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Sentenza

Bilbao: incendia un autobus per terrorismo e si rifugia in Italia. Concessa l'estradizione anche se non ha precedenti penali.
Bilbao: incendia un autobus per terrorismo e si rifugia in Italia. Concessa l'estradizione anche se non ha precedenti penali.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 16 - 19 aprile 2013, n. 18241
Presidente Agrò – Relatore Citterio

Considerato in fatto

1. La Corte d'appello di Roma con sentenza dell'8.1.13 ha dichiarato sussistenti le condizioni per accogliere la domanda del Regno di Spagna di estradizione del cittadino spagnolo F.A.L. , destinatario di mandato di cattura emesso il 12.6.12, a fini processuali, per il reato di atto di terrorismo (previsto e punito dagli artt. 577 e 346.2 in riferimento agli artt. 263, 264.4, 266.2 e 579).
Il fatto ascritto consiste nell'avere alle ore 22.36 del (omissis) appiccato il fuoco, con una tanica di benzina, ad un autobus, parcheggiato chiuso vicino ad una fermata soppressa, senza passeggeri, nella città di (…), davanti ad un determinato numero civico (fg. 4 fase, rich. di estr.). L'estradando ha agito in concorso con altra persona, membro di un'organizzazione radicale agente in seno alla c.d. kale borroca (guerra di strada), collaborante con l'ETA per raggiungere i medesimi scopi. L'azione ha comportato, secondo la descrizione nella nota del 20.6.2012, l'incenerimento e la distruzione totale del mezzo, con danni stimati in circa 8.871,98 Euro.
Le descrizioni circostanziali che accompagnano la domanda di estradizione (20.6.12) riferiscono che il L.F.A. non ha precedenti penali.
In relazione all'epoca di consumazione si è proceduto con il rito di estradizione. L'estradando risulta attualmente agli arresti domiciliari per questa causa.
1.1 La Corte d'appello, tra l'altro, dava atto esser presenti nella richiesta di estradizione la valutazione e la descrizione degli elementi indizianti (le dichiarazioni del coimputato, l'esito dell'esame di DNA su una felpa ed un cappuccio rinvenuti sul luogo dei fatto).
Disattendeva poi l'eccezione di prescrizione (con richiesta di applicazione dell'art. 10 Conv. Estrad. 13.12.1057), giudicando nella fattispecie configurabile (nella legislazione nazionale) il delitto di cui all'art. 423 c.p. aggravato ai sensi dell'art. 1 legge 15/1980.
Su tale ultimo punto evidenziava che proprio l'estradando in sede di convalida dell'arresto aveva specificamente dichiarato di essere a conoscenza della pendenza giudiziaria spagnola "relativa a fatti accaduti nel 2002 a seguito di una manifestazione contro la messa al bando dell'organizzazione giovanile basca SEGI". E tale organizzazione, evidenziava ancora La Corte d'appello, era stata qualificata terroristica con sentenza del 2007 del Tribunale Supremo spagnolo, in quanto fiancheggiatrice dell'ETA e impegnata a diffondere nel territorio la forma meno cruenta di terrorismo rappresentata dalla c.d. kale borroca/guerra di strada. Questa valutazione giurisdizionale aveva espresso un apprezzamento di cui già precedente decisione di questa stessa Corte suprema aveva preso e dato atto: la Corte distrettuale richiamava in particolare Sez. 6, sent. 37562/2010.
Tenuto pertanto conto dell'atto interruttivo costituito dall'ordinanza 20.S.2010 di "apertura del giudizio orale", doveva escludersi ogni prescrizione “interna”, sia con riferimento alla disciplina originaria dell'art. 157 c.p. (7 anni, 10 anni 6 mesi per la circostanza aggravante, quindi 15 anni e quindi 22 anni 6 mesi) sia con riferimento alla disciplina vigente (da 10 anni sei mesi a 13 anni 1 mese 15 giorni).
2. Due i ricorsi proposti nell'interesse dell'estradando.
2.1 Il ricorso dell'avv. Lucentini enuncia unico articolato motivo di inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 10 della Convenzione Europea di Estradizione e vizi alternativi della motivazione in ordine alla ritenuta qualificazione del fatto reato attribuito all'estradando. Commentando la descrizione del fatto contenuta nella documentazione spagnola, si evidenzia che il dato oggettivo dell'essere stato il mezzo parcheggiato libero da persone e conducente, nonché presso fermata definita soppressa, escludeva la sussistenza di alcun pericolo di incendio diffusivo. Pertanto l'azione ascritta si sarebbe risolta in un mero e consapevolmente voluto danneggiamento del mezzo (oltretutto con fuoco azionato senza peculiari artifici, una tanica di benzina, e con danno quantificato in atti in soli 8.000 Euro, da ritenersi incompatibile con la totale distruzione del mezzo). La successiva comunicazione del 6.11.12, in risposta a richiesta dell'autorità giudiziaria italiana, avrebbe fornito elementi strumentalmente suggestivi e surrettizi, esaltando due dati (trattarsi di fermata e l'attesa di passeggeri) del tutto contrastanti con il contesto in fatto descritto nella documentazione precedente.
Il ricorrente svolge poi deduzioni per escludere la sussistenza nella fattispecie della finalità di terrorismo, In relazione alla natura del fenomeno della c.d. guerra di strada (kale borroca) ed alla sua autonomia rispetto alle organizzazioni terroristiche (richiamando documenti del Consiglio dei diritti umani dell'Onu e la lettera D dell'art. 1 della Decisione Quadro 13.6.02 sulla lotta al terrorismo). Esclusa l'aggravante, comunque anche il reato di incendio si sarebbe prescritto prima dell'atto interruttivo richiamato nella sentenza impugnata.
2.2 Il ricorso dell'avv.ssa D'Addabbo enuncia due motivi:
1-. "difetto", "insufficienza" e manifesta illogicità della motivazione, violazione e falsa applicazione dell'art. 10 Conv. Eur. 13.12.1957 e dell'art. 705.1 c.p.p..
Vengono riproposte le considerazioni in fatto sul contesto dell'azione e la contraddittorietà delle informazioni successive rispetto all'imputazione, ai fini della qualificazione giuridica del fatto e, a sostegno della deduzione di non configurabilità dell'aggravante, sulla natura della kale borroca, con richiamo all'interpretazione della nozione di terrorismo di cui a Sez. 5 sent 12252/12.
Quanto alla gravità indiziaria, la Corte d'appello non avrebbe tenuto conto della documentata successiva immediata ritrattazione del coimputato, che aveva altresì accusato di tortura gli investigatori.
2-. "difetto", "insufficienza" e manifesta illogicità della motivazione, violazione e falsa applicazione dell'art. 705.2 lett. A e C c.p.p., in relazione alla "vaghezza" delle norme incriminatrici spagnole in materia di terrorismo, nonché alle numerosissime denunce di torture che sarebbero state presentate dagli attivisti baschi in esito a soggiorni nelle caserme in occasione delle varie indagini; ciò, anche alla luce della speciale disciplina spagnola nell'ambito dei reati di terrorismo, con ripetuto intervento anche della CEDU.
2.3 Il 10 aprile è pervenuta nota illustrativa del procuratore capo presso l'Audiencia Nacional di Madrid, relativa alle previsioni dell'ordinamento giuridico spagnolo in materia di terrorismo.

Ragioni della decisione

3. La Corte giudica che il ricorso debba essere rigettato.
3.1 Il regime convenzionale limita la cognizione afferente la sussistenza della gravità indiziaria, in ordine alla imputazione provvisoria per la quale la richiesta di consegna “processuale” è presentata, all'accertamento che l'autorità giudiziaria competente, secondo lo Stato richiedente, abbia proceduto ad una loro specifica individuazione e valutazione. Così, come correttamente osservato dalla Corte d'appello, è nella fattispecie, stanti i due elementi probatori riferiti (le dichiarazioni del coimputato e l'esito degli accertamenti tecnici attestanti la presenza di DNA riconducibile all'estradando su capi di abbigliamento rinvenuti nel luogo). Né il rilievo difensivo sulla dedotta immediata ritrattazione del coimputato può assumere valenza determinante: non solo perché si tratterebbe di evento che incide nell'apprezzamento della prova orale (che non compete al giudice dello Stato richiesto) ma, ed è osservazione assorbente, perché nulla il ricorrente deduce in ordine al dato obiettivo (e certo non criticabile di intrinseca palese inconsistenza probatoria) del rinvenimento sul luogo dell'evento di tracce del DNA dell'estradando.
3.2 Quanto alla qualificazione del fatto ascritto secondo la legge nazionale, a giudizio del Collegio innanzitutto deve essere confermata, allo stato degli atti, la qualificazione giuridica secondo la legislazione nazionale, operata dal Giudice distrettuale in termini di incendio e non di danneggiamento (ed in ipotesi seguito dal pericolo di incendio o dallo stesso). La collocazione del mezzo in centro cittadino (vi è il riferimento ad un numero civico specifico) e la sua peculiare natura (veicolo di apprezzabili dimensioni dotato di carburante), insieme con l'esito dell'azione (riferita in termini di totale distruzione e incenerimento, per sé sintomatica della progressiva diffusività delle fiamme, non compatibili con una prevedibilmente certa limitazione degli effetti), anche in relazione alle modalità di attivazione del fuoco (sversamento di una tanica di benzina all'interno del mezzo dopo la forzatura di portiera chiusa), rendono palesemente inadeguata la sollecitata derubricazione. Né il dato della riferita entità del danno ha il significato logico di insuperabile contraddizione propugnato dal ricorrente: la somma di circa 8900 Euro, infatti, andrebbe apprezzata in relazione alle condizioni di stato ed all'epoca del mezzo sicché, a fronte di una specifica e reiterata descrizione di distruzione e totale incenerimento, il dato nella sua generica deduzione non è idoneo ad attestare, con evidenza immediata e insuperabile, la 'falsità' delle reiterate indicazioni dell'autorità straniera.
3.3 In ordine alla configurabilità anche della circostanza aggravante ex art. 1 legge 15/1980, occorre muovere dalla precedente decisione di questa stessa Corte, n. 37562/2010, che la sentenza impugnata ha correttamente richiamato specificamente e che i ricorrenti invece hanno ignorato nelle loro pur articolate e certo apprezzabili deduzioni.
Con tale decisione sono già stati affrontati, In termini, alcuni dei punti che le difese dell'odierno estradando ripropongono. Questa Corte suprema ha pertanto già affermato la sussistenza di un quadro indiziario rappresentativo della natura terroristica della SEGI, in linea con la sentenza 19.1.2007 del Tribunale Supremo spagnolo; In particolare tale organizzazione viene considerata autonoma ma fiancheggiatrice dell'ETA, una “filiazione” cui è assegnato il compito di diffondere capillarmente nel territorio l'azione terroristica nella forma meno cruenta ma sempre violenta della kale borroca (guerra da strada). Nella stessa sentenza si è già avuto modo di confrontarsi con le medesime deduzioni (in allora proposte dalla parte pubblica lì ricorrente, oggi riproposte dalle difese), relative ai timori, sociologici e giuridici, manifestati dal Relatore speciale dell'Orni in ordine al fenomeno della kale borroca. E si è osservato, con apprezzamento puntuale dal quale non vi sono ragioni per discostarsi, stante appunto anche il ricordato mancato specifico confronto dei ricorsi, che proprio “la SEGI, insieme con l'ETA, è inserita nella lista delle persone, gruppi ed entità coinvolti in atti terroristici allegata alla Posizione comune del Consiglio dell'Unione Europea relativa all'applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo, adottata il 27.12.2001 e successivamente aggiornata. Aggiungasi che la Grande Sezione della Corte dell'Unione Europea, con sentenza del 27 febbraio 2007, ha respinto il ricorso proposto dalla SEGI contro la pronuncia di primo grado che aveva rigettato la richiesta di risarcimento del danno asseritamente sofferto a causa dell'inclusione del proprio nome nella predetta lista, con ciò riconoscendo che quella inclusione era stata legittimamente disposta”.
Orbene, con tale premessa sulla natura della SEGI, la Corte d'appello ha bene evidenziato come sia stato proprio lo stesso estradando che, in sede di convalida dell'arresto, ha dichiarato di essere a conoscenza della pendenza del processo spagnolo "per fatti accaduti nel 2002 a seguito di una manifestazione contro la messa al bando dell'organizzazione giovanile basca SEGI".
Con ciò, è proprio l'interessato che colloca la condotta che gli è addebitata (con il quadro indiziario prima ricordato) all'interno di uno specifico e consapevole contesto collettivo volto a sostenere l'organizzazione terroristica. Il che impedisce, in questa fase estradizionale di limitata cognizione, di collocare, in termini di immediata percebilità già ex actis, l'azione del F.A.L. , che agiva in concreto anche con correo, descritto come quantomeno fiancheggiatore dell'ETA, al di fuori del contesto della finalità di terrorismo ritenuta dalla Corte d'appello, e quindi invece considerarla iniziativa isolata e manifestazione di mero “disagio sociale” o “protesta politica per ragioni sociali”.
Anche il singolo evento va quindi, per quanto appena argomentato, inserito nel contesto di una manifestazione volta in definitiva a "costringere indebitamente i poteri pubblici dall'astenersi dal compiere l'atto" dello scioglimento di un'associazione riconducibile all'area dell'azione terroristica. Ciò, da un lato nella piena dichiarata consapevolezza del presunto coautore, di cui è chiesta l'estradizione; dall'altro, rispetto ad un fatto (quello di incendio, per quanto prima argomentato) che è espressamente considerato tra quelli idonei all'azione terroristica (art. 270 sexies in relazione alla lettera G dell'art. 1 della Dee. Quadro 2002/475/GAI sulla lotta al terrorismo, che appunto espressamente considera il "cagionare incendi").
Da qui anche l'infondatezza dell'eccezione di prescrizione, correttamente giudicata dalla Corte d'appello di Roma.
3.4 Anche il secondo motivo del ricorso dell'avv.ssa D'Addabbo è infondato, nelle sue due articolazioni.
La lettura dell'art. 577 c.p. spagnolo, il cui testo è nella documentazione in atti, impone di escludere che possa parlarsi di norma “vaga”. In particolare, per quanto specificamente rileva nel nostro caso, la norma richiama anche le condotte di incendio consumate da chi, pur non appartenendo a organizzazioni o gruppi terroristi, genera clima di terrore tra la popolazione di un luogo. E risulta del resto intrinsecamente contraddittorio, con la deduzione di vaghezza della norma spagnola, il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte in tema di chiarimento ed interpretazione delle nozioni di sovversione e terrorismo in relazione a “nostre” norme nazionali che a quel tema sono specificamente dedicate.
Quanto infine alla violazione dell'art. 705.2 lett. A c.p.p., la deduzione del ricorso secondo cui Ma legislazione procedurale spagnola purtroppo legittima l'utilizzo di strumenti inquisitori che sfociano spesso in episodi di tortura” (e ciò con particolare riferimento all'istituto della incomunicaciòn) risulta manifestamente infondata, a fronte degli specifici chiarimenti normativi forniti con la memoria sul “compendio giuridico penal-processuale sul terrorismo”, proveniente dal procuratore capo presso l'Audlencia Nacional di Madrid con data 10.4.13. In particolare, va ricordato che l'insegnamento costante di questa Corte suprema in materia è nel senso che il timore di essere sottoposto ad atti persecutori o discriminatori o a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona opera solo quando ciò sia riferibile a scelte normative o di fatto dello Stato richiedente, a prescindere da contingenze estranee a orientamenti istituzionali, mentre non rilevano le situazioni rispetto alle quali è possibile una tutela legale (per tutte, Sez.2, sent. 26588/2011). La nota illustrativa pervenuta chiarisce che la misura dell'isolamento iniziale è istituto generale, che per i reati di terrorismo o consumati in concorso o in forma organizzata può avere durata maggiore: 5 giorni più due proroghe di 5 e 3 giorni; soprattutto evidenzia che la misura è soggetta a decisione giudiziaria. Il fatto che in tale periodo possano verificarsi (e siano state denunciate come effettivamente verificatisi) episodi di violenza anche reiterati non può essere considerato, come parrebbe dedurre il ricorrente, conseguenza coerente all'intenzione del legislatore spagnolo o dell'Esecutivo, tali episodi costituendo in ipotesi condotte illecite suscettibili di tutela legale. Ma assorbente sulle pur determinanti osservazioni che precedono risulta il fatto che la consegna dell'estradando è stata richiesta per consentire l'espletamento del dibattimento nella fase processuale (fg. 10 e 17 fase, rich. estr.).
Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda la Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. c.p.p..
Avv. Antonino Sugamele

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