Presenta i DM10 dichiarando di avere erogato indennità di maternità mai corrisposta. Assolto.Applicazione art. 37 L. 689/81.
Tribunale della Spezia
Sentenza 533 del 2012
Pronunciata in data 09-07-2012
Depositata in data 12-07-2012
Proc. n. 146/11 r.g. mod.16
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FATTO E DIRITTO
A seguito di opposizione a decreto penale, il Giudice delle Indagini Preliminari presso il Tribunale della Spezia disponeva in data 3 novembre 2010 la citazione a giudizio di M.M., quale imputato del reato descritto in epigrafe (reato di cui all'articolo 640 comma 2 c.p.).
All'udienza, previa verifica della regolarità della notifica del decreto di citazione, veniva dichiarata la contumacia dell'imputato, non comparso senza addurre alcun legittimo impedimento, veniva dichiarato aperto il dibattimento e le parti avanzavano le rispettive richieste di prova.
Si procedeva poi all'istruttoria dibattimentale mediante escussione dei testimoni indicati dal P.M. e dalla difesa ed ammessi con ordinanza.
Il Pubblico Ministero ed il difensore concludevano come da verbale.
All'esito questo Giudice assolveva l'imputato, in ordine al reato ascritto, alla stregua delle risultanze processuali.
Dall'istruttoria sono infatti emerse le seguenti circostanze.
La teste D.C. , in servizio all'Inps, riferiva che la società cui l'imputato era all'epoca legale rappresentante aveva presentato dei modelli DM 10 relativi ad una dipendente, tale M. S. S. , dai quali risultava che alla stessa, assente dal lavoro prima per gravidanza e poi per maternità, il datore di lavoro aveva erogato le indennità di malattia e di maternità, così anticipando somme che sono in ultima istanza a carico dell'Inps, sicché poi dette somme anticipate dal datore di lavoro erano state conguagliate con i debiti previdenziali del datore di lavoro con l'Inps. Da successivi accertamenti emergeva tuttavia che le predette somme non erano state affatto erogate dal datore di lavoro alla dipendente, per cui era del tutto indebito il conguaglio effettuato.
I testi della difesa M.M., I.P. e B.B. , il primo dipendente della società, il secondo consulente del lavoro della società, la terza dipendente e collaboratrice dello studio di consulenza del lavoro, riferivano tutti che la società aveva molti dipendenti e che l'imputato, quale legale rappresentante della società, non si curava degli aspetti concernenti la comunicazione allo studio di consulenza del lavoro delle vicende lavorative dei dipendenti, laddove era proprio lo studio di consulenza del lavoro a provvedere alla redazione dei modelli DM10.
La difesa dell'imputato in sede di discussione ha rilevato sia la mancanza di prova dell'elemento oggettivo e soggettivo del reato, perché non vi sarebbe prova che l'imputato abbia effettivamente personalmente e consapevolmente concorso alla redazione dei modelli DM 10 facendo comunicazione di dati erronei allo studio di consulenza del lavoro sia l'insussistenza del reato perché dovrebbe in realtà farsi applicazione della norma di cui all'articolo 37 legge 689 del 1981 che sanziona per l'appunto specificamente la condotta del datore di lavoro che, al fine di non versare in tutto o in parte contributi e premi previsti dalle leggi sulla previdenza e assistenza obbligatorie, omette una o più registrazioni o denunce obbligatorie ovvero esegue una o più denunce obbligatorie in tutto o in parte non conformi al vero, norma che tuttavia prevede una soglia di punibilità relativa al fatto che sia stata evasa una somma non inferiore ad euro 2582,28 mensili, somma sicuramente non raggiunta nel caso in esame (tale tesi è stata supportata con la produzione di giurisprudenza di merito e di legittimità).
Il Tribunale ritiene di aderire alla tesi proposta dalla difesa in merito alla riconducibilità del fatto al reato di cui all'articolo 37 legge 689 del 1981, di fatto non applicabile vista la modesta entità della somma evasa. Non ignora questo giudice che, a fronte delle sentenze prodotte dalla difesa esistono anche sentenze di contrario avviso, che ritengono cioè la sussistenza del delitto di truffa in quanto la norma dell'articolo 37 della legge 689 del 1981 sarebbe sostanzialmente applicabile solo se il fine del dichiarante era quello di non pagare i contributi che avrebbe dovuto esporre nel modello DM10 e non anche nel caso in cui la falsa esposizione nel modello DM10 sia finalizzata a un successivo conguaglio con debiti previdenziali del datore di lavoro. Ritiene tuttavia il Tribunale che l'estrema genericità della formulazione del dolo specifico contenuta nell'articolo 37 della legge 689 del 1981 consenta di ritenere di compresi anche intenti omissivi compiuti mediante azioni mediate come nel caso di specie.
Su questi presupposti l'imputato va pertanto mandato assolto.
(Torna su ) P.Q.M.
P.Q.M.
Il Tribunale,
Visto l'art.530 c.p.p.,
assolve l'imputato dal reato di cui all'articolo 37 legge 689 del 1981, così riqualificato il reato contestato, perché il fatto non sussiste
Visto l'art.544 comma 3 c.p.p.
Fissa in giorni 30 il termine per il deposito della sentenza
Così deciso in La Spezia in data 9 luglio 2012
Il GIUDICE
Dr. Mario De Bellis
06-10-2012 13:32
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