Maltrattamenti in famiglia: richiesto il dolo generico.
Corte di Cassazione Sez. Seconda Pen. Sent. del 21.03.2012
Presidente Esposito - Relatore D'Arrigo
Ritenuto in fatto
In data 17 maggio 2011, la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza emessa il 12 novembre 2010 dal Gup del locale Tribunale ha riconosciuto a F.M le attenuanti generiche prevalenti sulla contestata aggravante ed ha quindi rideterminato la pena finale in anni tre di reclusione ed € 500,00 di multa per i delitti di estorsione, tentata estorsione e
maltrattamenti in danno della zia convivente e già tutrice E. M.
L'imputato ha proposto ricorso per l'annullamento della condanna, indicando due motivi a sostegno dell'impugnazione.
La prima censura riguarda l'accertamento dell'elemento soggettivo del delitto di cui all'art. 572 cod. pen., osserva, al riguardo, che secondo la giurisprudenza di questa Corte il dato obiettivo della mera reiterazione degli atti lesivi non è sufficiente a far ritenere l'elemento psicologico del reato, avente natura abituale. Conclude, quindi, che nella specie si sarebbe trattato unicamente di condotte estemporanee ed occasionali, incapaci di dare corpo alla fattispecie contestata.
Col secondo motivo, l'imputato si duole del mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cod. pen. Rileva che, «essendo impossibilitato a formulare un'offerta reale di risarcimento, ha comunque formalizzato le sue più sentite scuse alla parte lesa attraverso delle lettere» che allega In copia al ricorso.
Considerato in diritto
II ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.
Ed Infatti, nel delitto di maltrattamenti in famiglia, punito dall'art. 572 cod. pen., il dolo è generico, sicché non si richiede che l'agente sia animato da alcun fine di maltrattare la vittima, bastando la coscienza e volontà di sottoporre la stessa alla propria condotta abitualmente offensiva (Sez. 6, 08/01/2004 n. 4933 Rv. 229514). Ciò in quanto la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di maltrattamenti in famiglia non implica l'intenzione di sottoporre il convivente, in modo continuo e abituale, ad una serie di sofferenze fisiche e morali, ma solo la consapevolezza dell'agente di persistere in un'attività vessatoria (Sez. 6, 18/02/2010 n. 16836 Rv. 246915).
Di tale consapevolezza non può esservi dubbio nella condotta dell'imputato. Lo stesso, infatti, non nega il dato obiettivo della reiterazione degli atti lesivi, ma si limita a sostenere che gli stessi non sarebbero sorretti dall'intenzionalità della vessazione. Ma una simile connotazione soggettiva, che finisce per confluire nella nozione di dolo specifico, non è richiesta dalla fattispecie incriminatrice, che, come s'è detto, configura invece un reato a dolo generico.
Per tali ragioni, il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato. Medesima sorte spetta al secondo motivo di ricorso. Non vi è dubbio, infatti, che il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cod. pen. postula il risarcimento pieno ed effettivo della persona offesa; una generica resipiscenza che resta confinata a livello psicologico ma non si manifesta in un fattivo, integrale e tempestivo risarcimento, non ha rilevanza giuridica ai fini dell'attenuante de qua ma può costituire - semmai - un elemento da valutarsi nell'ambito del parametri di cui all'art. 133 cod. pen.
Il ricorso deve essere dichiarato quindi inammissibile con condanna del ricorrente, oltre al pagamento delle spese processuali, anche di una somma alla Cassa delle ammende, potendosi ravvisare profili di colpa nelle cause di inammissibilità.
Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc, pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l'Imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di € 1.000,00, così equitativ mente stabilita in ragione dei motivi dedotti.
P.Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di €1.000,00 alla Cassa delle ammende.
Depositata in Cancelleria il 21.03.2012
25-03-2012 00:00
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