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La polizia penitenziaria nel 2012 ha svolto 176.836 traduzioni: costo 45 milioni di euro.
La polizia penitenziaria nel 2012 ha svolto 176.836 traduzioni: costo 45 milioni di euro.
Nel 2012 la polizia penitenziaria ha effettuato 176.836 servizi di traduzione per un totale di 358.304 detenuti tradotti per un costo complessivo che si può prefigurare tra i 40 e i 45 milioni di euro». Eugenio Sarno, segretario generale della UilPa Penitenziari, precisa che i detenuti tradotti per motivi di giustizia sono stati 214.980, per motivi sanitari 82.422, per assegnazione di sede 56.307, per permessi con scorta 4.595. Le traduzioni effettuate in ambito extraregionale sono state 22.309, in ambito regionale 57.024, in ambito locale 97.773.

Nello stesso periodo, le traduzioni con autoveicoli sono state 169.308, quelle per via aerea 4.166, per via mare 444, pedonali 2.919. I detenuti tradotti classificati comuni o a media sicurezza sono stati 272.839, quelli classificati ad alta sicurezza 76.644, i detenuti tradotti e sottoposti al 41-bis sono stati 1.293, i collaboratori di giustizia o loro familiari 3.647, gli internati 3.876.

Dal confronto dei dati, spiega Sarno, «emergono aspetti particolarmente inquietanti, sia in relazione alla sicurezza sia in relazione ai costi di gestione. A regolamento vigente quei circa 360mila detenuti tradotti avrebbero dovuto prevedere un impiego di non meno di 800mila unità di polizia penitenziaria. Una media di 2,2 unità per ogni detenuto tradotto. Invece le unità di polizia penitenziaria impiegate in servizi di scorta sono state 554.354 con una media di 1,5 unità per detenuto tradotto. E tale media (già penalizzante) si riduce notevolmente in alcune realtà territoriali: 1,2 in Campania, 1,3 nel Lazio, 1,4 in Calabria».

Per il segretario generale della UilPa Penitenziari, «un'adeguata politica di investimenti e di gestione potrebbe abbattere considerevolmente i costi, a partire da un piano carceri che consegua l'obiettivo di abbattere le traduzioni a lungo percorso e di cui, purtroppo, abbiamo perso ogni traccia, anche perché inopinatamente assegnato ad un commissario straordinario esterno all'amministrazione penitenziaria».

Non solo: «considerato che circa il 60% delle traduzioni viene effettuato per motivi di giustizia sarebbe opportuno prevedere l'implementazione dei servizi di videoconferenza, oggi previsti solo per i 41-bis (ma non sempre funzionali ed attivi)».  Un capitolo a sé è quello rappresentato dall'«esorbitante numero di detenuti tradotti per motivi sanitari. Se è vero - osserva Sarno - che circa 71mila sono stati movimentati per visite ambulatoriali e che in moltissime realtà penitenziarie gli ambulatori sono stati chiusi, forse sarebbe il caso di rivedere tali decisioni ed affermare un modello per cui è lo specialista a recarsi in carcere e non il detenuto a recarsi in strutture esterne replicanti i laboratori già presenti in istituto».

In questo quadro «desolante» ed «allarmante», Sarno ricorda infine che «circa l'85% degli automezzi della polizia penitenziaria destinati alle traduzioni è da considerarsi illegale perché privo dei collaudi di affidabilità o perché quei collaudi non sono stati superati. Nonostante ciò i baschi blu continuano ad assicurare, a loro rischio e pericolo, i servizi per garantire il diritto alla difesa ed alla salute dei detenuti. Per questo condividiamo il giudizio del ministro Severino, che più volte ha definito eroi le donne e gli uomini della polizia penitenziaria. Ma agli eroi, prima o poi devono anche essere assicurati mezzi, strumenti e diritti».
Avv. Antonino Sugamele

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