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Sentenza

Legittimo impedimento del difensore: deve essere comunicato prontamente.
Legittimo impedimento del difensore: deve essere comunicato prontamente.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 4 – 17 aprile 2013, n. 17595
Presidente Garribba – Relatore Citterio

Ragioni della decisione

1. C..R. e A..T. erano imputati di concorso nel reato ex art. 609 octies c.p., in danno di ragazza minorenne. L.P. (parente dei primi due), F.A. e C.R. (rispettivamente madre e fidanzato all'epoca della ragazza) erano imputati di concorso in favoreggiamento personale per aver indotto la ragazza a ritirare la denuncia per violenza sessuale e a non riconoscere nell'incidente probatorio del (omissis) i primi due quali autori dell'abuso sessuale in suo danno.
Tutti erano stati condannati dal Tribunale di Palmi il 26.6.2007, con le pertinenti statuizioni di giustizia.
Con sentenza deliberata il 31.1.2012 (dep. 13.3.2012) la Corte d'appello di Reggio Calabria (ritenuta l'inutilizzabilità di talune delle prove su cui si era basata la prima decisione) assolveva R. e T. per non aver commesso il fatto; confermava la responsabilità di L. , F. e C. , agli ultimi due riconoscendo le attenuanti generiche e riducendo la pena, con la sospensione condizionali per la F. .
2. Tre i ricorsi.
3.1 e 3.2 A..F. e R..C. , a mezzo del comune difensore avv. Borgese, in unico atto enunciano "violazione dell'art. 606 lett. E c.p.p." in relazione all'art. 62 c.p.p., con "vizio della motivazione, illogicità manifesta, omissione della motivazione". Quindi, i ricorrenti deducono che avrebbe dovuto essere ammessa la relazione di servizio (omissis) dalla quale sarebbero emersi comportamenti degli imputati, di “protesta durissima” verso gli autori della violenza, incompatibili con alcuna volontà di favorirli, e che la Corte distrettuale avrebbe “sorvolato” sull'essenziale dato della querela presentata da C. il (omissis), avente ad oggetto denuncia di intimidazioni e minacce rivolte a sé ed alla ragazza. Per contro, per la configurazione del favoreggiamento non avrebbero dovuto aver rilievo i dati argomentati dalla Corte distrettuale, relativamente agli incontri a casa della ragazza e alla conversazione avente ad oggetto la ricezione di un motorino (senza la quale la stessa non avrebbe parlato con il giudice), non essendo stata argomentata dalla Corte d'appello la possibilità alternativa che si trattasse di "una specie di pacificazione e di tutela per l'avvenire". In ogni caso, l'assoluzione degli imputati di violenza avrebbe dovuto portare all'assoluzione anche degli imputati di favoreggiamento in loro favore.
3.3 I ricorsi di F. e C. sono infondati.
A fronte di un'articolata motivazione del Giudice d'appello, che conferma sul capo l'apprezzamento del primo Giudice, i ricorrenti prima richiamano la violazione di una norma, l'art. 62 c.p.p., senza poi far seguire alcuna specifica deduzione; successivamente ripropongono un tema (il valore probatorio della querela presentata dal C. ) già oggetto di risposta del Giudice d'appello sorretta da specifica motivazione (p. 8 e 9). L'ulteriore doglianza, relativa alla mancata acquisizione di una relazione di servizio, è svolta in termini sostanzialmente generici, quanto a modalità e tempi della richiesta, al contenuto della relazione, all'irripetibilità del suo contenuto ed all'impossibilità di introdurre per prova orale (nei due gradi di rito dibattimentale svoltosi nella pienezza del contraddittorio) il contenuto probatorio ritenuto utile per la parte.
4. Due i motivi enunciati da Pietro L. , a mezzo del difensore:
- 1. mancanza o manifesta illogicità della motivazione in relazione al reato di favoreggiamento. In realtà le deduzioni a sostegno del motivo si aprono poi con tre rilievi in rito non enunciati:
- dagli stessi calcoli indicati dalla Corte distrettuale in sentenza il reato di favoreggiamento ascritto al L. si sarebbe prescritto dopo la deliberazione della sentenza d'appello e prima del deposito del ricorso;
- erronea sarebbe stata la conferma della limitata acquisizione delle relazioni di servizio quanto alle parti irripetibili, nei termini già disposti dal Tribunale;
- altrettanto erronea sarebbe stata la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale, operata dal Tribunale all'udienza del 23.1.2007 a seguito di mutamento del collegio giudicante, per la non consentita applicazione dell'art. 190 bis c.p.p. al reato di favoreggiamento (ma anche 609 octies c.p.).
Quanto invece alle deduzioni pertinenti al motivo come in concreto enunciato, il ricorrente afferma che dagli atti non emergerebbero né dazioni di denaro da parte sua o del padre, né minacce alla ragazza ed alla sua famiglia; in ordine alle conversazioni intercettate, le stesse comproverebbero solo ripetute chiamate della ragazza al L. , così dovendosi escludere ogni pressione da parte del ricorrente.
Il ricorrente poi afferma essere comunque applicabile nel caso di specie l'esimente dell'art. 384 c.p., avendo - par di comprendere, perché le deduzioni svolgono il tema del rapporto tra gli artt. 378 e 384 c.p. in termini astratti - necessità di salvaguardare la propria persona e/o quella del T. , "non potendo essere sottaciuto il legame che lega L. presunto favoreggiatore T. ";
- "mancato buon uso della prova indiziaria" ex art. 192 c.p.p.: il ricorrente svolge sul punto deduzioni relative ai criteri astratti di corretta applicazione della norma, anche in relazione all'art. 530 c.p.p..
4.1 Va preliminarmente ribadita la ragione che ha imposto la reiezione dell'istanza di rinvio dell'odierna udienza, proposta dall'avv. Michele Gullo, difensore di L. .
Il difensore ha proposto in data 27 marzo la richiesta di differimento dell'udienza odierna (4 aprile) evidenziando contemporanei impegni professionali presso l'autorità giudiziaria di Palmi, sorti in data precedente la ricezione dell'avviso di fissazione dell'odierna udienza avanti questa Corte suprema. Ma tale avviso risulta notificato all'avv. Gullo già in data 14.2.2013 (fg. 21), sicché la comunicazione dell'impedimento risulta oggettivamente del tutto "non pronta".
L'art. 420 ter c.p.p., che trova applicazione anche nei gradi successivi del processo (ex artt. 484.2 bis, 598, 614.1 c.p.p.), distingue nettamente le posizioni dell'imputato e del difensore, quanto all'impedimento a comparire.
Mentre per l'imputato ad imporre il rinvio è sufficiente che sussista un'assoluta impossibilità a comparire (determinata da caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento: comma 1), per il difensore l'assoluta impossibilità a comparire è condizione necessaria ma non sufficiente ad imporre il rinvio: occorre infatti che l'impedimento (sempre con quelle caratteristiche di assolutezza e non superabilità) sia anche "prontamente comunicato". Che la "pronta comunicazione" dell'impedimento sia condizione imprescindibile si evince con chiarezza inequivoca dall'uso del termine "purché" (comma 5).
Sul punto dell'individuazione del momento in cui tale comunicazione va eseguita non vi è incertezza: la giurisprudenza di questa Corte ha già precisato che la tempestività della comunicazione va apprezzata con riferimento al momento in cui il difensore ha avuto cognizione dell'impedimento (per tutte: Sez.6, sent. 16054/2009', Sez.2, sent. 20693/2010). Quando pertanto il legittimo impedimento professionale che si intende far valere per ottenere il rinvio dell'udienza è costituito, come nella fattispecie, da impegni professionali precedenti (ma non preesistenti al momento dell'accettazione dell'incarico: Sez.5, sent. 174/2006; Sez.2, sent. 25754/2008), è "prontamente comunicata" solo la richiesta che sia formulata in momento immediatamente prossimo alla data di ricezione della notificazione dell'avviso di fissazione dell'incombente cui l'avviso stesso è finalizzato e la cui esecuzione si intende far rinviare.
Né tale disciplina si presta ad alcuna censura di manifesta irrazionalità: essa, invece, costituisce scelta ponderata del legislatore che individua il punto di equilibrio tra due esigenze entrambe meritevoli di tutela, anche alla luce dei principi costituzionali. Da un lato vi è il diritto della parte di farsi concretamente assistere, nel singolo incombente, dal difensore tecnico immanente al procedimento (di fiducia o d'ufficio che sia); dall'altro vi è l'interesse all'efficiente amministrazione della Giustizia (che pretende, tra l'altro, che lo sforzo organizzativo di trattazione dei procedimenti non sia frustrato dall'impossibilità di utilizzare al meglio i tempi e le disponibilità di udienza, in un contesto oltretutto di generalizzate rilevantissime pendenze e alla luce dell'immanente principio della ragionevole durata dei processi tutti). Ben si comprende, allora, come la condizione indefettibile della pronta comunicazione dell'impedimento consenta alla struttura giudiziaria (che a sua volta operi con attenzione alla massimizzazione dell'efficacia dei tempi destinati alle udienze) di evitare meri “buchi” nei ruoli, attraverso l'anticipazione o la posticipazione tempestiva del processo per la cui trattazione è chiesto il differimento e la fissazione, ove possibile, di altro procedimento in sua vece.
Né, giova la precisazione, la previsione di tale condizione di legittimità della richiesta di rinvio proveniente dal difensore può in alcun modo essere tacciata di costrizione del diritto di difesa: si tratta, infatti, di limitazione che incide solo sulla diligenza dell'esercizio professionale del diritto di difesa e non su quest'ultimo in sé, il cui concreto esercizio rimane assegnato alla piena discrezionalità degli interessati.
Va pertanto ribadito il principio di diritto per cui il rinvio dell'udienza per legittimo assoluto impedimento del difensore per precedenti impegni professionali è subordinato anche alla pronta comunicazione dello stesso, sicché la richiesta di differimento deve essere formulata in momento immediatamente prossimo alla data di ricezione della notificazione dell'avviso di fissazione dell'udienza di cui è chiesto il rinvio.
Nel caso di specie, assolutamente evidente è la tardività della richiesta (27 marzo rispetto al 14 febbraio: si noti, concretizzando le argomentazioni prima svolte sull'assoluta razionalità della disciplina ex art. 420 ter 5 c.p.p., che di assoluta evidenza è, nella fattispecie, l'essere stato il ritardo nella presentazione della richiesta ragione di vanificazione di ogni possibilità di disporre diversamente in modo utile del ruolo di udienza).
4.2 Il ricorso è infondato.
Delle prime tre deduzioni (quelle contenute nel testo ma non enunciate nell'epigrafe), la prima (relativa alla sopravvenuta prescrizione) per sé non è critica alla decisione impugnata e quindi ancorché, come si vedrà, fondata, non è censura che renda autonomamente ammissibile il ricorso); la seconda e la terza sono svolte in termini sostanzialmente generici e con inosservanza dell'onere di autosufficienza del ricorso.
Il primo motivo è infondato perché la Corte d'appello ha argomentato in modo puntuale sull'interpretazione del contenuto articolato e complessivo delle conversazioni, con attenzione alla successione dei tempi e dei vari contatti. La deduzione sull'art. 384 c.p. è tardiva e comunque sorretta da deduzioni generiche.
Il secondo motivo è infondato, e ai limiti della stessa inammissibilità, laddove svolge critiche in ordine alla concreta applicazione dell'art. 192 c.p.p. tuttavia prevalentemente di natura sistematica-teorica.
5. Infondati ma comunque ammissibili i ricorsi, la prescrizione del reato di favoreggiamento per cui si procede, intervenuta dopo la deliberazione della sentenza d'appello (e “annunciata” già, in questi termini, nella stessa decisione impugnata), ne impone l'annullamento senza rinvio, per l'improcedibilità sopravvenuta dell'azione penale, conseguente l'estinzione del delitto per tale causa.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per prescrizione.
Avv. Antonino Sugamele

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