Ad una coppia di cinesi indagati di 416 cp vengono sequestrati due appartamenti. I due si difendono assererendo che sono donazioni della sorella che vive in Cina. La Cassazione annulla. La motivazione è apodittica.
Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 14 febbraio – 24 aprile 2013, n. 18387
Presidente Cosentino – Relatore Cammino
Osserva
Con ordinanza in data 20 marzo 2012 il Tribunale di Roma ha confermato, in sede di riesame, il decreto di sequestro preventivo emesso il 24 febbraio 2012 dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma nei confronti di L.M. e L.F. , coniugi di nazionalità ... residenti in ..., sottoposti ad indagini in ordine al reato di associazione per delinquere finalizzata alla ricettazione e all'importazione di merce con marchio contraffatto “in epoca prossima all'(omissis) " nonché in ordine ai reati di ricettazione e commercio di merce recante marchi contraffatti "in epoca prossima al (omissis) ", data in cui si era proceduto a perquisizione domiciliare nei confronti dei predetti indagati e dei congiunti facenti parte, secondo la tesi accusatoria, del sodalizio criminoso (W.X. e L.S.W. , genitori di L.M.X. , e il fratello di quest'ultima, L.Z. , con la compagna convivente Z.L.M. ).
Il sequestro preventivo ha riguardato, per L.M. due appartamenti e relative pertinenze e, inoltre, il 50% delle quote societarie della Imma s.r.l. e per il marito L.F. del restante 50% delle quote societarie della predetta società.
Il tribunale per il riesame ha ritenuto la sussistenza del fumus del reato di associazione per delinquere, desumendolo dalla titolarità della quote della società Imma s.r.l. che aveva sede nell'esercizio commerciale gestito dai coniugi in (omissis) , nel locale in cui si erano avvicendate altre due società in liquidazione (Liu Shi Gruppo s.r.l. e Liu Shi International Import-Export s.r.l.) in cui i sei indagati si erano alternati nel ruolo di legale rappresentante, di socio e di dipendente, dal sequestro in data (omissis) nel negozio di via (omissis) e nell'abitazione di W.X. e L.S.W. di un considerevole quantitativo di oggetti contraffatti destinati ad essere venduti sia nel negozio della Imma s.r.l. sia nel negozio della società Mac Mode s.r.l. le cui quote sociali erano detenute da W.X. e Z.L.M. , dal rinvenimento nel corso della perquisizione effettuata nell'abitazione di L.Z. di numerose ricevute di money transfer i cui mittenti corrispondevano almeno in parte ai nominativi indicati sugli analoghi documenti sequestrati presso l'abitazione di L.M. e L.F. unitamente a copie fotostatiche di passaporti e permessi di soggiorno intestati a diversi soggetti di nazionalità cinese. Il giudice di merito ha quindi ritenuto che i sei indagati cooperassero stabilmente nell'attività di trasferimento dei proventi illeciti dello smercio dei prodotti contraffatti, in elusione della normativa antiriciclaggio di cui al D.Lgs.n.231/2007. Quanto ai reati - fine il fumus si desumeva dall'accettata contraffazione del marchio sull'elevato quantitativo di mercé sequestrata.
Con riferimento ai beni sequestrati il Tribunale del riesame ha evidenziato l'assoluta inadeguatezza dei redditi dichiarati dai due coniugi in relazione al valore dei beni acquistati ed ha ritenuto inattendibile la tesi difensiva del pagamento dei due immobili sequestrati con bonifici provenienti dalla ... e in particolare dalla sorella di L.F. , osservando che dalla documentazione prodotta costei (L.Y. ) risulterebbe prima figlia di C.N.L. nata tuttavia nell'anno ... e quindi dopo L.F. (che sarebbe quindi fratello maggiore e primo figlio) e che la politica demografica cinese del figlio unico renderebbe inverosimile la presenza nella stessa famiglia di un fratello e di una sorella. L'entità delle rimesse (60.000,00 Euro circa nell'anno 2009) non giustificherebbe comunque l'acquisto degli immobili. Né sarebbe necessario, secondo il Tribunale del riesame, la sussistenza del nesso di pertinenzialità tra il bene e il reato, come per la confisca, ma solo un vincolo più ampio tra il bene e l'attività delittuosa. Se il riferimento fatto dalla difesa riguardasse il sequestro per equivalente ex art.474 bis c.p., detto sequestro secondo il giudice di merito può essere disposto comunque per un valore corrispondente all'intero ammontare del prodotto, profitto o prezzo del reato nei confronti di ciascun concorrente.
Avverso la predetta ordinanza L.M. e L.F. hanno proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione. Con il ricorso si deduce l'inosservanza o erronea applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 321 co. 2 c.p.p. e 12 sexies D.L.8 giugno 1992 n. 306 per i seguenti motivi:
- per la mancata individuazione del vincolo della pertinenzialità tra i beni sequestrati e i delitti contestati; si sostiene a questo riguardo che, quanto meno in termini di ragionevolezza temporale, sarebbe necessario circoscrivere l'ambito di applicazione della misura cautelare finalizzata alla confisca prevista dall'art.12 sexies D.L. 306/1992 ai beni che costituiscono corpo del reato o cose pertinenti al reato, altrimenti, riferendo il sequestro alla mera sproporzione tra il valore economico dei beni di cui l'indagato ha la disponibilità e il reddito da lui dichiarato o i proventi della sua attività economica, si finirebbe per anticipare gli effetti della confisca ad un momento antecedente alla sentenza di condanna, dando luogo ad una presunzione di colpevolezza contrastante con l'art. 27 Cost.; detta interpretazione sarebbe avvalorata dal tenore letterale del quarto comma dell'art. 12 sexies cit.;
- per la mancata individuazione del fumus commissi delicti in relazione al reato associativo non essendo stato specificato il ruolo ricoperto dai ricorrenti nell'ambito del sodalizio, i termini del pactum sceleris, il vincolo di continuazione tra il reato associativo e il delitti - fine in ordine ai quali non sarebbe stato indicato alcun elemento concreto caratterizzante le fattispecie criminose;
- l'assenza di motivazione circa le allegazioni difensive sull'origine lecita dei beni sequestrati; si sostiene che il pubblico ministero, prima di chiedere l'emissione del decreto di sequestro preventivo, avrebbe dovuto concedere agli indagati la possibilità di fornire adeguate giustificazioni sulla provenienza dei beni attraverso l'interrogatorio ex art. 375 c.p.p.; che, comunque, era stato provato che i beni immobili erano stati acquistati in parte avvalendosi di un mutuo (contrariamente a quanto affermato dalla Guardia di Finanza e come, invece, risultava dagli atti notarili di compravendita) e per altra parte utilizzando i proventi dell'attività commerciale svolta dai ricorrenti e le donazioni pervenute dai congiunti residenti in XXXX; a quest'ultimo riguardo il tribunale del riesame aveva confutato, con argomentazioni generiche e illogiche, solo la veridicità delle rimesse in denaro da parte della sorella di L.F. , trascurando invece di valutare la documentazione circa i bonifici del padre di L.F. e della sorella di L.M. e il reddito costituito dai proventi della locazione di uno dei due immobili di proprietà.
Il ricorso è solo parzialmente fondato.
È infondata infatti la doglianza relativa alla necessità di individuare un vincolo di pertinenzialità tra i beni sequestrati e i delitti contestati. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, condivisa dal collegio, in tema di confisca (e sequestro) dei beni patrimoniali prevista dall'art. 12 sexies D.L. n.306 del 1992, convertito con modifiche nella legge 7 agosto 1992 n.356, è irrilevante il requisito della pertinenzialità tra beni da confiscare e reato dal momento che opera una presunzione legislativa di illecita accumulazione (Cass. sez. III 9 luglio 2008 n.38249, Sforza; sez. I 15 gennaio 2009 n.8404; sez. VI 22 novembre 2011 n. 22020, Notarangelo; sez. I 18 febbraio 2009 n. 11269, Pelle; Sez. Un. 17 dicembre 2003 n. 920, Montella). Non rileva, pertanto, se i beni da confiscare (o sequestrare) siano o meno derivanti dal reato, sicché detta confisca non è esclusa per il fatto che i beni siano stati acquisiti in epoca anteriore al reato per cui è intervenuta condanna, indipendentemente dall'effettivo valore o provento di quest'ultimo.
Parimenti infondata è la doglianza relativa alla mancata individuazione del fumus commissi delicti sia in ordine al reato associativo che ai reati - fine. La verifica dell'astratta configurabilità dei reati, che legittimavano nel caso concreto l'applicazione del sequestro preventivo funzionale alla confisca previsto dall'art. 12 sexies della legge n.356 del 1992, è stata compiuta del giudice di merito - il cui controllo, ai fini del sequestro preventivo di beni confiscabili ai sensi dell'art. 12 sexies D.L. n.306 del 1992, deve comunque limitarsi all'astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito in una determinata ipotesi di reato, senza che rilevino né la sussistenza degli indizi di colpevolezza, né la loro gravità Cass. sez. I 1 aprile 2010 n. 19516, Barilari; sez. V 24 marzo 2009 n. 20818. Salvatore; sez. I 14 gennaio 2009 n. 9218, Barrazzo; sez. VI 14 aprile 2008 n. 27710, Iorio) - con ampia analisi delle risultanze investigative e con riferimento specifico al reato associativo e ai reati-fine e ai motivi di gravame (ff.8-15). Le osservazioni della difesa al riguardo sono generiche e si risolvono nella deduzione di vizi della motivazione, mentre il ricorso per cassazione avverso l'ordinanza emessa in sede di riesame dei provvedimenti di sequestro preventivo è proponibile solo per violazione di legge. Va osservato, del resto, che è preclusa alla Corte una valutazione che possa risolversi in un'anticipata decisione della questione di merito e quindi in una verifica in concreto della fondatezza della tesi accusatoria. Il sindacato sulle condizioni di legittimità della misura cautelare reale si realizza infatti attraverso una delibazione sommaria della congruità degli elementi rappresentati in cui, senza prescindere dalle concrete risultanze processuali e dalle contestazioni difensive (Cass. sez. IV 29 gennaio 2007 n.10979, Veronese; sez. I 19 dicembre 2003 n.1885, Cantoni; sez. II 21 ottobre 2003 n.47402, Di Gioia; sez. III 11 giugno 2002 n.36538, Pianelli; sez. VI 3 marzo 1998 n. 731, Campo; Sez. Un. 20 novembre 1996 n. 23, Bassi), possono rilevare eventuali difformità tra fattispecie legale e fattispecie reale solo se ravvisabili ictu oculi.
Fondata risulta invece la doglianza difensiva riguardante l'assenza di motivazione sulle allegazioni difensive in ordine all'origine lecita dei beni sequestrati. Quanto alla giustificazione offerta dai ricorrenti con l'istanza di riesame in ordine all'acquisto dei due immobili sequestrati principalmente con somme di denaro costituenti donazioni elargite dai familiari residenti in ... e con i redditi risultanti dalle rispettive dichiarazioni fiscali, nell'ordinanza impugnata si fa rilevare l'assoluta inadeguatezza dei redditi dichiarati in relazione al valore dei beni acquistati e si afferma inoltre, quanto alle allegazioni difensive, l'incongruenza della documentazione tesa a dimostrare la donazione a L.F. di una somma di poco meno di 60.000,00 Euro da parte della sorella L.Y. . Il giudice del riesame ritiene tale documentazione inattendibile sulla base di una presunta erronea traduzione del certificato anagrafico attestante il rapporto di parentela, pur trattandosi di un atto notarile, e in considerazione della politica demografica del "figlio unico" attuata in ..., “con tanto di aborto imposto e sanzioni di vario genere per le coppie che attendono il secondo figlio", che impedirebbe di ritenere veritiero il documento. Il Tribunale del riesame ha omesso tuttavia di prendere in esame distintamente la documentazione prodotta in relazione ai singoli acquisti immobiliari, per il cui pagamento risultavano essere stati stipulati dei mutui, di valutare quanto all'acquisto dell'immobile sito in (omissis) (effettuato nell'anno ...) la documentazione inerente i bonifici effettuati in favore di L.F. anche dal padre L.C. e i redditi percepiti dalla locazione nel (omissis) dell'immobile sito al (omissis) (le relative somme sarebbero state utilizzate, secondo la prospettazione difensiva, unitamente alla somma proveniente dalla sorella di L.F. , L.Y. , per il parziale pagamento dell'immobile di via ... effettuato nell'anno ...). In ordine all'acquisto dell'immobile di (omissis) e delle relative pertinenze, effettuato nell'anno ..., non risulta essere stata esaminata la documentazione inerente le disponibilità finanziarie personali di L.M. derivanti dai regali ricevuti dai propri familiari in occasione del matrimonio e della nascita della figlia e dal consistente bonifico di 99.935,00 Euro eseguito dalla sorella L.L. . Ne consegue che solo apparente risulta la motivazione dell'ordinanza impugnata nella parte in cui si esclude - sulla base di argomentazioni generiche e apodittiche in relazione alla certificazione relativa al rapporto di parentela tra L.F. e L.Y. e senza valutare l'ulteriore copiosa documentazione prodotta - la validità delle specifiche allegazioni difensive dirette a fornire, a fronte della sproporzione tra il reddito dichiarato dai ricorrenti e il valore economico dei beni sequestrati, la giustificazione della lecita provenienza dei beni sequestrati.
Si impone, pertanto, l'annullamento dell'ordinanza impugnata, con conseguente trasmissione al Tribunale di Roma per nuovo esame sul punto.
P.Q.M.
annulla l'ordinanza impugnata e dispone che gli atti siano trasmessi al Tribunale di Roma per nuovo esame.
29-04-2013 22:54
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