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Si all'amnistia da alcune direttrici di istituti penitenziari
Si all'amnistia da alcune direttrici di istituti penitenziari
Sì all'amnistia, a patto che si accompagni ad altri provvedimenti più organici e strutturali, per affrontare l'emergenza delle carceri italiane. Fuori dalla polemica politica, ma quotidianamente impegnate sul campo, alcune direttrici di istituti penitenziari, dal nord al sud del Paese, da Milano a Enna, interpellate dall'Adnkronos, sono concordi, e avvertono: l'eventuale ricorso a un provvedimento di clemenza sia pensato come parte di un intervento più complessivo. Con un occhio alla scadenza imposta dalla Corte europea dei diritti dell'Uomo, che ha condannato l'Italia per le condizioni disumane delle carceri e ci dà tempo fino a maggio del 2014 per 'riparare'.

“L'amnistia è un provvedimento che nell'immediato risolve sicuramente i problemi di sovraffollamento penitenziario e il sovraccarico di processi nelle aule di giustizia. Ma è giusto accompagnarlo a provvedimenti più strutturali di lungo respiro, come quelli attuati di recente - dice Gloria Manzelli, direttore di del carcere milanese di San Vittore - la detenzione domiciliare, le misure che alleggeriscono gli accessi in carcere, che nel medio-lungo periodo possano avere un effetto deflattivo. È un ottimo provvedimento che può fare da trampolino di lancio ad altri”. La direttrice esprime dunque ''apprezzamento'' per ''i recenti provvedimenti del governo, innanzitutto perché segnalano un'attenzione al problema del sovraffollamento, a fronte di una condanna della Corte europea dei Diritti dell'uomo''. Un provvedimento di clemenza, infine, ricorda Manzelli, ''incide comunque sui reati di non particolare allarme sociale, e si aggiunge a interventi già fatti che vanno nella stessa direzione''.

Si dice d'accordo con i nuovi richiami all'amnistia del ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, anche Alba Casella, che dirige il carcere di Modena. ''Senza un provvedimento di questo tipo dal punto di vista organizzativo è difficile riuscire a rientrare nei limiti che ci consentano di rispettare i parametri imposti da Corte di Giustizia europea, nonostante tutti i tentativi che l'amministrazione sta facendo, attraverso il regime aperto, e sperimentando un modo nuovo di organizzare la vita negli istituti penitenziari''. Ma, ricorda, i numeri sono impietosi. ''Resta il fatto che ci sono 20 mila detenuti in più rispetto alla capienza, e che difficilmente questo consentirà di rientrare nei parametri ordinari. Ventimila posti non si possono recuperare in nessun modo se non con un provvedimento di clemenza''. Ma, avverte, ''aprire le celle senza poi dar seguito ad attività trattamentali non ci consentirebbe comunque di rispettare il dettato di Strasburgo. In questo momento non ci sono fondi, c'e' solo il volontariato, che non e' una risorsa inesauribile''. Dunque, sì all'amnistia ma non da sola, ''altrimenti rischia di fare la fine dell'indulto del 2006. Va accompagnata dal rilancio delle misure alternative e di misure normative che servono per evitare che si riproponga la situazione attuale''. Da questo punto di vista, per la direttrice del carcere modenese ''il tentativo che il ministro ha fatto col decreto è stato tiepido nei risultati'', e complessivamente le ultime misure adottate ''non sono strumenti che servono nel breve periodo, non sono sufficienti: ci hanno consentito di ridurre gli ingressi ma di circa 1500 unità, che è poca cosa rispetto ai 20mila. Da tempo il ministro insiste perché la ritiene l'unico strumento che ci consente di arrivare in un tempo breve a rispettare la scadenza di maggio 2014, a migliorare la vivibilità, cosa che sta già' avvenendo.

Amnistia e indulto ''sono provvedimenti non risolutivi, hanno una loro utilità a fini deflattivi per poter mettere mano ad altri interventi'' ma comunque ''un'amnistia che non si colleghi a un episodio specifico della vita del Paese ''è un po' una resa, una presa d'atto dell'incapacità di gestire l'ordinario''. E' l'opinione di Letizia Bellelli, che dirige il carcere di Enna. Dunque l'amnistia ''va bene solo per tamponare una situazione di emergenza, poi però bisogna ripensare la gestione degli istituti, capire come si possono dare condizioni di detenzione più decorose, accelerando anche i lavori di ristrutturazione. Se serve a questo, ben venga, il problema è poi la gestione del sistema penale, l'individuazione dei reati e delle misure restrittive, per arrivare al carcere come extrema ratio''. Per fare questo, sottolinea Bellelli, ''valgono quei provvedimenti ai quali si sta cominciando a mettere mano, la capacità di pensare in modi diversi la detenzione, che consenta una restituzione diversa alla società di chi ha commesso un reato''. Anche per quanto riguarda l'organizzazione degli istituti penitenziari: ''si stanno mettendo in moto concezioni differenti, c'e' fermento: la sentenza Ue ha fatto un po' da elettrochoc, ci ha costretto a interrogarci, al di là del quotidiano, su come ripensare il sistema''. L'auspicio è dunque che ''prevalga una valutazione a largo raggio: procedendo con ordine e serenità si può arrivare ad avere strutture dignitose e adeguate rispetto ai diritti umani, che da maggio 2014 devono essere garantiti''.

Fonte SOLE24ORE
Avv. Antonino Sugamele

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