Ricorso straordinario.Inammissibile. Maresciallo dei Carabinieri si appropria di due panetti di hashish durante un sequestro.
Autorità: Cassazione penale sez. III
Data udienza: 17 ottobre 2012
Numero: n. 44495
Intestazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNINO Saverio Felice - Presidente -
Dott. GRILLO Renato - Consigliere -
Dott. AMORESANO Silvio - Consigliere -
Dott. MULLIRI Guicla - rel. Consigliere -
Dott. ORILIA Lorenzo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.F., nato a (OMISSIS);
imputato D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 T.U.;
avverso la sentenza della 4^ sez. della Corte di Cassazione del
29.9.11;
Sentita, in udienza, la relazione del cons. MULLIRI Guicla;
Sentito il P.M. nella persona del P.G. dott. GERACI Vincenzo che ha
chiesto trattarsi il ricorso;
Sentito il difensore dell'indagato avv. Santopietro Fabio Eugenio,
che ha insistito per l'accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Vicenda processuale e provvedimento impugnato - il presente ricorso straordinario ha ad oggetto la sentenza della quarta sezione di questa S.C. con cui è stato respinto il ricorso che l'odierno ricorrente, C.F., aveva promosso contro la decisione della Corte d'appello di conferma della condanna, a nove anni di reclusione, a lui inflitta per violazione dell'art. 73 cit. T.U. stup. (detenzione illecita di 200 gr. di hashish e cessione di una parte di tale stupefacente a tale A.M.).
Ai fini di una migliore comprensione dei motivi del gravame qui proposto occorre - per quanto possibile sinteticamente - ripercorrere la vicenda (così come la si apprende dalla sentenza impugnata).
C. è sottufficiale dell'Arma dei Carabinieri, maresciallo, ed, in tale veste stava conducendo delle indagini su un traffico di droga svolte anche a mezzo intercettazioni telefoniche.
Grazie ad esse venne eseguito un controllo apparentemente occasionale a bordo di un autobus di linea dove F.R. venne colto in possesso di alcune buste contenenti droga.
Nei verbali di arresto e di sequestro, si riferisce che, a seguito della pesatura in caserma, la droga risultò esser costituita da 18 panetti da un etto di hashish e 5 panetti da due etti per un peso complessivo di kg. 2,757.
In udienza dibattimentale l'arrestato dichiarò che la droga in suo possesso era rappresentata da 20 panetti da un etto di hashish e 5 panetti da due etti per un peso complessivo di 3 kg.
Tempo dopo, venne arrestato A.M. e - si legge nella sentenza impugnata - gli "venne trovato un pezzo di hashish che risultò avere caratteristiche simili a quelle dei 18 panetti trovati in possesso del F.".
Dalle intercettazioni, emerse una assiduità di rapporti tra il m.llo C. ed A. il quale ultimo, a seguito del proprio arresto, riferì di avere appreso dal militare che egli si era appropriato di due panetti da un etto all'hashish sequestro a F. e che ciò era avvenuto mentre trasportavano l'arrestato in caserma. A tal fine, egli aveva distratto il collega, app.to Co., intento alla guida, segnalandogli un difettoso funzionamento del tachimetro. In tal modo, era riuscito a sottrarre i due panetti dalle buste che teneva tra le gambe mentre era seduto di fianco al conducente.
Inoltre, dalle indagini era emerso che C., in occasione dell'arresto di F., aveva impedito ad un altro collega di salire a bordo della vettura su cui stavano trasportando l'arrestato e la droga e che, mentre i colleghi erano impegnati nella pesatura dei panetti in caserma, aveva dedotto di avere dimenticato il proprio cellulare sull'auto ed avrebbe, quindi, potuto in quella circostanza, recuperare i panetti furtivamente sottratti durante il tragitto.
Il 21.6.08, C. fu arrestato ed a seguito di un prelievo di sangue, emerse l'assunzione di hashish.
2. Motivi del ricorso - Avverso la decisione con cui questa S.C. ha respinto il ricorso proposto contro la conferma della Corte d'appello, il C., mediante il difensore, deduce essersi in presenza vari errori di fatto determinati da una inesatta percezione delle risultanze processuali e che hanno condotto cd. una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza tali errori:
1) errore relativo all'escamotage che C. avrebbe utilizzato per sottrarre la droga. Sul punto, la Corte ha considerato decisiva la circostanza che l'app.to Co. ed A. non si conoscessero ed ha desunto che quanto riferito da lui riferito, A. non avrebbe potuto che averlo appreso dallo stesso C.. Detto in estrema sintesi, però, si fa notare:
a) che è stato accertato che A. era soggetto noto all'ufficio e che, quindi, avrebbe potuto avere avuto rapporti anche con altri appartenenti al Nucleo Radiomobile ove operava il C. ed apprendere anche da altri - diversi dal C. - del guasto al tachimetro;
b) il fatto che Co. fosse stato "distratto" da C. (con la scusa del tachimetro) è frutto di una mera illazione visto che l'app.to Co. ha solo riferito che il collega di fianco gli aveva fatto notare che il tachimetro doveva avere qualcosa di strano - visto che segnava solo 60 km/h mentre essi andavano più veloci - ma ha escluso espressamente che il mar.llo C., seduto accanto a lui, avesse fatto "manovre sospette nella busta che aveva con sè".
c) il guasto al tachimetro si manifestò solo nel viaggio di ritorno ed è quindi impossibile supporre una "premeditazione" del C. nell'utilizzo dell'escamotage;
2) a) errore sulla circostanza che C. avrebbe impedito ad un altro collega di salire sull'auto. In realtà ciò avvenne solo perchè l'auto (come riferito dallo stesso Co.) non aveva altro spazio visto che i sedili anteriori erano occupati dal C. e dall'autista Co. e, dietro, si trovava l'arrestato F. "bloccato" dalle portiere non apribili e separato dalla parte anteriore da un vetro che fungeva da pannello di sbarramento.
b) errore sulle modalità di prelievo dei pacchetti di droga. Sempre Co. ha dichiarato che la droga sequestrata a F. era custodita "dentro una busta ... era una busta dentro un'altra bustaie che la busta era una busta d'abbigliamento, infatti c'erano anche capi di abbigliamento ... alta circa una sessantina di centimetri".
Soggiunge il ricorrente che, rebus sic stantibus, considerato anche che il C. è persona robusta alta mt. 1,85 e di circa 100 kg di peso, se avesse dovuto estrarre i panetti avrebbe fatto una tale confusione da non passare inosservato;
3) errore sulla qualità dell'hashish.
a) Sostiene, infatti la S.C. (avallando il ragionamento dei giudici di merito) che la droga sequestrata a F. era del peso di 3 kg ma, in realtà la circostanza non è stata riscontrata mentre vi è difformità tra quanto l'arrestato dichiarò nell'immediato (2 kg) e ciò che disse in dibattimento (3 kg). Il punto è che non avendo F. controllato quanto acquistato, ben avrebbe potuto essere stato, a propria volta, tratto in inganno dal proprio venditore.
b) in base alla ct. sullo stupefacente sequestrato a F. e quello sequestrato ad A. il principio attivo della droga di A. è di 5,50% essa, pertanto è "diversa" e non (come detto dai giudici) "analoga" a quella della droga di F.. In ogni caso, anche ove identica, non avrebbe potuto provenire da altro panetto;
4) errore di fatto in merito al protocollo seguito dalla dott.ssa Fu. nella redazione della perizia sull'urina del mar.llo C..
Secondo il ricorrente, l'esame avrebbe dovuto essere eseguito in accordo con il Protocollo indicato dalle Linee Guida per i Laboratori di analisi con finalità medico-legali elaborate dalla Commissione Qualità del Gruppo Tossicologi Forensi Italiani in base alle quali il "valore-soglia" del test di primo livello è di 50 nanogrammi/millilitro. Siccome il primo test sull'urina del C. fu invece eseguito avendo come valore soglia 25 ng/ml con il risultato che se ciò fosse avvenuto, non si sarebbe dovuti passare all'esame di secondo livello che, in effetti rivelò la presenza di tracce di cannabinoidi nelle urine del C..
5) errore sui rapporti tra il C. e A.M.. La Corte è incorsa nell'errore percettivo di considerare il rapporto tra i due come caratterizzato da rancore di A. verso C. perchè avrebbe avuto una relazione con la propria moglie. In realtà le cose non stanno in questo modo. A. e C. si frequentavano perchè A. era una sorta di confidente del maresciallo e, comunque, eventuali incontri "anomali" tra i due (emersi nel giudizio) non giustificano la grave accusa posto che, in ogni caso le intercettazioni evidenziano ragioni di astio tra i due causate dal fatto che è stato C. a comunicare alla moglie di A. che il marito aveva una stabile relazione extraconiugale.
La Corte è incorsa in una svista non esaminando attentamente alcune conversazioni telefoniche;
6) errore di fatto in merito alla personalità del C. giudicata negativamente dai giudici ancorchè egli sia incensurato e non abbai mai demeritato nel corso della sua carriera.
Il ricorrente conclude invocando la correzione della sentenza impugnata.
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CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Motivi della decisione - Il ricorso è manifestamente infondato e, quindi, inammissibile.
I motivi di ricorso addotti - appena riprodotti in dettaglio, pur con la necessaria sintesi - sono emblematici del fatto che, attraverso la denuncia formale di "errori di fatto", non si fa altro che riproporre gli stessi argomenti difensivi già svolti (ed esaminati) davanti alla 4^ sezione di questa S.C. al solo scopo di rimettere in discussione il decisum ed ottenere da questa S.C. un diverso apprezzamento degli stessi elementi di fatto della vicenda processuale al fine di trarne conseguenze diverse e più favorevoli.
Tale, però, non è - e non può essere - lo scopo cui risponde l'istituto del ricorso straordinario ex art. 625 c.p.p..
E' appena il caso di ricordare, con le parole delle Sezioni Unite di questa Corte di legittimità (14.7.11, Corsini, rv. 250527) che, qualora la causa dell'errore sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio "come tale, escluso dall'orizzonte del rimedio previsto dall'art. 625 bis c.p.p.".
Orbene, nella specie, a ben vedere, - ammesso e non concesso che si possa riscontrare un qualche errore - esso sarebbe comunque da identificare nella prospettiva in cui sono state esaminate e valutate le prove acquisite. Ed infatti, ciascuno dei motivi sopra enunciati si risolve esclusivamente in una critica alla valutazione del fatto processuale operata dai giudici di merito ed avallata dalla S.C. assumendo esservi stato "errore di fatto" sol perchè le vicende da essi prese in considerazione non sono state interpretate nel senso auspicato dal ricorrente e non ne sono state tratte le diverse conclusioni (pure astrattamente possibili) che egli indica.
Tutto ciò, perè, è, di per sè, incompatibile con la nozione di "errore di fatto" normativamente accolta ma si risolve, piuttosto, in una "rivisitazione del fatto" per evidenziare la possibilità di interpretarlo in modo diverso da come avvenuto.
E' stato, tuttavia, anche ricordato da questa S.C. (sez. 1, 15.4.09, di Matteo, rv. 244067) che è inammissibile il ricorso straordinario per errore di fatto "con il quale si deducano pretesi errori di lettura, comprensione o valutazione di atti processuali del giudizio di merito, invece di una inesatta percezione di risultanze direttamente ricavabili da atti relativi al giudizio di cassazione".
Ed infatti, "l'errore materiale è il frutto di una divergenza del tutto formale ed esteriore tra volontà effettiva del giudice e volontà manifestata, mentre l'errore di fatto è l'erronea percezione causata da una svista o da un equivoco in cui il giudice sia incorso nella lettura degli atti e che ha determinato una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso" (sez. 4 (ord.), 28.6.05, Chino, rv. 232451).
Alla stregua dei principi che precedono, il ricorso non può essere trattato nel merito perchè la valutazione preliminare di ammissibilità, da farsi ex art. 625 bis c.p.p., comma 4, porta inevitabilmente questo Collegio a constatare la sua manifesta infondatezza.
Alla presente declaratoria segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 Euro.
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P.Q.M.
Visti gli artt. 615 e ss. c.p.p..
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle Ammende della somma di 1000 Euro Così deciso in Roma, il 17 ottobre 2012.
Depositato in Cancelleria il 15 novembre 2012
08-12-2012 10:49
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