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Sentenza

La mancata immediata verbalizzazione delle dichiarazioni della minore oggetto di molestie sessuali non determina nullità o inutilizzabilità.
La mancata immediata verbalizzazione delle dichiarazioni della minore oggetto di molestie sessuali non determina nullità o inutilizzabilità.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 13 novembre 2012 – 8 aprile 2013, n. 15930
Presidente Bardovagni – Relatore Caiazzo

Rilevato in fatto

Con sentenza in data 4.4.2011 la Corte d'appello di Firenze ha confermato la sentenza del GUP del Tribunale di Livorno in data 25.11.2010 con la quale C.F.M. , in sede di rito abbreviato, è stato condannato alla pena (sospesa condizionalmente) di mesi tre di arresto per il reato di cui all'art. 660 c.p. per aver, a partire dal (…) e fino al (omissis) , e anche successivamente, molestato la minore E..D.F. (nata il (omissis) ) pedinandola e avvicinandola più volte per strada o in autobus, fissandola lungamente con lo sguardo, riprendendola con il telefonino e pronunciando parole seduttive (sono innamorato di te).
La Corte d'appello riteneva, innanzi tutto, dotato di piena valenza probatoria l'esame della parte lesa, avvenuto alla presenza di una psicologa, dr.ssa E..M. , e confermato davanti alla Polizia giudiziaria.
Riteneva le dichiarazioni rese da E..D.F. pienamente attendibili, sia perché ritenute tali dalla predetta psicologa, che aveva riscontrato segni psicologici inequivocabili delle molestie subite dalla minore, sia perché le dichiarazioni in questione risultavano coerenti, costanti nel tempo e descrittive di meri atteggiamenti ossessivi dell'imputato che mai erano sfociati in forme violente.
Le suddette dichiarazioni erano state confermate dai numerosi testi escussi, alcuni dei quali avevano assistito ad atteggiamenti molesti tenuti dall'imputato, e in particolare la Corte di merito si riferiva alle dichiarazioni rese da Ma..Ci. , madre della parte lesa; S.V. e P.A. , amiche della parte lesa; Lavoratori Manda, operatrice scolastica.
A giudizio della Corte non avevano valore scagionante né le dichiarazioni del figlio dell'imputato, relative alla non disponibilità da parte del padre nel (omissis) di un cellulare con fotocamera, né gli esiti della perquisizione domiciliare, durante la quale, peraltro, la moglie dell'imputato aveva detto "questa volta basta, ne hai fatte tante, ma con questa basta, e poi dilla la verità".
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore, che ne ha chiesto l'annullamento, con un primo motivo, perché la decisione si era fondata sulle dichiarazioni della parte lesa, dichiarazioni però che non potevano essere utilizzate, essendo state raccolte con modalità che, oltre a non assicurarne l'affidabilità, non rispettavano il dettato costituzionale.
La D.F. era stata sentita una prima volta dalla Polizia giudiziaria alla presenza della consulente nominata dal Pubblico Ministero, e in questa occasione le dichiarazioni rese non erano state registrate, per mancanza della strumentazione necessaria, né era stato redatto un verbale, al dichiarato scopo di mettere a proprio agio la minore e rendere più scorrevole il racconto dei fatti.
Il verbale era stato redatto in una seconda occasione (in data 10.6.2008), in assenza del consulente, e neppure in questa occasione si era proceduto alla video o fono registrazione, dando solo atto nella comunicazione della notizia di reato che la minore aveva ripetuto quanto aveva narrato alla presenza del consulente.
Tali modalità di acquisizione erano in contrasto con la Carta di Noto, secondo la quale si deve ricorrere, in caso di dichiarazioni rese da minori, alla videoregistrazione o quanto meno all'audioregistrazione in ogni caso possibile. L'escussione della parte lesa era avvenuta anche in violazione dei principi contenuti negli artt. 24, 111 e 117 della Carta Costituzionale, poiché la mancata verbalizzazione delle domande non consentiva un controllo sul come le stesse erano state poste; la presenza del difensore sarebbe stata necessaria per una attendibile formazione della prova; la violazione del principio del contraddittorio sussisteva, nel caso di specie, a prescindere dalla scelta del rito, poiché era coinvolto il diritto al contraddittorio sulla fonte di prova, essendo poi di fatto impossibile, perché compromesso, un esame del minore; le suddette modalità di audizione del minore si ponevano in contrasto con decisioni della Corti Europee che in numerose pronunce avevano sancito che il Pubblico Ministero doveva rendere controllabile con mezzi tecnici appropriati il percorso investigativo compiuto e che non poteva una sentenza fondarsi in maniera decisiva sulla deposizione resa da una persona che l'imputato non aveva potuto fare interrogare né nel dibattimento né nel corso delle indagini. Nel caso in cui non fosse accolta l'eccezione di inutilizzabilità delle dichiarazioni della parte lesa, il ricorrente ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 359, 360 c.p.p. anche in relazione all'art. 392 c.p.p. nella parte in cui non è previsto l'obbligo per il pubblico ministero di procedere all'audizione registrata del minore vittima di reato.
Con un secondo motivo ha dedotto l'omessa valutazione della consulenza tecnica della difesa, diretta a smentire l'attendibilità dei risultati della consulenza tecnica disposta dal Pubblico Ministero, facendo rilevare in particolare che era stato effettuato un solo colloquio con la minore; che la stessa non era stata sottoposta ad alcun test psicodiagnostico; che non vi era alcuna validazione scientifica delle dichiarazioni rese dalla minore; che non era stata svolta alcuna indagine sulla personalità dell'indagato. Con un terzo motivo è stato denunciato il travisamento della prova in relazione alle dichiarazioni rese da Ci.Ma. , S.V. e P.A. .

Considerato in diritto

I motivi di ricorso sono infondati.
Con un primo motivo il ricorrente sostiene che le dichiarazioni rese dalla minore E..D.F. sarebbero inutilizzabili, perché assunte senza le garanzie indicate dalla Carta di Noto, secondo la quale si deve ricorrere, in caso di dichiarazioni rese da minori, alla videoregistrazione o quanto meno all'audioregistrazione in ogni caso possibile.
Anche trascurando il fatto, ammesso dallo stesso ricorrente, che nel caso in esame non si è proceduto alla registrazione delle dichiarazioni della suddetta minore per mancanza della strumentazione tecnica necessaria, la costante giurisprudenza di questa Corte ha stabilito che le raccomandazioni contenute nelle Linee Guida Nazionali per l'ascolto del minore del 2010 ed in quelle della così detta Carta di Noto e della Società Italiana di Neuropsichiatria dell'Infanzia e della Adolescenza sono prive di efficacia precettiva.
In particolare, è stato affermato che non determina nullità o inutilizzabilità l'inosservanza dei criteri dettati dalla cosiddetta "Carta di Noto" nella conduzione dell'esame dei minori persone offese di reati di natura sessuale, e non è neanche, di per sé, ragione di inattendibilità delle dichiarazioni raccolte, pur quando l'esame sia condotto dal consulente o dal perito in sede di consulenza o perizia (V. Sez. 3 sentenza n. 15157 del 16.12.2010, Rv. 249898); è stato inoltre affermato che i principi posti, in tema di esame testimoniale dei minorenni parti offese nei reati di natura sessuale, dalla cosiddetta "Carta di Noto", lungi dall'avere valore normativo, si risolvono in meri suggerimenti diretti a garantire l'attendibilità delle dichiarazioni del minore e la protezione psicologica dello stesso, come illustrato nelle premesse della Carta medesima (V. Sez. 3 sentenza n. 20568 del 10.4.2008, Rv. 239879).
Il ricorrente lamenta anche il mancato rispetto di principi costituzionali, poiché l'audizione della minore era avvenuta senza la partecipazione della difesa e in violazione del principio del contraddittorio.
Il Pubblico Ministero, al fine di assumere le sue determinazioni sulla fondatezza della notitia crininis, aveva il potere di delegare l'interrogatorio della minore alla Polizia Giudiziaria, senza la presenza del difensore dell'indagato, e risulta anche dal ricorso che l'interrogatorio è avvenuto con particolari accorgimenti idonei a mettere a suo agio la minore, che è stata interrogata una prima volta da una psicologa, senza alcuna verbalizzazione, e poi in altra occasione le sue risposte erano state verbalizzate, dando atto della coincidenza con quanto precedentemente dichiarato alla psicologa.
Il giudizio abbreviato può essere scelto esclusivamente dall'imputato, il quale ritiene di potersi difendere allo stato degli atti ovvero solo nel caso in cui venga accolta dal giudice la richiesta integrazione probatoria.
L'imputato, per quanto risulta a questa Corte, non ha chiesto né un incidente probatorio né ha avanzato una richiesta di giudizio abbreviato condizionato all'interrogatorio della minore, interrogatorio che necessariamente si sarebbe svolto alla presenza del difensore.
Essendo stato frutto di una sua libera scelta difensiva chiedere il giudizio abbreviato allo stato degli atti, non ha alcun fondamento la lamentata lesione dei diritti della difesa e del principio del contraddittorio, e risulta manifestamente infondata e irrilevante nel presente processo la sollevata questione di costituzionalità, per la mancata previsione dell'obbligo per il pubblico ministero di procedere all'audizione registrata del minore vittima di reato, sia perché la minore è stata sentita con accorgimenti idonei a garantirne la spontaneità, sia perché risulta che nel caso in esame non si è proceduto alla registrazione delle dichiarazioni della minore solo perché mancavano gli strumenti tecnici.
È infondato anche il secondo motivo con il quale è stata denunciata l'omessa valutazione da parte del giudice di secondo grado della consulenza tecnica della difesa, poiché la Corte di merito, approfondendo in modo attento e accurato l'attendibilità delle dichiarazioni della minore, ha implicitamente respinto le questioni soltanto metodologiche sollevate dalla consulenza di parte che, per quanto risulta dal ricorso, non ha indicato alcuno specifico motivo per il quale la minore doveva essere ritenuta non attendibile.
Con il terzo motivo non sono state denunciate, in realtà, travisamenti delle prove, ma solo diverse interpretazioni delle stesse, rispetto a quelle date dai giudici di merito, diverse interpretazioni che non possono essere prese in considerazione in sede di legittimità.
Si deve anche aggiungere che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nell'ambito dei motivi di ricorso per cassazione, il vizio di travisamento della prova, introdotto con la novella dell'art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen. ad opera della L. n. 46 del 2006 e consistente nell'utilizzazione, ai fini della decisione, di un'informazione ritenuta decisiva e che invero non esiste agli atti del processo, o nell'omissione della valutazione di una prova parimenti decisiva, può essere fatto valere nel caso in cui l'impugnata decisione abbia riformato la sentenza di primo grado, perché in caso di cosiddetta doppia conforme il limite del "devolutum" non può essere valicato, salva l'ipotesi in cui il giudice dell'impugnazione, per superare le critiche mosse al provvedimento di primo grado, abbia individuato atti a contenuto probatorio mai prima presi in esame (V. Sez. 2 sentenza n. 318 del 21.12.2006, Rv. 235690). Pertanto, i motivi di ricorso devono essere rigettati, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Avv. Antonino Sugamele

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