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Sentenza

L'amante di una donna scompare. Accusato il fratello della donna l'alibi seppur non verificato dagli inquirenti è smentito dallo stesso indagato.
L'amante di una donna scompare. Accusato il fratello della donna l'alibi seppur non verificato dagli inquirenti è smentito dallo stesso indagato.
Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 22 aprile - 11 ottobre 2013, n. 42117
Presidente Giordano – Relatore Caiazzo

Rilevato in fatto

Con ordinanza in data 16.3.2012 il Tribunale del riesame di Reggio Calabria confermava l'ordinanza del GIP del Tribunale di Palmi in data 29.2.2012 con la quale era stata disposta la custodia cautelare in carcere di N.D. , in ordine ai seguenti delitti:
- a) artt. 110 e 575 c.p. perché cagionava la morte, in concorso con N.A. , di P.F. esplodendo colpi di arma da fuoco;
- b) detenzione e porto in luogo pubblico di un'arma comune da sparo;
- c) occultamento del cadavere di P.F. al fine di assicurarsi l'impunità;
reati commessi in (omissis) .
Preliminarmente il Tribunale respingeva l'eccezione di nullità dell'udienza di riesame per omessa trasmissione al Tribunale del DVD contenente la registrazione audio-video delle intercettazioni ambientali eseguite nei locali della caserma dei Carabinieri di Gioia Tauro.
Il Tribunale rilevava che tra il materiale trasmesso vi era anche il verbale di trascrizione delle intercettazioni ambientali effettuate in caserma e una copia del frontespizio del plico contenente il DVD; non risultava, invece, che il P.M. avesse trasmesso al GIP, con la richiesta di emissione di ordinanza cautelare, il suddetto supporto informatico, ovvero che il GIP l'avesse visionato ed utilizzato per emettere l'ordinanza cautelare.
La vicenda è stata ricostruita dal Tribunale, nei punti essenziali, nei seguenti termini.
N.S. , delusa dal rapporto matrimoniale con C.V. che lavorava a Como, aveva allacciato una relazione sentimentale con P.F. , nascondendo questa relazione alla sua famiglia, e in particolare a suo padre A. , persona violenta che mai le avrebbe consentito di separarsi da suo marito.
Il giorno del fatto N.S. aveva scelto come luogo d'incontro con il P. la di lei abitazione, ma la presenza del P. , che aveva lasciato la sua auto nei pressi della casa, non era sfuggita ai familiari della predetta.
Dopo essersi accertata che i suoi familiari si erano accorti della presenza del P. , con lo stesso aveva deciso che era preferibile che entrambi si allontanassero velocemente da quella casa, ognuno utilizzando la propria auto; la N. aveva portato con sé suo figlio di quattro anni, dopo essere andata a prenderlo all'asilo, temendo che la sua famiglia potesse sottrarglielo.
Uscendo di casa, si era accorta che suo padre, salito nella sua macchina, si era posto all'inseguimento dell'auto del P. .
Nel momento in cui stava per imboccare la strada per Rosarno, aveva visto parcheggiate parallelamente, una accanto all'altra, l'auto del padre e quella del P. ; i due si trovavano in mezzo alle suddette auto e stavano litigando; il padre, vedendola, le aveva fatto segno di fermarsi allargando le braccia, e in quel momento si era accorta che suo padre impugnava una pistola.
La N. non si era fermata e, poco dopo, aveva incrociato suo fratello D. che, a bordo della sua auto, stava andando in direzione del luogo in cui stavano litigando il P. e suo padre.
Aveva allora telefonato a suo marito, dicendogli cosa stesse succedendo, e lo stesso si era subito recato all'aeroporto per giungere nella stessa giornata in Calabria. Una ventina di minuti dopo aver visto il padre e il P. litigare, aveva tentato di mettersi in contatto con entrambi, ma i loro cellulari risultavano spenti. Aveva chiamato anche suo fratello D. , ma questi, benché avesse il cellulare acceso, non le aveva risposto. Nel pomeriggio dello stesso giorno si era recata nella Stazione dei Carabinieri di Marina di Gioiosa Jonica, dove aveva raccontato quanto era accaduto, manifestando timori per le sorti del P. .
I Carabinieri avevano iniziato subito le indagini, ma non erano riusciti a rintracciare -nemmeno nei giorni successivi - né P.F. e la sua auto né N.A. . Subito dopo la denuncia di N.S. , alla quale era stata assicurata una protezione, venivano convocate in caserma varie persone per essere interrogate, tra le quali R..N. (moglie di A..N. ) e C.V. (marito di S..N. ); in caserma si trovava anche N.D. (figlio di A. e fratello di S. ), il quale, interrogato, ha sostenuto di non essersi trovato nel luogo in cui la sorella sosteneva di averlo visto, non essendosi mai allontanato quel giorno dal suo luogo di lavoro.
Nell'attesa degli interrogatori delle suddette persone, il colloquio di N.S. con la madre e quello (svoltosi in altra stanza della caserma) di N.D. con il cognato venivano filmati e registrati.
Il Tribunale riteneva che fossero stati raccolti gravi indizi di colpevolezza a carico di N.D. in ordine ai reati ascrittigli, tenuto conto delle dichiarazioni rese dalla sorella S. , ritenuta pienamente attendibile; del contenuto del colloquio con C.V. intercettato in caserma, potendosi desumere dallo stesso che N.D. aveva commesso l'omicidio insieme al padre e che altri avevano poi aiutato N.A. a far sparire il cadavere; dell'alibi fornito, che risultava smentito da quanto credibilmente aveva dichiarato N.S. .
Avverso l'ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione, con atti separati, i difensori di N.D. , chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi.
L'avv. Armando Veneto ha riproposto l'eccezione di nullità dell'udienza del 16.3.2012, fissata per il riesame, per omessa trasmissione al Tribunale del supporto informatico contenente i colloqui intercettati nella caserma dei Carabinieri.
Secondo il ricorrente, non era stata trasmessa la fonte della prova - che è costituita dal DVD e non dalla trascrizione dei colloqui effettuata dalla Polizia giudiziaria - e quindi né il GIP né la difesa erano stati posti nelle condizioni di poter controllare l'interpretazione e la trascrizione dei colloqui intercettati.
A carico del ricorrente erano stati raccolti solo elementi congetturali, perché erano solo supposizioni di N.S. sia che il P. fosse stato ucciso, sia che N.D. fosse giunto sul posto ove il padre stava litigando con il P. .
Dal colloquio tra C.V. e l'indagato si poteva desumere, al più, che quest'ultimo avesse assistito ad un fatto al quale però non risultava che avesse anche partecipato.
Dalla motivazione dell'ordinanza impugnata non era neppure chiaro se il ricorrente sarebbe stato un concorrente morale nell'omicidio o anche un concorrente materiale.
L'avv. Nino Marazzita ha chiesto l'annullamento dell'ordinanza del Tribunale per illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Il racconto di N.S. era stato ritenuto ontologicamente attendibile, senza eseguire i dovuti accertamenti anche sulla credibilità intrinseca.
In particolare, non era stato adeguatamente spiegato il fatto che la predetta nella prima denuncia non avesse dichiarato che il padre, quando le aveva fatto segno di fermarsi, aveva in mano una pistola, omissione questa che non poteva spiegarsi con il suo stato di agitazione, tenuto conto dell'importanza della circostanza e del fatto che era stata in grado di riferire molti particolari assai meno importanti.
Inoltre, per ammissione della stessa denunciante, era solo una sua supposizione che l'indagato fosse diretto nel luogo in cui la denunciante poco prima aveva visto litigare N.A. con il P. .
L'indagato aveva sostenuto di essere rimasto quella mattina sempre sul posto di lavoro, e questa affermazione non era stata controllata interrogando le persone che avevano lavorato con lui. Neppure erano stati verificati i suoi spostamenti mediante l'analisi del tabulato telefonico relativo al cellulare di cui era in possesso.
Quanto al contenuto del colloquio intercettato in caserma tra l'indagato e il cognato, il Tribunale aveva omesso qualsivoglia considerazione motivazionale in merito alla trascrizione del colloquio effettuata dal consulente di parte.
Il fatto che in sede di perquisizione di locali nella disponibilità di N.A. fossero stati rinvenuti un caricatore e delle munizioni non poteva essere utilizzato contro il ricorrente, non essendovi alcuna prova che fosse a conoscenza della presenza dei suddetti oggetti.
Illogica, secondo il difensore, era anche la motivazione con la quale il Tribunale aveva ritenuto sussistenti le esigenze cautelari, non avendo considerato che il ricorrente non avrebbe potuto condizionare in alcun modo la sorella S. , in quanto la predetta viveva in una località protetta. Inoltre, non erano state indicate quali altre prove N.D. avrebbe potuto alterare. Carente era anche la motivazione con la quale il predetto era stato ritenuto pericoloso, e non erano state indicate le ragioni per le quali il Tribunale lo riteneva incapace di adeguarsi alle prescrizioni imposte con gli arresti domiciliari.

Considerato in diritto

I ricorsi sono infondati.
Quanto alla mancata trasmissione al Tribunale del riesame del supporto magnetico contenente la registrazione audio-video delle intercettazioni ambientali eseguite nei locali della caserma dei Carabinieri di Gioia Tauro, nei ricorsi non è stata contestata l'affermazione del Tribunale secondo la quale detto supporto non risultava essere stato trasmesso dal P.M. al GIP con la richiesta di disporre la custodia cautelare nei confronti di N.D. , e quindi, per il disposto dell'art. 309/5 c.p.p., non sussisteva alcun obbligo per il P.M. di trasmettere al Tribunale un DVD che non era stato trasmesso al GIP, né quest'ultimo avrebbe potuto trasmettere materiale che non aveva ricevuto in visione da parte del P.M.. Sotto altro aspetto, la difesa non ha in alcun modo dimostrato di avere chiesto al P.M. la copia del supporto magnetico in questione, e quindi non si è verificata alcuna lesione dei diritti della difesa in relazione a quanto stabilito dalle Sezioni Unite con sentenza n.20300 del 22.4.2010 (in tema di riesame, la richiesta del difensore volta ad accedere, prima del loro deposito ai sensi del quarto comma dell'art. 268 cod. proc. pen., alle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate e sommariamente trascritte dalla polizia giudiziaria nei c.d. brogliacci di ascolto, utilizzati ai fini dell'adozione di un'ordinanza di custodia cautelare, determina l'obbligo per il pubblico ministero di provvedere in tempo utile a consentire l'esercizio del diritto di difesa nel procedimento incidentale "de libertate"). Il Tribunale ha ritenuto che gravi indizi di responsabilità a carico di N.D. si dovessero desumere dalla deposizione di N.S. ; dal fatto che il ricorrente si fosse recato nel luogo in cui P.F. era stato bloccato dal proprio padre, evidentemente per dare sostegno all'azione di quest'ultimo; dalla presenza dello stesso ricorrente, insieme al padre, nel luogo in cui era stato commesso l'omicidio; dalla deduzione di un falso alibi, avendo dichiarato N.D. in sede di interrogatorio di non essersi mosso dal luogo di lavoro. Non possono essere considerate mere supposizioni di N.S. né che il P. sia stato ucciso, né che il fratello, quando era stato da lei visto, si stesse recando nel luogo in cui il padre aveva bloccato il P. e stava minacciando lo stesso con una pistola. È un dato di fatto che il P. , dopo essere stato bloccato e minacciato con una pistola, non è stato più rintracciato nonostante le ricerche effettuate dai Carabinieri, e, tenuto conto del contesto in cui è stato visto per l'ultima volta da N.S. , appare del tutto logico presumere che il predetto in quella occasione sia stato ucciso e che ne sia stato nascosto il cadavere.
Non è solo una supposizione della sorella che l'indagato, quando è stato visto dalla stessa, si stesse dirigendo nel luogo in cui si trovavano il padre e il P. , poiché dal contenuto del colloquio in caserma con C.V. risulta chiaro che N.D. si sia trovato quanto meno in luogo, circostanza peraltro sostanzialmente ammessa dalla difesa, la quale sostiene che dal predetto colloquio intercettato non si potrebbe desumere la prova della partecipazione al delitto, ma al più che l'indagato ha assistito allo stesso. Il Tribunale ha riportato integralmente le dichiarazioni rese da N.S. e, con motivazione adeguata, ha ritenuto la stessa pienamente attendibile "in quanto le sue dichiarazioni appaiono precise, puntuali e circostanziate e tali da permettere di ricostruire tutte le fasi preliminari all'uccisione". È stata data dal Tribunale una spiegazione logica anche al fatto che nelle primissime dichiarazioni rese ai Carabinieri la predetta aveva omesso di precisare che il padre, mentre discuteva con il P. , impugnava una pistola, mettendo in evidenza l'agitazione del momento, i condizionamenti familiari che avevano caratterizzato la sua vita e comunque la circostanza che la precisazione è stata effettuata a un solo giorno di distanza.
I suddetti gravi indizi non vengono meno per il solo fatto che gli inquirenti - secondo quanto sostiene la difesa - non avrebbero verificato l'alibi fornito dall'indagato (interrogando compagni di lavoro e controllando gli spostamenti del suo telefono cellulare), poiché non solo sono state ritenute pienamente attendibili le dichiarazioni della sorella, ma l'alibi è già stato smentito dallo stesso indagato nel menzionato colloquio in caserma con il cognato.
Del tutto generico è il motivo con il quale è stata censurata la mancata risposta del Tribunale alle osservazioni del consulente della difesa sulla trascrizione effettuata dalla Polizia giudiziaria del suddetto colloquio, poiché nel ricorso non vi è alcuna specificazione sulle eventuali imprecisioni della trascrizione effettuata dalla Polizia giudiziaria né è stata riportata qualcuna delle critiche mossa dal consulente alla suddetta trascrizione.
Il Tribunale del riesame ha indicato, in modo concreto e preciso, quali fossero le esigenze cautelari che imponevano la misura della custodia in carcere nei confronti di N.D. , facendo in particolare riferimento al pericolo di inquinamento della principale fonte di prova, S..N. , la quale potrebbe essere indotta a ritrattare; allo stato delle indagini (non era stato trovato né il cadavere di F..P. né l'arma con la quale era stato ucciso ed erano in corso accertamenti sul coinvolgimento di altre persone nel delitto); al pericolo di reiterazione di reati della stessa specie (precedenti penali, personalità negativa e incapacità di auto controllo); alle modalità di commissione del delitto.
Pertanto, i ricorsi dei due difensori devono essere rigettati con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Dispone trasmettersi a cura della cancelleria copia del provvedimento al direttore dell'istituto penitenziario, ai sensi dell'art. 94/1-ter disp. att. c.p.p..
Avv. Antonino Sugamele

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