sentenza d'appello che R. aveva minacciato un sottufficiale dei carabinieri che, essendosi verificato un grave incidente stradale all'accertamento della cui dinamica erano impegnati appartenenti alla polizia di Stato, stava provvedendo a fermare il traffico a monte della zona interessata, sollecitando la percorrenza di strade alternative a tutela dell'attività di rilievo in corso e della sicurezza dei relativi operanti; successivamente l'imputato - secondo la difesa diretto verso la propria abitazione - aveva proseguito il transito nonostante il divieto, anche travolgendo e danneggiando alcuni "birilli" posti a delimitazione del tratto provvisoriamente precluso al traffico.

    2. Con il primo motivo il ricorrente, che ripropone la ricostruzione in fatto già prospettata al Giudice d'appello (la prossimità dell'abitazione, il contenuto non minaccioso bensì di mero dissenso delle frasi rivolte al militare, la mancanza di un ulteriore e specifico divieto a proseguire nel tratto precluso, l'assenza di impedimento al compimento di atti d'ufficio), deduce la mancanza dell'elemento oggettivo del reato e la configurabilità al più degli illeciti di cui all'art. 650 c.p., e art. 192 C.d.S., comma 1, da ritenersi unici configurabili nella fattispecie, in ragione dell'art. 15 c.p. e L. n. 689 del 1981, art. 9, (motivo questo che non risulta proposto al Giudice d'appello, secondo la sentenza e lo stesso ricorso, che non lamenta un'omessa risposta sul punto bensì pone direttamente il tema della qualificazione giuridica).

    Con il secondo motivo è dedotto che al fine di negare la richiesta sostituzione vi sarebbe stata una non consentita reformatio in peius dell'apprezzamento di gravità della condotta (con il rilievo negativo della sua persistenza), a fronte dell'apprezzamento di scarsa offensività soggettiva ed oggettiva che aveva sorretto la quantificazione della pena, da parte del Tribunale.
    Diritto
    RAGIONI DELLA DECISIONE

    3. Il ricorso va dichiarato inammissibile. Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma, equa al caso, di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.

    Il primo motivo è generico e diverso da quelli consentiti, laddove si risolve nella sollecitazione alla rivalutazione del fatto, quale apprezzato da entrambi i Giudici del merito in modo tra loro conforme, riproponendo le proprie tesi senza tuttavia confrontarsi puntualmente - e nei limiti dei soli vizi di motivazione rilevanti in questa sede ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. E, - con le argomentazioni della Corte d'appello. Questa ha spiegato innanzitutto che i contenuti delle frasi rivolte dall'imputato erano diversi da quelli dedotti nell'appello (e tuttora soli riproposti in ricorso, p. 5 e 6; lo stesso capo di imputazione evidenzia espressione di obiettiva minaccia ignorata dalle deduzioni del ricorrente) e, poi, che anche la successiva condotta del R. (concretizzatasi pure nel travolgere e parzialmente danneggiare i birilli che delimitavano la zona, costituendo evidente barriera attestante divieto alla prosecuzione della marcia) va ricondotta a violenza nei confronti dello svolgimento di attività d'ufficio (salvaguardare l'operato dei colleghi della polizia stradale intenti ai rilievi del sinistro mortale appena verificatosi, p. 7 e 9 sent.). Si tratta di apprezzamento articolato, con specifiche indicazioni di aspetti in fatto ignorati dal ricorrente, idoneo a sussumere la complessiva condotta nel contestato e ritenuto delitto di resistenza e, per ciò, anche sufficiente a rendere irrilevanti le tematiche sulla qualificazione giuridica prospettate solo nel ricorso che (ancorchè teoricamente esaminabili ai sensi dell'art. 609 c.p.p., comma 2) presupporrebbero fatto diverso da quello ricostruito e giudicato nei gradi di merito.

    Il secondo motivo è diverso da quelli consentiti e al tempo stesso manifestamente infondato.

    Nell'esercizio del proprio potere di autonomo apprezzamento del merito e al fine di decidere l'autonomo punto della decisione relativo alla sostituzione della pena detentiva, la Corte d'appello ha spiegato perchè non sussistevano le condizioni per accordarla (come del resto aveva fatto anche il primo Giudice, il cui apprezzamento pur il ricorrente richiama), evidenziando un aspetto specifico ed obiettivo della condotta (il perseverare nella propria condotta nonostante i ripetuti interventi dei militari nel peculiare contesto, p. 9).

    E proprio l'autonomia, all'interno del trattamento sanzionatorio, del punto della conversione della pena (rispetto a quello della quantificazione della pena principale secondo la pena edittale), rende insussistente alcuna illogicità manifesta, come pure ogni contraddittorietà, della motivazione, nell'aver valutato la peculiare modalità della condotta, consistita nella sua persistenza, idonea ad imporre il diniego, dopo il già mite trattamento sanzionatolo deliberato dal primo Giudice, dell'istituto di ulteriore particolare favore della sostituzione della pena.
    PQM
    P.Q.M.

    Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle ammende.

    Così deciso in Roma, il 17 settembre 2013.

    Depositato in Cancelleria il 23 settembre 2013
Avv. Antonino Sugamele

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