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Sentenza

La confisca facoltativa è la misura di sicurezza patrimoniale applicabile ai beni che costituiscano prodotto o profitto dell’attività delittuosa.
La confisca facoltativa è la misura di sicurezza patrimoniale applicabile ai beni che costituiscano prodotto o profitto dell’attività delittuosa.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 31 gennaio - 10 maggio 2013, n. 20191
Presidente Bardovagni – Relatore Bonito

Ritenuto in fatto e considerato in diritto

1. Con sentenza del 19 luglio 2002 il Tribunale di Genova, chiamato a giudicare M.C. e F.A. , imputati, in concorso con altri, del reato di cui agli artt. 416 c.p. e 4 L. 13.12.1989 n. 401 per aver fatto parte di una associazione diretta all'esercizio abusivo e clandestino del gioco del lotto e del totocalcio ed il solo M. del delitto di cui agli artt. 110 c.p. e 4 L. 13.12.1989 n. 401 per avere, in concorso con altri, esercitato abusivamente l'organizzazione del gioco del lotto e dei pronostici calcistici, entrambe le condotte aggravate ai sensi dell'art. 7 d.l. 152/1991, in Genova dal 1989, condannava il M. alla pena di anni cinque e mesi sei di reclusione, assolvendo nel contempo, con formula piena, la F. . Con la stessa sentenza il Tribunale ordinava la confisca dell'immobile abitativo in uso ai coniugi predetti.
In riforma di detta sentenza la Corte di appello di Genova, esaminati gli appelli proposti dal M. e dal P.M. e dal P.G., inaspriva la pena a carico del M. , per il quale escludeva le attenuanti generiche, ed applicava a carico della F. la misura di sicurezza della libertà vigilata, peraltro sospendendogliela condizionatamente.
Pronunciando su tale ultima decisione la Corte di cassazione, prima sezione penale, annullava con rinvio la sentenza impugnata nei confronti sia del M. che della F. limitatamente alla confisca dell'immobile sito in (omissis) e, quanto al M. anche in ordine alla sussistenza dell'aggravante di cui all'art. 7 d.l. 152/1991.
La Corte distrettuale genovese, quale giudice di rinvio, con sentenza del 24.10.2008, escludeva l'aggravante detta, riducendo per questo la pena inflitta al M. , e confermava la confisca immobiliare a carico del M. e della F. , i quali ricorrevano nuovamente per cassazione e questa Corte, sez. V, annullava nuovamente la pronuncia di merito, questa volta senza rinvio relativamente al reato di cui all'art. 4 l. 401/1989, per il quale eliminava la pena relativa, e con rinvio per nuovo esame in riferimento alla confisca, in relazione alla quale rilevava la patente illogicità dell'argomentazione articolata per individuare il valore economico coperto dall'impegno finanziario degli acquirenti, per poi dedurre da esso, valore economico, l'utilizzo nell'acquisto di denaro di illecita provenienza in considerazione della capacità reddituale dei medesimi.
2. Nuovamente investita nei termini precisati, la corte genovese, con la sentenza oggetto del presente, nuovo scrutinio di legittimità, in data 15 dicembre 2011, confermava nuovamente la confisca disposta con la sentenza del tribunale del 19.7.2002 con condanna degli appellanti al pagamento delle spese processuali. A sostegno della decisione la corte territoriale, dopo aver opportunamente precisato che oggetto del giudizio rimesso dal giudice di legittimità è la confisca facoltativa dell'abitazione dei coniugi M. - F. posta in Genova, che la misura di sicurezza patrimoniale è applicabile anche in relazione ai beni che costituiscano prodotto o profitto dell'attività delittuosa giudicata, che difensivamente è stata sostenuta l'acquisizione della liquidità necessaria per l'acquisto del bene da altri acquisti e successive vendite di precedenti immobili abitativi (quelli di via ... e di via ...); che, in particolare, quest'ultimo è stato venduto per un importo di 650.000.000 di lire, mentre quattro giorni dopo è stato acquistato il bene confiscato per un valore dichiarato di lire 875.000.000, pagato sia con l'introito della precedente vendita, sia con un mutuo di 500.000.000 di lire; che in realtà il valore del bene è stato fissato dal perito per questo nominato dal giudice territoriale in lire 1.125.000.000, che da tali accertamenti e dalla documentazione offerta dagli imputati emerge l'infondatezza della tesi difensiva secondo cui sarebbero pienamente legittime le somme utilizzate per l'acquisto del bene confiscato; che gli imputati non hanno mai svolto attività lavorativa lecita, ma solo e soltanto quella per la quale ha subito condanna il M. ; che i medesimi hanno vissuto per anni mantenendosi e mantenendo il bene confiscato; che tutto ciò rende palese, infine, la differenza tra quanto introitato con le vendite immobiliari, lire 650.000.000, quanto introitato attraverso il mutuo fondiario, lire 500.000.000, e quanto versato in realtà sia per l'acquisto, 1.125.000.000, sia per transigere l'interruzione nel pagamento delle rate di mutuo (225.000.00 Euro), sia per vivere e mantenere la proprietà immobiliare.
Su tali premesse ha infine la corte di merito concluso, come già innanzi anticipato, in ordine alla piena legittimità della confisca disposta dal giudice di prime cure, la quale è stata per questo confermata.
3. Ricorrono per cassazione avverso detta decisione i coniugi M. - F. con distinti ricorsi dei comuni difensori di fiducia.
3.1 Col primo ricorso l'avv. Gaito denuncia violazione di legge e difetto di motivazione osservando che il prezzo di vendita del precedente immobile di via XXXX (650.000.000 di lire) unitamente al mutuo ottenuto per l'acquisto successivo (500.000.000 di lire) denaro di sicura lecita provenienza, comportano una somma superiore a quella ritenuta necessaria dallo stesso perito per l'acquisto, il 26.7.1999, del bene confiscato (1.125.000.000). Argomenta altresì la difesa ricorrente che la stessa sentenza impugnata rileva l'assoluta mancanza di prove in ordine alla provenienza illecita del denaro investito nell'acquisto del bene quanto alla parte ritenuta "scoperta", pari a 475.000.000 di lire, in relazione alla quale non considera l'importo del mutuo, dato questo che impedisce di individuare il presupposto legittimante della confisca facoltativa. Evidenzia infine la difesa istante il silenzio motivazionale sulla componente sicuramente lecita del denaro versato e che la confisca ha colpito un bene nella esclusiva proprietà della F. .
3.2 Col secondo ricorso l'avv. Stefano Sambugaro denuncia illogicità della motivazione anche perché non applicati dal giudice di rinvio i principi di diritto indicati dalla sentenza di annullamento, in particolare argomentando:
- il dato fondante della motivazione impugnata è che in ogni caso, sia che il prezzo pagato per il bene confiscato sia stato di 1.125.000.000 di lire che di 875.000.000 di lire, il pagamento è stato reso possibile grazie ai proventi che i coniugi avrebbero incamerato attraverso l'attività delittuosa in precedenza svolta;
- eppure la stessa corte di merito riconosce che almeno in parte ciò non è vero, e questo rende immotivata una eventuale possibilità di una confisca pro quota ed illegittima la confisca dell'intero, tenuto conto, altresì, che l'immobile è di proprietà della sola F. ;
- per la corte di merito di illecita provenienza sono gli introiti per la vendita della casa di via XXXX del 1999 e quelli rinvenimenti dal mutuo contratto nello stesso anno per la somma di 500.000.000 di lire; non solo, di illecita provenienza sarebbero i ratei pagati fino al 2002 e la restituzione transattiva di Euro 255.000,00 avvenuta nel giugno del 2008, perché comunque tutto frutto dell'attività delittuosa svolta dalla coppia in precedenza;
- la corte di merito sostiene l'assunto con l'affermazione che dal
1989, epoca di costituzione dell'associazione malavitosa dedita al gioco clandestino del lotto e del totocalcio, fino al giugno del 2008, epoca in cui è cessata la permanenza della condotta, la coppia ha goduto dei proventi del delitto;
- l'affermazione è arbitraria e contro le risultanze processuali;
- la contestazione associativa, seppur aperta, non può durare all'infinito e comunque il 2008 non è indicato dagli atti di causa, giacché la sentenza della Cassazione richiamata dal giudice territoriale ha fissato alla pronuncia di prime cure il dies ad quem della permanenza del reato, eppertanto al 19.7.2002;
- tutto il ragionamento della corte genovese si fonda viceversa sul dato, errato, che la permanenza abbia avuto termine nel 2008;
- di qui l'incongruenza palese del ragionamento a base della motivazione impugnata;
- anche la ritenuta illiceità dei fondi utilizzati per il pagamento delle rate si appalesa immotivata, posto che il giudice territoriale ne ignora l'ammontare, la decorrenza iniziale, l'importo totale versato fino al 2002, se detto importo fu o meno coperto con le vendite del 1999 e con la somma mutuata ricevuta nel 1999;
- nel 1999 vennero confiscati beni e denaro, di guisa che tutto ciò che non fu confiscato godeva di una valutazione di liceità;
- anche sul saldo del 2008 nulla sa il giudice territoriale su modi e forme del versamento, né su quanto accaduto dopo il 2002 nella vita della coppia, posto che la mancanza di redditi del nucleo familiare si riferisce al 2002 e non agli anni successivi;
- anche in ordine alla valutazione del bene la corte territoriale svolge una motivazione illogica;
- la stima non ha tenuto conto di una serie di dati storici essenziali, lo stato dell'immobile al momento dell'acquisto, le migliorie apportate, il valore assegnato dalla banca mutuante al momento dell'erogazione delle somme mutuate, pari ad un miliardo di lire, circostanza che rende singolare la valutazione del perito, superiore a quella, certamente oculatissima, della banca, notoriamente ispirata a criteri di favore per essa.
4. Il ricorso è fondato.
Ritiene il Collegio che la Corte di merito abbia insufficientemente delibato ed a volte del tutto ignorato, per un verso, una serie di emergenze fattuali di oggettiva consistenza e, per altro verso, giuridicamente travisato i risultati processuali in grado, le une e gli altri, di inficiare irrimediabilmente la tenuta logica della motivazione impugnata.
Ed invero va in primo luogo segnalata l'incongruenza di svalutare la circostanza, in fatto, che la F. è la piena proprietaria formale del bene confiscato e la contraddittorietà di insistere dialetticamente sul dato, negato dal processo, che la stessa, si ribadisce proprietaria del bene, abbia vissuto di proventi delittuosi. È infatti incontrovertibile che la predetta F. è stata viceversa assolta da ogni addebito, dato quest'ultimo del quale si deve di necessità tener conto nel momento in cui si provvede sulla confisca del suo bene.
Del pari ricorre totale omissione motivazionale ed intrinseca contraddittorietà dell'argomentare di merito là dove il giudice a quo, dopo aver accertato la legittima provenienza di parte cospicua dei proventi familiari utilizzati per gli acquisti che hanno poi portati all'ultima compravendita del bene confiscato, non hanno preso in considerazione la possibilità, giuridicamente praticabile, di una confisca parziale in termini proporzionali limitata alla parte di liquidità in denaro investita nell'acquisto motivatamente e ragionevolmente ritenuta di sospetta provenienza. A tale ultimo proposito e cioè circa la ragionevole ricostruzione dei movimenti leciti ed illeciti di denaro eventualmente utilizzati per l'acquisto sotto osservazione giudiziaria, appare di palese evidenza che il giudici di merito hanno considerato un tempo di permanenza del reato disconosciuto dal processo, posto che l'attività illecita contestata all'imputato (alla quale i giudicanti hanno ritenuta estranea la F. , proprietaria dell'abitazione) si è protratta fino alla sentenza di prime cure, risalente al 2002, mentre l'argomentare della corte territoriale ai fini della decisione impugnata ha considerato una data clamorosamente inesatta, l'anno 2008, fino al quale i coniugi M. - F. avrebbero continuato a praticare scommesse clandestine che la moglie non ha mai praticato (né prima né dopo) e per le quali nessun giudice ha mai condannato lo stesso M. . Di qui, altresì, la piena legittimità della transazione che nel 2008 definì la creditoria bancaria per il mutuo, della quale, salva diversa argomentazione del giudice di merito, dovrà tenersi conto ai fini del presente giudizio.
Anche in relazione al valore dell'immobile confiscato al momento dell'acquisto la corte di merito non ha tenuto conto di circostanze di particolare significatività per le tesi difensive.
Il valore infatti assegnato al bene dalla banca mutuataria appare per la qualità di chi l'ha determinato (un istituto bancario investito di una iniziativa di cospicuo prestito) e per la funzione della valutazione (garanzia bancaria per la restituzione di importanti somme mutuate) certamente superiore a quello di mercato, e ciò sulla base di comuni regole di esperienza certissime ed innegabili. Di tanto anche dovrà tener conto il giudice di rinvio, non già per escludere il valore dell'accertamento peritale eseguito nel corso del giudizio, ma per tener conto delle credibili giustificazioni fornite dagli interessati circa l'aumento di valore del bene confiscato dopo l'acquisto, giustificazioni indicate negli interventi resisi necessari per l'ammodernamento ed il miglioramento abitativo dell'immobile.
5. Alla stregua delle esposte argomentazione si impone pertanto l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio al giudice territoriale affinché, in piena libertà di giudizio, rivaluti in quadro complessivo delle emergenze processuali alla luce delle considerazioni innanzi esposte.

P.T.M.

la Corte, annulla la sentenza impugna e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Genova.
Avv. Antonino Sugamele

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