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Sentenza

Conflitto attribuazioni. Violazione domicilio e delle comunicazioni personali.- Comunicazioni telefoniche o telegrafiche, intercettazione, interruzione, impedimento o rivelazione.
Conflitto attribuazioni. Violazione domicilio e delle comunicazioni personali.- Comunicazioni telefoniche o telegrafiche, intercettazione, interruzione, impedimento o rivelazione.
Corte Costituzionale 20 settembre 2012 Numero:  n. 218
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA - Presidente della Repubblica (Capo dello Stato) 

Considerato che, in questa fase del giudizio, la Corte è chiamata, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), a svolgere, senza contraddittorio, una delibazione preliminare di ammissibilità del ricorso, concernente l'esistenza della materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza, con riferimento ai requisiti soggettivi ed oggettivi indicati dal primo comma dello stesso art. 37, fermo restando che tale valutazione preliminare e interlocutoria lascia impregiudicata ogni ulteriore e diversa determinazione, anche in relazione alla stessa ammissibilità del ricorso; che, nella specie, per quanto attiene all'aspetto soggettivo, la natura di potere dello Stato e la conseguente legittimazione del Presidente della Repubblica ad avvalersi dello strumento del conflitto a tutela delle proprie attribuzioni costituzionali sono state più volte riconosciute, in modo univoco, nella giurisprudenza di questa Corte (sentenze n. 200 del 2006 e n. 129 del 1981; ordinanze n. 354 del 2005 e n. 150 del 1980); che questa Corte ha del pari riconosciuto, con giurisprudenza costante, la natura di potere dello Stato al pubblico ministero, in quanto investito dell'attribuzione, costituzionalmente garantita, inerente all'esercizio obbligatorio dell'azione penale (art. 112 della Costituzione), cui si connette la titolarità delle indagini ad esso finalizzate (ex plurimis, sentenze n. 88 e n. 87 del 2012, ordinanze n. 241 e n. 104 del 2011), ritenendo, altresì, legittimato ad agire e a resistere nei giudizi per conflitto di attribuzione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale, in quanto competente a dichiarare definitivamente, nell'assolvimento della ricordata funzione, la volontà del potere cui appartiene (ordinanza n. 60 del 1999); che, sotto il profilo oggettivo, il ricorso è proposto a salvaguardia di prerogative del Presidente della Repubblica che sono prospettate come insite nella garanzia dell'immunità prevista dall'art. 90 Cost. e nelle disposizioni di legge ordinaria ad essa collegate, a fronte di lesioni in assunto realizzate o prefigurate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Palermo nello svolgimento dei propri compiti; che deve ritenersi dunque sussistente, allo stato - salvo il definitivo giudizio all'esito dell'instaurazione del contraddittorio - la materia di un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte. Per questi motivi la Corte Costituzionale dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato proposto dal Presidente della Repubblica nei confronti del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale ordinario di Palermo, con il ricorso indicato in epigrafe.
Avv. Antonino Sugamele

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