Infortunio sul lavoro: operaio muore. Condannato il legale rappresentante della ditta che aveva costruito, venduto e installato l'impianto.
Corte di Cassazione Sez. Quarta Pen. - Sent. del 11.04.2012, n. 13553
Presidente Brusco - Relatore Marinelli
Ritenuto in fatto
Con sentenza del 26 febbraio 2010 il Tribunale di Brescia- sezione distaccata di Salò- dichiarava S.A. colpevole del reato di omicidio colposo commesso con violazione di norme antinfortunistiche in danno di T. M. (reato commesso in Villanuova sul Clisi- BS- l'11.05.2006) e, riconosciute le attenuanti generiche equivalenti all'aggravante contestata, lo condannava alla pena di anni uno di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, con la sospensione condizionale della pena e il beneficio della non menzione, nonché ad una provvisionale immediatamente esecutiva di euro 30. 000, 00 in favore della costituita partecivile I.N.A.I.L .
All' imputato S.A. era stato contestato di avere cagionato colposamente, nella qualità di legale rappresentante della ditta N. di Manerbio, ditta costruttrice, venditrice ed installatrice dell'impianto causa dell'infortunio mortale presso lo stabilimento in Villanuova sul Clisi (BS) della ditta G. srl- la morte del T.C. operaio, dipendente della ditta G. srl, decesso intervenuto a seguito di “asfissia meccanica da compressione atipica del collo e compressione del torace, in soggetto di recente passivo di trauma contusivo e fratturativo”, per colpa consistita in imprudenza, negligenza e imperizia e inosservanza delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro dettagliatamente indicate nel capo di imputazione.
In particolare l'operaio dipendente T.C., addetto all' impianto denominato “Transfer di produzione montante per telaio ponteggi e per la saldatura di boccole” (di ampie dimensioni composto da nove stazioni di lavorazioni attraverso le quali i tubi vengono da pinze di pressa con marcia automatica), a seguito dell' insorgenza di un inconveniente alla stazione n. 6, presumibilmente per l'incollaggio di un filo di saldatura, si introduceva all'interno della struttura dell'impianto con una pinza per ovviare al problema senza preventivamente arrestare la macchina, ma nella manovra rimaneva vittima del trascinamento e del successivo schiacciamento del sistema di traslazione dei tubolati metallici in lavorazione, subendo una compressione del collo e del torace che ne provocava l'asfissia con conseguente decesso, All'imputato S.A. era stato pertanto contestato di avere installato un impianto parzialmente privo delle previste barriere antinfortunistiche lungo tutto il perimetro della macchina, per avere dotato detto impianto di un manuale d'uso e manutenzione carente nei suoi contenuti, che non consentiva un utilizzo in condizioni di sicurezza, infine per avere progettato un impianto che presentava un elevato livello di inefficienza funzionale, tale da determinare la necessità di frequenti interventi correttivi per la risoluzione di anomalie, interventi in cui il personale era costretto ad avvicinarsi ad organi in movimento.
Avverso tale decisione ha proposto appello l'imputato. La Corte di Appello di Brescia in data 29.04.2011, con la sentenza oggetto del presente ricorso, confermava la sentenza emessa nel giudizio di primo grado nei confronti di S.A., che condannava altresì al pagamento delle spese processuali del grado.
Avverso la predetta sentenza S.A. proponeva ricorso per Cassazione chiedendone l'annullamento per i seguenti motivi:
1) Mancanza e/o illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza per la ritenuta irrilevanza delle modifiche ai sistemi di sicurezza dell'impianto poste in essere dall' acquirente. Assenza e/o illogicità della motivazione con riferimento al giudizio controfattuale in punto di evitabilità dell'infortunio laddove la condotta virtuosa fosse stata posta in essere. Secondo il ricorrente l'infortunio non si sarebbe verificato, come ritenuto dalla Corte territoriale a causa della mancata installazione delle barriere, in quanto la macchina era in grado di funzionare ugualmente in assenza di barriere perimetrali, con possibilità dell' operatore di intervenire direttamente sulla stessa, grazie alla creazione di un pulsante di “stand by” che consentiva al lavoratore di sospendere provvisoriamente la lavorazione presso la stazione interessata senza bloccare l'intero impianto, riducendo al minimo i tempi di arresto del ciclo produttivo e di fare così ingresso nella macchina. Invece l'infortunio si sarebbe realizzato perché il lavoratore si era introdotto nella macchina mentre questa, pur in assenza di alcune barriere perimetrali, era in funzione. L'acquirente infatti aveva modificato la macchina in modo che la corrente arrivasse, e quindi la macchina funzionasse, indipendentemente dalla presenza o meno delle barriere. Pertanto non sussisterebbe alcun nesso di causalità tra il comportamento dell'odierno ricorrente, che aveva assunto soltanto l'obbligazione di consegnare e installare la macchina come da contratto, e l'infortunio mortale.
2) Errata applicazione e/o violazione della legge penale
con riferimento alla sussistenza del nesso di causalità tra la condotta dell' imputato e l'evento, in quanto la società acquirente aveva provveduto ad effettuare radicali modifiche del macchinario, con scelte autonome e tale fatto non poteva che divenire elemento di totale cesura del nesso di causalità tra la condotta dell' imputato e l'evento, tanto più che lo stesso non aveva alcuna possibilità di impedire modifiche illegittime del macchinario da parte dell'acquirente.
Difetto di motivazione della sentenza in punto di trattamento sanzionatorio, bilanciamento delle circostanze ed entità dei danni alla parte civile costituita, in quanto la Corte territoriale avrebbe dovuto operare un giudizio di prevalenza tra le attenuanti generiche e la contestata aggravante in considerazione dell'incensuratezza del ricorrente e della sua attenzione nei confronti delle problematiche della sicurezza del lavoro. Il ricorrente proponeva poi un nuovo motivo ex art. 585 c.p.p. e deduceva che l'originario contratto di fornitura dell' impianto aveva subito una radicale novazione oggettiva in quanto, in corso d'opera , il committente G. aveva deciso di apportare varianti al progetto originario, realizzando un soppalco e installandovi delle saldatrici che il progetto originario prevedeva fossero installate a terra. Pertanto sarebbe venuto meno completamente il nesso causale tra l'infortunio mortale e la N. in considerazione dell' adeguatezza dell' dell'opera e dei materiali dalla stessa forniti. Anche la difesa della parte civile costituita I.N.A.I.L. presentava tempestiva memoria difensiva e concludeva chiedendo il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
Per quanto attiene al primo e al secondo motivo, osserva la Corte che correttamente i giudici di appello hanno ritenuto la responsabilità reato a lui ascritto. Premesso infatti che è pacifico che l'impianto indicato nel capo di imputazione era stato realizzato dalla N. in conformità alla normativa vigente in materia di sicurezza dei macchinari, oltre che dotato del certificato di conformità CE e che il predetto impianto era stato venduto alla G. completo di recinzione antinfortunistica, la sentenza impugnata ha evidenziato che la N. aveva assunto contrattualmente l'obbligo di provvedere all'installazione dell'impianto e che nell' espletamento di tale attività aveva l'obbligo attenersi alle norme di sicurezza vigenti, ossia doveva provvedere anche alla installazione delle barriere di protezione lungo tutto il perimetro della macchina, che costituivano il principale sistema di prevenzione di cui l'impianto era dotato e per il quale era stato previsto nel sistema elettrico l'automatismo di blocco immediato nel caso di apertura da parte di un addetto. Invece l'installazione delle reti di protezione non era mai avvenuta sull'intero perimetro della macchina, ma soltanto su alcune parti di essa e, oltretutto, in maniera scorretta, perché le stesse non erano state infisse al suolo, ma soltanto appoggiate per terra, e quindi facilmente asportabili da parte di chiunque. Correttamente pertanto la sentenza impugnata ha ritenuto che la N. avesse l'obbligo contrattuale di provvedere aII'installazione dell'intero impianto, ivi comprese le barriere di protezione, dal momento che rivestiva una posizione di garanzia derivante dal disposto degli articoli 6 del D.L.vo 626/94 (oggi art.24 del T.U. in materia di sicurezza) del d.PR. n. 459/96; posizione alla quale conseguiva sua piena responsabilità in relazione alla corretta esecuzione dell' installazione. La N. avrebbe quindi dovuto completare l'installazione delle barriere prima di mettere in funzione l'impianto, mentre invece non si era opposta, pur essendone ben a conoscenza, dal momento che aveva compiuto attività di assistenza e messa a punto dell' impianto per diversi mesi, dopo avere terminato la sua installazione, a che il predetto fosse dotato, per ovviare ai frequenti inconvenienti di funzionalità che rallentavano il ciclo produttivo, di un pulsante di “stand-by” che consentiva al lavoratore di sospendere provvisoriamente la lavorazione presso la stazione interessata senza bloccare l'intero impianto, con conseguente risparmio dei tempi di arresto del ciclo produttivo. La sentenza impugnata ha pertanto spiegato con motivazione logica e immune da censure che l'infortunio non era in alcun modo ricollegabile, come ritenuto dalla difesa del S., a modifiche strutturali dell'impianto volute dall'acquirente, bensì alla mancata installazione delle barriere che, se presenti, avrebbero arrestato la macchina nel momento in cui il lavoratore accedeva nel suo interno per risolvere un problema ricollegato alla sua attività lavorativa. I giudici della Corte territoriale hanno pertanto correttamente ritenuto che sussistesse il nesso causale tra l'infortunio e l'omessa iniziale predisposizione dei doverosi presidi di sicurezza da parte del S., non rilevando la circostanza che l'infortunio si era verificato circa sei anni dopo la consegna dell'impianto, dal momento che la N. aveva continuato a svolgere per anni attività di assistenza e manutenzione sullo stesso. Infondato è anche il terzo motivo in quanto correttamente i giudici di appello hanno ritenuto di confermare il giudizio di equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche e la contestata aggravante in considerazione della gravità del fatto e del disvalore della condotta omissiva imputabile all'odierno ricorrente; elementi questi che non hanno consentito di attribuire rilievo preminente alle circostanze evidenziate dalla difesa.
Assolutamente congrua per i motivi evidenziati in sentenza appare poi la pena irrogata e l'entità del risarcimento del danno.
D'altronde la dosimetria della pena è di competenza del giudice di merito ed è quindi sottratta alla valutazione di questa Corte.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Depositata in Cancelleria il 11.04.2012
15-04-2012 00:00
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