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Sentenza

Chiede l'applicazione della continuazione, in executivis. tra due reati uno commesso nel 2006 (estorsione) e l'altro nel 2010 (truffa e tentata estorsione). Rigetto del ricorso.
Chiede l'applicazione della continuazione, in executivis. tra due reati uno commesso nel 2006 (estorsione) e l'altro nel 2010 (truffa e tentata estorsione). Rigetto del ricorso.
Cassazione penale  sez. I   
Data:
    03/07/2013 ( ud. 03/07/2013 , dep.12/07/2013 ) 
Numero:
    30014

 

    Intestazione

                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                            SEZIONE PRIMA PENALE                         
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. SIOTTO   Maria Cristin -  Presidente   -                       
    Dott. ZAMPETTI Umberto  -  rel. Consigliere  -                       
    Dott. ROMBOLA' Marcello      -  Consigliere  -                       
    Dott. BONITO   Francesco M.  -  Consigliere  -                       
    Dott. LA POSTA Lucia         -  Consigliere  -                       
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
              A.G. N. IL (OMISSIS); 
    avverso l'ordinanza n. 592/2012 TRIBUNALE di TORINO, del 23/11/2012; 
    sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. UMBERTO ZAMPETTI; 
    lette le conclusioni del PG Dott. Carmine Stabile, per il rigetto del 
    ricorso. 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO

    1. Con ordinanza in data 23.11.2012 il Tribunale di Torino in composizione monocratica ed in funzione di giudice dell'esecuzione, rigettava l'istanza proposta da A.G. volta ad ottenere il riconoscimento del vincolo della continuazione in executivis, ex art. 671 cod. proc. pen., tra i reati contro il patrimonio di cui alle sentenze 12.04.2006 del predetto Tribunale (per estorsione) e 26.01.2010 della Corte d'appello di Palermo (per truffa e tentata estorsione). Rilevava invero detto giudice come si fosse trattato di due episodi autonomi, pur connotati dalle stesse modalità operative (sedurre le parti offese, sempre di sesso femminile), sintomatici di uno stile di vita dedito alla commissione di consimili reati, distanti anche nel tempo (sei mesi) e nei luoghi di realizzazione.

    2. Avverso tale ordinanza proponeva ricorso per cassazione l'anzidetto condannato che motivava l'impugnazione, con atto personale, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, in particolare argomentando, in sintesi, nei seguenti termini: i fatti erano omogenei e commessi a breve distanza di tempo; la motivazione del provvedimento era carente.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    1. Il ricorso, infondato, non può trovare accoglimento.

    2. Deve essere rilevato, anzitutto, come il provvedimento impugnato assolutamente non soffra del lamentato vizio di insufficienza motivazionale, posto che esso - contrariamente all'infondato assunto del ricorrente - esplica in modo ampio, logico e coerente gli argomenti posti a base della decisione.

    Nel merito, poi, il ricorso è infondato. Deve osservare, invero, questa Corte come da un lato la distanza temporale di sei mesi tra i fatti ((OMISSIS)) sia circostanza, peraltro oggettiva e come tale non contestata dall' A., di per sè rilevante in senso negativo, specie se valutata congiuntamente alla notevole distanza geografica tra i fatti stessi ((OMISSIS)), dall'altro come l'omogeneità delle condotte sia indice di uno stesso modus operandi, od anche di uno stile di vita dedito a delitti della stessa specie, da non confondere quindi con l'istituto della continuazione rettamente inteso. Per quest'ultimo, invero, è necessario che tutti i fatti di reato siano stati ideati e voluti, con sufficiente specificità, fin dall'inizio della prima attività criminosa, non potendo essere sufficiente un disegno del tutto generico. Ciò posto, è evidente nel caso di specie che l' A. non poteva certo immaginare, quando a (OMISSIS) operava contro la prima vittima, che dopo sei mesi a (OMISSIS) avrebbe trovato persona idonea a subire le sue, pur analoghe, suggestioni truffaldine ed estorsive. Una tale necessaria specificità non esiste in atti e, quindi, correttamente il giudice dell'esecuzione ne ha tratto le inevitabili conseguenze. Ma un tanto neppure è proposto dal ricorrente che, insistendo in sostanza sulla mera omogeneità delle condotte, finisce per ribadire la genericità della sua prospettazione.

    3. In definitiva il ricorso, infondato, deve essere respinto.

    Al completo rigetto dell'impugnazione consegue ex lege, in forza del disposto dell'art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
    PQM
    P.Q.M.

    Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

    Così deciso in Roma, il 3 luglio 2013.

    Depositato in Cancelleria il 12 luglio 2013
Avv. Antonino Sugamele

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