Legittimo il sequestro di varia documentazione afferente la struttura ed le attività della cosiddetta "Guardia nazionale padana", effettuato all'esito di perquisizione disposta dal Pubblico Ministero.
Autorità: Cassazione penale sez. II
Data udienza: 09 ottobre 2012
Numero: n. 40657
Intestazione
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MACCHIA Alberto - Presidente -
Dott. PRESTIPINO Antonio - Consigliere -
Dott. GALLO Domenico - Consigliere -
Dott. DAVIGO Piercamillo - Consigliere -
Dott. VERGA Giovanna - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
A.F.C., nato a (OMISSIS);
avverso l'ordinanza del
Tribunale di Genova, in data 22.3.2012;
Sentita la relazione della causa fatta dal Consigliere Dr.
Piercamillo Davigo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, Dott.
Enrico Delehaye, il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia
dichiarato inammissibile;
Udito il difensore, Avv. Fasce Vittorio, il quale ha concluso
chiedendo l'accoglimento del ricorso.
(Torna su ) Fatto
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 10.3.2012 il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Genova dispose perquisizione locale nei confronti di A.F.C. indagato per estorsione continuata, all'esito della quale la polizia giudiziaria eseguì il sequestro delle cose indicate nel relativo verbale.
Avverso tale provvedimento l'indagato propose istanza di riesame, ma il Tribunale di Genova, con ordinanza del 22.3.2012, la dichiarò inammissibile, sull'assunto che il sequestro operato dalla polizia giudiziaria necessita di convalida e che il decreto di perquisizione non è suscettibile di riesame.
Ricorre per cassazione il difensore dell'indagato deducendo violazione della legge processuale e mancanza assoluta di motivazione in quanto il decreto di perquisizione disponeva anche il sequestro.
Il provvedimento del Tribunale violerebbe gli artt. 8 e 13 CEDU. La polizia giudiziaria avrebbe effettuato sequestri ad ampio spettro neppure convalidati dal P.M..
(Torna su ) Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
La questione sottoposta a questa Corte riguarda il contenuto di specificità richiesto ad un decreto di perquisizione, con riferimento alle cose da ricercare e sequestrare, al fine di valutare se sia suscettibile di riesame il sequestro conseguente a perquisizione.
Da un lato, infatti, non è consentito che il decreto di perquisizione possa, per la sua genericità, diventare uno strumento di ricerca non di elementi di prova, ma di notizie di reato (v. Cass. Sez. 6A sent. n. 2882 del 6.10.1998 dep. 11.12.1998 rv 212678 la quale ha affermato che al fine di evitare che i provvedimenti di perquisizione e sequestro si trasformino in strumenti di ricerca della "notitia criminis" è necessario che essi individuino, almeno nelle linee essenziali, gli oggetti da sequestrare con riferimento a specifiche attività illecite, onde consentire che la perquisizione e il conseguente sequestro siano eseguiti non sulla base di semplici congetture, ma trovino giustificazione in concrete ipotesi di reato rinvenibili in fatti addebitati a un determinato soggetto, e permettere, inoltre, la verifica, in caso di "cose pertinenti al reato", della sussistenza delle esigenze probatorie, ovvero, qualora tali esigenze siano "in re ipsa", della effettiva possibilità di qualificazione di "corpo del reato" delle cose apprese, attraverso l'accertamento dell'immediatezza descritta dall'art. 253 c.p.p., comma 2 tra esse e l'illecito penale).
Dall'altro lato, tuttavia, non è possibile pretendere l'indicazione dettagliata delle cose da ricercare e sottoporre a sequestro, sia perchè il più delle volte le stesse non possono essere specificate a priori, sia perchè l'art. 248 c.p.p., nel prevedere la richiesta di consegna quando attraverso la perquisizione si cerca una cosa determinata, implica che oggetto di ricerca possano essere anche cose non determinate, che potranno essere individuate solo all'esito dell'eseguita perquisizione.
Nel caso di ricerca di cose non determinate, secondo l'orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, ai fini della legittimità del sequestro di cose ritenute corpo di reato o pertinenti al reato, effettuato dalla polizia giudiziaria all'esito di perquisizione disposta dal Pubblico Ministero, non è richiesto che le cose anzidette siano preventivamente individuate, dovendosi al contrario ritenere sufficiente che alla loro individuazione possa pervenirsi mediante il riferimento sia alla natura del reato in relazione al quale la perquisizione è stata disposta, sia alle nozioni normative di "corpo di reato" e "cosa pertinente al reato".
(Cass. Sez. 1A sent. n. 1953 del 10.3.1997 dep. 30.4.1997 rv 207430.
Nella specie, in applicazione di tale principio, è stata esclusa l'illegittimità del sequestro di varia documentazione afferente alla struttura ed alle attività della cosiddetta "Guardia nazionale padana", effettuato all'esito di perquisizione disposta dal Pubblico Ministero in relazione all'ipotesi di reato di cui al D.Lgs. 14 febbraio 1948, n. 43, art. 1, che prevede il divieto di associazioni di carattere militare . V. anche Cass. Sez. 6A sent. n. 1934 del 27.5.1998 dep. 14.9.1998 rv 211593, secondo la quale è legittimo il sequestro di cose ritenute corpo di reato o pertinenti al reato effettuato dalla polizia giudiziaria all'esito di decreto del p.m. di perquisizione e sequestro anche se la cosa sequestrata non sia stata descritta nel provvedimento di perquisizione, se alla sua individuazione possa comunque pervenirsi mediante il riferimento sia alla natura del reato in relazione al quale la perquisizione era stata disposta, sia alle nozioni normative di "corpo di reato" e di "cosa pertinente al reato". Nella specie la Corte ha ritenuto corretto il comportamento del p.m. che aveva rigettato la richiesta di restituzione di un libretto di risparmio al portatore da parte dell'indagato - che sosteneva la mancata convalida del sequestro, ritenuta, invece, non necessaria da parte del p.m. - in un caso in cui il decreto di perquisizione conteneva un elenco dettagliato delle cose da ricercare e sottoporre a sequestro, per concludere con il riferimento ulteriore a "Documentazione e quant'altro comunque attinente ai fatti per cui si procede").
Quando invece la polizia giudiziaria abbia individuato e sequestrato cose non indicate nel decreto o il cui ordine di sequestro non sia desumibile dalle nozioni di corpo di reato o di cose pertinenti al reato, in relazione ai fatti per i quali si procede, l'autorità giudiziaria dovrà procedere alla convalida del sequestro, ovvero ordinare la restituzione delle cose non ritenute suscettibili di sequestro (v. Cass. Sez. 5A sent. n. 5672 del 25.11.1999 dep. 13.1.2000 rv 215566, secondo la quale, in tema di sequestro, qualora il PM, delegando la polizia giudiziaria alla esecuzione di una perquisizione, abbia disposto il sequestro, oltre che degli oggetti e/o documenti esplicitamente indicati, anche di "quanto rinvenuto ed, in ogni caso, ritenuto utile a fini di indagine", egli è tenuto a provvedere alla convalida relativamente al sequestro avente ad oggetto cose non specificate nel provvedimento. Invero, poichè la indeterminatezza della indicazione rimette al giudizio della polizia giudiziaria operante (sempre che non si tratti di beni soggetti a confisca obbligatoria) l'individuazione del presupposto fondamentale del sequestro e poichè, dunque, il relativo accertamento non può che avere natura provvisoria, è necessario il tempestivo controllo da parte della autorità giudiziaria, che lo esercita ai sensi dell'art. 355 c.p.p.". V. anche Cass. Sez. 6A sent. n. 1517 del 29.4.1999 dep. 6.7.1999 rv 214508, la quale ha ritenuto che nell'ipotesi in cui il sequestro consegua a perquisizione operata dalla polizia e disposta dal pubblico ministero, non deve procedersi a convalida, sempre che il provvedimento di perquisizione abbia individuato con sufficiente certezza l'oggetto specifico del sequestro medesimo (senza che a tal fine sia sufficiente una generica indicazione di pertinenza di quanto eventualmente rinvenuto rispetto al reato ipotizzato). Si deve, invece, procedere alla convalida qualora il decreto di perquisizione si limiti a indicare i reati e ad autorizzare la delega alla polizia giudiziaria a procedere ai conseguenti atti di sequestro, con invito ad avvalersi, durante la perquisizione, dei poteri di iniziativa in ordine al sequestro del corpo del reato e delle cose a esso pertinenti, senza altra specificazione del contenuto e dei termini della delega al sequestro.
Nella specie non è stata ritenuta necessaria la convalida, in quanto era stata delegata alla polizia giudiziaria l'esecuzione della perquisizione e del conseguente eventuale sequestro di cose, individuate e specificate, delle quali era indicato anche il nesso di pertinenzialità con i reati per i quali s procedeva: assegni bancari, effetti cambiari, carnet in bianco, agende, pro-memoria).
Peraltro, laddove, operato il sequestro di cose la cui indicazione non sia predeterminabile in base alla motivazione del decreto di perquisizione e non intervenga da parte dell'autorità giudiziaria nè convalida del sequestro nè restituzione delle cose sequestrate, l'interessato dovrà chiedere la restituzione dei beni ed in caso di rigetto della richiesta potrà attivare il ricorso di cui all'art. 263 c.p.p., commi 4 e 5, essendo invece inammissibile il procedimento di riesame (v. Cass. Sez. 3A sent. n. 3130 del 2.10.1997 dep. 4.11.1997 rv 208868, secondo la quale perchè il sequestro conseguente a perquisizione operata dalla polizia giudiziaria e disposta dal pubblico ministero non debba essere sottoposto a convalida, è necessario che il provvedimento di perquisizione individui con sufficiente certezza l'oggetto specifico del sequestro medesimo, e non basta una generica indicazione di pertinenza di quanto (eventualmente) rinvenuto rispetto al reato ipotizzato.
Ciò comporta che, indipendentemente dai riferimenti normativi contenuti nel provvedimento e dalla modulistica utilizzata, qualora il pubblico ministero, delegando la polizia giudiziaria all'esecuzione di una perquisizione, disponga il sequestro delle cose pertinenti al reato rinvenute e non provveda poi alla convalida, contro tale sequestro è inammissibile la richiesta di riesame, che l'ordinamento riserva al sequestro disposto dall'autorità giudiziaria, secondo il dettato dell'art. 257 c.p.p., potendosi solo esperire il ricorso al gip contro l'eventuale diniego di restituzione da parte del pubblico ministero (art. 263 c.p.p., comma 4 e 5).
Nel caso in esame si da atto nello stesso ricorso della vasta latitudine del sequestro operato dalla polizia giudiziaria, sicchè sarebbe stata necessaria la convalida ed in mancanza era possibile richiedere al restituzione di quanto in sequestro.
Irrilevanti sono nella specie le disposizioni della Convenzione europeo dei diritti dell'Uomo, posto che esiste altro strumento di tutela.
Pertanto la richiesta di riesame non era ammissibile e corretta appare la pronunzia del Tribunale .
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell'art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonchè -ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di Euro mille, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
(Torna su ) P.Q.M.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2012.
Depositato in Cancelleria il 17 ottobre 2012
09-12-2012 10:47
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