La violenza sessuale verso minori non e' motivo di allontamento di un cittadino europeo per motivi di sicurezza
Corte di Giustizia Europea - Conclusioni del 06.03.2012 Causa C 348/09
domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall'Oberverwaltungsgericht für das Land Nordrhein-Westfalen (Germania)
1. Con il presente rinvio pregiudiziale, l'Oberverwaltungsgericht für das Land Nordrhein-Westfalen (Germania) chiede alla Corte di precisare, alla luce della sentenza del 23 novembre 2010, Tsakouridis (2), le condizioni per la concessione della protezione contro l'allontanamento di cui all'articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38/CE (3).
2. Tale disposizione prevede che nei confronti di un cittadino dell'Unione che abbia soggiornato per i precedenti dieci anni nel territorio dello Stato membro ospitante la decisione di allontanamento possa essere adottata soltanto per motivi imperativi di pubblica sicurezza.
3. Si chiede alla Corte di dichiarare se la citata disposizione debba essere interpretata nel senso che l'abuso sessuale ai danni di minore di quattordici anni, la violenza sessuale e lo stupro rientrino nel concetto di motivi imperativi di pubblica sicurezza. Più in particolare, poiché nella citata sentenza Tsakouridis la Corte ha stabilito che la lotta contro il traffico di stupefacenti in associazione criminale può rientrare in tale nozione, in questa sede si vuole sapere se un atto isolato, come quello commesso nel procedimento principale da I., ossia abuso sessuale ai danni di minore di quattordici anni, violenza sessuale e stupro, possa parimenti rientrare in tale nozione.
4. Nelle presenti conclusioni, spiegherò i motivi per i quali ritengo che l'articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38 debba essere interpretato nel senso che l'abuso sessuale ai danni di minore di quattordici anni, la violenza sessuale e lo stupro non rientrano nella nozione di motivi imperativi di pubblica sicurezza qualora detti atti non minaccino direttamente la tranquillità e la sicurezza fisica della popolazione nel suo insieme o di gran parte di essa.
5. Illustrerò poi perché, a mio avviso, l'articolo 28, paragrafi 2 e 3, della medesima direttiva debba essere interpretato nel senso che un cittadino dell'Unione non può avvalersi del diritto ad una protezione rafforzata contro l'allontanamento in virtù di detta disposizione quando è comprovato che tale cittadino trae questo diritto da un comportamento illecito che costituisce una minaccia grave per l'ordine pubblico dello Stato membro ospitante.
I - Contesto normativo
A - La direttiva 2004/38
6. Prima dell'entrata in vigore della direttiva 2004/38, esistevano diverse direttive e regolamenti in materia di libera circolazione delle persone e di diritto di soggiorno dei cittadini europei. Questa direttiva ha riunito e semplificato la normativa dell'Unione su tale argomento. 7. Essa, infatti, abolisce l'obbligo per i cittadini dell'Unione di ottenere la carta di soggiorno, introduce il diritto di soggiorno permanente a favore dei suddetti cittadini e circoscrive la possibilità per gli Stati membri di limitare il soggiorno nel loro territorio dei cittadini degli altri Stati membri.
8. In particolare, ispirandosi ai principi dettati dalla giurisprudenza della Corte, la direttiva 2004/38 offre ai cittadini dell'Unione una protezione contro l'allontanamento.
9. In tal senso, a norma dell'articolo 27, paragrafo 1, della suddetta direttiva, gli Stati membri possono limitare il diritto di circolare e di soggiornare dei cittadini dell'Unione per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica, restando esclusi i motivi invocati per fini economici.
10. L'articolo 27, paragrafo 2, della direttiva prevede che i provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza debbano rispettare il principio di proporzionalità (4) ed essere adottati esclusivamente in relazione al comportamento personale della persona nei riguardi della quale è emanata la decisione di allontanamento (5). La sola esistenza di condanne penali non giustifica automaticamente l'adozione di tali provvedimenti. Peraltro, il comportamento personale che costituisce oggetto di una decisione di allontanamento deve rappresentare una minaccia reale, attuale e sufficientemente grave da pregiudicare un interesse fondamentale della società (6).
11. L'articolo 28, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/38, sulla protezione contro l'allontanamento, così recita: «Il cittadino dell'Unione non può essere oggetto di una decisione di allontanamento, salvo se la decisione è adottata per motivi imperativi di pubblica sicurezza definiti dallo Stato membro, qualora: a) abbia soggiornato nello Stato membro ospitante i precedenti dieci anni».
B - Il diritto tedesco
12. La legge relativa alla libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea (Gesetz über die allgemeine Freizügigkeit von Unionsbürgern) del 30 luglio 2004 (7) traspone nell'ordinamento giuridico tedesco le disposizioni della direttiva 2004/38. In particolare, l'articolo 6, paragrafo 1, del FreizügG/EU prevede che la perdita, per un cittadino dell'Unione, del diritto di circolare e soggiornare sul territorio tedesco possa essere inflitta soltanto per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica. Ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 2, del FreizügG/EU, si può tenere conto delle condanne penali non ancora cancellate dal casellario centrale per giustificare la decisione di allontanamento, purché dalle circostanze sottese a siffatte condanne emerga un comportamento personale che costituisca una minaccia reale per l'ordine pubblico, fermo restando che deve trattarsi di una minaccia effettiva e sufficientemente grave nei confronti di un interesse fondamentale della società.
13. L'articolo 6, paragrafo 3, del FreizügG/EU precisa che, ai fini di una decisione di allontanamento, occorre tenere conto, in particolare, della durata del soggiorno dell'interessato nel territorio tedesco, della sua età, del suo stato di salute, della sua situazione familiare ed economica, della sua integrazione sociale e culturale in tale territorio, nonché dell'importanza dei suoi legami con il paese d'origine.
14. Ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 4, del FreizügG/EU, la perdita del diritto di soggiorno e di circolazione nel territorio tedesco, una volta acquisito il diritto di soggiorno permanente, può essere dichiarata soltanto per gravi motivi.
15. Ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 5, del FreizügG/EU, per quanto riguarda i cittadini dell'Unione e i loro familiari che hanno soggiornato nel territorio federale negli ultimi dieci anni, l'accertamento di cui all'articolo 6, paragrafo 1, del FreizügG/EU può avere luogo soltanto per motivi imperativi di pubblica sicurezza. Ciò non vale per i minorenni, qualora la perdita del diritto di soggiorno sia necessaria per il bene del minore. Motivi imperativi di pubblica sicurezza possono sussistere solo se l'interessato è stato condannato, con sentenza passata in giudicato, per uno o più reati dolosi, ad una pena restrittiva della libertà o a una pena di rieducazione per minorenni di almeno cinque anni o se, in occasione dell'ultima condanna passata in giudicato, siano state disposte misure di sicurezza detentive, nel caso in cui venga messa a repentaglio la sicurezza della Repubblica federale di Germania o l'interessato costituisca una minaccia terroristica.
II - Il procedimento principale e la questione pregiudiziale
16. I., cittadino italiano, è nato il 3 settembre 1965 a Licata (Italia) e vive in Germania dal 1987. La sua carta di soggiorno gli è stata rilasciata nel mese di aprile del 1987 e da allora è stata rinnovata regolarmente. È celibe e senza figli. Non ha portato a termine alcun corso di studi né una formazione professionale e ha lavorato in Germania solo in modo saltuario, come operaio non specializzato. Prima del suo arresto lavorava come aiuto della sua ex compagna, addetta alle pulizie. I. ha cinque fratelli, che vivono in parte in Germania e in parte in Italia. La madre, dopo il suo arresto, trascorre alcuni periodi in Germania e per il resto risiede in Italia.
17. Il 16 maggio 2006 il Landgericht Köln ha condannato I. ad una pena detentiva di sette anni e sei mesi per abuso sessuale ai danni di minore di quattordici anni, violenza sessuale e stupro. La sentenza è passata in giudicato il 28 ottobre 2006. I fatti si sono svolti negli anni compresi fra il 1990 e il 2001. La vittima, figlia della ex compagna di I., aveva otto anni all'inizio di tale periodo. Il giudice del rinvio precisa che, a partire dal 1992, I., costringeva regolarmente la vittima, con cadenza all'incirca settimanale, ad intrattenere rapporti sessuali con lui o a compiere altri atti sessuali, e con la minaccia, fra l'altro, di uccidere la madre o il fratello.
18. I. si trova in carcere dal 10 gennaio 2006 e la fine della pena detentiva è prevista per il 9 luglio 2013.
19. Con decisione del 6 maggio 2008, l'Oberbürgermeisterin der Stadt Remscheid (sindaco di Remscheid) ha decretato, ai sensi dell'articolo 6, paragrafo 1, del FreizügG/EU, la perdita del diritto di ingresso e di soggiorno di I. per il motivo che, a seguito della condanna, quest'ultimo soddisfaceva i requisiti di cui all'articolo 6, paragrafo 5, del FreizügG/EU e che, inoltre, aveva agito con particolare determinazione al momento dei fatti e inflitto indicibili sofferenze alla sua vittima, sottoponendola ad abusi per lunghi anni. Inoltre, l'Oberbürgermeisterin der Stadt Remscheid ritiene che non si possa escludere che egli reiteri il reato, considerato il lungo periodo durante il quale si sono protratte le violenze e gli abusi sessuali della minore unitamente all'assenza, nel ricorrente, di qualunque senso di colpa. Secondo quanto comunicato dal penitenziario, I. si considererebbe la vera vittima e fino a quel momento non era stato disposto a riconoscere l'estrema riprovevolezza delle sue azioni. L'Oberbürgermeisterin der Stadt Remscheid ha ordinato l'esecuzione immediata della decisione del 6 maggio 2008 e ha intimato a I. di lasciare il territorio, minacciandolo, in caso contrario, di espulsione verso l'Italia.
20. Il 12 giugno 2008 I. ha presentato ricorso contro la citata decisione, sostenendo l'insussistenza di motivi imperativi di pubblica sicurezza per potere dichiarare la perdita del suo diritto di ingresso e di soggiorno.
21. Con sentenza del 14 luglio 2008, il Verwaltungsgericht ha respinto il ricorso, rilevando la sussistenza di motivi imperativi di pubblica sicurezza e indicando che dalla condanna di I. emergeva una condotta personale che faceva temere una minaccia attuale, reale e sufficientemente grave per un interesse fondamentale della società, vale a dire la tutela delle ragazze e delle donne da violenze sessuali e stupri.
22. I. ha proposto appello contro detta sentenza dinanzi all'Oberverwaltungsgericht für das Land Nordrhein-Westfalen, che ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se nella nozione di “motivi imperativi di pubblica sicurezza” di cui all'articolo 28, paragrafo 3, della direttiva 2004/38, rientrino solo le minacce per la pubblica sicurezza interna ed esterna dello Stato, intesa come la sussistenza dello Stato stesso con le sue istituzioni ed i suoi servizi pubblici essenziali, la sopravvivenza della popolazione e le relazioni esterne nonché la convivenza pacifica dei popoli».
III - La mia analisi
23. Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli atti di abuso sessuale ai danni di minore di quattordici anni, violenza sessuale e stupro commessi in ambito familiare costituiscano motivi imperativi di pubblica sicurezza che possono giustificare l'allontanamento di un cittadino dell'Unione presente da più di dieci anni nel territorio dello Stato membro ospitante.
24. Nell'analisi che seguirà, esporrò, in un primo tempo, i motivi per i quali ritengo che un reato come quello commesso da I. non rientri nella nozione di «motivi imperativi di pubblica sicurezza», ai sensi dell'articolo 28, paragrafo 3, della direttiva 2004/38. In un secondo tempo spiegherò perché, a mio avviso, I. non possa, peraltro, avvalersi della protezione rafforzata offerta dalla disposizione citata e dall'articolo 28, paragrafo 2, della medesima direttiva.
A - Sulla nozione di motivi imperativi di pubblica sicurezza 25. Nella citata sentenza Tsakouridis, la Corte ha stabilito che l'articolo 28, paragrafo 3, della direttiva 2004/38 dev'essere interpretato nel senso che la lotta contro la criminalità legata al traffico di stupefacenti in associazione criminale può rientrare nella nozione di «motivi imperativi di pubblica sicurezza» che possono giustificare un provvedimento di allontanamento di un cittadino dell'Unione che ha soggiornato nello Stato membro ospitante durante i precedenti dieci anni. 26. Infatti, la Corte ha innanzitutto indicato che il traffico di stupefacenti in associazione criminale alimenta una criminalità diffusa, dotata di ingenti risorse economiche ed operative e molto spesso collegata sul piano transnazionale (8). Alla luce degli effetti devastanti della criminalità legata a tale traffico, la decisione quadro 2004/757/GAI (9) afferma, al suo primo considerando, che il traffico illecito di stupefacenti rappresenta una minaccia per la salute, la sicurezza e la qualità di vita dei cittadini dell'Unione, oltre che per l'economia legale, la stabilità e la sicurezza degli Stati membri (10). La Corte ha poi spiegato, dopo avere constatato che la tossicodipendenza costituisce una calamità per l'individuo e un rischio economico e sociale per l'umanità, che questo tipo di traffico potrebbe presentare un livello di gravità tale da minacciare direttamente la serenità e la sicurezza fisica della popolazione nel suo insieme o di una gran parte di essa (11). 27. In questa sede, la questione è se anche un atto delittuoso come quello commesso da I., ossia l'abuso sessuale ai danni di minore di quattordici anni, la violenza sessuale e lo stupro in ambito familiare, possa rientrare nella nozione di motivi imperativi di pubblica sicurezza, considerato peraltro che si tratta di un atto isolato, indipendente da ogni partecipazione del suo autore a una qualsiasi rete criminale.
28. Pur essendo incontestabile che l'abuso sessuale ai danni di minore di quattordici anni, la violenza sessuale e lo stupro costituiscano un attentato particolarmente grave a un valore fondamentale della società, non ritengo che questo tipo di atto rientri nella nozione di «pubblica sicurezza», ai sensi dell'articolo 28, paragrafo 3, della direttiva 2004/38. 29. Al riguardo, mi sembra utile ricordare la filosofia della direttiva 2004/38 precisando che occorre confrontarne le nozioni con la realtà e la specificità del diritto penale. 30. La direttiva ha lo scopo di facilitare il diritto fondamentale di ciascun cittadino dell'Unione di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. Questo diritto fondamentale discende dalla cittadinanza dell'Unione e si esercita entro i limiti e le condizioni imposti dalla stessa direttiva (12). 31. Poiché la durata del soggiorno fa presumere l'integrazione del cittadino dell'Unione nello Stato membro ospitante, la direttiva 2004/38 prevede l'acquisizione di un diritto di soggiorno permanente in questo Stato al termine di un soggiorno ininterrotto di cinque anni (13). 32. Il diritto di soggiorno permanente conferisce al suo beneficiario una protezione contro provvedimenti di allontanamento, che possono essere adottati nei suoi confronti solo per gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza (14). 33. Una durata di soggiorno superiore, dell'ordine di almeno dieci anni, conferisce al cittadino dell'Unione interessato una protezione rafforzata contro tali provvedimenti, che possono essere quindi adottati soltanto per motivi imperativi di pubblica sicurezza (15). La differenza fra le nozioni di «gravi motivi» e di «motivi imperativi» è già di per sé sintomatica della volontà del legislatore dell'Unione (16). 34. Più ancora, la comparazione testuale dei paragrafi 2 e 3 dell'articolo 28 della direttiva 2004/38 mostra chiaramente che la direttiva distingue nettamente tra la nozione di ordine pubblico e quella di pubblica sicurezza, ove la seconda riveste una gravità superiore rispetto alla prima, trattandosi di derogare alla protezione rafforzata di cui beneficia il cittadino dell'Unione. 35. Applicate in ambito penale, queste due nozioni corrispondono a realtà criminologiche diverse. 36. Con le norme di diritto penale, ciascuno Stato membro stabilisce il contesto del proprio ordine pubblico perché definisce quali comportamenti siano vietati, pena l'applicazione di sanzioni. È chiaro, a tal riguardo, che le norme di diritto penale sono tutte di ordine pubblico nel senso che, essendo imperative per natura, la volontà individuale non può derogarvi. Esse mirano proprio ad opporsi alla volontà individuale, nelle sue conseguenze considerate dannose per i valori della società. 37. La violazione di tali norme comporta quindi una turbativa dell'ordine pubblico stabilito dallo Stato membro, turbativa più o meno grave in funzione della natura dell'atto commesso e che si riflette, di norma, nel grado di severità della pena prevista dal legislatore nazionale per sanzionare il comportamento vietato. In ogni caso di specie, questa valutazione trova la sua manifestazione, e all'occorrenza la sua ponderazione, nella pena effettivamente inflitta che esprime, nelle circostanze proprie di ciascun caso, l'intensità della turbativa realmente causata. 38. Il riferimento alla nozione di pubblica sicurezza risulta manifestamente non derivare, in modo automatico, dal solo fatto di avere commesso un reato, bensì da un comportamento delittuoso che sia particolarmente grave per natura ed effetti, i quali vanno al di là del pregiudizio individuale causato alla vittima o alle vittime. Le due nozioni non sono quindi identiche e, se è vero che ogni comportamento che crea un pericolo per la pubblica sicurezza minaccia per definizione l'ordine pubblico, non è vero il contrario, anche se, una volta noto, l'atto commesso può suscitare nell'opinione pubblica un'emozione che è il riflesso della turbativa causata dal reato. 39. È importante, a questo punto, precisare che la soluzione alla questione se chi delinque, con il suo comportamento, costituisca un pericolo per la pubblica sicurezza dipende quindi non solo dalla gravità del reato commesso, di cui la pena, comminata o inflitta, dà un'idea, ma soprattutto dalla sua natura. 40. In questa fase dell'analisi generale, la presa in considerazione del rischio di recidiva non è di per sé determinante. Qual è il reato per il quale non esiste il rischio di recidiva? È il reato senza rischio di recidiva che non esiste. Inoltre, per quanto riguarda il pericolo per la pubblica sicurezza, è proprio la natura di questo pericolo che va tenuta in considerazione. Se la natura del comportamento crea un pericolo tale che per scongiurarlo sussistono motivi imperativi di allontanamento, le condizioni dell'articolo 28, paragrafo 3, della direttiva 2004/38 sono soddisfatte. La probabilità di recidiva potrà, certo, essere presa in considerazione dal giudice o dall'autorità competente, ma per valutare, in aggiunta o insieme alle altre condizioni o agli altri elementi previsti da tale direttiva e dalla giurisprudenza della Corte, se occorra procedere effettivamente all'allontanamento (17). 41. Quali sono dunque i comportamenti illeciti che possono costituire siffatti pericoli per la pubblica sicurezza? La Corte ne ha dato una definizione nella citata sentenza Tsakouridis. 42. Come abbiamo visto al paragrafo 26 delle presenti conclusioni, la Corte ha ritenuto che il traffico di stupefacenti in associazione criminale alimenti una criminalità diffusa e potrebbe presentare un livello di gravità tale da minacciare direttamente la serenità e la sicurezza fisica della popolazione nel suo insieme o di una gran parte di essa. 43. Gli atti commessi da I. rientrano nella definizione data dalla Corte? Indipendentemente dal desiderio che si potrebbe avere di rispondere in senso affermativo, talmente spontanee sono la riprovazione e la repulsione che, da un punto di vista morale, suscitano i fatti commessi, l'analisi giuridica mi sembra esigere una risposta negativa. 44. Infatti, non sembra contestabile, in particolare da un punto di vista criminologico, che questo tipo di comportamento, che si colloca in ambito esclusivamente familiare, non possa essere assimilato a quello dei «predatori sessuali» (18). Se è vero che I. rappresenta innegabilmente un pericolo nella sfera familiare, non è accertato, per la natura dell'atto commesso, che egli costituisca una minaccia per la sicurezza dei cittadini dell'Unione, espressione ripresa dal punto 46 della citata sentenza Tsakouridis. Per quanto ripugnante, l'atto di incesto non mi sembra comportare, rispetto alla pubblica sicurezza, lo stesso tipo di pericolo definito dalla Corte in detta sentenza. 45. Decidere in altro modo equivarrebbe a riconoscere che la sola gravità oggettiva di un reato, determinata dalla relativa pena, comminata o inflitta, costituisca potenzialmente una giustificazione di una misura di allontanamento per un motivo imperativo di pubblica sicurezza. 46. Occorre tuttavia constatare che quest'approccio non sembra conforme alla filosofia della direttiva 2004/38. Del resto, la creazione di uno spazio comune di vita e di circolazione impone altresì di tenere conto, nell'interesse globale dello stesso spazio comune, vale a dire della coesione sociale dell'Unione, del fenomeno della delinquenza, anche sviluppando i mezzi comuni per prevenirlo e combatterlo. Mi sembra che siano queste la funzione e l'ambizione dello spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia. Questo spazio non può essere costruito sulla base del respingimento nello Stato membro d'origine di ogni delinquente punito severamente, per il solo motivo della sanzione. Questo punto di vista mi sembra del resto quello espresso dalla suddetta direttiva attraverso le precauzioni che gli Stati membri sono obbligati a prendere prima di procedere all'allontanamento (19). 47. Si potrebbe considerare che la presenza di I. nello Stato membro ospitante potrebbe creare le condizioni di una recidiva ai danni della vittima dei primi atti e che, quindi, il suo allontanamento si imporrebbe ai fini della protezione della vittima. Tale possibilità, che non può essere esclusa di primo acchito, potrebbe figurare solo in un testo specifico per lo spazio di libertà, di sicurezza e di giustizia nell'ambito di misure di controllo successive alla sentenza, il cui fondamento giuridico si troverebbe altrove e non nella direttiva 2004/38. Poiché questo punto non è stato discusso in contraddittorio, non lo esaminerò in questa sede perché, in caso contrario, sarebbe necessaria, a mio parere, la riapertura della fase orale. 48. Per contro, merita di essere esaminata la questione se il beneficio della protezione rafforzata di cui all'articolo 28 della direttiva 2004/38, oggetto di dibattimento fra le parti, sia applicabile a I. B - Sul beneficio della protezione rafforzata di cui all'articolo 28, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2004/38 49. Concordando con il governo olandese (20), ritengo che l'articolo 28, paragrafo 3, della direttiva 2004/38 non si applichi al caso di I. nella misura in cui il suo comportamento e il modo in cui sono stati commessi gli atti dimostrano che, in realtà, egli non era realmente integrato e non può, quindi, beneficiare della protezione rafforzata prevista da detta disposizione. 50. Al riguardo, è pertinente, a mio avviso, il parallelo che il governo olandese opera con la causa Kol (21) in quanto, in quel caso del tutto diverso, la Corte ha stabilito che un comportamento fraudolento poteva privare il suo autore del beneficio di un permesso di soggiorno. 51. Nella citata sentenza Kol, la Corte indica che è escluso che un'occupazione svolta in base ad un permesso di soggiorno rilasciato a seguito di un comportamento fraudolento che ha determinato una condanna possa far sorgere diritti a vantaggio del lavoratore turco o giustificare un legittimo affidamento in capo ad esso (22). 52. Ritengo che tale ragionamento sia applicabile per analogia al presente procedimento. 53. Infatti, dal ventitreesimo considerando della direttiva 2004/38 risulta che l'allontanamento dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari per motivi d'ordine pubblico o di pubblica sicurezza costituisce una misura che può nuocere gravemente alle persone che, essendosi avvalse dei diritti e delle libertà loro conferite dal Trattato CE, si siano effettivamente integrate (23) nello Stato membro ospitante (24). 54. È questa la ragione per cui la direttiva, come risulta dal suo ventiquattresimo considerando, istituisce un sistema di protezione contro le misure di allontanamento fondato sul grado d'integrazione del cittadino dell'Unione nello Stato membro ospitante, di modo che quanto più forte è l'integrazione dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari nello Stato membro ospitante, tanto più elevata dovrebbe essere la loro protezione contro l'allontanamento (25). 55. Come abbiamo visto, l'articolo 28, paragrafo 3, della direttiva 2004/38 costituisce l'ultimo livello di protezione contro l'allontanamento, il più importante, perché va a beneficio del cittadino dell'Unione che abbia soggiornato nei dieci anni precedenti l'adozione della misura di allontanamento nel territorio dello Stato membro ospitante. 56. Questa disposizione contiene, mi sembra, una presunzione relativa d'integrazione la cui prova contraria emerge qui dai fatti stessi. 57. Il legislatore dell'Unione ha infatti ritenuto che la durata del soggiorno sia un elemento rivelatore di una certa integrazione nello Stato membro ospitante (26). Dopo un periodo di dieci anni trascorso sul territorio di questo Stato membro, i legami fra il cittadino dell'Unione che si è avvalso della sua libertà di circolare e il detto Stato sono presumibilmente stretti, fino a dare al cittadino il senso di appartenenza alla società di quest'ultimo, e questo, lo ricordiamo, al fine di promuovere la coesione sociale, che è uno degli obiettivi fondamentali dell'Unione (27). 58. Nel presente procedimento mi sembra incontestabile che, se i fatti, tenuto conto della loro data, fossero stati noti fin dall'inizio della loro commissione, I. sarebbe stato perseguito, condannato e, eventualmente, allontanato senza manifestamente poter invocare il beneficio dell'articolo 28, paragrafo 3, della direttiva 2004/38. 59. Infatti, I. ha iniziato ad abusare della figlia minorenne della sua compagna a partire dal suo terzo anno di soggiorno nel territorio dello Stato membro ospitante, quindi prima dei cinque anni di soggiorno legale che determinano il diritto di soggiorno permanente, proseguendo fino al 2001, ossia durante il periodo dei dieci anni che hanno preceduto l'adozione della misura di allontanamento nei suoi confronti (28). 60. L'integrazione del cittadino dell'Unione è sì effettivamente fondata su fattori spaziali e temporali, ma lo è anche su fattori qualitativi (29). Orbene, mi sembra evidente che il comportamento di I., che costituisce una grave turbativa per l'ordine pubblico, denoti un'assenza totale di volontà di integrazione nella società in cui si trova e della quale ha tanto scientemente disprezzato, nel corso degli anni, alcuni dei valori fondamentali. Egli si avvale oggi degli effetti derivanti dal compimento di un periodo di dieci anni che non è stato interrotto perché il suo comportamento è rimasto nascosto a causa della violenza fisica e morale odiosamente esercitata per anni sulla vittima. 61. Una situazione illecita di questa natura non può creare diritti per il solo fatto di essere durata a lungo. Del resto, la stessa direttiva 2004/38 prevede all'articolo 35 che gli Stati membri possono adottare le misure necessarie per rifiutare, estinguere o revocare un diritto conferito dalla direttiva, in caso di abuso di diritto o frode. Occorre che la Corte tragga le conseguenze da tale frode. 62. Ammettere che I. possa trarre dal suo comportamento illecito il diritto alla protezione rafforzata di cui all'articolo 28, paragrafi 2 e 3, di detta direttiva contrasterebbe, a mio avviso, con i valori sui quali poggia la cittadinanza dell'Unione. 63. Ciò detto, I. dovrà ovviamente beneficiare delle garanzie dei suoi diritti secondo le disposizioni dell'articolo 28, paragrafo 1, di detta direttiva e secondo i principi della giurisprudenza della Corte sulla garanzia dei diritti fondamentali, principi richiamati nella citata sentenza Tsakouridis, in particolare al punto 52. 64. Alla luce delle considerazioni che precedono, ritengo che l'articolo 28, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2004/38 debba essere interpretato nel senso che un cittadino dell'Unione non può invocare il diritto a una protezione rafforzata contro l'allontanamento in forza di questa disposizione quando è dimostrato che detto cittadino trae tale diritto da un comportamento delittuoso che costituisce una grave turbativa per l'ordine pubblico dello Stato membro ospitante.
IV - Conclusione
65. Alla luce delle considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere all'Oberverwaltungsgericht für das Land Nordrhein-Westfalen nei seguenti termini:
«L'articolo 28, paragrafo 3, della direttiva 2004/38/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, che modifica il regolamento (CEE) n. 1612/68 ed abroga le direttive 64/221/CEE, 68/360/CEE, 72/194/CEE, 73/148/CEE, 75/34/CEE, 75/35/CEE, 90/364/CEE, 90/365/CEE e 93/96/CEE, dev'essere interpretato nel senso che l'abuso sessuale ai danni di minore di quattordici anni, la violenza sessuale e lo stupro non rientrano nella nozione di “motivi imperativi di pubblica sicurezza” quando detti atti non minacciano direttamente la tranquillità e la sicurezza fisica della popolazione nel suo insieme o di una gran parte di essa.
L'articolo 28, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2004/38 dev'essere interpretato nel senso che un cittadino dell'Unione non può invocare il diritto a una protezione rafforzata contro l'allontanamento in forza di questa disposizione quando è dimostrato che detto cittadino trae tale diritto da un comportamento delittuoso che costituisce una grave turbativa per l'ordine pubblico dello Stato membro ospitante».
Depositata il 06.03.2012
14-03-2012 00:00
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