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Sentenza

Agli arresti domiciliari, autorizzato a recarsi dal medico, si ferma alle Poste, per effettuare un versamento.- Assolto per evasione viene revocata la misura degli arresti domiciliari e applicata la detenzione in carcere.
Agli arresti domiciliari, autorizzato a recarsi dal medico, si ferma alle Poste, per effettuare un versamento.- Assolto per evasione viene revocata la misura degli arresti domiciliari e applicata la detenzione in carcere.
Cassazione penale  sez. II   
Data:
    14/02/2013 ( ud. 14/02/2013 , dep.21/02/2013 ) 
Numero:
    8463

 

    Intestazione

                        LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                           SEZIONE SECONDA PENALE                        
    Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
    Dott. COSENTINO  Giuseppe Mari -  Presidente   -                     
    Dott. CASUCCI    Giuliano -  rel. Consigliere  -                     
    Dott. PRESTIPINO Antonio       -  Consigliere  -                     
    Dott. CAMMINO    Matilde       -  Consigliere  -                     
    Dott. RAGO       Geppino       -  Consigliere  -                     
    ha pronunciato la seguente:                                          
                         sentenza                                        
    sul ricorso proposto da: 
                A.G. N. IL (OMISSIS); 
    avverso  l'ordinanza  n.  563/2012  TRIB.  LIBERTA'  di  GENOVA,  del 
    08/10/2012; 
    sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIANO CASUCCI; 
    sentite  le conclusioni del PG Dott. Policastro Aldo che ha  concluso 
    per l'inammissibilità del ricorso. 
                     


    Fatto
    RITENUTO IN FATTO

    Con ordinanza in data 8 ottobre 2012, il Tribunale di Genova, sezione del riesame, confermava l'ordinanza della Corte di appello in sede, con la quale era stata rigettata la richiesta di sostituzione con gli arresti domiciliari della misura della custodia cautelare in carcere applicata nei confronti di A.G., in ragione del fatto che egli aveva violato le prescrizioni relative alla meno grave misura. Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l'imputato, che ne ha chiesto l'annullamento per illogicità della motivazione, perchè egli non aveva violato le prescrizioni relative agli arresti domiciliari in quanto, autorizzato ad allontanarsi dall' abitazione per recarsi dal medico, si era limitato a fermarsi presso l'ufficio postale situato lungo il percorso consentito per effettuare un versamento, tanto che dal delitto di evasione contestato era stato assolto in ragione del fatto che non vi era stata alcuna deviazione rispetto al cd. "percorso più breve". In ogni caso il Tribunale aveva omesso di valutare la sproporzione tra la violazione posta in essere e il ripristino della custodia cautelare in carcere.
    Diritto
    CONSIDERATO IN DIRITTO

    Il ricorso è infondato.

    Va ribadito che qualora il pubblico ministero abbia richiesto la sostituzione della misura degli arresti domiciliari con quella della custodia in carcere, sulla base del disposto di cui all'art. 276 cod. proc. pen., disposizione che prevede il caso di trasgressione dalle prescrizioni imposte, anzichè ai sensi dell'art. 299 cod. proc. pen., comma 4 per l'aggravamento delle esigenze cautelari, il tribunale del riesame non può rigettare la richiesta in base all'erroneo riferimento normativo, ma deve valutare se la violazione della misura degli arresti domiciliari, unitamente agli altri elementi eventualmente dedotti, abbia effettivamente comportato l'aggravamento delle esigenze cautelari, con conseguenze anche rispetto al principio di adeguatezza della misura previsto dall'art. 274 cod. proc. pen. e deve nel caso positivo sostituire "in peius" detta misura. (Cass. Sez. 6, 14.6.2004 n. 31074; Cass. Sez. 6, 8.2.2008 n. 21487 la quale ha rammentato che "Con sentenza n. 40/2002, ...., la Corte Costituzionale, nel dichiarare la manifesta infondatezza della questione di legittimità del citato art. 276 c.p.p., comma 1 ter, pur rilevando che la norma in esame integra "un caso di presunzione di inadeguatezza di ogni misura coercitiva diversa dalla custodia cautelare in carcere una volta che la meno affittiva misura degli arresti domiciliari si sia rilevata insufficiente allo scopo, per la trasgressione del suo contenuto essenziale", e che "non appare irragionevole ritenere che il volontario allontanamento dalla propria abitazione costituisca pertanto l'indice di una radicale insofferenza alle prescrizioni da parte della persona sottoposta alla misura degli arresti domiciliari, tale (da incidere sulla valutazione circa l'adeguatezza di questa specifica misura cautelare", ha evidenziato che "peraltro, una volta che alla nozione di allontanamento dalla propria abitazione si riconosca tale valenza rivelatrice in ordine alla sopravvenuta inadeguatezza degli arresti domiciliari, non è escluso che il fatto idoneo a giustificare la sostituzione della misura, tipizzato dal legislatore nella anzidetto formula normativa, possa essere apprezzato dal giudice in tutte le sue connotazioni strutturali e finalistiche, per verificare se la condotta di trasgressione in concreto realizzata presenti quei caratteri di effettiva lesività alla cui stregua ritenere integrata la violazione che la norma impugnata assume a presupposto della sostituzione". In adesione a tale autorevole opzione interpretativa, deve escludersi che la norma posta dal citato art. 276 c.p.p., comma 1 ter imponga come una sorta di meccanismo automatico l'aggravamento della misura degli arresti domiciliari in conseguenza dell'allontanamento dell'imputato dalla sua abitazione o da altro luogo di privata dimora, dovendosi al contrario ritenere che essa richieda comunque al giudice una valutazione in concreto del disvalore della condotta di trasgressione").

    Nel caso di specie il Tribunale ha posto in rilievo che il mancato rispetto delle prescrizioni (in base alle quali al ricorrente era consentito di lasciare il luogo degli arresti al solo fine di recarsi dal medico in ragione delle proprie condizioni di salute) era dimostrativo della noncuranza delle regole e quindi dell' inidoneità della misura attenuata (tanto più che la sosta all'ufficio postale era giustificata dall' esigenza di effettuare un versamento, da parte di soggetto imputato per gravi episodi di usura e già condannato in primo grado alla pena di nove anni di reclusione).

    Il ricorso deve in conseguenza essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di legge.
    PQM
    P.Q.M.

    Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

    Si provveda a norma dell'art. 94 disp. att. cod. proc. pen..

    Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2013.

    Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2013
Avv. Antonino Sugamele

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