Il reato di bancarotta non può essere ascrivibile sulla base del mero formale incarico di amministrazione di una società.
Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 17 maggio – 14 giugno 2013, n. 26215
Presidente Dubolino – Relatore Sabeone
Ritenuto in fatto
1. La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 6 luglio 2011, ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano del 7 maggio 2009, nei confronti di K.M. , dapprima presidente del consiglio di amministrazione e poi amministratore unico della General Contracts s.r.l., dichiarata fallita il (omissis) , che è stato condannato per i delitti di bancarotta fraudolenta per distrazione e documentale aggravati nonché di bancarotta semplice.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo del proprio difensore, il quale lamenta:
a) la mancata assunzione di una prova decisiva e cioè di una perizia grafica;
b) una motivazione illogica in merito alla distrazione dei beni societari e alla distruzione delle scritture contabili nonché all'aggravamento dello stato di dissesto, quale elemento integratore della bancarotta semplice.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è meritevole di accoglimento.
2. In primo luogo, deve dichiararsi l'intervenuta prescrizione del delitto di bancarotta semplice di cui al capo 3) dell'imputazione.
Il reato risulta, infatti, commesso il (omissis) , epoca della dichiarazione di fallimento, per cui applicando il termine prescrizionale di cui all'articolo 157 cod.pen. relativamente al contestato articolo 217, primo comma n. 4 L Fall., (anni sette e mesi sei) ne risulta l'intervenuta prescrizione alla data del 22 ottobre 2011, dopo l'emanazione della sentenza di secondo grado.
3. Quanto agli ulteriori reati di bancarotta fraudolenta per distrazione e documentale deve, di converso, sollecitarsi un nuovo e più approfondito esame ad opera della Corte territoriale in diversa composizione, in quanto sia la sentenza di prime cure (v. pagina 7) che quella d'appello (v. pagina 10) non sono logicamente convincenti allorquando, pur dando atto che sostanzialmente il K. aveva dato le dimissioni dalla carica di Amministratore unico il 21 luglio 2003, non sarebbe stato, in ogni caso, estraneo alle condotte distrattive, tutte poste in essere in epoca successiva.
Alquanto labili, a livello d'indizi di colpevolezza, risultano essere le eccessivamente enfatizzate circostanze dell'omessa comunicazione alle banche della variazione dell'organo rappresentativo della società nonché dell'effettuazione di prelievi bancari da parte delle figlie con deleghe ai prelievi asseritamente false.
Quanto al primo fatto, deve rilevarsene la evidente ininfluenza posto che il delitto di bancarotta per distrazione presuppone il compimento di attività di natura positiva quali la sottrazione di beni o la diversa destinazione degli stessi rispetto alla fisiologica attività imprenditoriale e alla tutela dei creditori della società.
Per antica ma immodificata giurisprudenza, si afferma da questa Suprema Corte, come la bancarotta fraudolenta per distrazione si configuri ogniqualvolta la condotta dell'imputato sia diretta ad impedire che un bene del fallito sia utilizzato per il soddisfacimento dei diritti della massa dei creditori.
Tale effetto si produce o può prodursi sia quando il bene sia venduto, sia quando venga anche temporaneamente ceduto e lo spostamento sia suscettibile di recare pregiudizio ai creditori (v. Cass. Sez. 5, 19 settembre 1995 n. 10220).
Con icastica definizione suole dirsi come il reato di bancarotta non sia un c.d. "reato di posizione", ascrivibile, cioè, sulla base del mero formale incarico di amministrazione di una società.
Del pari i prelievi bancari effettuati non dal ricorrente personalmente ma dalle figlie, che pur sempre rivestivano mansioni lavorative all'interno della società (v. pagina 7 dell'impugnata decisione), non danno la tranquillante dimostrazione dell'ascrivibilità delle sottrazioni di denaro al ricorrente.
Analogamente, la irregolare tenuta delle scritture contabili non è chiarita nei suoi esatti termini se è vero che i sindaci, presso cui era la documentazione contabile, hanno negato di aver avuto contatti con il ricorrente dopo le sue dimissioni (v. pagina 10 della motivazione).
In sostanza dovranno essere chiarite, nella competente sede di merito, non potendo questa Corte entrare nel merito e, cioè, nell'accertamento dei fatti ascritti, le condotte evidentemente ascrivibili all'odierno ricorrente e tali da integrare i contestati reati, che appartengono ad epoca diversa da quella dell'effettiva amministrazione della società ad opera del ricorrente.
4. Il ricorso deve, in conclusione, essere accolto e l'impugnata sentenza annullata senza rinvio, quanto al delitto di bancarotta semplice e con rinvio, quanto ai residui capi d'imputazione, per nuovo esame da parte di altra Sezione della Corte di Appello di Milano.
P.Q.M.
La Corte, annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo 3 (bancarotta semplice) perché estinto per prescrizione.
Annulla la medesima sentenza quanto ai residui capi con rinvio per nuovo esame ad altra Sezione della Corte di Appello di Milano.
18-06-2013 09:05
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