Conto corrente sequestrato al marito. La moglie, in sede di riesame, può provare che il danaro è in tutto o in parte suo.-
Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 7 marzo – 8 aprile 2013, n. 16003
Presidente Teresi – Relatore Amoresano
Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza in data 29.5.2012 il Tribunale di Catanzaro rigettava l'appello, proposto da O.A. , avverso il provvedimento del GIP del Tribunale di Catanzaro del 14.3.2012, con il quale era stata respinta la richiesta di dissequestro del conto corrente e del deposito di titoli cointestati a B.P. e O.A., sottoposti a sequestro preventivo per equivalente.
Dopo aver premesso, richiamando la giurisprudenza di legittimità, che in ordine a beni dell'indagato in comproprietà con terzi, il sequestro può essere disposto per l'intero quando essi siano nella disponibilità dell'indagato, a meno che non si dimostri l'esclusiva proprietà del terzo, rilevava il Tribunale che la documentazione prodotta (le dichiarazioni tributarie non erano neppure rinvenibili agli atti) non era idonea a determinare la quota spettante alla medesima O.A. .
2. Ricorre per cassazione O.A. , a mezzo del difensore, denunciando, con il primo motivo, la violazione degli artt.321 co. 2 c.p.p., 322 ter c.p., co. 143 L. 244/2007 in relazione all'art. 606 co. 1 lett. b) c.p.p. e 7 L. 848/1955.
Dopo aver premesso di essere cointestataria del c/c e del deposito di titoli in amministrazione, assume che dalla documentazione prodotta e non esaminata dal Tribunale emergeva che tutti i rapporti bancari sequestrati al marito P..B. , erano stati alimentati anche con mezzi finanziari propri della ricorrente e che quindi la cointestazione non era fittizia ma effettiva.
Come affermato più volte dalla Suprema Corte la disponibilità cui fa riferimento l'art. 322 ter c.p. deve intendersi come signoria di fatto dell'indagato sul bene e non, come nel caso di specie, una mera formale cointestazione.
Tale mera cointestazione di un c/c non determina la disponibilità richiesta dalla norma per legittimare il sequestro.
La confisca per equivalente ha natura sanzionatoria e non può pertanto pregiudicare i diritti di terzi estranei all'illecito penale.
Con il secondo motivo denuncia la violazione dell'art. 125 co. 3 c.p.p., avendo il Tribunale, con clausole di stile e quindi con motivazione apparente, ritenuto che le somme sequestrate fossero nella disponibilità dell'indagato, senza argomentare e controdedurre in ordine alle asserzioni difensive confortate dalla documentazione prodotta.
2.1. Con memoria, depositata in data 28.2.2013, si deduce che, mancando agli atti la documentazione allegata alla richiesta di restituzione, il GIP del Tribunale di Catanzaro ne ha disposto la ricostituzione.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini dei sequestro preventivo, funzionale alla confisca di cui all'art. 322 ter cod.pen., non occorre provare il nesso di pertinenzialità della res rispetto al reato, essendo assoggettabili a confisca beni nella disponibilità dell'indagato per un valore corrispondente a quello relativo al profitto o al prezzo del reato (cfr. Cass. sez. 6 n. 11902 del 27.1.2005). "Ne deriva che il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, ricade su beni comunque nella disponibilità dell'indagato, senza che a tal fine possano rilevare presunzioni o vincoli posti dal codice civile a regolare rapporti interni tra creditori e debitori solidali ex art. 1298 comma secondo cod.civ. o i rapporti tra banca e depositante ex art. 1834 cod.civ., considerato che su queste disposizioni prevalgono le norme penali in materia di sequestro preventivo preordinato ad evitare che, nelle more dell'adozione del definitivo provvedimento di confisca, i beni che si trovino comunque nella disponibilità dell'indagato possano essere definitivamente dispersi" (cfr. Cass. sez. 6 n. 24633 del 29.3.2006; conf. Cass. sez. 6 n. 40175 del 14.3.2007; Cass. Sez. 3 n. 45353 del 19.10.2011).
Come ricorda lo stesso Tribunale è fatta salva, però, la possibilità per il terzo di dimostrare che quanto sequestrato sia di esclusiva sua proprietà.
Si è, invero, affermato che "spetta al terzo cointestatario del conto corrente oggetto di sequestro preventivo, provare, in sede di riesame, che la somma di denaro relativa sia in tutto o in parte di sua pertinenza..." (cfr. Cass. pen. Sez. 3 n. 26913 del 5.5.2009; cfr. anche Cass. Pen. Sez. 1 n. 48128 del 5.11.2009).
3. Quanto ai poteri del Tribunale della Libertà è indubitabile che il Giudice cautelare, a differenza del Giudice di merito, non abbia poteri di istruzione, che sono incompatibili con la natura cautelare del giudizio, ma tuttavia conserva in pieno il potere-dovere di esaminare le deduzioni delle parti.
E1 altrettanto indubitabile che, a norma dell'art. 325 c.p.p., il ricorso per cassazione possa essere proposto soltanto per violazione di legge. Secondo le sezioni unite di questa Corte (sentenza n. 2/2004, Terrazzi), però, nel concetto di violazione di legge può comprendersi la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l'art. 125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le ordinanze, ma non la manifesta illogicità della motivazione, che è prevista come autonomo mezzo di annullamento dall'art. 606 lett. e) c.p.p., né tanto meno il travisamento del fatto non risultante dal testo del provvedimento.
4. Il Tribunale, dopo aver dato atto "che non si rinvengono negli atti le dichiarazioni tributarie, menzionate dalla difesa nell'atto di gravame come allegato sub 3)", si è limitato ad affermare che la documentazione prodotta "non essendo possibile ricostruire né versamenti con certezza ascrivibili alla ricorrente né gli eventuali prelievi, non è idonea ai fini della determinazione della quota alla medesima spettante".
Trattasi palesemente di motivazione apparente ed apodittica, non essendosi il Tribunale, sostanzialmente, fatto carico di esaminare e confutare la documentazione prodotta dalla ricorrente (per le dichiarazioni tributarie si afferma esplicitamente che non sono state rinvenute).
L'ordinanza impugnata va, pertanto annullata con rinvio per nuovo esame (anche tenendo conto della documentazione ricostituita dal GIP con provvedimento del 20.2.2013) al medesimo Tribunale.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Catanzaro.
09-04-2013 20:05
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