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Sentenza

Mancata esecuzione provvedimento del giudice.
Mancata esecuzione provvedimento del giudice.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 24 ottobre – 12 dicembre 2013, n. 50103
Presidente Lanza – Relatore Fidelbo

Ritenuto in fatto

1. Con la decisione in epigrafe la Corte d'appello di Bari, in parziale riforma della sentenza emessa il 2 dicembre 2011 dal Tribunale di Trani, ha confermato la responsabilità di S.S.D. in ordine al reato di cui all'art. 388 comma 1 c.p., mentre ha assolto la coimputata, M..C. , per non aver commesso il fatto.
Secondo la sentenza il S. , dopo avere ricevuto la notifica del precetto a seguito del decreto ingiuntivo emesso il 21 ottobre 2005 nei suoi confronti dalla società creditrice Merigel, avrebbe posto in essere una serie di atti simulati al fine di sottrarre i propri beni alla procedura esecutiva, consistiti nel trasferire fittiziamente la propria residenza da via (omissis) e poi in via (OMISSIS) , nonché nell'intestare fittiziamente a C.M. l'immobile di via Tolomeo.
2. L'avvocato Gennaro Cefola, nell'interesse dell'imputato, ha proposto ricorso per cassazione.
Con il primo motivo deduce l'erronea applicazione dell'art. 388 comma 1 c.p., assumendo la mancanza sia dell'elemento oggettivo, che di quello soggettivo del reato. Secondo il ricorrente non vi sarebbe stato alcun trasferimento fittizio dei beni e, soprattutto, non sarebbero stati sottratti in alcun modo all'adempimento degli obblighi civili: in particolare, si rappresenta che i trasferimenti di residenza non sono stati funzionali ad impedire l'esecuzione del provvedimento del giudice civile e del resto la parte creditrice avrebbe potuto procedere al pignoramento mobiliare sui beni presenti nell'abitazione di via Gramsci durante l'accesso del 4.1.2007 dal momento che i conduttori di quell'appartamento, C. e M. , dichiararono quali beni fossero di proprietà del S. . In altri termini, si assume che i trasferimenti di residenza non hanno impedito di procedere al pignoramento, sicché il reato in contestazione nemmeno è configurabile, tenuto conto che la norma incriminatrice esige che sia infruttuosa l'esecuzione.
Con il secondo motivo denuncia il vizio di motivazione e la violazione dell'art. 192 c.p.p., non avendo i giudici di merito dimostrato che l'imputato abbia intestato fittiziamente l'immobile alla C. , immobile di cui quest'ultima è proprietaria da tempo; peraltro, l'assoluzione della C. rende la sentenza intrinsecamente contraddittoria, fondandosi su meri elementi di sospetto.
3. Il difensore della costituita parte civile ha depositato una memoria con cui chiede dichiararsi l'inammissibilità del ricorso.

Considerato in diritto

4. Il ricorso è fondato.
4.1. Preliminarmente si osserva che i fatti contestati all'imputato sono precedenti alla modifica normativa del primo comma dell'art. 388 c.p. ad opera della legge 15 luglio 2009 n. 94 (art. 3), che ha modificato il presupposto del reato, sostituendo il richiamo alla "sentenza di condanna" con il riferimento al "provvedimento dell'autorità giudiziaria".
In relazione alla precedente formulazione dell'art. 388 comma 1 c.p. si è posto il problema se il decreto ingiuntivo non opposto possa rientrare tra i presupposti della fattispecie, dal momento che il riferimento alla sentenza di condanna sembra evocare la necessità di una decisione di merito pronunciata in base ad una piena cognitio, con esclusione del procedimento monitorio privo di tale caratteristica.
Il Collegio ritiene di aderire alla giurisprudenza prevalente, formatasi prima della novella del 2009, che ha dato un'interpretazione estensiva al dato normativo, precisando che la norma incriminatrice tutela non solo l'autorità della decisione giudiziaria, ma anche indirettamente l'azione esecutiva, che da essa deriva (Sez. VI, 23 novembre 2004, n. 49974, Gioda; Sez. VI, 22 maggio 2002, n. Cucco), per cui anche il decreto ingiuntivo non opposto può costituire il presupposto del reato in questione, proprio in virtù della sua idoneità ad essere messo in esecuzione.
4.2. Il reato oggetto di contestazione richiede tre condizioni: 1) esistenza di un obbligo accertato o in corso di accertamento; 2) atti simulati o fraudolenti sui beni, 3) inottemperanza all'ingiunzione di eseguire il provvedimento del giudice.
Nella specie, la condotta "fraudolenta" sarebbe costituita, oltre che dalla intestazione di un immobile a C.M. , dal fittizio trasferimento della residenza da parte dell'imputato al fine di impedire il pignoramento dei beni di sua proprietà.
Per quanto riguarda la prima delle condotte indicate, la sentenza ritiene dimostrata l'intestazione fittizia dell'immobile esclusivamente in base alla "intestazione sul citofono" e al "pagamento degli oneri condominiali", circostanze queste che, evidentemente, possono essere considerate meri indizi, ma che non possono assurgere, da sole, a provare l'avvenuta ed effettiva intestazione fittizia, idonea cioè a pregiudicare l'esecuzione del provvedimento giudiziario. Su questo punto la motivazione appare carente.
Peraltro, la stessa insufficienza motivazionale si riscontra in relazione alle altre condotte contestate, in quanto i giudici hanno omesso ogni considerazione in ordine al fatto - di cui da conto la stessa sentenza - che non vi sarebbe stata alcuna inottemperanza ad eseguire il decreto ingiuntivo, dal momento che nell'accesso del 4.1.2007 sarebbe stato possibile il pignoramento da parte del creditore procedente avendo i conduttori dell'immobile di via XXXXXXX dichiarato quali fossero i beni di proprietà dell'imputato. Circostanza questa che appare rilevante, soprattutto se si tiene conto che successivamente, secondo quanto assume la difesa, nello stesso appartamento il creditore ha eseguito regolarmente il pignoramento mobiliare sui beni del S. . In questo caso la sentenza non chiarisce la effettiva portata delle condotte fraudolente poste in essere dall'imputato, non risultando dimostrata la concreta capacità dei mutamenti di residenza di impedire la esecuzione del provvedimento giudiziale.
5. In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Bari per un nuovo giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'appello di Bari.
Avv. Antonino Sugamele

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