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Legge

Codice di Procedura Penale.
Codice di Procedura Penale.
Codice di Procedura Penale
(Testo coordinato ed aggiornato del D.P.R. 22 settembre 1988, n. 447)
PARTE PRIMA
Libro I: Soggetti
LIBRO PRIMO
SOGGETTI
TITOLO I
Giudice
Capo I
Giurisdizione
Art. 1. 
Giurisdizione penale. 
1. La giurisdizione penale è esercitata dai giudici previsti dalle leggi di ordinamento giudiziario secondo le norme di questo codice.
Art. 2. 
Cognizione del giudice. 
1. Il giudice penale risolve ogni questione da cui dipende la decisione, salvo che sia diversamente stabilito.
2. La decisione del giudice penale che risolve incidentalmente una questione civile, amministrativa o penale non ha efficacia vincolante in nessun altro processo.
Art. 3. 
Questioni pregiudiziali. 
1. Quando la decisione dipende dalla risoluzione di una controversia sullo stato di famiglia o di cittadinanza, il giudice, se la questione è seria e se l'azione a norma delle leggi civili è già in corso, può sospendere il processo fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce la questione.
2. La sospensione è disposta con ordinanza soggetta a ricorso per cassazione.
La corte decide in camera di consiglio.
3. La sospensione del processo non impedisce il compimento degli atti urgenti .
4. La sentenza irrevocabile del giudice civile che ha deciso una questione sullo stato di famiglia o di cittadinanza ha efficacia di giudicato nel procedimento penale.
Capo II
Competenza
Sezione I
Disposizione generale
Art. 4. 
Regole per la determinazione della competenza. 
1. Per determinare la competenza si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato. Non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, fatta eccezione delle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale.
Sezione II
Competenza per materia
Art. 5. 
Competenza della corte di assise. 
1. La corte di assise è competente:
a) per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a ventiquattro anni, esclusi i delitti, comunque aggravati, di tentato omicidio, di rapina, di estorsione e di associazioni di tipo mafioso anche straniere, e i delitti, comunque aggravati, previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309; (1) 
b) per i delitti consumati previsti dagli articoli 579, 580, 584 (2) del codice penale;
c) per ogni delitto doloso se dal fatto è derivata la morte di una o più persone, escluse le ipotesi previste dagli articoli 586, 588 e 593 del codice penale;
d) per i delitti previsti dalle leggi di attuazione della XII disposizione finale della Costituzione, dalla legge 9 ottobre 1967 n. 962 e nel titolo I del libro II del codice penale, sempre che per tali delitti sia stabilita la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni.
d bis) per i delitti consumati o tentati di cui agli articoli 416, sesto comma, 600, 601, 602 del codice penale, nonché per i delitti con finalità di terrorismo sempre che per tali delitti sia stabilita la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni. (3)
(1) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 1, lett. a), del D.L. 12 febbraio 2010, n. 10 convertito con modificazioni nella L. 6 aprile 2010, n. 52. La lettera che è stata sostituita recitava: “per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a ventiquattro anni, esclusi i delitti di tentato omicidio, di rapina e di estorsione, comunque aggravati, e i delitti previsti dall'articolo 630, primo comma, del codice penale e dal decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309;”.
(2) Le parole: “600, 601 e 602” sono state soppresse dall'art. 6, comma 1, lett. a), della L. 11 agosto 2003, n. 228.
(3) Lettera aggiunta dall'art. 1, comma 1, lett. b), del D.L. 12 febbraio 2010, n. 10 , convertito con modificazioni nella L. 6 aprile 2010, n. 52
Art. 6. 
Competenza del tribunale.
1. Il tribunale è competente per i reati che non appartengono alla competenza della corte di assise o del giudice di pace.
_______________
Cfr. Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 19 agosto 2009, n. 18373 in Altalex Massimario.
[Art. 7. 
Competenza del pretore.]
Sezione III
Competenza per territorio
Art. 8. 
Regole generali. 
1. La competenza per territorio è determinata dal luogo in cui il reato è stato consumato.
2. Se si tratta di fatto dal quale è derivata la morte di una o più persone, è competente il giudice del luogo in cui è avvenuta l'azione o l'omissione.
3. Se si tratta di reato permanente, è competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione, anche se dal fatto è derivata la morte di una o più persone.
4. Se si tratta di delitto tentato, è competente il giudice del luogo in cui è stato compiuto l'ultimo atto diretto a commettere il delitto.
Art. 9. 
Regole suppletive. 
1. Se la competenza non può essere determinata a norma dell'articolo 8, è competente il giudice dell'ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell'azione o dell'omissione.
2. Se non è noto il luogo indicato nel comma 1, la competenza appartiene successivamente al giudice della residenza, della dimora o del domicilio dell'imputato.
3. Se nemmeno in tale modo è possibile determinare la competenza, questa appartiene al giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro previsto dall'articolo 335.
Art. 10. 
Competenza per reati commessi all'estero. 
1. Se il reato è stato commesso interamente all'estero, la competenza è determinata successivamente dal luogo della residenza, della dimora, del domicilio, dell'arresto o della consegna dell'imputato. Nel caso di pluralità di imputati, procede il giudice competente per il maggior numero di essi.
2. Se non è possibile determinare nei modi indicati nel comma 1 la competenza, questa appartiene al giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero che ha provveduto per primo a iscrivere la notizia di reato nel registro previsto dall'articolo 335.
3. Se il reato è stato commesso in parte all'estero, la competenza è determinata a norma degli articoli 8 e 9.
Art. 11.
Competenza per i procedimenti riguardanti i magistrati. 
1. I procedimenti in cui un magistrato assume la qualità di persona sottoposta ad indagini, di imputato ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato, che secondo le norme di questo capo sarebbero attribuiti alla competenza di un ufficio giudiziario compreso nel distretto di corte d'appello in cui il magistrato esercita le proprie funzioni o le esercitava al momento del fatto, sono di competenza del giudice, ugualmente competente per materia, che ha sede nel capoluogo del distretto di corte di appello determinato dalla legge.
2. Se nel distretto determinato ai sensi del comma 1 il magistrato stesso è venuto ad esercitare le proprie funzioni in un momento successivo a quello del fatto, è competente il giudice che ha sede nel capoluogo del diverso distretto di corte d'appello determinato ai sensi del medesimo comma 1.
3. I procedimenti connessi a quelli in cui un magistrato assume la qualità di persona sottoposta ad indagini, di imputato ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato sono di competenza del medesimo giudice individuato a norma del comma 1.
Art. 11-bis. 
Competenza per i procedimenti riguardanti i magistrati della Direzione nazionale antimafia. 
1. I procedimenti in cui assume la qualità di persona sottoposta ad indagini, di imputato ovvero di persona offesa o danneggiata dal reato un magistrato addetto alla Direzione nazionale antimafia di cui all'articolo 76-bis dell'ordinamento giudiziario, approvato con regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, e successive modificazioni, sono di competenza del giudice determinato ai sensi dell'articolo 11.
Sezione IV
Competenza per connessione
Art. 12. 
Casi di connessione. 
1. Si ha connessione di procedimenti:
a) se il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione fra loro, o se più persone con condotte indipendenti hanno determinato l'evento;
b) se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione ovvero con più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso;
c) se dei reati per cui si procede gli uni sono stati commessi per eseguire o per occultare gli altri. (1)
(1) Le parole: “o in occasione di questi ovvero per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l'impunità” sono state soppresse dall'art. 1, comma 1, della L. 1 marzo 2001, n. 63
Art. 13. 
Connessione di procedimenti di competenza di giudici ordinari e speciali. 
1. Se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla competenza di un giudice ordinario e altri a quella della Corte costituzionale, è competente per tutti quest'ultima.
2. Fra reati comuni e reati militari, la connessione di procedimenti opera soltanto quando il reato comune è più grave di quello militare, avuto riguardo ai criteri previsti dall'articolo 16 comma 3. In tale caso, la competenza per tutti i reati è del giudice ordinario.

Art. 14.
Limiti alla connessione nel caso di reati commessi da minorenni. 
1. La connessione non opera fra procedimenti relativi a imputati che al momento del fatto erano minorenni e procedimenti relativi a imputati maggiorenni.
2. La connessione non opera, altresì, fra procedimenti per reati commessi quando l'imputato era minorenne e procedimenti per reati commessi quando era maggiorenne.
Art. 15. 
Competenza per materia determinata dalla connessione. 
1. Se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla competenza della corte di assise ed altri a quella del tribunale, è competente per tutti la corte di assise.
Art. 16. 
Competenza per territorio determinata dalla connessione.
1. La competenza per territorio per i procedimenti connessi rispetto ai quali più giudici sono ugualmente competenti per materia appartiene al giudice competente per il reato più grave e, in caso di pari gravità, al giudice competente per il primo reato.
2. Nel caso previsto dall'articolo 12 comma 1 lettera a) se le azioni od omissioni sono state commesse in luoghi diversi e se dal fatto è derivata la morte di una persona, è competente il giudice del luogo in cui si è verificato l'evento.
3. I delitti si considerano più gravi delle contravvenzioni. Fra delitti o fra contravvenzioni si considera più grave il reato per il quale è prevista la pena più elevata nel massimo ovvero, in caso di parità dei massimi, la pena più elevata nel minimo; se sono previste pene detentive e pene pecuniarie, di queste si tiene conto solo in caso di parità delle pene detentive.
Capo III
Riunione e separazione di processi
Art. 17. 
Riunione di processi. 
1. La riunione di processi pendenti nello stesso stato e grado davanti al medesimo giudice può essere disposta quando non determini un ritardo nella definizione degli stessi: (1)
a) nei casi previsti dall'articolo 12;
b) (…) (2)
c) nei casi previsti dall'articolo 371, comma 2, lettera b). (3)
1-bis. Se alcuni dei processi pendono davanti al tribunale collegiale ed altri davanti al tribunale monocratico, la riunione è disposta davanti al tribunale in composizione collegiale. Tale composizione resta ferma anche nel caso di successiva separazione dei processi.
(1) Parole modificate dall'art. 1, comma 2, della L. 1 marzo 2001, n. 63
(2) Lettera soppressa dall'art. 1 del D.L. 20 novembre 1991, n. 367, convertito con modificazioni nella L. 20 gennaio 1992, n. 8
(3) Le originarie lettere c) e d) sono state così sostituite dall'art. 1, comma 3, della L. 1 marzo 2001, n. 63
Art. 18. 
Separazione di processi. 
1. La separazione di processi è disposta, salvo che il giudice ritenga la riunione assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti:
a) se, nell'udienza preliminare, nei confronti di uno o più imputati o per una o più imputazioni è possibile pervenire prontamente alla decisione, mentre nei confronti di altri imputati o per altre imputazioni è necessario acquisire ulteriori informazioni a norma dell'articolo 422;
b) se nei confronti di uno o più imputati o per una o più imputazioni è stata ordinata la sospensione del procedimento;
c) se uno o più imputati non sono comparsi al dibattimento per nullità dell'atto di citazione o della sua notificazione, per legittimo impedimento o per mancata conoscenza incolpevole dell'atto di citazione ;
d) se uno o più difensori di imputati non sono comparsi al dibattimento per mancato avviso ovvero per legittimo impedimento;
e) se nei confronti di uno o più imputati o per una o più imputazioni l'istruzione dibattimentale risulta conclusa, mentre nei confronti di altri imputati o per altre imputazioni è necessario il compimento di ulteriori atti che non consentono di pervenire prontamente alla decisione;
e-bis) se uno o più imputati dei reati previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), è prossimo ad essere rimesso in libertà per scadenza dei termini per la mancanza di altri titoli di detenzione. (1)
2. Fuori dei casi previsti dal comma 1, la separazione può essere altresì disposta, sull'accordo delle parti, qualora il giudice la ritenga utile ai fini della speditezza del processo.
(1) Lettera aggiunta dall'art. 1, comma 1, del D.L. 24 novembre 2000 n. 341, convertito con modificazioni nella L. 19 gennaio 2001, n. 4
Art. 19. 
Provvedimenti sulla riunione e separazione. 
1. La riunione e la separazione di processi sono disposte con ordinanza, anche di ufficio, sentite le parti.
Capo IV
Provvedimenti sulla giurisdizione e sulla competenza
Art. 20. 
Difetto di giurisdizione. 
1. Il difetto di giurisdizione è rilevato, anche di ufficio, in ogni stato e grado del procedimento.
2. Se il difetto di giurisdizione è rilevato nel corso delle indagini preliminari, si applicano le disposizioni previste dall'articolo 22 commi 1 e 2. Dopo la chiusura delle indagini preliminari e in ogni stato e grado del processo il giudice pronuncia sentenza e ordina, se del caso, la trasmissione degli atti all'autorità competente.
Art. 21. 
Incompetenza. 
1. L'incompetenza per materia è rilevata, anche di ufficio, in ogni stato e grado del processo, salvo quanto previsto dal comma 3 e dall'articolo 23 comma 2.
2. L'incompetenza per territorio è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manchi, entro il termine previsto dall'articolo 491 comma 1. Entro quest'ultimo termine deve essere riproposta l'eccezione di incompetenza respinta nell'udienza preliminare.
3. L'incompetenza derivante da connessione è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro i termini previsti dal comma 2.
Art. 22. 
Incompetenza dichiarata dal giudice per le indagini preliminari. 
1. Nel corso delle indagini preliminari il giudice, se riconosce la propria incompetenza per qualsiasi causa, pronuncia ordinanza e dispone la restituzione degli atti al pubblico ministero.
2. L'ordinanza pronunciata a norma del comma 1 produce effetti limitatamente al provvedimento richiesto.
3. Dopo la chiusura delle indagini preliminari il giudice, se riconosce la propria incompetenza per qualsiasi causa, la dichiara con sentenza e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente.
Art. 23. 
Incompetenza dichiarata nel dibattimento di primo grado. 
1. Se nel dibattimento di primo grado il giudice ritiene che il processo appartiene alla competenza di altro giudice, dichiara con sentenza la propria incompetenza per qualsiasi causa e ordina la trasmissione degli atti al giudice competente.
2. Se il reato appartiene alla cognizione di un giudice di competenza inferiore, l'incompetenza è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro il termine stabilito dall'articolo 491 comma 1. Il giudice, se ritiene la propria incompetenza, provvede a norma del comma 1.
Art. 24. 
Decisioni del giudice di appello sulla competenza. 
1. Il giudice di appello pronuncia sentenza di annullamento e ordina la trasmissione degli atti al giudice di primo grado competente quando riconosce che il giudice di primo grado era incompetente per materia a norma dell'articolo 23 comma 1 ovvero per territorio o per connessione, purché, in tali ultime ipotesi, l'incompetenza sia stata eccepita a norma dell'articolo 21 e l'eccezione sia stata riproposta nei motivi di appello.
2. Negli altri casi il giudice di appello pronuncia nel merito, salvo che si tratti di decisione inappellabile.
Art. 25. 
Effetti delle decisioni della corte di cassazione sulla giurisdizione e sulla competenza. 
1. La decisione della corte di cassazione sulla giurisdizione o sulla competenza è vincolante nel corso del processo, salvo che risultino nuovi fatti che comportino una diversa definizione giuridica da cui derivi la modificazione della giurisdizione o la competenza di un giudice superiore.
Art. 26. 
Prove acquisite dal giudice incompetente. 
1. L'inosservanza delle norme sulla competenza non produce l'inefficacia delle prove già acquisite.
2. Le dichiarazioni rese al giudice incompetente per materia, se ripetibili, sono utilizzabili soltanto nell'udienza preliminare e per le contestazioni a norma degli articoli 500 e 503.
Art. 27. 
Misure cautelari disposte dal giudice incompetente. 
1. Le misure cautelari disposte dal giudice che, contestualmente o successivamente, si dichiara incompetente per qualsiasi causa cessano di avere effetto se, entro venti giorni dalla ordinanza di trasmissione degli atti, il giudice competente non provvede a norma degli articoli 292, 317 e 321.
Capo V
Conflitti di giurisdizione e di competenza
Art. 28. 
Casi di conflitto. 
1. Vi è conflitto quando in qualsiasi stato e grado del processo:
a) uno o più giudici ordinari e uno o più giudici speciali contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona;
b) due o più giudici ordinari contemporaneamente prendono o ricusano di prendere cognizione del medesimo fatto attribuito alla stessa persona.
2. Le norme sui conflitti si applicano anche nei casi analoghi a quelli previsti dal comma 1. Tuttavia, qualora il contrasto sia tra giudice dell'udienza preliminare e giudice del dibattimento, prevale la decisione di quest'ultimo.
3. Nel corso delle indagini preliminari, non può essere proposto conflitto positivo fondato su ragioni di competenza per territorio determinata dalla connessione.
Art. 29. 
Cessazione del conflitto. 
1. I conflitti previsti dall'articolo 28 cessano per effetto del provvedimento di uno dei giudici che dichiara, anche di ufficio, la propria competenza o la propria incompetenza.
Art. 30. 
Proposizione del conflitto. 
1. Il giudice che rileva un caso di conflitto pronuncia ordinanza con la quale rimette alla corte di cassazione copia degli atti necessari alla sua risoluzione con l'indicazione delle parti e dei difensori.
2. Il conflitto può essere denunciato dal pubblico ministero presso uno dei giudici in conflitto ovvero dalle parti private. La denuncia è presentata nella cancelleria di uno dei giudici in conflitto, con dichiarazione scritta e motivata alla quale è unita la documentazione necessaria. Il giudice trasmette immediatamente alla corte di cassazione la denuncia e la documentazione nonché copia degli atti necessari alla risoluzione del conflitto, con l'indicazione delle parti e dei difensori e con eventuali osservazioni.
3. L'ordinanza e la denuncia previste dai commi 1 e 2 non hanno effetto sospensivo sui procedimenti in corso.
Art. 31. 
Comunicazione al giudice in conflitto. 
1. Il giudice che ha pronunciato l'ordinanza o ricevuto la denuncia previste dall'articolo 30 ne dà immediata comunicazione al giudice in conflitto.
2. Questi trasmette immediatamente alla corte di cassazione copia degli atti necessari alla risoluzione del conflitto, con l'indicazione delle parti e dei difensori e con eventuali osservazioni.
Art. 32.
Risoluzione del conflitto. 
1. I conflitti sono decisi dalla corte di cassazione con sentenza in camera di consiglio secondo le forme previste dall'articolo 127. La corte assume le informazioni e acquisisce gli atti e i documenti che ritiene necessari.
2. L'estratto della sentenza è immediatamente comunicato ai giudici in conflitto e al pubblico ministero presso i medesimi giudici ed è notificato alle parti private.
3. Si applicano le disposizioni degli articoli 25, 26 e 27, ma il termine previsto da quest'ultimo articolo decorre dalla comunicazione effettuata a norma del comma 2.
Capo VI
Capacità e composizione del giudice
Art. 33. 
Capacità del giudice. 
1. Le condizioni di capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi sono stabiliti dalle leggi di ordinamento giudiziario.
2. Non si considerano attinenti alla capacità del giudice le disposizioni sulla destinazione del giudice agli uffici giudiziari e alle sezioni, sulla formazione dei collegi e sulla assegnazione dei processi a sezioni, collegi e giudici.
3. Non si considerano altresì attinenti alla capacità del giudice né al numero dei giudici necessario per costituire l'organo giudicante le disposizioni sull'attribuzione degli affari penali al tribunale collegiale o monocratico.
Art. 33-bis.
Attribuzioni del tribunale in composizione collegiale. 
1. Sono attribuiti al tribunale in composizione collegiale i seguenti reati, consumati o tentati:
a) delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri 3), 4) e 5), sempre che per essi non sia stabilita la competenza della corte di assise;
b) delitti previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale, esclusi quelli indicati dagli articoli 329, 331, primo comma, 332, 334 e 335;
c) delitti previsti dagli articoli 416, 416-bis, 416-ter, 420, terzo comma, 429, secondo comma, 431, secondo comma, 432, terzo comma, 433, terzo comma, 440, 449, secondo comma, 452, primo comma, n. 2, 513-bis, 564, da 600-bis a 600-sexies puniti con reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni, 609-bis, 609-quater e 644 del codice penale;
d) reati previsti dal Titolo XI del libro V del codice civile, nonché dalle disposizioni che ne estendono l'applicazione a soggetti diversi da quelli in essi indicati; (1)
e) delitti previsti dall'articolo 1136 del codice della navigazione;
f) delitti previsti dagli articoli 6 e 11 della legge costituzionale 16 gennaio 1989, n. 1;
g) delitti previsti dagli articoli 216, 223, 228 e 234 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, in materia fallimentare, nonché dalle disposizioni che ne estendono l'applicazione a soggetti diversi da quelli in essi indicati;
h) delitti previsti dall'articolo 1 del decreto legislativo 14 febbraio 1948, n. 43, ratificato dalla legge 17 aprile 1956, n. 561, in materia di associazioni di carattere militare;
i) delitti previsti dalla legge 20 giugno 1952, n. 645, attuativa della XII disposizione transitoria e finale della Costituzione;
i-bis) delitti previsti dall'articolo 291-quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43; (2)
l) delitto previsto dall'articolo 18 della legge 22 maggio 1978, n. 194, in materia di interruzione volontaria della gravidanza;
m) delitto previsto dall'articolo 2 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, in materia di associazioni segrete;
n) delitto previsto dall'articolo 29, secondo comma, della legge 13 settembre 1982, n. 646, in materia di misure di prevenzione;
o) delitto previsto dall'articolo 12-quinquies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, in materia di trasferimento fraudolento di valori;
p) delitti previsti dall'articolo 6, commi 3 e 4, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa;
q) delitti previsti dall'articolo 10 della legge 18 novembre 1995, n. 496, in materia di produzione e uso di armi chimiche.
2. Sono attribuiti altresì al tribunale in composizione collegiale, salva la disposizione dell'articolo 33-ter, comma 1, i delitti puniti con la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, anche nell'ipotesi del tentativo. Per la determinazione della pena si osservano le disposizioni dell'articolo 4.
(1) Lettera così sostituita dall'art. 6 del D.L.vo 11 aprile 2002, n. 61
(2) Lettera inserita dall'art. 5, comma 1, della L. 19 marzo 2001, n. 92
Art. 33-ter. 
Attribuzioni del tribunale in composizione monocratica. (1)
1. Sono attribuiti al tribunale in composizione monocratica i delitti previsti dall'articolo 73 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, sempre che non siano contestate le aggravanti di cui all'articolo 80, (2) del medesimo testo unico.
2. Il tribunale giudica in composizione monocratica, altresì, in tutti i casi non previsti dall'articolo 33-bis o da altre disposizioni di legge.
(1) Articolo introdotto dall'art. 169 del D.L.vo 19 febbraio 1998 n. 51
(2) Le parole: “, commi 1, 3 e 4,” sono state soppresse dall'art. 2 ter del D.L. 7 aprile 2000, n. 82, convertito con modificazioni nella L. 5 giugno 2000, n. 144
Art. 33-quater. 
Effetti della connessione sulla composizione del giudice. 
1. Se alcuni dei procedimenti connessi appartengono alla cognizione dei tribunale in composizione collegiale ed altri a quella del tribunale in composizione monocratica, si applicano le disposizioni relative al procedimento davanti al giudice collegiale, al quale sono attribuiti tutti i procedimenti connessi.
Capo VI-bis
Provvedimenti sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale
Art. 33-quinquies. 
Inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale. 
1. L'inosservanza delle disposizioni relative all'attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale in composizione collegiale o monocratica e delle disposizioni processuali collegate è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell'udienza preliminare o, se questa manca, entro il termine previsto dall'articolo 491, comma 1. Entro quest'ultimo termine deve essere riproposta l'eccezione respinta nell'udienza preliminare.
Art. 33-sexies.
Inosservanza dichiarata nell'udienza preliminare. 
1. Se nell'udienza preliminare il giudice ritiene che per il reato deve procedersi con citazione diretta a giudizio pronuncia, nei casi previsti dall'articolo 550, ordinanza di trasmissione degli atti al pubblico ministero per l'emissione del decreto di citazione a giudizio a norma dell'articolo 552.
2. Si applicano le disposizioni previste dagli articoli 424, commi 2 e 3, 553 e 554.
Art. 33-septies. 
Inosservanza dichiarata nel dibattimento di primo grado. 
1. Nel dibattimento di primo grado instaurato a seguito dell'udienza preliminare, il giudice, se ritiene che il reato appartiene alla cognizione del tribunale in composizione diversa, trasmette gli atti, con ordinanza, al giudice competente a decidere sul reato contestato.
2. Fuori dai casi previsti dal comma 1, se il giudice monocratico ritiene che il reato appartiene alla cognizione del collegio, dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero.
3. Si applica la disposizione dell'articolo 420-ter, comma 4.
Art. 33-octies. 
Inosservanza dichiarata dal giudice di appello o dalla Corte di Cassazione. 
1. Il giudice di appello o la Corte di Cassazione pronuncia sentenza di annullamento e ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice di primo grado quando ritiene l'inosservanza delle disposizioni sull'attribuzione dei reati alla cognizione del tribunale in composizione collegiale o monocratica, purché la stessa sia stata tempestivamente eccepita e l'eccezione sia stata riproposta nei motivi di impugnazione.
2. Il giudice di appello pronuncia tuttavia nel merito se ritiene che il reato appartiene alla cognizione del tribunale in composizione monocratica.
Art. 33-nonies.
Validità delle prove acquisite. 
1. L'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale non determina l'invalidità degli atti del procedimento, né l'inutilizzabilità delle prove già acquisite.
Capo VII
Incompatibilità, astensione e ricusazione del giudice
Art. 34. 
Incompatibilità determinata da atti compiuti nel procedimento. 
1. Il giudice che ha pronunciato o ha concorso a pronunciare sentenza in un grado del procedimento non può esercitare funzioni di giudice negli altri gradi, né partecipare al giudizio di rinvio dopo l'annullamento o al giudizio per revisione.
2. Non può partecipare al giudizio il giudice che ha emesso il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare o ha disposto il giudizio immediato o ha emesso decreto penale di condanna o ha deciso sull'impugnazione avverso la sentenza di non luogo a procedere.
2-bis. Il giudice che nel medesimo procedimento ha esercitato funzioni di giudice per le indagini preliminari non può emettere il decreto penale di condanna, né tenere l'udienza preliminare; inoltre, anche fuori dei casi previsti dal comma 2, non può partecipare al giudizio.
2-ter. Le disposizioni del comma 2-bis non si applicano al giudice che nel medesimo procedimento abbia adottato uno dei seguenti provvedimenti:
a) le autorizzazioni sanitarie previste dall'articolo 11 della legge 26 luglio 1975, n. 354;
b) i provvedimenti relativi ai permessi di colloquio, alla corrispondenza telefonica e al visto di controllo sulla corrispondenza, previsti dagli articoli 18 e 18-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354;
c) i provvedimenti relativi ai permessi previsti dall'articolo 30 della legge 26 luglio 1975, n. 354;
d) il provvedimento di restituzione nel termine di cui all'articolo 175;
e) il provvedimento che dichiara la latitanza a norma dell'articolo 296. (1)
2-quater. Le disposizioni del comma 2-bis non si applicano inoltre al giudice che abbia provveduto all'assunzione dell'incidente probatorio o comunque adottato uno dei provvedimenti previsti dal titolo VII del libro quinto. (2)
3. Chi ha esercitato funzioni di pubblico ministero o ha svolto atti di polizia giudiziaria o ha prestato ufficio di difensore, di procuratore speciale, di curatore di una parte ovvero di testimone, perito, consulente tecnico o ha proposto denuncia, querela, istanza o richiesta o ha deliberato o ha concorso a deliberare l'autorizzazione a procedere non può esercitare nel medesimo procedimento l'ufficio di giudice.
(1) Comma aggiunto dall'art. 11 della L. 16 dicembre 1999, n. 479
(2) Comma aggiunto dall'art. 2 quater del D.L. 7 aprile 2000, n. 82, convertito con modificazioni nella L. 5 giungo 2000, n. 144
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Cfr. Corte Costituzionale, sentenza 1 dicembre 2008, n. 400 in Altalex Massimario.
Art. 35. 
Incompatibilità per ragioni di parentela, affinità o coniugio. 
1. Nello stesso procedimento non possono esercitare funzioni, anche separate o diverse, giudici che sono tra loro coniugi, parenti o affini fino al secondo grado.
Art. 36. 
Astensione. 
1. Il giudice ha l'obbligo di astenersi:
a) se ha interesse nel procedimento o se alcuna delle parti private o un difensore è debitore o creditore di lui, del coniuge o dei figli;
b) se è tutore, curatore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private ovvero se il difensore, procuratore o curatore di una di dette parti è prossimo congiunto di lui o del coniuge;
c) se ha dato consigli o manifestato il suo parere sull'oggetto del procedimento fuori dell'esercizio delle funzioni giudiziarie;
d) se vi è inimicizia grave fra lui o un suo prossimo congiunto e una delle parti private;
e) se alcuno dei prossimi congiunti di lui o del coniuge è offeso o danneggiato dal reato o parte privata;
f) se un prossimo congiunto di lui o del coniuge svolge o ha svolto funzioni di pubblico ministero;
g) se si trova in taluna delle situazioni di incompatibilità stabilite dagli articoli 34 e 35 e dalle leggi di ordinamento giudiziario;
h) se esistono altre gravi ragioni di convenienza.
2. I motivi di astensione indicati nel comma 1 lettera b) seconda ipotesi e lettera e) o derivanti da incompatibilità per ragioni di coniugio o affinità, sussistono anche dopo l'annullamento, lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
3. La dichiarazione di astensione è presentata al presidente della corte o del tribunale, che decide con decreto senza formalità di procedura.
4. Sulla dichiarazione di astensione del presidente del tribunale decide il presidente della corte di appello; su quella del presidente della corte di appello decide il presidente della corte di cassazione.
Art. 37. 
Ricusazione. 
1. Il giudice può essere ricusato dalle parti:
a) nei casi previsti dall'articolo 36 comma 1 lettere a), b), c), d), e), f), g);
b) se nell'esercizio delle funzioni e prima che sia pronunciata sentenza, egli ha manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell'imputazione.
2. Il giudice ricusato non può pronunciare né concorrere a pronunciare sentenza fino a che non sia intervenuta l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 18 giugno 2007, n. 23883, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 28 giugno 2007, n. 25024 e Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 26 gennaio 2009, n. 3499 in Altalex Massimario.
Art. 38. 
Termini e forme per la dichiarazione di ricusazione. 
1. La dichiarazione di ricusazione può essere proposta, nell'udienza preliminare, fino a che non siano conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti; nel giudizio, fino a che non sia scaduto il termine previsto dall'articolo 491 comma 1; in ogni altro caso, prima del compimento dell'atto da parte del giudice.
2. Qualora la causa di ricusazione sia sorta o sia divenuta nota dopo la scadenza dei termini previsti dal comma 1, la dichiarazione può essere proposta entro tre giorni. Se la causa è sorta o è divenuta nota durante l'udienza, la dichiarazione di ricusazione deve essere in ogni caso proposta prima del termine dell'udienza.
3. La dichiarazione contenente l'indicazione dei motivi e delle prove è proposta con atto scritto ed è presentata, assieme ai documenti, nella cancelleria del giudice competente a decidere. Copia della dichiarazione è depositata nella cancelleria dell'ufficio cui è addetto il giudice ricusato.
4. La dichiarazione, quando non è fatta personalmente dall'interessato, può essere proposta a mezzo del difensore o di un procuratore speciale. Nell'atto di procura, devono essere indicati, a pena di inammissibilità, i motivi della ricusazione.
Art. 39. 
Concorso di astensione e di ricusazione. 
1. La dichiarazione di ricusazione si considera come non proposta quando il giudice, anche successivamente ad essa, dichiara di astenersi e l'astensione è accolta.
Art. 40. 
Competenza a decidere sulla ricusazione. 
1. Sulla ricusazione di un giudice del tribunale o della corte di assise o della corte di assise di appello decide la corte di appello; su quella di un giudice della corte di appello decide una sezione della corte stessa, diversa da quella a cui appartiene il giudice ricusato.
2. Sulla ricusazione di un giudice della corte di cassazione decide una sezione della corte, diversa da quella a cui appartiene il giudice ricusato.
3. Non è ammessa la ricusazione dei giudici chiamati a decidere sulla ricusazione.
Art. 41. 
Decisione sulla dichiarazione di ricusazione. 
1. Quando la dichiarazione di ricusazione è stata proposta da chi non ne aveva il diritto o senza l'osservanza dei termini o delle forme previsti dall'articolo 38 ovvero quando i motivi addottati sono manifestamente infondati, la corte, senza ritardo, la dichiara inammissibile con ordinanza avverso la quale è proponibile ricorso per cassazione. La corte di cassazione decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 611.
2. Fuori dei casi di inammissibilità della dichiarazione di ricusazione, la corte può disporre, con ordinanza, che il giudice sospenda temporaneamente ogni attività processuale o si limiti al compimento degli atti urgenti.
3. Sul merito della ricusazione la corte decide a norma dell'articolo 127, dopo aver assunto, se necessario, le opportune informazioni.
4. L'ordinanza pronunciata a norma dei commi precedenti è comunicata al giudice ricusato e al pubblico ministero ed è notificata alle parti private.
Art. 42. 
Provvedimenti in caso di accoglimento della dichiarazione di astensione o ricusazione. 
1. Se la dichiarazione di astensione o di ricusazione è accolta, il giudice non può compiere alcun atto del procedimento.
2. Il provvedimento che accoglie la dichiarazione di astensione o di ricusazione dichiara se e in quale parte gli atti compiuti precedentemente dal giudice astenutosi o ricusato conservano efficacia.
Art. 43. 
Sostituzione del giudice astenuto o ricusato. 
1. Il giudice astenuto o ricusato è sostituito con altro magistrato dello stesso ufficio designato, secondo le leggi di ordinamento giudiziario.
2. Qualora non sia possibile la sostituzione prevista dal comma 1, la corte o il tribunale rimette il procedimento al giudice ugualmente competente per materia determinato a norma dell'articolo 11.
Art. 44. 
Sanzioni in caso di inammissibilità o di rigetto della dichiarazione di ricusazione. 
1. Con l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la dichiarazione di ricusazione, la parte privata che l'ha proposta può essere condannata al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro 258 a euro 1.549, senza pregiudizio di ogni azione civile o penale.

Capo VIII
Rimessione del processo
Art. 45. 
Casi di rimessione. (1)
1. In ogni stato e grado del processo di merito, quando gravi situazioni locali, tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili, pregiudicano la libera determinazione delle persone che partecipano al processo ovvero la sicurezza o l'incolumità pubblica, o determinano motivi di legittimo sospetto, la Corte di cassazione, su richiesta motivata del procuratore generale presso la corte di appello o del pubblico ministero presso il giudice che procede o dell'imputato, rimette il processo ad altro giudice, designato a norma dell'articolo 11.
(1) Articolo così sostituito dall'art. 1, comma 1, della L. 7 novembre 2002, n. 248
Art. 46. 
Richiesta di rimessione. 
1. La richiesta è depositata, con i documenti che vi si riferiscono, nella cancelleria del giudice ed è notificata entro sette giorni a cura del richiedente alle altre parti.
2. La richiesta dell'imputato è sottoscritta da lui personalmente o da un suo procuratore speciale.
3. Il giudice trasmette immediatamente alla corte di cassazione la richiesta con i documenti allegati e con eventuali osservazioni.
4. L'inosservanza delle forme e dei termini previsti dai commi 1 e 2 è causa d'inammissibilità della richiesta.
Art. 47. 
Effetti della richiesta. (1)
1. In seguito alla presentazione della richiesta di rimessione il giudice può disporre con ordinanza la sospensione del processo fino a che non sia intervenuta l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta. La Corte di cassazione può sempre disporre con ordinanza la sospensione del processo.
2. Il giudice deve comunque sospendere il processo prima dello svolgimento delle conclusioni e della discussione e non possono essere pronunciati il decreto che dispone il giudizio o la sentenza quando ha avuto notizia dalla Corte di cassazione che la richiesta di rimessione è stata assegnata alle sezioni unite ovvero a sezione diversa dall'apposita sezione di cui all'articolo 610, comma 1. Il giudice non dispone la sospensione quando la richiesta non è fondata su elementi nuovi rispetto a quelli di altra già rigettata o dichiarata inammissibile.
3. La sospensione del processo ha effetto fino a che non sia intervenuta l'ordinanza che rigetta o dichiara inammissibile la richiesta e non impedisce il compimento degli atti urgenti.
4. In caso di sospensione del processo si applica l'articolo 159 del codice penale e, se la richiesta è stata proposta dall'imputato, sono sospesi i termini di cui all'articolo 303, comma 1. La prescrizione e i termini di custodia cautelare riprendono il loro corso dal giorno in cui la Corte di cassazione rigetta o dichiara inammissibile la richiesta ovvero, in caso di suo accoglimento, dal giorno in cui il processo dinanzi al giudice designato perviene al medesimo stato in cui si trovava al momento della sospensione. Si osservano in quanto compatibili le disposizioni dell'articolo 304.
(1) Articolo sostituito dall'art. 1, comma 2, della L. 7 novembre 2002, n. 248
Art. 48.
Decisione. (1)
1. La Corte di cassazione decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 127, dopo aver assunto, se necessario, le opportune informazioni.
2. Il Presidente della Corte di cassazione, se rileva una causa d'inammissibilità della richiesta, dispone che per essa si proceda a norma dell'articolo 610, comma 1.
3. L'avvenuta assegnazione della richiesta di rimessione alle sezioni unite o a sezione diversa dall'apposita sezione prevista dall'articolo 610, comma 1, è immediatamente comunicata al giudice che procede.
4. L'ordinanza che accoglie la richiesta è comunicata senza ritardo al giudice procedente e a quello designato. Il giudice procedente trasmette immediatamente gli atti del processo al giudice designato e dispone che l'ordinanza della Corte di cassazione sia per estratto comunicata al pubblico ministero e notificata alle parti private.
5. Fermo quanto disposto dall'articolo 190-bis, il giudice designato dalla Corte di cassazione procede alla rinnovazione degli atti compiuti anteriormente al provvedimento che ha accolto la richiesta di rimessione, quando ne è richiesto da una delle parti e non si tratta di atti di cui è divenuta impossibile la ripetizione. Nel processo davanti a tale giudice, le parti esercitano gli stessi diritti e facoltà che sarebbero loro spettati davanti al giudice originariamente competente.
6. Se la Corte rigetta o dichiara inammissibile la richiesta delle parti private queste con la stessa ordinanza possono essere condannate al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.
(1) Articolo così sostituito dall'art. 1, comma 3, della L. 7 novembre 2002, n. 248
Art. 49.
Nuova richiesta di rimessione. (1)
1. Anche quando la richiesta è stata accolta, il pubblico ministero o l'imputato può chiedere un nuovo provvedimento per la revoca di quello precedente o per la designazione di un altro giudice.
2. L'ordinanza che rigetta o dichiara inammissibile per manifesta infondatezza la richiesta di rimessione non impedisce che questa sia nuovamente proposta purché fondata su elementi nuovi.
3. È inammissibile per manifesta infondatezza anche la richiesta di rimessione non fondata su elementi nuovi rispetto a quelli già valutati in una ordinanza che ha rigettato o dichiarato inammissibile una richiesta proposta da altro imputato dello stesso procedimento o di un procedimento da esso separato.
4. La richiesta dichiarata inammissibile per motivi diversi dalla manifesta infondatezza può essere sempre riproposta.
(1) Articolo così sostituito dall'art. 1, comma 4, della L. 7 novembre 2002, n. 248
TITOLO II
Pubblico ministero
Art. 50. 
Azione penale. 
1. Il pubblico ministero esercita l'azione penale quando non sussistono i presupposti per la richiesta di archiviazione.
2. Quando non è necessaria la querela, la richiesta, l'istanza o l'autorizzazione a procedere, l'azione penale è esercitata di ufficio.
3. L'esercizio dell'azione penale può essere sospeso o interrotto soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge.
Art. 51. 
Uffici del pubblico ministero. Attribuzioni del procuratore della Repubblica distrettuale 
1. Le funzioni di pubblico ministero sono esercitate:
a) nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado, dai magistrati della procura della Repubblica presso il tribunale;
b) nei giudizi di impugnazione dai magistrati della procura generale presso la corte di appello o presso la corte di cassazione.
2. Nei casi di avocazione, le funzioni previste dal comma 1 lettera a) sono esercitate dai magistrati della procura generale presso la corte di appello.
Nei casi di avocazione previsti dall'articolo 371-bis, sono esercitate dai magistrati della Direzione nazionale antimafia.
3. Le funzioni previste dal comma 1 sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente a norma del capo II del titolo I.
3-bis. Quando si tratta dei procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 416, sesto comma, 416, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 473 e 474 (1), 600, 601, 602, (2) 416-bis e 630 del codice penale, per i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, nonché per i delitti previsti dall'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, dall'articolo 291-quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, e dall'articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,(3) le funzioni indicate nel comma 1 lettera a) sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente.
3-ter. Nei casi previsti dal comma 3-bis e dai commi 3-quater e 3-quinquies (4), se ne fa richiesta il procuratore distrettuale, il procuratore generale presso la corte di appello può, per giustificati motivi, disporre che le funzioni di pubblico ministero per il dibattimento siano esercitate da un magistrato designato dal procuratore della Repubblica presso il giudice competente.
3-quater. Quando si tratta di procedimenti per i delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. (5) (6)
3-quinquies. Quando si tratta di procedimenti per i delitti, consumati o tentati, di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 615-ter, 615-quater, 615-quinquies, 617-bis, 617-ter, 617-quater, 617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 640-ter e 640-quinquies del codice penale, le funzioni indicate nel comma 1, lettera a), del presente articolo sono attribuite all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. (7)
(1) Le parole: “416, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 473 e 474” sono state inserite dall'art. 15, comma 4, della L. 23 luglio 2009, n. 99.
(2) Le parole: “416, sesto comma, 600, 601, 602” sono state inserite dall'art. 6, comma 1, lett. b), della L. 11 agosto 2003, n. 228
(3) Le parole: "e dall'articolo 291-quater del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43" sono state così sostituite dall'art. 11 della L. 13 agosto 2010, n. 136
l. 13 agosto 2010 n. 136
(4) Parole inserite dall'art. dall'art. 2, comma 1, lett. 0a), n. 1), del D. L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni nella L. 24 luglio 2008, n. 125
(5) Le parole: “Si applicano le disposizioni del comma 3-ter” sono state soppresse dall'art. 2, comma 1, lett. 0a), n. 2) del D. L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni nella L. 24 luglio 2008, n. 125
(6) Comma aggiunto dall'art. 10-bis del D.L. 18 ottobre 2001, n. 374, convertito con modificazioni nella L. 15 dicembre 2001, n. 438
(7) Comma aggiunto dall'art. 11 della L. 18 marzo 2008, n. 48
Art. 52. 
Astensione. 
1. Il magistrato del pubblico ministero ha la facoltà di astenersi quando esistono gravi ragioni di convenienza.
2. Sulla dichiarazione di astensione decidono, nell'ambito dei rispettivi uffici, il procuratore della Repubblica presso il tribunale e il procuratore generale.
3. Sulla dichiarazione di astensione del procuratore della Repubblica presso il tribunale e del procuratore generale presso la corte di appello decidono, rispettivamente, il procuratore generale presso la corte di appello e il procuratore generale presso la corte di cassazione.
4. Con il provvedimento che accoglie la dichiarazione di astensione, il magistrato del pubblico ministero astenuto è sostituito con un altro magistrato del pubblico ministero appartenente al medesimo ufficio. Nondimeno, quando viene accolta la dichiarazione di astensione del procuratore della Repubblica presso il tribunale e del procuratore generale presso la corte di appello, può essere designato alla sostituzione altro magistrato del pubblico ministero appartenente all'ufficio ugualmente competente determinato a norma dell'articolo 11.
Art. 53. 
Autonomia del pubblico ministero nell'udienza. Casi di sostituzione. 
1. Nell'udienza, il magistrato del pubblico ministero esercita le sue funzioni con piena autonomia.
2. Il capo dell'ufficio provvede alla sostituzione del magistrato nei casi di grave impedimento, di rilevanti esigenze di servizio e in quelli previsti dall'articolo 36 comma 1 lettere a), b), d), e). Negli altri casi il magistrato può essere sostituito solo con il suo consenso.
3. Quando il capo dell'ufficio omette di provvedere alla sostituzione del magistrato nei casi previsti dall'articolo 36 comma 1 lettere a), b), d), e), il procuratore generale presso la corte di appello designa per l'udienza un magistrato appartenente al suo ufficio.
Art. 54. 
Contrasti negativi tra pubblici ministeri. 
1. Il pubblico ministero, se durante le indagini preliminari ritiene che il reato appartenga alla competenza di un giudice diverso da quello presso cui egli esercita le funzioni, trasmette immediatamente gli atti all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente.
2. Il pubblico ministero che ha ricevuto gli atti, se ritiene che debba procedere l'ufficio che li ha trasmessi, informa il procuratore generale presso la corte di appello ovvero, qualora appartenga a un diverso distretto, il procuratore generale presso la corte di cassazione. Il procuratore generale, esaminati gli atti, determina quale ufficio del pubblico ministero deve procedere e ne dà comunicazione agli uffici interessati.
3. Gli atti di indagine preliminare compiuti prima della trasmissione o della designazione indicate nei commi 1 e 2 possono essere utilizzati nei casi e nei modi previsti dalla legge.
3-bis. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano in ogni altro caso di contrasto negativo fra pubblici ministeri.
Art. 54-bis. 
Contrasti positivi tra uffici del pubblico ministero. 
1. Quando il pubblico ministero riceve notizia che presso un altro ufficio sono in corso indagini preliminari a carico della stessa persona e per il medesimo fatto in relazione al quale egli procede, informa senza ritardo il pubblico ministero di questo ufficio richiedendogli la trasmissione degli atti a norma dell'articolo 54 comma 1.
2. Il pubblico ministero che ha ricevuto la richiesta, ove non ritenga di aderire, informa il procuratore generale presso la corte di appello ovvero, qualora appartenga a un diverso distretto, il procuratore generale presso la Corte di cassazione. Il procuratore generale, assunte le necessarie informazioni, determina con decreto motivato, secondo le regole sulla competenza del giudice, quale ufficio del pubblico ministero deve procedere e ne dà comunicazione agli uffici interessati. All'ufficio del pubblico ministero designato sono immediatamente trasmessi gli atti da parte del diverso ufficio.
3. Il contrasto si intende risolto quando, prima della designazione prevista dal comma 2, uno degli uffici del pubblico ministero provvede alla trasmissione degli atti a norma dell'articolo 54 comma 1.
4. Gli atti di indagine preliminare compiuti dai diversi uffici del pubblico ministero sono comunque utilizzabili nei casi e nei modi previsti dalla legge.
5. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 si applicano in ogni altro caso di contrasto positivo tra pubblici ministeri.
Art. 54-ter. 
Contrasti tra pubblici ministeri in materia di criminalità organizzata. 
1. Quando il contrasto previsto dagli articoli 54 e 54-bis, riguarda taluno dei reati indicati nell'articolo 51 comma 3-bis, se la decisione spetta al procuratore generale presso la Corte di cassazione, questi provvede sentito il procuratore nazionale antimafia; se spetta al procuratore generale presso la corte di appello, questi informa il procuratore nazionale antimafia dei provvedimenti adottati.
Art. 54-quater. 
Richiesta di trasmissione degli atti a un diverso pubblico Ministero. 
1. La persona sottoposta alle indagini che abbia conoscenza del procedimento ai sensi dell'articolo 335 o dell'articolo 369 e la persona offesa dal reato che abbia conoscenza del procedimento ai sensi dell'articolo 369, nonché i rispettivi difensori, se ritengono che il reato appartenga alla competenza di un giudice diverso da quello presso il quale il pubblico ministero che procede esercita le sue funzioni, possono chiedere la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente enunciando, a pena di inammissibilità, le ragioni a sostegno della indicazione del diverso giudice ritenuto competente.
2. La richiesta deve essere depositata nella segreteria del pubblico ministero che procede con l'indicazione del giudice ritenuto competente.
3. Il pubblico ministero decide entro dieci giorni dalla presentazione della richiesta e, ove la accolga, trasmette gli atti del procedimento all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente, dandone comunicazione al richiedente. Se non provvede in tal senso, il richiedente, entro i successivi dieci giorni, può chiedere al procuratore generale presso la corte di appello o, qualora il giudice ritenuto competente appartenga ad un diverso distretto, al procuratore generale presso la Corte di cassazione, di determinare quale ufficio del pubblico ministero deve procedere. Il procuratore generale, assunte le necessarie informazioni, provvede alla determinazione, entro venti giorni dal deposito della richiesta, con decreto motivato dandone comunicazione alle parti ed agli uffici interessati. Quando la richiesta riguarda taluno dei reati indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, il procuratore generale provvede osservando le disposizioni dell'articolo 54-ter.
4. La richiesta non può essere riproposta a pena di inammissibilità salvo che sia basata su fatti nuovi e diversi.
5. Gli atti di indagine preliminare compiuti prima della trasmissione degli atti o della comunicazione del decreto di cui al comma 3 possono essere utilizzati nei casi e nei modi previsti dalla legge.
TITOLO III
Polizia giudiziaria
Art. 55. 
Funzioni della polizia giudiziaria. 
1. La polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale .
2. Svolge ogni indagine e attività disposta o delegata dall'autorità giudiziaria.
3. Le funzioni indicate nei commi 1 e 2 sono svolte dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria.
Art. 56. 
Servizi e sezioni di polizia giudiziaria. 
1. Le funzioni di polizia giudiziaria sono svolte alla dipendenza e sotto la direzione dell'autorità giudiziaria:
a) dai servizi di polizia giudiziaria previsti dalla legge;
b) dalle sezioni di polizia giudiziaria istituite presso ogni procura della Repubblica e composte con personale dei servizi di polizia giudiziaria;
c) dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria appartenenti agli altri organi cui la legge fa obbligo di compiere indagini a seguito di una notizia di reato.
Art. 57. 
Ufficiali e agenti di polizia giudiziaria. 
1. Salve le disposizioni delle leggi speciali, sono ufficiali di polizia giudiziaria:
a) i dirigenti, i commissari, gli ispettori, i sovrintendenti e gli altri appartenenti alla polizia di Stato ai quali l'ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza riconosce tale qualità;
b) gli ufficiali superiori e inferiori e i sottufficiali dei carabinieri, della guardia di finanza, degli agenti di custodia e del corpo forestale dello Stato nonché gli altri appartenenti alle predette forze di polizia ai quali l'ordinamento delle rispettive amministrazioni riconosce tale qualità;
c) il sindaco dei comuni ove non abbia sede un ufficio della polizia di Stato ovvero un comando dell'arma dei carabinieri o della guardia di finanza.
2. Sono agenti di polizia giudiziaria:
a) il personale della polizia di Stato al quale l'ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza riconosce tale qualità;
b) i carabinieri, le guardie di finanza, gli agenti di custodia, le guardie forestali e, nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza, le guardie delle province e dei comuni quando sono in servizio.
3. Sono altresì ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio cui sono destinate e secondo le rispettive attribuzioni, le persone alle quali le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall'articolo 55.
Art. 58. 
Disponibilità della polizia giudiziaria. 
1. Ogni procura della Repubblica dispone della rispettiva sezione; la procura generale presso la corte di appello dispone di tutte le sezioni istituite nel distretto.
2. Le attività di polizia giudiziaria per i giudici del distretto sono svolte dalla sezione istituita presso la corrispondente procura della Repubblica.
3. L'autorità giudiziaria si avvale direttamente del personale delle sezioni a norma dei commi 1 e 2 e può altresì avvalersi di ogni servizio o altro organo di polizia giudiziaria.
Art. 59. 
Subordinazione della polizia giudiziaria. 
1. Le sezioni di polizia giudiziaria dipendono dai magistrati che dirigono gli uffici presso i quali sono istituite.
2. L'ufficiale preposto ai servizi di polizia giudiziaria è responsabile verso il procuratore della Repubblica presso il tribunale dove ha sede il servizio dell'attività di polizia giudiziaria svolta da lui stesso e dal personale dipendente.
3. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria sono tenuti a eseguire i compiti a essi affidati inerenti alle funzioni di cui all'articolo 55, comma 1. (1) Gli appartenenti alle sezioni non possono essere distolti dall'attività di polizia giudiziaria se non per disposizione del magistrato dal quale dipendono a norma del comma 1.
(1) Parole inserite dall'art. 17, comma 3, del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito con modificazioni nella L. 31 luglio 2005, n. 155
TITOLO IV
Imputato
Art. 60. 
Assunzione della qualità di imputato. 
1. Assume la qualità di imputato la persona alla quale è attribuito il reato nella richiesta di rinvio a giudizio, di giudizio immediato, di decreto penale di condanna, di applicazione della pena a norma dell'articolo 447 comma 1, nel decreto di citazione diretta a giudizio e nel giudizio direttissimo.
2. La qualità di imputato si conserva in ogni stato e grado del processo, sino a che non sia più soggetta a impugnazione la sentenza di non luogo a procedere, sia divenuta irrevocabile la sentenza di proscioglimento o di condanna o sia divenuto esecutivo il decreto penale di condanna.
3. La qualità di imputato si riassume in caso di revoca della sentenza di non luogo a procedere e qualora sia disposta la revisione del processo.
Art. 61. 
Estensione dei diritti e delle garanzie dell'imputato. 
1. I diritti e le garanzie dell'imputato si estendono alla persona sottoposta alle indagini preliminari.
2. Alla stessa persona si estende ogni altra disposizione relativa all'imputato, salvo che sia diversamente stabilito.
Art. 62. 
Divieto di testimonianza sulle dichiarazioni dell'imputato. 
1. Le dichiarazioni comunque rese nel corso del procedimento dall'imputato o dalla persona sottoposta alle indagini non possono formare oggetto di testimonianza.
Art. 63. 
Dichiarazioni indizianti. 
1. Se davanti all'autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria una persona non imputata ovvero una persona non sottoposta alle indagini rende dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reità a suo carico, l'autorità procedente ne interrompe l'esame, avvertendola che a seguito di tali dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi confronti e la invita a nominare un difensore. Le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese.
2. Se la persona doveva essere sentita sin dall'inizio in qualità di imputato o di persona sottoposta alle indagini, le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate.
Art. 64. 
Regole generali per l'interrogatorio. 
1. La persona sottoposta alle indagini, anche se in stato di custodia cautelare o se detenuta per altra causa, interviene libera all'interrogatorio, salve le cautele necessarie per prevenire il pericolo di fuga o di violenze.
2. Non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interrogata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti .
3. Prima che abbia inizio l'interrogatorio, la persona deve essere avvertita che:
a) le sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti;
b) salvo quanto disposto dall'articolo 66, comma 1, ha facoltà di non rispondere ad alcuna domanda, ma comunque il procedimento seguirà il suo corso;
c) se renderà dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri, assumerà, in ordine a tali fatti, l'ufficio di testimone, salve le incompatibilità previste dall'articolo 197 e le garanzie di cui all'articolo 197-bis.
3-bis. L'inosservanza delle disposizioni di cui al comma 3, lettere a) e b), rende inutilizzabili le dichiarazioni rese dalla persona interrogata. In mancanza dell'avvertimento di cui al comma 3, lettera c), le dichiarazioni eventualmente rese dalla persona interrogata su fatti che concernono la responsabilità di altri non sono utilizzabili nei loro confronti e la persona interrogata non potrà assumere, in ordine a detti fatti, l'ufficio di testimone.
Art. 65.
Interrogatorio nel merito. 
1. L'autorità giudiziaria contesta alla persona sottoposta alle indagini in forma chiara e precisa il fatto che le è attribuito, le rende noti gli elementi di prova esistenti contro di lei e, se non può derivarne pregiudizio per le indagini, gliene comunica le fonti.
2. Invita, quindi, la persona ad esporre quanto ritiene utile per la sua difesa e le pone direttamente domande.
3. Se la persona rifiuta di rispondere, ne è fatta menzione nel verbale. Nel verbale è fatta anche menzione, quando occorre, dei connotati fisici e di eventuali segni particolari della persona.
Art. 66. 
Verifica dell'identità personale dell'imputato. 
1. Nel primo atto cui è presente l'imputato, l'autorità giudiziaria lo invita a dichiarare le proprie generalità e quant'altro può valere a identificarlo, ammonendolo circa le conseguenze cui si espone chi si rifiuta di dare le proprie generalità o le dà false.
2. L'impossibilità di attribuire all'imputato le sue esatte generalità non pregiudica il compimento di alcun atto da parte dell'autorità procedente, quando sia certa l'identità fisica della persona.
3. Le erronee generalità attribuite all'imputato sono rettificate nelle forme previste dall'articolo 130.
Art. 66-bis. 
Verifica dei procedimenti a carico dell'imputato. (1)
1. In ogni stato e grado del procedimento, quando risulta che la persona sottoposta alle indagini o l'imputato è stato segnalato, anche sotto diverso nome, all'autorità giudiziaria quale autore di un reato commesso antecedentemente o successivamente a quello per il quale si procede, sono eseguite le comunicazioni all'autorità giudiziaria competente ai fini dell'applicazione della legge penale.
(1) Articolo aggiunto dall'art. 12 del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito con modificazioni nella L. 31 luglio 2005, n. 155
Art. 67.
Incertezza sull'età dell'imputato. 
1. In ogni stato e grado del procedimento, quando vi è ragione di ritenere che l'imputato sia minorenne, l'autorità giudiziaria trasmette gli atti al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni.
Art. 68. 
Errore sull'identità fisica dell'imputato. 
1. Se risulta l'errore di persona, in ogni stato e grado del processo il giudice, sentiti il pubblico ministero e il difensore, pronuncia sentenza a norma dell'articolo 129.
Art. 69. 
Morte dell'imputato. 
1. Se risulta la morte dell'imputato, in ogni stato e grado del processo il giudice, sentiti il pubblico ministero e il difensore, pronuncia sentenza a norma dell'articolo 129.
2. La sentenza non impedisce l'esercizio dell'azione penale per il medesimo fatto e contro la medesima persona, qualora successivamente si accerti che la morte dell'imputato è stata erroneamente dichiarata.
Art. 70. 
Accertamenti sulla capacità dell'imputato. 
1. Quando non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere e vi è ragione di ritenere che, per infermità mentale sopravvenuta al fatto, l'imputato non è in grado di partecipare coscientemente al processo, il giudice, se occorre, dispone anche di ufficio, perizia.
2. Durante il tempo occorrente per l'espletamento della perizia il giudice assume, a richiesta del difensore, le prove che possono condurre al proscioglimento dell'imputato, e, quando vi è pericolo nel ritardo, ogni altra prova richiesta dalle parti.
3. Se la necessità di provvedere risulta durante le indagini preliminari, la perizia è disposta dal giudice a richiesta di parte con le forme previste per l'incidente probatorio. Nel frattempo restano sospesi i termini per le indagini preliminari e il pubblico ministero compie i soli atti che non richiedono la partecipazione cosciente della persona sottoposta alle indagini. Quando vi è pericolo nel ritardo, possono essere assunte le prove nei casi previsti dall'articolo 392.
Art. 71. 
Sospensione del procedimento per incapacità dell'imputato. 
1. Se, a seguito degli accertamenti previsti dall'articolo 70, risulta che lo stato mentale dell'imputato è tale da impedirne la cosciente partecipazione al procedimento, il giudice dispone con ordinanza che questo sia sospeso, sempre che non debba essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere.
2. Con l'ordinanza di sospensione il giudice nomina all'imputato un curatore speciale, designando di preferenza l'eventuale rappresentante legale.
3. Contro l'ordinanza possono ricorrere per cassazione il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore nonché il curatore speciale nominato all'imputato.
4. La sospensione non impedisce al giudice di assumere prove, alle condizioni e nei limiti stabiliti dall'articolo 70 comma 2. A tale assunzione il giudice procede anche a richiesta del curatore speciale, che in ogni caso ha facoltà di assistere agli atti disposti sulla persona dell'imputato, nonché agli atti cui questi ha facoltà di assistere.
5. Se la sospensione interviene nel corso delle indagini preliminari, si applicano le disposizioni previste dall'articolo 70 comma 3.
6. Nel caso di sospensione, non si applica la disposizione dell'articolo 75 comma 3.
Art. 72. 
Revoca dell'ordinanza di sospensione. 
1. Allo scadere del sesto mese dalla pronuncia dell'ordinanza di sospensione del procedimento, o anche prima quando ne ravvisi l'esigenza, il giudice dispone ulteriori accertamenti peritali sullo stato di mente dell'imputato. Analogamente provvede a ogni successiva scadenza di sei mesi, qualora il procedimento non abbia ripreso il suo corso.
2. La sospensione è revocata con ordinanza non appena risulti che lo stato mentale dell'imputato ne consente la cosciente partecipazione al procedimento ovvero che nei confronti dell'imputato deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere.
Art. 73. 
Provvedimenti cautelari. 
1. In ogni caso in cui lo stato di mente dell'imputato appare tale da renderne necessaria la cura nell'ambito del servizio psichiatrico, il giudice informa con il mezzo più rapido l'autorità competente per l'adozione delle misure previste dalle leggi sul trattamento sanitario per malattie mentali .
2. Qualora vi sia pericolo nel ritardo, il giudice dispone anche di ufficio il ricovero provvisorio dell'imputato in idonea struttura del servizio psichiatrico ospedaliero. L'ordinanza perde in ogni caso efficacia nel momento in cui viene data esecuzione al provvedimento dell'autorità indicata nel comma 1.
3. Quando è stata o deve essere disposta la custodia cautelare dell'imputato, il giudice ordina che la misura sia eseguita nelle forme previste dall'articolo 286.
4. Nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero provvede all'informativa prevista dal comma 1 e, se ne ricorrono le condizioni, chiede al giudice il provvedimento di ricovero provvisorio previsto dal comma 2.

TITOLO V
Parte civile, responsabile civile e civilmente obbligato per la pena pecuniaria
Art. 74.
Legittimazione all'azione civile.
1. L'azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno di cui all'articolo 185 del codice penale può essere esercitata nel processo penale dal soggetto al quale il reato ha recato danno ovvero dai suoi successori universali, nei confronti dell'imputato e del responsabile civile.
_______________
Cfr. Corte Costituzionale, ordinanza 14 maggio 2008, n. 138 e Cassazione penale, sez. III, sentenza 26 marzo 2008, n. 12738 e Cassazione penale, sez. III, sentenza 15 ottobre 2008, n. 38835 in Altalex Massimario.
Art. 75.
Rapporti tra azione civile e azione penale.
1. L'azione civile proposta davanti al giudice civile può essere trasferita nel processo penale fino a quando in sede civile non sia stata pronunciata sentenza di merito anche non passata in giudicato. L'esercizio di tale facoltà comporta rinuncia agli atti del giudizio; il giudice penale provvede anche sulle spese del procedimento civile.
2. L'azione civile prosegue in sede civile se non è trasferita nel processo penale o è stata iniziata quando non è più ammessa la costituzione di parte civile.
3. Se l'azione è proposta in sede civile nei confronti dell'imputato dopo la costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza penale di primo grado, il processo civile è sospeso fino alla pronuncia della sentenza penale non più soggetta a impugnazione, salve le eccezioni previste dalla legge.
_______________
Cfr. Corte Costituzionale, sentenza 13 luglio 2007, n. 272 e Cassazione civile, sez. III, sentenza 26 gennaio 2009, n. 1862 in Altalex Massimario.
Art. 76.
Costituzione di parte civile.
1. L'azione civile nel processo penale è esercitata, anche a mezzo di procuratore speciale, mediante la costituzione di parte civile.
2. La costituzione di parte civile produce i suoi effetti in ogni stato e grado del processo.
Art. 77.
Capacità processuale della parte civile.
1. Le persone che non danno il libero esercizio dei diritti non possono costituirsi parte civile se non sono rappresentate, autorizzate o assistite nelle forme prescritte per l'esercizio delle azioni civili.
2. Se manca la persona a cui spetta la rappresentanza o assistenza e vi sono ragioni di urgenza ovvero vi è conflitto di interessi tra il danneggiato e chi lo rappresenta, il pubblico ministero può chiedere al giudice di nominare un curatore speciale. La nomina può essere chiesta altresì dalla persona che deve essere rappresentata o assistita ovvero dai suoi prossimi congiunti e, in caso di conflitto di interessi, dal rappresentante.
3. Il giudice, assunte le opportune informazioni e sentite se possibile le persone interessate, provvede con decreto, che è comunicato al pubblico ministero affinché provochi, quando occorre, i provvedimenti per la costituzione della normale rappresentanza o assistenza dell'incapace.
4. In caso di assoluta urgenza, l'azione civile nell'interesse del danneggiato incapace per infermità di mente o per età minore può essere esercitata dal pubblico ministero, finché subentri a norma dei commi precedenti colui al quale spetta la rappresentanza o l'assistenza ovvero il curatore speciale.
Art. 78.
Formalità della costituzione di parte civile.
1. La dichiarazione di costituzione di parte civile è depositata nella cancelleria del giudice che procede o presentata in udienza e deve contenere, a pena di inammissibilità:
a) le generalità della persona fisica o la denominazione dell'associazione o dell'ente che si costituisce parte civile e le generalità del suo legale rappresentante;
b) le generalità dell'imputato nei cui confronti viene esercitata l'azione civile o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo;
c) il nome e il cognome del difensore e l'indicazione della procura;
d) l'esposizione delle ragioni che giustificano la domanda;
e) la sottoscrizione del difensore.
2. Se è presentata fuori udienza, la dichiarazione deve essere notificata, a cura della parte civile, alle altre parti e produce effetto per ciascuna di esse dal giorno nel quale è eseguita la notificazione.
3. Se la procura non è apposta in calce o a margine della dichiarazione di parte civile, ed è conferita nelle altre forme previste dall'articolo 100, commi 1 e 2, essa è depositata nella cancelleria o presentata in udienza unitamente alla dichiarazione di costituzione della parte civile.
Art. 79.
Termine per la costituzione di parte civile.
1. La costituzione di parte civile può avvenire per l'udienza preliminare e successivamente, fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall'articolo 484.
2. Il termine previsto dal comma 1 è stabilito a pena di decadenza.
3. Se la costituzione avviene dopo la scadenza del termine previsto dall'articolo 468 comma 1, la parte civile non può avvalersi della facoltà di presentare le liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici.
Art. 80.
Richiesta di esclusione della parte civile.
1. Il pubblico ministero, l'imputato e il responsabile civile possono proporre richiesta motivata di esclusione della parte civile.
2. Nel caso di costituzione di parte civile per l'udienza preliminare, la richiesta è proposta, a pena di decadenza, non oltre il momento degli accertamenti relativi alla costituzione delle parti nella udienza preliminare o nel dibattimento.
3. Se la costituzione avviene nel corso degli atti preliminari al dibattimento o introduttivi dello stesso, la richiesta è proposta oralmente a norma dell'articolo 491 comma 1.
4. Sulla richiesta il giudice decide senza ritardo con ordinanza.
5. L'esclusione della parte civile ordinata nell'udienza preliminare non impedisce una successiva costituzione fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall'articolo 484.
Art. 81.
Esclusione di ufficio della parte civile.
1. Fino a che non sia dichiarato aperto il dibattimento di primo grado, il giudice, qualora accerti che non esistono i requisiti per la costituzione di parte civile, ne dispone l'esclusione di ufficio, con ordinanza.
2. Il giudice provvede a norma del comma 1 anche quando la richiesta di esclusione è stata rigettata nella udienza preliminare.
Art. 82.
Revoca della costituzione di parte civile.
1. La costituzione di parte civile può essere revocata in ogni stato e grado del procedimento con dichiarazione fatta personalmente dalla parte o da un suo procuratore speciale in udienza ovvero con atto scritto depositato nella cancelleria del giudice e notificato alle altre parti.
2. La costituzione si intende revocata se la parte civile non presenta le conclusioni a norma dell'articolo 523 ovvero se promuove l'azione davanti al giudice civile.
3. Avvenuta la revoca della costituzione a norma dei commi 1 e 2, il giudice penale non può conoscere delle spese e dei danni che l'intervento della parte civile ha cagionato all'imputato e al responsabile civile. L'azione relativa può essere proposta davanti al giudice civile.
4. La revoca non preclude il successivo esercizio dell'azione in sede civile.
Art. 83.
Citazione del responsabile civile.
1. Il responsabile civile per il fatto dell'imputato può essere citato nel processo penale a richiesta della parte civile e, nel caso previsto dall'articolo 77, comma 4, a richiesta del pubblico ministero. L'imputato può essere citato come responsabile civile per il fatto dei coimputati per il caso in cui venga prosciolto o sia pronunciata nei suoi confronti sentenza di non luogo a procedere.
2. La richiesta deve essere proposta al più tardi per il dibattimento.
3. La citazione è ordinata con decreto dal giudice che procede. Il decreto contiene:
a) le generalità o la denominazione della parte civile, con l'indicazione del difensore e le generalità del responsabile civile, se è una persona fisica, ovvero la denominazione dell'associazione o dell'ente chiamato a rispondere e le generalità del suo legale rappresentante;
b) l'indicazione delle domande che si fanno valere contro il responsabile civile;
c) l'invito a costituirsi nei modi previsti dall'articolo 84;
d) la data e le sottoscrizioni del giudice e dell'ausiliario che lo assiste.
4. Copia del decreto è notificata, a cura della parte civile, al responsabile civile, al pubblico ministero e all'imputato. Nel caso previsto dall'articolo 77 comma 4, la copia del decreto è notificata al responsabile civile e all'imputato a cura del pubblico ministero. L'originale dell'atto con la relazione di notificazione è depositato nella cancelleria del giudice che procede.
5. La citazione del responsabile civile è nulla se per omissione o per erronea indicazione di qualche elemento essenziale il responsabile civile non è stato posto in condizione di esercitare i suoi diritti nell'udienza preliminare o nel giudizio. La nullità della notificazione rende nulla la citazione.
6. La citazione del responsabile civile perde efficacia se la costituzione di parte civile è revocata o se è ordinata l'esclusione della parte civile.
Art. 84.
Costituzione del responsabile civile.
1. Chi è citato come responsabile civile può costituirsi in ogni stato e grado del processo, anche a mezzo di procuratore speciale, con dichiarazione depositata nella cancelleria del giudice che procede o presentata in udienza.
2. La dichiarazione deve contenere a pena di inammissibilità:
a) le generalità della persona fisica o la denominazione dell'associazione o dell'ente che si costituisce e le generalità del suo legale rappresentante;
b) il nome e il cognome del difensore e l'indicazione della procura;
c) la sottoscrizione del difensore.
3. La procura conferita nelle forme previste dall'articolo 100 comma 1 è depositata nella cancelleria o presentata in udienza unitamente alla dichiarazione di costituzione del responsabile civile.
4. La costituzione produce i suoi effetti in ogni stato e grado del processo.
Art. 85.
Intervento volontario del responsabile civile.
1. Quando vi è costituzione di parte civile o quando il pubblico ministero esercita l'azione civile a norma dell'articolo 77 comma 4, il responsabile civile può intervenire volontariamente nel processo, anche a mezzo di procuratore speciale, per l'udienza preliminare e, successivamente, fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall'articolo 484, presentando una dichiarazione scritta a norma dell'articolo 84 commi 1 e 2.
2. Il termine previsto dal comma 1 è stabilito a pena di decadenza. Se l'intervento avviene dopo la scadenza del termine previsto dall'articolo 468 comma 1, il responsabile civile non può avvalersi della facoltà di presentare le liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici.
3. Se è presentata fuori udienza, la dichiarazione è notificata, a cura del responsabile civile, alle altre parti e produce effetto per ciascuna di esse dal giorno nel quale è eseguita la notificazione.
4. L'intervento del responsabile civile perde efficacia se la costituzione di parte civile è revocata o se è ordinata l'esclusione della parte civile.
Art. 86.
Richiesta di esclusione del responsabile civile.
1. La richiesta di esclusione del responsabile civile può essere proposta dall'imputato nonché dalla parte civile e dal pubblico ministero che non ne abbiano richiesto la citazione.
2. La richiesta può essere proposta altresì dal responsabile civile che non sia intervenuto volontariamente anche qualora gli elementi di prova raccolti prima della citazione possano recare pregiudizio alla sua difesa in relazione a quanto previsto dagli articoli 651 e 654.
3. La richiesta deve essere motivata ed è proposta, a pena di decadenza, non oltre il momento degli accertamenti relativi alla costituzione delle parti nella udienza preliminare o nel dibattimento. Il giudice decide senza ritardo con ordinanza.
Art. 87.
Esclusione di ufficio del responsabile civile.
1. Fino a che non sia dichiarato aperto il dibattimento di primo grado, il giudice, qualora accerti che non esistono i requisiti per la citazione o per l'intervento del responsabile civile, ne dispone l'esclusione di ufficio, con ordinanza.
2. Il giudice provvede a norma del comma 1 anche quando la richiesta di esclusione è stata rigettata nella udienza preliminare.
3. L'esclusione è disposta senza ritardo, anche di ufficio, quando il giudice accoglie la richiesta di giudizio abbreviato.
_______________
Cfr. Corte Costituzionale, ordinanza 23 giugno 2008, n. 247 in Altalex Massimario.
Art. 88.
Effetti dell'ammissione o dell'esclusione della parte civile o del responsabile civile.
1. L'ammissione della parte civile o del responsabile civile non pregiudica la successiva decisione sul diritto alle restituzioni e al risarcimento del danno.
2. L'esclusione della parte civile o del responsabile civile non pregiudica l'esercizio in sede civile dell'azione per le restituzioni e il risarcimento del danno. Tuttavia se il responsabile civile è stato escluso su richiesta della parte civile, questa non può esercitare l'azione davanti al giudice civile per il medesimo fatto.
3. Nel caso di esclusione della parte civile non si applica la disposizione dell'articolo 75 comma 3.
Art. 89.
Citazione del civilmente obbligato per la pena pecuniaria.
1. La persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria è citata per l'udienza preliminare o per il giudizio a richiesta del pubblico ministero o dell'imputato.
2. Si osservano in quanto applicabili le disposizioni relative alla citazione e alla costituzione del responsabile civile. Non si applica la disposizione dell'articolo 87 comma 3.
TITOLO VI
Persona offesa dal reato
Art. 90. 
Diritti e facoltà della persona offesa dal reato. 
1. La persona offesa dal reato, oltre ad esercitare i diritti e le facoltà ad essa espressamente riconosciuti dalla legge, in ogni stato e grado del procedimento può presentare memorie e, con esclusione del giudizio di cassazione, indicare elementi di prova.
2. La persona offesa minore, interdetta per infermità di mente o inabilitata esercita le facoltà e i diritti a essa attribuiti a mezzo dei soggetti indicati negli articoli 120 e 121 del codice penale.
3. Qualora la persona offesa sia deceduta in conseguenza del reato, le facoltà e i diritti previsti dalla legge sono esercitati dai prossimi congiunti di essa.
Art. 91. 
Diritti e facoltà degli enti e delle associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato. 
1. Gli enti e le associazioni senza scopo di lucro ai quali, anteriormente alla commissione del fatto per cui si procede, sono state riconosciute, in forza di legge, finalità di tutela degli interessi lesi dal reato, possono esercitare, in ogni stato e grado del procedimento, i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato.
Art. 92. 
Consenso della persona offesa. 
1. L'esercizio dei diritti e delle facoltà spettanti agli enti e alle associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato è subordinato al consenso della persona offesa.
2. Il consenso deve risultare da atto pubblico o da scrittura privata autenticata e può essere prestato a non più di uno degli enti o delle associazioni. E' inefficace il consenso prestato a più enti o associazioni.
3. Il consenso può essere revocato in qualsiasi momento con le forme previste dal comma 2.
4. La persona offesa che ha revocato il consenso non può prestarlo successivamente né allo stesso né ad altro ente o associazione.
Art. 93. 
Intervento degli enti o delle associazioni. 
1. Per l'esercizio dei diritti e delle facoltà previsti dall'articolo 91 l'ente o l'associazione presenta all'autorità procedente un atto di intervento che contiene a pena di inammissibilità:
a) le indicazioni relative alla denominazione dell'ente o dell'associazione, alla sede, alle disposizioni che riconoscono le finalità di tutela degli interessi lesi, alle generalità del legale rappresentante;
b) l'indicazione del procedimento;
c) il nome e il cognome del difensore e l'indicazione della procura;
d) l'esposizione sommaria delle ragioni che giustificano l'intervento;
e) la sottoscrizione del difensore.
2. Unitamente all'atto di intervento sono presentate la dichiarazione di consenso della persona offesa e la procura al difensore se questa è stata conferita nelle forme previste dall'articolo 100 comma 1.
3. Se è presentato fuori udienza, l'atto di intervento deve essere notificato alle parti e produce effetto dal giorno dell'ultima notificazione.
4. L'intervento produce i suoi effetti in ogni stato e grado del procedimento.
Art. 94.
Termine per l'intervento. 
1. Gli enti e le associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato possono intervenire nel procedimento fino a che non siano compiuti gli adempimenti previsti dall'articolo 484.
Art. 95. 
Provvedimenti del giudice. 
1. Entro tre giorni dalla notificazione eseguita a norma dell'articolo 93 comma 3, le parti possono opporsi con dichiarazione scritta all'intervento dell'ente o dell'associazione. L'opposizione è notificata al legale rappresentante dell'ente o dell'associazione, il quale può presentare le sue deduzioni nei cinque giorni successivi.
2. Se l'intervento è avvenuto prima dell'esercizio dell'azione penale, sull'opposizione provvede il giudice per le indagini preliminari; se è avvenuto nell'udienza preliminare, l'opposizione è proposta prima dell'apertura della discussione; se è avvenuto in dibattimento, l'opposizione è proposta a norma dell'articolo 491 comma 1.
3. I termini previsti dai commi 1 e 2 sono stabiliti a pena di decadenza. Il giudice provvede senza ritardo con ordinanza.
4. In ogni stato e grado del processo il giudice, qualora accerti che non esistono i requisiti per l'esercizio dei diritti e delle facoltà previsti dall'articolo 91, dispone anche di ufficio, con ordinanza, l'esclusione dell'ente o dell'associazione.
TITOLO VII
Difensore
Art. 96. 
Difensore di fiducia. 
1. L'imputato ha diritto di nominare non più di due difensori di fiducia.
2. La nomina è fatta con dichiarazione resa all'autorità procedente ovvero consegnata alla stessa dal difensore o trasmessa con raccomandata.
3. La nomina del difensore di fiducia della persona fermata, arrestata o in custodia cautelare, finché la stessa non vi ha provveduto, può essere fatta da un prossimo congiunto, con le forme previste dal comma 2.
Art. 97. 
Difensore di ufficio. 
1. L'imputato che non ha nominato un difensore di fiducia o ne è rimasto privo è assistito da un difensore di ufficio.
2. I consigli dell'ordine forense di ciascun distretto di corte d'appello, mediante un apposito ufficio centralizzato, al fine di garantire l'effettività della difesa d'ufficio, predispongono gli elenchi dei difensori che a richiesta dell'autorità giudiziaria o della polizia giudiziaria sono indicati ai fini della nomina. I consigli dell'ordine fissano i criteri per la nomina dei difensori sulla base delle competenze specifiche, della prossimità alla sede del procedimento e della reperibilità. (1)
3. Il giudice, il pubblico ministero e la polizia giudiziaria, se devono compiere un atto per il quale è prevista l'assistenza del difensore e la persona sottoposta alle indagini o l'imputato ne sono privi, danno avviso dell'atto al difensore il cui nominativo è comunicato dall'ufficio di cui al comma 2. (2)
4. Quando è richiesta la presenza del difensore e quello di fiducia o di ufficio nominato a norma dei commi 2 e 3 non è stato reperito, non è comparso o ha abbandonato la difesa, il giudice designa come sostituto un altro difensore immediatamente reperibile per il quale si applicano le disposizioni di cui all'articolo 102. Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria, nelle medesime circostanze, richiedono un altro nominativo all'ufficio di cui al comma 2, salva, nei casi di urgenza, la designazione di un altro difensore immediatamente reperibile, previa adozione di un provvedimento motivato che indichi le ragioni dell'urgenza. Nel corso del giudizio può essere nominato sostituto solo un difensore iscritto nell'elenco di cui al comma 2. (3)
5. Il difensore di ufficio ha l'obbligo di prestare il patrocinio e può essere sostituito solo per giustificato motivo.
6. Il difensore di ufficio cessa dalle sue funzioni se viene nominato un difensore di fiducia.
(1) Comma così sostituito dall'art. 1 della L. 6 marzo 2001, n. 60
(2) Comma così sostituito dall'art. 2 della L. 6 marzo 2001, n. 60
(3) Comma così sostituito dall'art. 3 della L. 6 marzo 2001, n. 60
Art. 98. 
Patrocinio dei non abbienti. 
1. L'imputato, la persona offesa dal reato, il danneggiato che intende costituirsi parte civile e il responsabile civile possono chiedere di essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato, secondo le norme della legge sul patrocinio dei non abbienti.
Art. 99. 
Estensione al difensore dei diritti dell'imputato. 
1. Al difensore competono le facoltà e i diritti che la legge riconosce all'imputato, a meno che essi siano riservati personalmente a quest'ultimo.
2. L'imputato può togliere effetto, con espressa dichiarazione contraria, all'atto compiuto dal difensore prima che, in relazione all'atto stesso, sia intervenuto un provvedimento del giudice.
Art. 100. 
Difensore delle altre parti private. 
1. La parte civile, il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria stanno in giudizio col ministero di un difensore, munito di procura speciale conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata dal difensore o da altra persona abilitata.
2. La procura speciale può essere anche apposta in calce o a margine della dichiarazione di costituzione di parte civile, del decreto di citazione o della dichiarazione di costituzione o di intervento del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. In tali casi l'autografia della sottoscrizione della parte è certificata dal difensore.
3. La procura speciale si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo, quando nell'atto non è espressa volontà diversa.
4. Il difensore può compiere e ricevere, nell'interesse della parte rappresentata, tutti gli atti del procedimento che dalla legge non sono a essa espressamente riservati. In ogni caso non può compiere atti che importino disposizione del diritto in contesa se non ne ha ricevuto espressamente il potere.
5. Il domicilio delle parti private indicate nel comma 1 per ogni effetto processuale si intende eletto presso il difensore.
Art. 101. 
Difensore della persona offesa. 
1. La persona offesa dal reato, per l'esercizio dei diritti e delle facoltà ad essa attribuiti, può nominare un difensore nelle forme previste dall'articolo 96 comma 2.
2. Per la nomina dei difensori degli enti e delle associazioni che intervengono a norma dell'articolo 93 si applicano le disposizioni dell'articolo 100.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 20 dicembre 2007, n. 47473 in Altalex Massimario.
Art. 102.
Sostituto del difensore. 
1. Il difensore di fiducia e il difensore d'ufficio possono nominare un sostituto.
2. Il sostituto esercita i diritti e assume i doveri del difensore.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 17 luglio 2009, n. 29529 in Altalex Massimario.
Art. 103. 
Garanzie di libertà del difensore. 
1. Le ispezioni e le perquisizioni negli uffici dei difensori sono consentite solo:
a) quando essi o altre persone che svolgono stabilmente attività nello stesso ufficio sono imputati, limitatamente ai fini dell'accertamento del reato loro attribuito;
b) per rilevare tracce o altri effetti materiali del reato o per ricercare cose o persone specificamente predeterminate.
2. Presso i difensori e gli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, nonché presso i consulenti tecnici non si può procedere a sequestro di carte o documenti relativi all'oggetto della difesa, salvo che costituiscano corpo del reato.
3. Nell'accingersi a eseguire una ispezione, una perquisizione o un sequestro nell'ufficio di un difensore, l'autorità giudiziaria a pena di nullità avvisa il consiglio dell'ordine forense del luogo perché il presidente o un consigliere da questo delegato possa assistere alle operazioni. Allo stesso, se interviene e ne fa richiesta, è consegnata copia del provvedimento.
4. Alle ispezioni, alle perquisizioni e ai sequestri negli uffici dei difensori procede personalmente il giudice ovvero, nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero in forza di motivato decreto di autorizzazione del giudice.
5. Non è consentita l'intercettazione relativa a conversazioni o comunicazioni dei difensori, degli investigatori privati autorizzati e incaricati in relazione al procedimento, dei consulenti tecnici e loro ausiliari, né a quelle tra i medesimi e le persone da loro assistite.
6. Sono vietati il sequestro e ogni forma di controllo della corrispondenza tra l'imputato e il proprio difensore in quanto riconoscibile dalle prescritte indicazioni, salvo che l'autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere che si tratti di corpo del reato.
7. Salvo quanto previsto dal comma 3 e dall'articolo 271, i risultati delle ispezioni, perquisizioni, sequestri, intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, eseguiti in violazione delle disposizioni precedenti, non possono essere utilizzati.
Art. 104. 
Colloqui del difensore con l'imputato in custodia cautelare. 
1. L'imputato in stato di custodia cautelare ha diritto di conferire con il difensore fin dall'inizio dell'esecuzione della misura.
2. La persona arrestata in flagranza o fermata a norma dell'articolo 384 ha diritto di conferire con il difensore subito dopo l'arresto o il fermo.
3. Nel corso delle indagini preliminari, quando sussistono specifiche ed eccezionali ragioni di cautela, il giudice su richiesta del pubblico ministero può, con decreto motivato, dilazionare, per un tempo non superiore a cinque giorni, l'esercizio del diritto di conferire con il difensore.
4. Nell'ipotesi di arresto o di fermo, il potere previsto dal comma 3 è esercitato dal pubblico ministero fino al momento in cui l'arrestato o il fermato è posto a disposizione del giudice.
Art. 105. 
Abbandono e rifiuto della difesa. 
1. Il consiglio dell'ordine forense ha competenza esclusiva per le sanzioni disciplinari relative all'abbandono della difesa o al rifiuto della difesa di ufficio.
2. Il procedimento disciplinare è autonomo rispetto al procedimento penale in cui è avvenuto l'abbandono o il rifiuto.
3. Nei casi di abbandono o di rifiuto motivati da violazione dei diritti della difesa, quando il consiglio dell'ordine li ritiene comunque giustificati, la sanzione non è applicata, anche se la violazione dei diritti della difesa è esclusa dal giudice.
4. L'autorità giudiziaria riferisce al consiglio dell'ordine i casi di abbandono della difesa, di rifiuto della difesa di ufficio o, nell'ambito del procedimento, i casi di violazione da parte del difensore dei doveri di lealtà e probità nonché del divieto di cui all'articolo 106, comma 4-bis.
5. L'abbandono della difesa delle parti private diverse dall'imputato, della persona offesa, degli enti e delle associazioni previsti dall'articolo 91 non impedisce in alcun caso l'immediata continuazione del procedimento e non interrompe l'udienza.
Art. 106. 
Incompatibilità della difesa di più imputati nello stesso procedimento. 
1. Salva la disposizione del comma 4-bis la difesa di più imputati può essere assunta da un difensore comune, purché le diverse posizioni non siano tra loro incompatibili.
2. L'autorità giudiziaria, se rileva una situazione di incompatibilità, la indica e ne espone i motivi, fissando un termine per rimuoverla.
3. Qualora l'incompatibilità non sia rimossa, il giudice la dichiara con ordinanza provvedendo alle necessarie sostituzioni a norma dell'articolo 97.
4. Se l'incompatibilità è rilevata nel corso delle indagini preliminari, il giudice, su richiesta del pubblico ministero o di taluna delle parti private e sentite le parti interessate, provvede a norma del comma 3.
4-bis. Non può essere assunta da uno stesso difensore la difesa di più imputati che abbiano reso dichiarazioni concernenti la responsabilità di altro imputato nel medesimo procedimento o in procedimento connesso ai sensi dell'articolo 12 o collegato ai sensi dell'articolo 371, comma 2, lettera b). Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei commi 2, 3 e 4.
Art. 107. 
Non accettazione, rinuncia o revoca del difensore. 
1. Il difensore che non accetta l'incarico conferitogli o vi rinuncia ne dà subito comunicazione all'autorità procedente e a chi lo ha nominato.
2. La non accettazione ha effetto dal momento in cui è comunicata all'autorità procedente.
3. La rinuncia non ha effetto finché la parte non risulti assistita da un nuovo difensore di fiducia o da un difensore di ufficio e non sia decorso il termine eventualmente concesso a norma dell'articolo 108.
4. La disposizione del comma 3 si applica anche nel caso di revoca.
Art. 108.
Termine per la difesa. 
1. Nei casi di rinuncia, di revoca, di incompatibilità, e nel caso di abbandono, il nuovo difensore dell'imputato o quello designato d'ufficio che ne fa richiesta ha diritto a un termine congruo, non inferiore a sette giorni, per prendere cognizione degli atti e per informarsi sui fatti oggetto del procedimento.
2. Il termine di cui al comma 1 può essere inferiore se vi è consenso dell'imputato o del difensore o se vi sono specifiche esigenze processuali che possono determinare la scarcerazione dell'imputato o la prescrizione del reato. In tale caso il termine non può comunque essere inferiore a ventiquattro ore. Il giudice provvede con ordinanza.
LIBRO SECONDO
ATTI
TITOLO I
Disposizioni generali
Art. 109. 
Lingua degli atti. 
1. Gli atti del procedimento penale sono compiuti in lingua italiana.
2. Davanti all'autorità giudiziaria avente competenza di primo grado o di appello su un territorio dove è insediata una minoranza linguistica riconosciuta, il cittadino italiano che appartiene a questa minoranza è, a sua richiesta, interrogato o esaminato nella madrelingua e il relativo verbale è redatto anche in tale lingua. Nella stessa lingua sono tradotti gli atti del procedimento a lui indirizzati successivamente alla sua richiesta. Restano salvi gli altri diritti stabiliti da leggi speciali e da convenzioni internazionali.
3. Le disposizioni di questo articolo si osservano a pena di nullità.
Art. 110. 
Sottoscrizione degli atti. 
1. Quando è richiesta la sottoscrizione di un atto, se la legge non dispone altrimenti, è sufficiente la scrittura di propria mano, in fine dell'atto, del nome e cognome di chi deve firmare.
2. Non è valida la sottoscrizione apposta con mezzi meccanici o con segni diversi dalla scrittura.
3. Se chi deve firmare non è in grado di scrivere, il pubblico ufficiale, al quale è presentato l'atto scritto o che riceve l'atto orale, accertata l'identità della persona, ne fa annotazione in fine dell'atto medesimo.
Art. 111. 
Data degli atti. 
1. Quando la legge richiede la data di un atto, sono indicati il giorno, il mese, l'anno e il luogo in cui l'atto è compiuto. L'indicazione dell'ora è necessaria solo se espressamente descritta.
2. Se l'indicazione della data di un atto è prescritta a pena di nullità , questa sussiste soltanto nel caso in cui la data non possa stabilirsi con certezza in base ad elementi contenuti nell'atto medesimo o in atti a questo connessi.
Art. 112. 
Surrogazione di copie agli originali mancanti. 
1. Salvo che la legge disponga altrimenti, quando l'originale di una sentenza o di un altro atto del procedimento, del quale occorre fare uso, è per qualsiasi causa distrutto, smarrito o sottratto e non è possibile recuperarlo, la copia autentica ha valore di originale ed è posta nel luogo in cui l'originale dovrebbe trovarsi.
2. A tal fine, il presidente della corte o del tribunale, anche di ufficio, ordina con decreto a chi detiene la copia di consegnarla alla cancelleria, salvo il diritto del detentore di avere gratuitamente un'altra copia autentica .
2-bis. Il procuratore nazionale antimafia, nell'ambito delle funzioni previste dall'articolo 371-bis, accede al registro delle notizie di reato e alle banche dati istituite appositamente presso le direzioni distrettuali antimafia realizzando se del caso collegamenti reciproci.
Art. 113. 
Ricostituzione di atti. 
1. Se non è possibile provvedere a norma dell'articolo 112, il giudice, anche di ufficio, accerta il contenuto dell'atto mancante e stabilisce con ordinanza se e in quale tenore esso deve essere ricostituito.
2. Se esiste la minuta dell'atto mancante, questo è ricostituito secondo il tenore della medesima, quando alcuno dei giudici che l'hanno sottoscritto riconosce che questo era conforme alla minuta.
3. Quando non si può provvedere a norma dei commi 1 e 2, il giudice dispone con ordinanza la rinnovazione dell'atto mancante, se necessaria e possibile, prescrivendone il modo ed eventualmente indicando anche gli altri atti che devono essere rinnovati.
Art. 114.
Divieto di pubblicazione di atti e di immagini 
1. E' vietata la pubblicazione, anche parziale o per riassunto, con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione, degli atti coperti dal segreto o anche solo del loro contenuto.
2. E' vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti non più coperti dal segreto fino a che non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell'udienza preliminare.
3. Se si procede al dibattimento, non è consentita la pubblicazione, anche parziale, degli atti del fascicolo per il dibattimento, se non dopo la pronuncia della sentenza di primo grado, e di quelli del fascicolo del pubblico ministero , se non dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello. E' sempre consentita la pubblicazione degli atti utilizzati per le contestazioni.
4. E' vietata la pubblicazione, anche parziale, degli atti del dibattimento celebrato a porte chiuse nei casi previsti dall'articolo 472 commi 1 e 2. In tali casi il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione anche degli atti o di parte degli atti utilizzati per le contestazioni. Il divieto di pubblicazione cessa comunque quando sono trascorsi i termini stabiliti dalla legge sugli archivi di Stato ovvero è trascorso il termine di dieci anni dalla sentenza irrevocabile e la pubblicazione è autorizzata dal ministro di grazia e giustizia.
5. Se non si procede al dibattimento, il giudice, sentite le parti, può disporre il divieto di pubblicazione di atti o di parte di atti quando la pubblicazione di essi può offendere il buon costume o comportare la diffusione di notizie sulle quali la legge prescrive di mantenere il segreto nell'interesse dello Stato ovvero causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni o delle parti private. Si applica la disposizione dell'ultimo periodo del comma 4.
6. E' vietata la pubblicazione delle generalità e dell'immagine dei minorenni testimoni, persone offese o danneggiati dal reato fino a quando non sono divenuti maggiorenni. È altresì vietata la pubblicazione di elementi che anche indirettamente possano comunque portare alla identificazione dei suddetti minorenni (1). Il tribunale per i minorenni, nell'interesse esclusivo del minorenne, o il minorenne che ha compiuto i sedici anni, può consentire la pubblicazione.
6-bis. E' vietata la pubblicazione dell'immagine di persona privata della libertà personale ripresa mentre la stessa si trova sottoposta all'uso di manette ai polsi ovvero ad altro mezzo di coercizione fisica, salvo che la persona vi consenta.
7. E' sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto.
(1) Il secondo periodo di questo comma è stato inserito dall'art. 10, comma 8, della L. 3 maggio 2004, n. 112
_______________
Cfr. Cassazione penale, sez. VII, sentenza 24 aprile 2008, n. 17109 su Altalex Massimario.
Art. 115.
Violazione del divieto di pubblicazione. 
1. Salve le sanzioni previste dalla legge penale, la violazione del divieto di pubblicazione previsto dagli articoli 114 e 329 comma 3 lettera b) costituisce illecito disciplinare quando il fatto è commesso da impiegati dello Stato o di altri enti pubblici ovvero da persone esercenti una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato.
2. Di ogni violazione del divieto di pubblicazione commessa dalle persone indicate nel comma 1 il pubblico ministero informa l'organo titolare del potere disciplinare.
Art. 116. 
Copie, estratti e certificati. 
1. Durante il procedimento e dopo la sua definizione, chiunque vi abbia interesse può ottenere il rilascio a proprie spese di copie, estratti o certificati di singoli atti.
2. Sulla richiesta provvede il pubblico ministero o il giudice che procede al momento della presentazione della domanda ovvero, dopo la definizione del procedimento, il presidente del collegio o il giudice che ha emesso il provvedimento di archiviazione o la sentenza.
3. Il rilascio non fa venire meno il divieto di pubblicazione stabilito dall'articolo 114.
3-bis. Quando il difensore, anche a mezzo di sostituti, presenta all'autorità giudiziaria atti o documenti, ha diritto al rilascio di attestazione dell'avvenuto deposito, anche in calce ad una copia.
Art. 117. 
Richiesta di copie di atti e di informazioni da parte del pubblico ministero. 
1. Fermo quanto disposto dall'articolo 371, quando è necessario per il compimento delle proprie indagini, il pubblico ministero può ottenere dall'autorità giudiziaria competente, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329, copie di atti relativi ad altri procedimenti penali e informazioni scritte sul loro contenuto. L'autorità giudiziaria può trasmettere le copie e le informazioni anche di propria iniziativa.
2. L'autorità giudiziaria provvede senza ritardo e può rigettare la richiesta con decreto motivato.
2-bis. Il procuratore nazionale antimafia, nell'ambito delle funzioni previste dall'articolo 371-bis, accede al registro delle notizie di reato, ai registri di cui all'articolo 34 della legge 19 marzo 1990, n. 55 (1), e alle banche dati istituite appositamente presso le direzioni distrettuali antimafia realizzando se del caso collegamenti reciproci.
(1) Le parole: “ai registri di cui all'articolo 34 della legge 19 marzo 1990, n. 55” sono state inserite dall'art. 2, comma 1, della L. 15 luglio 2009, n. 94
Art. 118. 
Richiesta di copie di atti e di informazioni da parte del ministro dell'interno. 
1. Il ministro dell'interno, direttamente o a mezzo di un ufficiale di polizia giudiziaria o del personale della Direzione investigativa antimafia appositamente delegato, può ottenere dall'autorità giudiziaria competente, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329, copie di atti di procedimenti penali e informazioni scritte sul loro contenuto, ritenute indispensabili per la prevenzione dei delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza . L'autorità giudiziaria può trasmettere le copie e le informazioni anche di propria iniziativa.
1-bis. Ai medesimi fini l'autorità giudiziaria può autorizzare i soggetti indicati nel comma 1 all'accesso diretto al registro previsto dall'articolo 335, anche se tenuto in forma automatizzata.
2. L'autorità giudiziaria provvede senza ritardo e può rigettare la richiesta con decreto motivato.
3. Le copie e le informazioni acquisite a norma del comma 1 sono coperte dal segreto di ufficio.
Art. 118-bis. 
Richiesta di copie di atti e di informazioni da parte del Presidente del Consiglio dei ministri. (1)
1. Il Presidente del Consiglio dei ministri può richiedere all'autorità giudiziaria competente, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329, direttamente o a mezzo del direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, copie di atti di procedimenti penali e informazioni scritte sul loro contenuto ritenute indispensabili per lo svolgimento delle attività connesse alle esigenze del Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica.
2. Si applicano le disposizioni dell'articolo 118, comma 2 e 3.
3. L'autorità giudiziaria può altresì trasmettere le copie e le informazioni di cui al comma 1 anche di propria iniziativa. Ai medesimi fini l'autorità giudiziaria può autorizzare l'accesso diretto di funzionari delegati dal direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza al registro delle notizie di reato, anche se tenuto in forma automatizzata.
(1) Articolo inserito dall'art. 14 della L. 3 agosto 2007, n. 124
Art. 119. 
Partecipazione del sordo, muto o sordomuto ad atti del procedimento. (1)
1. Quando un sordo, un muto o un sordomuto vuole o deve fare dichiarazioni, al sordo si presentano per iscritto le domande, gli avvertimenti e le ammonizioni ed egli risponde oralmente; al muto si fanno oralmente le domande, gli avvertimenti e le ammonizioni ed egli risponde per iscritto; al sordomuto si presentano per iscritto le domande, gli avvertimenti e le ammonizioni ed egli risponde per iscritto.
2. Se il sordo, il muto o il sordomuto non sa leggere o scrivere, l'autorità procedente nomina uno o più interpreti, scelti di preferenza fra le persone abituate a trattare con lui.
(1) A norma dell'art. 1 della L. 20 febbraio 2006, n. 95, in tutte le disposizioni legislative vigenti il termine “sordomuto” è sostituito con l'espressione “sordo”.
Art. 120. 
Testimoni ad atti del procedimento. 
1. Non possono intervenire come testimoni ad atti del procedimento:
a) i minori degli anni quattordici e le persone palesemente affette da infermità di mente o in stato di manifesta ubriachezza o intossicazione da sostanze stupefacenti o psicotrope. La capacità si presume sino a prova contraria;
b) le persone sottoposte a misure di sicurezza detentive o a misure di prevenzione.
Art. 121. 
Memorie e richieste delle parti. 
1. In ogni stato e grado del procedimento le parti e i difensori possono presentare al giudice memorie o richieste scritte, mediante deposito nella cancelleria.
2. Sulle richieste ritualmente formulate il giudice provvede senza ritardo e comunque, salve specifiche disposizioni di legge,, entro quindici giorni.
_______________
Cfr. Cassazione penale, sez. III, sentenza 14 dicembre 2007, n. 46656 su Altalex Massimario.
Art. 122. 
Procura speciale per determinati atti. 
1. Quando la legge consente che un atto sia compiuto per mezzo di un procuratore speciale, la procura deve, a pena di inammissibilità, essere rilasciata per atto pubblico o scrittura privata autenticata e deve contenere, oltre alle indicazioni richieste specificamente dalla legge, la determinazione dell'oggetto per cui è conferita e dei fatti ai quali si riferisce. Se la procura è rilasciata per scrittura privata al difensore, la sottoscrizione può essere autenticata dal difensore medesimo. La procura è unita agli atti.
2. Per le pubbliche amministrazioni è sufficiente che la procura sia sottoscritta dal dirigente dell'ufficio nella circoscrizione in cui si procede e sia munita del sigillo dell'ufficio.
3. Non è ammessa alcuna ratifica degli atti compiuti nell'interesse altrui senza procura speciale nei casi in cui questa è richiesta dalla legge.
Art. 123. 
Dichiarazioni e richieste di persone detenute o internate. 
1. L'imputato detenuto o internato in un istituto per l'esecuzione di misure di sicurezza ha facoltà di presentare impugnazioni, dichiarazioni e richieste con atto ricevuto dal direttore. Esse sono iscritte in apposito registro, sono immediatamente comunicate all'autorità competente e hanno efficacia come se fossero ricevute direttamente dall'autorità giudiziaria.
2. Quando l'imputato è in stato di arresto o di detenzione domiciliare ovvero è custodito in un luogo di cura, ha facoltà di presentare impugnazioni, dichiarazioni e richieste con atto ricevuto da un ufficiale di polizia giudiziaria, il quale ne cura l'immediata trasmissione all'autorità competente. Le impugnazioni, le dichiarazioni e le richieste hanno efficacia come se fossero ricevute direttamente dall'autorità giudiziaria.
3. Le disposizioni del comma 1 si applicano alle denunce, impugnazioni, dichiarazioni e richieste presentate dalle altre parti private o dalla persona offesa.
Art. 124. 
Obbligo di osservanza delle norme processuali. 
1. I magistrati, i cancellieri e gli altri ausiliari del giudice, gli ufficiali giudiziari, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria sono tenuti a osservare le norme di questo codice anche quando l'inosservanza non importa nullità o altra sanzione processuale.
2. I dirigenti degli uffici vigilano sull'osservanza delle norme anche ai fini della responsabilità disciplinare.
TITOLO II
Atti e provvedimenti del giudice
Art. 125. 
Forme dei provvedimenti del giudice. 
1. La legge stabilisce i casi nei quali il provvedimento del giudice assume la forma della sentenza, dell'ordinanza o del decreto.
2. La sentenza è pronunciata in nome del popolo italiano.
3. Le sentenze e le ordinanze sono motivate, a pena di nullità. I decreti sono motivati, a pena di nullità, nei casi in cui la motivazione è espressamente prescritta dalla legge.
4. Il giudice delibera in camera di consiglio senza la presenza dell'ausiliario designato ad assisterlo e delle parti. La deliberazione è segreta.
5. Nel caso di provvedimenti collegiali, se lo richiede un componente del collegio che non ha espresso voto conforme alla decisione, è compilato sommario verbale contenente l'indicazione del dissenziente, della questione o delle questioni alle quali si riferisce il dissenso e dei motivi dello stesso, succintamente esposti. Il verbale, redatto dal meno anziano dei componenti togati del collegio e sottoscritto da tutti i componenti, è conservato a cura del presidente in plico sigillato presso la cancelleria dell'ufficio.
6. Tutti gli altri provvedimenti sono adottati senza l'osservanza di particolari formalità e, quando non è stabilito altrimenti, anche oralmente.
_______________
Cfr. Cassazione penale, sez. II, sentenza 2 luglio 2009, n. 27158 su Altalex Massimario.
Art. 126. 
Assistenza al giudice. 
1. Il giudice, in tutti gli atti ai quali procede, è assistito dall'ausiliario a ciò designato a norma dell'ordinamento, se la legge non dispone altrimenti.
Art. 127. 
Procedimento in camera di consiglio. 
1. Quando si deve procedere in camera di consiglio, il giudice o il presidente del collegio fissa la data dell'udienza e ne fa dare avviso alle parti, alle altre persone interessate e ai difensori. L'avviso è comunicato o notificato almeno dieci giorni prima della data predetta. Se l'imputato è privo di difensore, l'avviso è dato a quello di ufficio.
2. Fino a cinque giorni prima dell'udienza possono essere presentate memorie in cancelleria.
3. Il pubblico ministero, gli altri destinatari dell'avviso nonché i difensori sono sentiti se compaiono. Se l'interessato è detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice e ne fa richiesta, deve essere sentito prima del giorno dell'udienza, dal magistrato di sorveglianza del luogo.
4. L'udienza è rinviata se sussiste un legittimo impedimento dell'imputato o del condannato che ha chiesto di essere sentito personalmente e che non sia detenuto o internato in luogo diverso da quello in cui ha sede il giudice.
5. Le disposizioni dei commi 1, 3 e 4, sono previste a pena di nullità.
6. L'udienza si svolge senza la presenza del pubblico.
7. Il giudice provvede con ordinanza comunicata o notificata senza ritardo ai soggetti indicati nel comma 1, che possono proporre ricorso per cassazione.
8. Il ricorso non sospende l'esecuzione dell'ordinanza, a meno che il giudice che l'ha emessa disponga diversamente con decreto motivato.
9. L'inammissibilità dell'atto introduttivo del procedimento è dichiarata dal giudice con ordinanza, anche senza formalità di procedura, salvo che sia altrimenti stabilito. Si applicano le disposizioni dei commi 7 e 8.
10. Il verbale di udienza è redatto soltanto in forma riassuntiva a norma dell'art. 140 comma 2.
_______________
Cfr. Cassazione penale, sez. II, sentenza 20 aprile 2007, n. 16228, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 21 maggio 2008, n. 20328 e Cassazione penale, sez. V, sentenza 29 maggio 2008, n. 21837 su Altalex Massimario.
Art. 128. 
Deposito dei provvedimenti del giudice. 
1. Salvo quanto disposto per i provvedimenti emessi nell'udienza preliminare e nel dibattimento, gli originali dei provvedimenti del giudice sono depositati in cancelleria entro cinque giorni dalla deliberazione. Quando si tratta di provvedimenti impugnabili, l'avviso di deposito contenente l'indicazione del dispositivo è comunicato al pubblico ministero e notificato a tutti coloro cui la legge attribuisce il diritto di impugnazione.
Art. 129.
Obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità. 
1. In ogni stato e grado del processo, il giudice, il quale riconosce che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero che il reato è estinto o che manca una condizione di procedibilità, lo dichiara di ufficio con sentenza.
2. Quando ricorre una causa di estinzione del reato ma dagli atti risulta evidente che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione o di non luogo a procedere con la formula prescritta.
Art. 130. 
Correzione di errori materiali. 
1. La correzione delle sentenze, delle ordinanze e dei decreti inficiati da errori od omissioni che non determinano nullità, e la cui eliminazione non comporta una modificazione essenziale dell'atto, è disposta, anche di ufficio, dal giudice che ha emesso il provvedimento. Se questo è impugnato, e l'impugnazione non è dichiarata inammissibile, la correzione è disposta dal giudice competente a conoscere dell'impugnazione.
2. Il giudice provvede in camera di consiglio a norma dell'articolo 127. Dell'ordinanza che ha disposto la correzione è fatta annotazione sull'originale dell'atto.
_______________
Cfr. Cassazione penale, SS.UU., sentenza 20 febbraio 2008 n. 7945 su Altalex Massimario.
Art. 131. 
Poteri coercitivi del giudice. 
1. Il giudice, nell'esercizio delle sue funzioni, può chiedere l'intervento della polizia giudiziaria e, se necessario, della forza pubblica, prescrivendo tutto ciò che occorre per il sicuro ordinato compimento degli atti ai quali procede.
Art. 132.
Accompagnamento coattivo dell'imputato. 
1. L'accompagnamento coattivo è disposto, nei casi previsti dalla legge, con decreto motivato, con il quale il giudice ordina di condurre l'imputato alla sua presenza, se occorre anche con la forza.
2. La persona sottoposta ad accompagnamento coattivo non può essere tenuta a disposizione oltre il compimento dell'atto previsto e di quelli conseguenziali per i quali perduri la necessità della sua presenza. In ogni caso la persona non può essere trattenuta oltre le ventiquattro ore.
Art. 133. 
Accompagnamento coattivo di altre persone. 
1. Se il testimone, il perito, la persona sottoposta all'esame del perito diversa dall'imputato (1), il consulente tecnico, l'interprete o il custode di cose sequestrate, regolarmente citati o convocati, omettono senza un legittimo impedimento di comparire nel luogo, giorno e ora stabiliti, il giudice può ordinarne l'accompagnamento coattivo e può altresì condannarli, con ordinanza, a pagamento di una somma da euro 51 a euro 516 a favore della cassa delle ammende nonché alle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa.
2. Si applicano le disposizioni dell'articolo 132.
(1) Le parole: “la persona sottoposta all'esame del perito diversa dall'imputato” sono state inserite dall'art. 26 della L. 30 giugno 2009, n. 85

TITOLO III
Documentazione degli atti
Art. 134.
Modalità di documentazione. 
1. Alla documentazione degli atti si procede mediante verbale.
2. Il verbale è redatto, in forma integrale o riassuntiva, con la stenotipia o altro strumento meccanico ovvero, in caso di impossibilità di ricorso a tali mezzi, con la scrittura manuale.
3. Quando il verbale è redatto in forma riassuntiva è effettuata anche la riproduzione fonografica.
4. Quando le modalità di documentazione indicate nei commi 2 e 3 sono ritenute insufficienti, può essere aggiunta la riproduzione audiovisiva se assolutamente indispensabile.
Art. 135. 
Redazione del verbale. 
1. Il verbale è redatto dall'ausiliario che assiste il giudice.
2. Quando il verbale è redatto con la stenotipia o altro strumento meccanico, il giudice autorizza l'ausiliario che non possiede le necessarie competenze a farsi assistere da personale tecnico, anche esterno all'amministrazione dello Stato.
Art. 136.
Contenuto del verbale. 
1. Il verbale contiene la menzione del luogo, dell'anno, del mese, del giorno e, quando occorre, dell'ora in cui è cominciato e chiuso, le generalità delle persone intervenute, l'indicazione delle cause, se conosciute, della mancata presenza di coloro che sarebbero dovuti intervenire, la descrizione di quanto l'ausiliario ha fatto o ha constatato o di quanto è avvenuto in sua presenza nonché le dichiarazioni ricevute da lui da altro pubblico ufficiale che egli assiste.
2. Per ogni dichiarazione è indicato se è stata resa spontaneamente o previa domanda e, in tal caso, è riprodotta anche la domanda; se la dichiarazione è stata dettata dal dichiarante, o se questi si è avvalso dell'autorizzazione a consultare note scritte, ne è fatta menzione.
Art. 137. 
Sottoscrizione del verbale. 
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 483 comma 1, il verbale, previa lettura, è sottoscritto alla fine di ogni foglio dal pubblico ufficiale che lo ha redatto, dal giudice e dalle persone intervenute, anche quando le operazioni non sono esaurite e vengono rinviate ad altro momento.
2. Se alcuno degli intervenuti non vuole o non è in grado di sottoscrivere, ne è fatta menzione con l'indicazione del motivo.
Art. 138.
Trascrizione del verbale redatto con il mezzo della stenotipia. 
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 483 comma 2, i nastri impressi con i caratteri della stenotipia sono trascritti in caratteri comuni non oltre il giorno successivo a quello in cui sono stati formati. Essi sono uniti agli atti del processo, insieme con la trascrizione.
2. Se la persona che ha impresso i nastri è impedita, il giudice dispone che la trascrizione sia affidata a persona idonea anche estranea all'amministrazione dello Stato.
Art. 139.
Riproduzione fonografica o audiovisiva. 
1. La riproduzione fonografica o audiovisiva è effettuata da personale tecnico, anche estraneo all'amministrazione dello Stato, sotto la direzione dell'ausiliario che assiste il giudice.
2. Quando si effettua la riproduzione fonografica, nel verbale è indicato il momento di inizio e di cessazione delle operazioni di riproduzione.
3. Per la parte in cui la riproduzione fonografica, per qualsiasi motivo, non ha avuto effetto o non è chiaramente intelligibile, fa prova il verbale redatto in forma riassuntiva.
4. La trascrizione della riproduzione è effettuata da personale tecnico giudiziario. Il giudice può disporre che essa sia affidata a persona idonea estranea all'amministrazione dello Stato.
5. Quando le parti vi consentono, il giudice può disporre che non sia effettuata la trascrizione.
6. Le registrazioni fonografiche o audiovisive e le trascrizioni, se effettuate, sono unite agli atti del procedimento.
Art. 140.
Modalità di documentazione in casi particolari. 
1. Il giudice dispone che si effettui soltanto la redazione contestuale del verbale in forma riassuntiva quando gli atti da verbalizzare hanno contenuto semplice o limitata rilevanza ovvero quando si verifica una contingente indisponibilità di strumenti di riproduzione o di ausiliari tecnici.
2. Quando è redatto soltanto il verbale in forma riassuntiva, il giudice vigila affinché sia riprodotta nell'originaria genuina espressione la parte essenziale delle dichiarazioni, con la descrizione delle circostanze nelle quali sono rese se queste possono servire a valutarne la credibilità.
Art. 141.
Dichiarazioni orali delle parti. 
1. Quando la legge non impone la forma scritta, le parti possono fare, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, richieste o dichiarazioni orali attinenti al procedimento. In tal caso l'ausiliario che assiste il giudice redige il verbale e cura la registrazione delle dichiarazioni a norma degli articoli precedenti. Al verbale è unita, se ne è il caso, la procura speciale.
2. Alla parte che lo richiede è rilasciata, a sue spese, una certificazione ovvero una copia delle dichiarazioni rese.
Art. 141-bis. 
Modalità di documentazione dell'interrogatorio di persona in stato di detenzione. 
1. Ogni interrogatorio di persona che si trovi, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione, e che non si svolga in udienza, deve essere documentato integralmente, a pena di inutilizzabilità, con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva. Quando si verifica una indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico, si provvede con le forme della perizia, ovvero della consulenza tecnica. Dell'interrogatorio è anche redatto verbale in forma riassuntiva. La trascrizione della riproduzione è disposta solo se richiesta dalle parti.
Art. 142. 
Nullità dei verbali. 
1. Salve particolari disposizioni di legge, il verbale è nullo se vi è incertezza assoluta sulle persone inTITOLO IV
Traduzione degli atti
Art. 143. 
Nomina dell'interprete. 
1. L'imputato che non conosce la lingua italiana ha diritto di farsi assistere gratuitamente da un interprete al fine di potere comprendere l'accusa contro di lui formulata e di seguire il compimento degli atti cui partecipa. La conoscenza della lingua italiana è presunta fino a prova contraria per chi sia cittadino italiano.
2. Oltre che nel caso previsto dal comma 1 e dall'articolo 119, l'autorità procedente nomina un interprete quando occorre tradurre uno scritto in lingua straniera o in un dialetto non facilmente intelligibile ovvero quando la persona che vuole o deve fare una dichiarazione non conosce la lingua italiana. La dichiarazione può anche essere fatta per iscritto e in tale caso è inserita nel verbale con la traduzione eseguita dall'interprete.
3. L'interprete è nominato anche quando il giudice, il pubblico ministero o l'ufficiale di polizia giudiziaria ha personale conoscenza della lingua o del dialetto da interpretare.
4. La prestazione dell'ufficio di interprete è obbligatoria.
Art. 144. 
Incapacità e incompatibilità dell'interprete. 
1. Non può prestare ufficio di interprete, a pena di nullità:
a) il minorenne, l'interdetto, l'inabilitato e chi è affetto da infermità di mente;
b) chi è interdetto anche temporaneamente dai pubblici uffici ovvero è interdetto o sospeso dall'esercizio di una professione o di un'arte;
c) chi è sottoposto a misure di sicurezza personali o a misure di prevenzione ;
d) chi non può essere assunto come testimone o ha facoltà d'astenersi dal testimoniare o chi è chiamato a prestare ufficio di testimone o di perito ovvero è stato nominato consulente tecnico nello stesso procedimento o in un procedimento connesso. Nondimeno, nel caso previsto dall'articolo 119, la qualità di interprete può essere assunta da un prossimo congiunto della persona sorda, muta o sordomuta.
Art. 145. 
Ricusazione e astensione dell'interprete. 
1. L'interprete può essere ricusato per i motivi indicati nell'articolo 144, dalle parti private e, in rapporto agli atti compiuti o disposti dal giudice, anche dal pubblico ministero.
2. Quando esiste un motivo di ricusazione, anche se non proposto, ovvero se vi sono gravi ragioni di convenienza per astenersi, l'interprete ha obbligo di dichiararlo.
3. La dichiarazione di ricusazione o di astensione può essere presentata fino a che non siano esaurite le formalità di conferimento dell'incarico e, quando si tratti di motivi sopravvenuti ovvero conosciuti successivamente, prima che l'interprete abbia espletato il proprio incarico.
4. Sulla dichiarazione di ricusazione o di astensione decide il giudice con ordinanza.
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Cfr. Cass. 16228/2007 su Altalex Massimario.
Art. 146. 
Conferimento dell'incarico. 
1. L'autorità procedente accerta l'identità dell'interprete e gli chiede se versi in una delle situazioni previste dagli articoli 144 e 145.
2. Lo ammonisce poi sull'obbligo di adempiere bene e fedelmente l'incarico affidatogli, senz'altro scopo che quello di far conoscere la verità, e di mantenere il segreto su tutti gli atti che si faranno per suo mezzo o in sua presenza. Quindi lo invita a prestare l'ufficio.
Art. 147. 
Termine per le traduzioni scritte. Sostituzione dell'interprete. 
1. Per la traduzione di scritture che richiedono un lavoro di lunga durata, l'autorità procedente fissa all'interprete un termine che può essere prorogato per giusta causa una sola volta. L'interprete può essere sostituito se non presenta entro il termine la traduzione scritta.
2. L'interprete sostituito, dopo essere stato citato a comparire per discolparsi, può essere condannato dal giudice al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro 51 a euro 516.
TITOLO V
Notificazioni 
Art. 148. 
Organi e forme delle notificazioni. 
1. Le notificazioni degli atti, salvo che la legge disponga altrimenti, sono eseguite dell'ufficiale giudiziario o da chi ne esercita le funzioni.
2. Nei procedimenti con detenuti ed in quelli davanti al tribunale del riesame il giudice può disporre che, in caso di urgenza, le notificazioni siano eseguite dalla Polizia penitenziaria del luogo in cui i destinatari sono detenuti, con l'osservanza delle norme del presente titolo. (1)
2-bis. L'autorità giudiziaria può disporre che le notificazioni o gli avvisi ai difensori siano eseguiti con mezzi tecnici idonei. L'ufficio che invia l'atto attesta in calce ad esso di aver trasmesso il testo originale. (2)
(…) (3)
3. L'atto è notificato per intero, salvo che la legge disponga altrimenti, di regola mediante consegna di copia al destinatario oppure, se ciò non è possibile, alle persone indicate nel presente titolo. Quando la notifica non può essere eseguita in mani proprie del destinatario, l'ufficiale giudiziario o la polizia giudiziaria consegnano la copia dell'atto da notificare, fatta eccezione per il caso di notificazione al difensore o al domiciliatario, dopo averla inserita in busta che provvedono a sigillare trascrivendovi il numero cronologico della notificazione e dandone atto nella relazione in calce all'originale e alla copia dell'atto. (2)
4. La consegna di copia dell'atto all'interessato da parte della cancelleria ha valore di notificazione. Il pubblico ufficiale addetto annota sull'originale dell'atto la eseguita consegna e la data in cui questa è avvenuta.
5. La lettura dei provvedimenti alle persone presenti e gli avvisi che sono dati dal giudice verbalmente agli interessati in loro presenza sostituiscono le notificazioni, purché ne sia fatta menzione nel verbale.
5-bis. Le comunicazioni, gli avvisi ed ogni altro biglietto o invito consegnati non in busta chiusa a persona diversa dal destinatario recano le indicazione strettamente necessarie. (4)
(1) Comma così sostituito dall'art. 17, comma 1, lett. a) del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito con modificazioni nella L. 31 luglio 2005, n.155
(2) Comma così sostituito dall'art. 174, comma 13, lett. a) del D.L.vo 30 giugno 2003, n. 196.
(3) Comma che recitava: “Nei procedimenti avanti il tribunale per il riesame il giudice può disporre che, in caso di urgenza, le notificazioni siano eseguite dalle sezioni della polizia giudiziaria presso le procure della Repubblica con le medesime modalità di cui al comma 2” è stato abrogato dall'art. 17, comma 1, lett. b), del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito con modificazioni nella L. 31 luglio 2005, n.155
(4) Comma aggiunto art. 174, comma 13, lett. b) del D.L.vo 30 giugno 2003, n. 196
Art. 149.
Notificazioni urgenti a mezzo del telefono e del telegrafo. 
1. Nei casi di urgenza, il giudice può disporre, anche su richiesta di parte, che le persone diverse dall'imputato siano avvisate o convocate a mezzo del telefono a cura della cancelleria.
2. Sull'originale dell'avviso o della convocazione sono annotati il numero telefonico chiamato, il nome, le funzioni o le mansioni svolte dalla persona che riceve la comunicazione, il suo rapporto con il destinatario, il giorno e l'ora della telefonata.
3. Alla comunicazione si procede chiamando il numero telefonico corrispondente ai luoghi indicati nell'articolo 157 commi 1 e 2. Essa non ha effetto se non è ricevuta dal destinatario ovvero da persona che conviva anche temporaneamente col medesimo.
4. La comunicazione telefonica ha valore di notificazione con effetto dal momento in cui è avvenuta, sempre che della stessa sia data immediata conferma al destinatario mediante telegramma.
5. Quando non è possibile procedere nel modo indicato nei commi precedenti, la notificazione è eseguita, per estratto, mediante telegramma.
Art. 150. 
Forme particolari di notificazione disposte dal giudice. 
1. Quando lo consigliano circostanze particolari, il giudice può prescrivere, anche di ufficio, con decreto motivato in calce all'atto, che la notificazione a persona diversa dall'imputato sia eseguita mediante l'impiego di mezzi tecnici che garantiscano la conoscenza dell'atto.
2. Nel decreto sono indicate le modalità necessarie per portare l'atto a conoscenza del destinatario.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. II, sentenza 14 marzo 2008, n. 11735 in Altalex Massimario.
Art. 151. 
Notificazioni richieste dal pubblico ministero. 
1. Le notificazioni di atti del pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari sono eseguite dall'ufficiale giudiziario, ovvero dalla polizia giudiziaria nei soli casi di atti di indagine o provvedimenti che la stessa polizia giudiziaria è delegata a compiere o è tenuta ad eseguire. (1)
2. La consegna di copia dell'atto all'interessato da parte della segreteria ha valore di notificazione. Il pubblico ufficiale addetto annota sull'originale dell'atto la eseguita consegna e la data in cui questa è avvenuta.
3. La lettura dei provvedimenti alle persone presenti e gli avvisi che sono dati dal pubblico ministero verbalmente agli interessati in loro presenza sostituiscono le notificazioni, purché ne sia fatta menzione nel verbale.
(…) (2)
(1) Comma così sostituito dall'art. 17, comma 2, del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito con modificazioni nella L. 31 luglio 2005, n.155
(2) Il comma che recitava: “4. Il decreto di irreperibilità emesso a norma dell'articolo 159 dal pubblico ministero ha valore solo per le notificazioni di propri atti e limitatamente alla fase delle indagini preliminari. A seguito della emissione del decreto, la notificazione è eseguita mediante consegna di copia al difensore.” è stato abrogato dall'art. 2 del D.L.vo 14 gennaio 1991, n. 12
Art. 152. 
Notificazioni richieste dalle parti private. 
1. Salvo che la legge disponga altrimenti, le notificazioni richieste dalle parti private possono essere sostituite dall'invio di copia dell'atto effettuata dal difensore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
Art. 153. 
Notificazioni e comunicazioni al pubblico ministero. 
1. Le notificazioni al pubblico ministero sono eseguite, anche direttamente dalle parti o dai difensori, mediante consegna di copia dell'atto nella segreteria. Il pubblico ufficiale addetto annota sull'originale e sulla copia dell'atto le generalità di chi ha eseguito la consegna e la data in cui questa è avvenuta.
2. Le comunicazioni di atti e provvedimenti del giudice al pubblico ministero sono eseguite a cura della cancelleria nello stesso modo, salvo che il pubblico ministero prenda visione dell'atto sottoscrivendolo. Il pubblico ufficiale addetto annota sull'originale dell'atto la eseguita consegna e la data in cui questa è avvenuta.
Art. 154. 
Notificazioni alla persona offesa, alla parte civile, al responsabile civile e al civilmente obbligato per la pena pecuniaria. 
1. Le notificazioni alla persona offesa dal reato sono eseguite a norma dell'articolo 157 commi 1, 2, 3, 4 e 8. Se sono ignoti i luoghi ivi indicati, la notificazione è eseguita mediante deposito dell'atto nella cancelleria. Qualora risulti dagli atti notizia precisa del luogo di residenza o di dimora all'estero, la persona offesa è invitata mediante raccomandata con avviso di ricevimento a dichiarare o eleggere domicilio nel territorio dello Stato. Se nel termine di venti giorni dalla ricezione della raccomandata non viene effettuata la dichiarazione o l'elezione di domicilio ovvero se la stessa è insufficiente o risulta inidonea, la notificazione è eseguita mediante deposito dell'atto nella cancelleria.
2. La notificazione della prima citazione al responsabile civile e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria è eseguita con le forme stabilite per la prima notificazione all'imputato non detenuto.
3. Se si tratta di pubbliche amministrazioni, di persone giuridiche o di enti privi di personalità giuridica, le notificazioni sono eseguite nelle forme stabilite per il processo civile.
4. Le notificazioni alla parte civile, al responsabile civile e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria costituiti in giudizio sono eseguite presso i difensori. Il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, se non sono costituiti, devono dichiarare o eleggere il proprio domicilio nel luogo in cui si procede con atto ricevuto dalla cancelleria del giudice competente. In mancanza di tale dichiarazione o elezione o se la stessa è insufficiente o inidonea, le notificazioni sono eseguite mediante deposito nella cancelleria.
Art. 155. 
Notificazioni per pubblici annunzi alle persone offese. 
1. Quando per il numero dei destinatari o per l'impossibilità di identificarne alcuni, la notificazione nelle forme ordinarie alle persone offese risulti difficile, l'autorità giudiziaria può disporre, con decreto in calce all'atto da notificare, che la notificazione sia eseguita mediante pubblici annunzi. Nel decreto sono designati, quando occorre, i destinatari nei cui confronti la notificazione deve essere eseguita nelle forme ordinarie e sono indicati i modi che appaiono opportuni per portare l'atto a conoscenza degli altri interessati.
2. In ogni caso, copia dell'atto è depositata nella casa comunale del luogo in cui si trova l'autorità procedente e un estratto è inserito nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica.
3. La notificazione si ha per avvenuta quando l'ufficiale giudiziario deposita una copia dell'atto, con la relazione e i documenti giustificativi dell'attività svolta, nella cancelleria o segreteria dell'autorità procedente.
Art. 156. 
Notificazioni all'imputato detenuto. 
1. Le notificazioni all'imputato detenuto sono eseguite nel luogo di detenzione mediante consegna di copia alla persona.
2. In caso di rifiuto della ricezione, se ne fa menzione nella relazione di notificazione e la copia rifiutata è consegnata al direttore dell'istituto o a chi ne fa le veci. Nello stesso modo si provvede quando non è possibile consegnare la copia direttamente all'imputato, perché legittimamente assente. In tal caso, della avvenuta notificazione il direttore dell'istituto informa immediatamente l'interessato con il mezzo più celere.
3. Le notificazioni all'imputato detenuto in luogo diverso dagli istituti penitenziari sono eseguite a norma dell'articolo 157.
4. Le disposizioni che precedono si applicano anche quando dagli atti risulta che l'imputato è detenuto per causa diversa dal procedimento per il quale deve eseguirsi la notificazione o è internato in un istituto penitenziario.
5. In nessun caso le notificazioni all'imputato detenuto o internato possono essere eseguite con le forme dell'articolo 159.
Art. 157. 
Prima notificazione all'imputato non detenuto. 
1. Salvo quanto previsto dagli articoli 161 e 162, la prima notificazione all'imputato non detenuto è eseguita mediante consegna di copia alla persona. Se non è possibile consegnare personalmente la copia, la notificazione è eseguita nella casa di abitazione o nel luogo in cui l'imputato esercita abitualmente l'attività lavorativa, mediante consegna a una persona che conviva anche temporaneamente o, in mancanza, al portiere o a chi ne fa le veci.
2. Qualora i luoghi indicati nel comma 1 non siano conosciuti, la notificazione è eseguita nel luogo dove l'imputato ha temporanea dimora o recapito, mediante consegna a una delle predette persone.
3. Il portiere o chi ne fa le veci sottoscrive l'originale dell'atto notificato e l'ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell'avvenuta notificazione dell'atto a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Gli effetti della notificazione decorrono dal ricevimento della raccomandata.
4. La copia non può essere consegnata a persona minore degli anni quattordici o in stato di manifesta incapacità di intendere o di volere.
5. L'autorità giudiziaria dispone la rinnovazione della notificazione quando la copia è stata consegnata alla persona offesa dal reato e risulta o appare probabile che l'imputato non abbia avuto effettiva conoscenza dell'atto notificato.
6. La consegna alla persona convivente, al portiere o a chi ne fa le veci è effettuata in plico chiuso e la relazione di notificazione è effettuata nei modi previsti dall'articolo 148, comma 3.
7. Se le persone indicate nel comma 1 mancano o non sono idonee o si rifiutano di ricevere la copia, si procede nuovamente alla ricerca dell'imputato, tornando nei luoghi indicati nei commi 1 e 2.
8. Se neppure in tal modo è possibile eseguire la notificazione, l'atto è depositato nella casa del comune dove l'imputato ha l'abitazione, o, in mancanza di questa, del comune dove egli esercita abitualmente la sua attività lavorativa. Avviso del deposito stesso è affisso alla porta della casa di abitazione dell'imputato ovvero alla porta del luogo dove egli abitualmente esercita la sua attività lavorativa. L'ufficiale giudiziario dà inoltre comunicazione all'imputato dell'avvenuto deposito a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Gli effetti della notificazione decorrono dal ricevimento della raccomandata.
8-bis. Le notificazioni successive sono eseguite, in caso di nomina di difensore di fiducia ai sensi dell'articolo 96, mediante consegna ai difensori. Il difensore può dichiarare immediatamente all'autorità che procede di non accettare la notificazione. Per le modalità della notificazione si applicano anche le disposizioni previste dall'articolo 148, comma 2-bis.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. I, sentenza 15 gennaio 2008, n. 2115, Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 15 maggio 2008, n. 19602, Corte Costituzionale, sentenza 14 maggio 2008, n. 136 e Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 3 febbraio 2009, n. 4672 in Altalex Massimario.
Art. 158. 
Prima notificazione all'imputato in servizio militare. 
1. La prima notificazione all'imputato militare in servizio attivo il cui stato risulti dagli atti è eseguita nel luogo in cui egli risiede per ragioni di servizio, mediante consegna alla persona. Se la consegna non è possibile, l'atto è notificato presso l'ufficio del comandante il quale informa immediatamente l'interessato della avvenuta notificazione con il mezzo più celere.
Art. 159. 
Notificazioni all'imputato in caso di irreperibilità. 
1. Se non è possibile eseguire le notificazioni nei modi previsti dall'articolo 157, l'autorità giudiziaria dispone nuove ricerche dell'imputato, particolarmente nel luogo di nascita, dell'ultima residenza anagrafica, dell'ultima dimora, in quello dove egli abitualmente esercita la sua attività lavorativa e presso l'amministrazione carceraria centrale. Qualora le ricerche non diano esito positivo, l'autorità giudiziaria emette decreto di irreperibilità con il quale, dopo avere designato un difensore all'imputato che ne sia privo, ordina che la notificazione sia eseguita mediante consegna di copia al difensore.
2. Le notificazioni in tal modo eseguite sono valide a ogni effetto. L'irreperibile è rappresentato dal difensore.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 28 gennaio 2008, n. 4153 e Corte Costituzionale, ordinanza 4 aprile 2008, n. 89 in Altalex Massimario.
Art. 160. 
Efficacia del decreto di irreperibilità. 
1. Il decreto di irreperibilità emesso dal giudice o dal pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari cessa di avere efficacia con la pronuncia del provvedimento che definisce l'udienza preliminare ovvero, quando questa manchi, con la chiusura delle indagini preliminari.
2. Il decreto di irreperibilità emesso dal giudice per la notificazione degli atti introduttivi dell'udienza preliminare nonché il decreto di irreperibilità emesso dal giudice o dal pubblico ministero per la notificazione del provvedimento che dispone il giudizio cessano di avere efficacia con la pronuncia della sentenza di primo grado.
3. Il decreto di irreperibilità emesso dal giudice di secondo grado e da quello di rinvio cessa di avere efficacia con la pronuncia della sentenza.
4. Ogni decreto di irreperibilità deve essere preceduto da nuove ricerche nei luoghi indicati nell'articolo 159.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 28 gennaio 2008, n. 4153 e Corte Costituzionale, ordinanza 4 aprile 2008, n. 89 in Altalex Massimario.
Art. 161. 
Domicilio dichiarato, eletto o determinato per le notificazioni. 
1. Il giudice, il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, nel primo atto compiuto con l'intervento della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato non detenuto né internato, lo invitano a dichiarare uno dei luoghi indicati nell'articolo 157 comma 1 ovvero a eleggere domicilio per le notificazioni, avvertendolo che, nella sua qualità di persona sottoposta alle indagini o di imputato, ha l'obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in mancanza di tale comunicazione o nel caso di rifiuto di dichiarare o eleggere domicilio, le notificazioni verranno eseguite mediante consegna al difensore. Della dichiarazione o della elezione di domicilio, ovvero del rifiuto di compierla, è fatta menzione nel verbale.
2. Fuori del caso previsto dal comma 1, l'invito a dichiarare o eleggere domicilio è formulato con l'informazione di garanzia o con il primo atto notificato per disposizione dell'autorità giudiziaria. L'imputato è avvertito che deve comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto e che in caso di mancanza, di insufficienza o di inidoneità della dichiarazione o della elezione, le successive notificazioni verranno eseguite nel luogo in cui l'atto è stato notificato.
3. L'imputato detenuto che deve essere scarcerato per causa diversa dal proscioglimento definitivo e l'imputato che deve essere dimesso da un istituto per l'esecuzione di misure di sicurezza, all'atto della scarcerazione o della dimissione ha l'obbligo di fare la dichiarazione o l'elezione di domicilio con atto ricevuto a verbale dal direttore dell'istituto. Questi lo avverte a norma del comma 1, iscrive la dichiarazione o elezione nell'apposito registro e trasmette immediatamente il verbale all'autorità che ha disposto la scarcerazione o la dimissione.
4. Se la notificazione nel domicilio determinato a norma del comma 2 diviene impossibile, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore. Nello stesso modo si procede quando, nei casi previsti dai commi 1 e 3, la dichiarazione o l'elezione di domicilio mancano o sono insufficienti o inidonee. Tuttavia, quando risulta che, per caso fortuito o forza maggiore, l'imputato non è stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato o eletto, si applicano le disposizioni degli articoli 157 e 159.
Art. 162. 
Comunicazione del domicilio dichiarato o del domicilio eletto. 
1. Il domicilio dichiarato, il domicilio eletto e ogni loro mutamento sono comunicati dall'imputato all'autorità che procede, con dichiarazione raccolta a verbale ovvero mediante telegramma o lettera raccomandata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da persona autorizzata o dal difensore.
2. La dichiarazione può essere fatta anche nella cancelleria del tribunale del luogo nel quale l'imputato si trova.
3. Nel caso previsto dal comma 2 il verbale è trasmesso immediatamente all'autorità giudiziaria che procede. Analogamente si provvede in tutti i casi in cui la comunicazione è ricevuta da una autorità giudiziaria che, nel frattempo, abbia trasmesso gli atti ad altra autorità.
4. Finché l'autorità giudiziaria che procede non ha ricevuto il verbale o la comunicazione, sono valide le notificazioni disposte nel domicilio precedentemente dichiarato o eletto.
Art. 163.
Formalità per le notificazioni nel domicilio dichiarato o eletto.
1. Per le notificazioni eseguite nel domicilio dichiarato o eletto a norma degli articoli 161 e 162 si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dell'articolo 157.
Art. 164.
Durata del domicilio dichiarato o eletto. 
1. La determinazione del domicilio dichiarato o eletto è valida per ogni stato e grado del procedimento, salvo quanto è previsto dagli articoli 156 e 613 comma 2.
Art. 165.
Notificazioni all'imputato latitante o evaso. 
1. Le notificazioni all'imputato latitante o evaso sono eseguite mediante consegna di copia al difensore.
2. Se l'imputato è privo di difensore, l'autorità giudiziaria designa un difensore di ufficio.
3. L'imputato latitante o evaso è rappresentato a ogni effetto dal difensore.
Art. 166.
Notificazioni all'imputato interdetto o infermo di mente. 
1. Se l'imputato è interdetto, le notificazioni si eseguono a norma degli articoli precedenti e presso il tutore; se l'imputato si trova nelle condizioni previste dall'articolo 71 comma 1, le notificazioni si eseguono a norma degli articoli precedenti e presso il curatore speciale.
Art. 167.
Notificazioni ad altri soggetti. 
1. Le notificazioni a soggetti diversi da quelli indicati negli articoli precedenti si eseguono a norma dell'articolo 157 commi 1, 2, 3, 4 e 8, salvi i casi di urgenza previsti dall'articolo 149.
Art. 168. 
Relazione di notificazione. 
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 157 comma 6, l'ufficiale giudiziario che procede alla notificazione scrive, in calce all'originale e alla copia notificata, la relazione in cui indica l'autorità o la parte privata richiedente, le ricerche effettuate, le generalità della persona alla quale è stata consegnata la copia, i suoi rapporti con il destinatario, le funzioni o le mansioni da essa svolte, il luogo e la data della consegna della copia, apponendo la propria sottoscrizione.
2. Quando vi è contraddizione tra la relazione scritta sulla copia consegnata e quella contenuta nell'originale, valgono per ciascun interessato le attestazioni contenute nella copia notificata.
3. La notificazione produce effetto per ciascun interessato dal giorno della sua esecuzione.
Art. 169.
Notificazioni all'imputato all'estero. 
1. Se risulta dagli atti notizia precisa del luogo di residenza o di dimora all'estero della persona nei cui confronti si deve procedere, il giudice o il pubblico ministero le invia raccomandata con avviso di ricevimento, contenente l'indicazione della autorità che procede, il titolo del reato e la data e il luogo in cui è stato commesso nonché l'invito a dichiarare o eleggere domicilio nel territorio dello Stato. Se nel termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata non viene effettuata la dichiarazione o l'elezione di domicilio ovvero se la stessa è insufficiente o risulta inidonea, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore.
2. Nello stesso modo si provvede se la persona risulta essersi trasferita all'estero successivamente al decreto di irreperibilità emesso a norma dell'art. 159.
3. L'invito previsto dal comma 1 è redatto nella lingua dell'imputato straniero quando dagli atti non risulta che egli conosca la lingua italiana.
4. Quando dagli atti risulta che la persona nei cui confronti si deve procedere risiede o dimora all'estero, ma non si hanno notizie sufficienti per provvedere a norma del comma 1, il giudice o il pubblico ministero, prima di pronunciare decreto di irreperibilità, dispone le ricerche anche fuori del territorio dello Stato nei limiti consentiti dalle convenzioni internazionali.
5. Le disposizioni precedenti si applicano anche nel caso in cui dagli atti risulti che la persona è detenuta all'estero.
Art. 170. 
Notificazioni col mezzo della posta. 
1. Le notificazioni possono essere eseguite anche col mezzo degli uffici postali, nei modi stabiliti dalle relative norme speciali.
2. E' valida la notificazione anche se eseguita col mezzo di un ufficio postale diverso da quello a cui inizialmente fu diretto il piego.
3. Qualora l'ufficio postale restituisca il piego per irreperibilità del destinatario, l'ufficiale giudiziario provvede alle notificazioni nei modi ordinari.
Art. 171.
Nullità delle notificazioni. 
1. La notificazione è nulla:
a) se l'atto è notificato in modo incompleto, fuori dei casi nei quali la legge consente la notificazione per estratto;
b) se vi è incertezza assoluta sull'autorità o sulla parte privata richiedente ovvero sul destinatario;
c) se nella relazione della copia notificata manca la sottoscrizione di chi l'ha eseguita;
d) se sono violate le disposizioni circa la persona a cui deve essere consegnata la copia;
e) se non è stato dato l'avvertimento nei casi previsti dall'art. 161 commi 1, 2, 3 e la notificazione è stata eseguita mediante consegna al difensore;
f) se è stata omessa l'affissione o non è stata data la comunicazione prescritta dall'articolo 157 comma 8;
g) se sull'originale dell'atto notificato manca la sottoscrizione della persona indicata nell'articolo 157 comma 3;
h) se non sono state osservate le modalità prescritte dal giudice nel decreto previsto dall'articolo 150 e l'atto non è giunto a conoscenza del destinatario.
TITOLO VI
Termini
Art. 172. 
Regole generali. 
1. I termini processuali sono stabiliti a ore, a giorni, a mesi o ad anni.
2. I termini si computano secondo il calendario comune.
3. Il termine stabilito a giorni, il quale scade in giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno successivo non festivo.
4. Salvo che la legge disponga altrimenti, nel termine non si computa l'ora o il giorno in cui ne è iniziata la decorrenza; si computa l'ultima ora o l'ultimo giorno.
5. Quando è stabilito soltanto il momento finale, le unità di tempo stabilite per il termine si computano intere e libere.
6. Il termine per fare dichiarazioni, depositare documenti o compiere altri atti in un ufficio giudiziario si considera scaduto nel momento in cui, secondo i regolamenti, l'ufficio viene chiuso al pubblico.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 15 gennaio 2008, n. 2182 in Altalex Massimario.
Art. 173. 
Termini a pena di decadenza. Abbreviazione. 
1. I termini si considerano stabiliti a pena di decadenza soltanto nei casi previsti dalla legge.
2. I termini stabiliti dalla legge a pena di decadenza non possono essere prorogati, salvo che la legge disponga altrimenti.
3. La parte a favore della quale è stabilito un termine può chiederne o consentirne l'abbreviazione con dichiarazione ricevuta nella cancelleria o nella segreteria dell'autorità procedente.
Art. 174. 
Prolungamento dei termini di comparizione. 
1. Se la residenza dell'imputato risultante dagli atti ovvero il domicilio dichiarato o eletto a norma dell'articolo 161 è fuori del comune nel quale ha sede l'autorità giudiziaria procedente, il termine per comparire è prolungato del numero di giorni necessari per il viaggio. Il prolungamento è di un giorno ogni cinquecento chilometri di distanza, quando è possibile l'uso dei mezzi pubblici di trasporto e di un giorno ogni cento chilometri negli altri casi. Lo stesso prolungamento ha luogo per gli imputati detenuti o internati fuori del comune predetto. In ogni caso il prolungamento del termine non può essere superiore a tre giorni. Per l'imputato residente all'estero il prolungamento del termine è stabilito dall'autorità giudiziaria, tenendo conto della distanza e dei mezzi di comunicazione utilizzabili.
2. Le stesse disposizioni si applicano quando si tratta di termine stabilito per la presentazione di ogni altra persona per la quale l'autorità procedente emette ordine o invito.
Art. 175. 
Restituzione nel termine. 
1. Il pubblico ministero, le parti private e i difensori sono restituiti nel termine stabilito a pena di decadenza, se provano di non averlo potuto osservare per caso fortuito o per forza maggiore. La richiesta per la restituzione nel termine è presentata, a pena di decadenza, entro dieci giorni da quello nel quale è cessato il fatto costituente caso fortuito o forza maggiore.
2. Se è stata pronunciata sentenza contumaciale o decreto di condanna, l'imputato è restituito, a sua richiesta, nel termine per proporre impugnazione od opposizione, salvo che lo stesso abbia avuto effettiva conoscenza del procedimento o del provvedimento e abbia volontariamente rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione od opposizione. A tale fine l'autorità giudiziaria compie ogni necessaria verifica. (1)
2-bis. La richiesta indicata al comma 2 è presentata, a pena di decadenza, nel termine di trenta giorni da quello in cui l'imputato ha avuto effettiva conoscenza del provvedimento. In caso di estradizione dall'estero, il termine per la presentazione della richiesta decorre dalla consegna del condannato. (2)
3. La restituzione non può essere concessa più di una volta per ciascuna parte in ciascun grado del procedimento.
4. Sulla richiesta decide con ordinanza il giudice che procede al tempo della presentazione della stessa. Prima dell'esercizio dell'azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari. Se sono stati pronunciati sentenza o decreto di condanna, decide il giudice che sarebbe competente sulla impugnazione o sulla opposizione.
5. L'ordinanza che concede la restituzione nel termine per la proposizione della impugnazione o della opposizione può essere impugnata solo con la sentenza che decide sulla impugnazione o sulla opposizione.
6. Contro l'ordinanza che respinge la richiesta di restituzione nel termine può essere proposto ricorso per cassazione.
7. Quando accoglie la richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione, il giudice, se occorre, ordina la scarcerazione dell'imputato detenuto e adotta tutti i provvedimenti necessari per far cessare gli effetti determinati dalla scadenza del termine.
8. Se la restituzione nel termine è concessa a norma del comma 2, non si tiene conto, ai fini della prescrizione del reato, del tempo intercorso tra la notificazione della sentenza contumaciale o del decreto di condanna e la notificazione alla parte dell'avviso di deposito dell'ordinanza che concede la restituzione.
(1) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. b) de D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, convertito con modificazioni nella L. 22 aprile 2005, n. 60
(2) Comma inserito dall'art. 1, comma 1, lett. c) del D.L. 21 febbraio 2005, n. 17, convertito con modificazioni nella L. 22 aprile 2005, n. 60
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 12 luglio 2007, n. 27350, Cassazione penale, sez. II, sentenza 25 settembre 2007, n. 43032 e Cassazione penale, sez. VI, sentenza 10 settembre 2009, n. 35149 in Altalex Massimario.
Art. 176. 
Effetti della restituzione nel termine. 
1. Il giudice che ha disposto la restituzione provvede, a richiesta di parte e in quanto sia possibile, alla rinnovazione degli atti ai quali la parte aveva diritto di assistere.
2. Se la restituzione nel termine è concessa dalla corte di cassazione, al compimento degli atti di cui è disposta la rinnovazione provvede il giudice competente per il merito.
TITOLO VII
Nullità
Art. 177. 
Tassatività. 
1. L'inosservanza delle disposizioni stabilite per gli atti del procedimento è causa di nullità soltanto nei casi previsti dalla legge.
Art. 178. 
Nullità di ordine generale. 
1. E' sempre prescritta a pena di nullità l'osservanza delle disposizioni concernenti:
a) le condizioni di capacità del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi stabilito dalle leggi di ordinamento giudiziario ;
b) l'iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale e la sua partecipazione al procedimento;
c) l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato e delle altre parti private nonché la citazione in giudizio della persona offesa dal reato e del querelante.
_______________
Cfr. Cassazione penale, sez. VI, sentenza 6 marzo 2008, n. 10394 in Altalex Massimario.
Art. 179. 
Nullità assolute. 
1. Sono insanabili e sono rilevate di ufficio in ogni stato e grado del procedimento le nullità previste dall'articolo 178 comma 1 lettera a), quelle concernenti l'iniziativa del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale e quelle derivanti dalla omessa citazione dell'imputato o dall'assenza del suo difensore nei casi in cui ne è obbligatoria la presenza.
2. Sono altresì insanabili e sono rilevate di ufficio in ogni stato e grado del procedimento le nullità definite assolute da specifiche disposizioni di legge.
Art. 180. 
Regime delle altre nullità di ordine generale. 
1. Salvo quanto disposto dall'articolo 179, le nullità previste dall'articolo 178 sono rilevate anche di ufficio, ma non possono più essere rilevate né dedotte dopo la deliberazione della sentenza di primo grado ovvero, se si sono verificate nel giudizio, dopo la deliberazione della sentenza del grado successivo.
Art. 181.
Nullità relative. 
1. Le nullità diverse da quelle previste dagli articoli 178 e 179 comma 2 sono dichiarate su eccezione di parte.
2. Le nullità concernenti gli atti delle indagini preliminari e quelli compiuti nell'incidente probatorio e le nullità concernenti gli atti dell'udienza preliminare devono essere eccepite prima che sia pronunciato il provvedimento previsto all'articolo 424. Quando manchi l'udienza preliminare , le nullità devono essere eccepite entro il termine previsto dall'articolo 491 comma 1.
3. Le nullità concernenti il decreto che dispone il giudizio ovvero gli atti preliminari al dibattimento devono essere eccepite entro il termine previsto dall'articolo 491 comma 1. Entro lo stesso termine, ovvero con l'impugnazione della sentenza di non luogo a procedere, devono essere riproposte le nullità eccepite a norma del primo periodo del comma 2, che non siano state dichiarate dal giudice.
4. Le nullità verificatesi nel giudizio devono essere eccepite con l'impugnazione della relativa sentenza.
Art. 182. 
Deducibilità delle nullità. 
1. Le nullità previste dagli articoli 180 e 181 non possono essere eccepite da chi vi ha dato o ha concorso a darvi causa ovvero non ha interesse all'osservanza della disposizione violata.
2. Quando la parte vi assiste, la nullità di un atto deve essere eccepita prima del suo compimento ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo. Negli altri casi la nullità deve essere eccepita entro i termini previsti dagli articoli 180 e 181 commi 2, 3 e 4.
3. I termini per rilevare o eccepire le nullità sono stabiliti a pena di decadenza.
Art. 183. 
Sanatorie generali delle nullità. 
1. Salvo che sia diversamente stabilito, le nullità sono sanate:
a) se la parte interessata ha rinunciato espressamente ad eccepirle ovvero ha accettato gli effetti dell'atto;
b) se la parte si è avvalsa della facoltà al cui esercizio l'atto omesso o nullo è preordinato.
Art. 184.
Sanatoria delle nullità delle citazioni, degli avvisi e delle notificazioni. 
1. La nullità di una citazione o di un avviso ovvero delle relative comunicazioni e notificazioni è sanata se la parte interessata è comparsa o ha rinunciato a comparire.
2. La parte la quale dichiari che la comparizione è determinata dal solo intento di far rilevare l'irregolarità ha diritto a un termine per la difesa non inferiore a cinque giorni.
3. Quando la nullità riguarda la citazione a comparire al dibattimento, il termine non può essere inferiore a quello previsto dall'articolo 429.
Art. 185.
Effetti della dichiarazione di nullità. 
1. La nullità di un atto rende invalidi gli atti consecutivi che dipendono da quello dichiarato nullo.
2. Il giudice che dichiara la nullità di un atto ne dispone la rinnovazione, qualora sia necessaria e possibile, ponendo le spese a carico di chi ha dato causa alla nullità per dolo o colpa grave.
3. La dichiarazione di nullità comporta la regressione del procedimento allo stato o al grado in cui è stato compiuto l'atto nullo, salvo che sia diversamente stabilito.
4. La disposizione del comma 3 non si applica alle nullità concernenti le prove.
Art. 186.
Inosservanza di norme tributarie. 
1. Quando la legge assoggetta un atto a una imposta o a una tassa, l'inosservanza della norma tributaria non rende inammissibile l'atto né impedisce il suo compimento, salve le sanzioni finanziarie previste dalla legge.
LIBRO TERZO
PROVE
TITOLO I
Disposizioni generali
Art. 187. 
Oggetto della prova. 
1. Sono oggetto di prova i fatti che si riferiscono all'imputazione, alla punibilità e alla determinazione della pena o della misura di sicurezza.
2. Sono altresì oggetto di prova i fatti dai quali dipende l'applicazione di norme processuali.
3. Se vi è costituzione di parte civile, sono inoltre oggetto di prova i fatti inerenti alla responsabilità civile derivante dal reato.
Art. 188. 
Libertà morale della persona nell'assunzione della prova. 
1. Non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interessata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti .
Art. 189. 
Prove non disciplinate dalla legge. 
1. Quando è richiesta una prova non disciplinata dalla legge, il giudice può assumerla se essa risulta idonea ad assicurare l'accertamento dei fatti e non pregiudica la libertà morale della persona. Il giudice provvede all'ammissione, sentite le parti sulle modalità di assunzione della prova.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 10 dicembre 2009, n. 47009 in Altalex Massimario.
Art. 190. 
Diritto alla prova. 
1. Le prove sono ammesse a richiesta di parte. Il giudice provvede senza ritardo con ordinanza escludendo le prove vietate dalla legge e quelle che manifestamente sono superflue o irrilevanti.
2. La legge stabilisce i casi in cui le prove sono ammesse di ufficio.
3. I provvedimenti sull'ammissione della prova possono essere revocati sentite le parti in contraddittorio.
Art. 190-bis. 
Requisiti della prova in casi particolari. 
1. Nei procedimenti per taluno dei delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-bis, quando è richiesto l'esame di un testimone o di una delle persone indicate nell'articolo 210 e queste hanno già reso dichiarazioni in sede di incidente probatorio o in dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate ovvero dichiarazioni i cui verbali sono stati acquisiti a norma dell'articolo 238, l'esame è ammesso solo se riguarda fatti o circostanze diversi da quelli oggetto delle precedenti dichiarazioni ovvero se il giudice o taluna delle parti lo ritengono necessario sulla base di specifiche esigenze.
1-bis. La stessa disposizione si applica quando si procede per uno dei reati previsti dagli articoli 600-bis, primo comma, 600-ter, 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater1 (1), 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale, se l'esame richiesto riguarda un testimone minore degli anni sedici.
(1) Le parole: “anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater1” sono state aggiunte dall'art. 14, comma 1, della L. 6 febbraio 2006, n. 38
Art. 191. 
Prove illegittimamente acquisite. 
1. Le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate.
2. L'inutilizzabilità è rilevabile anche di ufficio in ogni stato e grado del procedimento.
Art. 192. 
Valutazione della prova. 
1. Il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati.
2. L'esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti.
3. Le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connesso a norma dell'articolo 12 sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità.
4. La disposizione del comma 3 si applica anche alle dichiarazioni rese da persona imputata di un reato collegato a quello per cui si procede, nel caso previsto dall'articolo 371 comma 2 lettera b).
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Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 20 settembre 2007, n. 19450, Cassazione Penale, sez. V, sentenza 23 aprile 2008, n. 16769, Cassazione Penale, sez. II, sentenza 12 marzo 2009, n. 11019, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 17 aprile 2009, n. 16614 e Tribunale di Bari, sez. I penale, sentenza 14 luglio 2009 in Altalex Massimario.
Art. 193.
Limiti di prova stabiliti dalle leggi civili. 
1. Nel processo penale non si osservano i limiti di prova stabiliti dalle leggi civili, eccettuati quelli che riguardano lo stato di famiglia e di cittadinanza.
LIBRO TERZO
PROVE
TITOLO II
Mezzi di prova
Capo I
Testimonianza
Art. 194. 
Oggetto e limiti della testimonianza. 
1. Il testimone è esaminato sui fatti che costituiscono oggetto di prova . Non può deporre sulla moralità dell'imputato, salvo che si tratti di fatti specifici, idonei a qualificarne la personalità in relazione al reato e alla pericolosità sociale.
2. L'esame può estendersi anche ai rapporti di parentela e di interesse che intercorrono tra il testimone e le parti o altri testimoni nonché alle circostanze il cui accertamento è necessario per valutarne la credibilità. La deposizione sui fatti che servono a definire la personalità della persona offesa dal reato è ammessa solo quando il fatto dell'imputato deve essere valutato in relazione al comportamento di quella persona.
3. Il testimone è esaminato su fatti determinati. Non può deporre sulle voci correnti nel pubblico né esprimere apprezzamenti personali salvo che sia impossibile scinderli dalla deposizione sui fatti.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 23 aprile 2008, n. 16769 in Altalex Massimario.
Art. 195. 
Testimonianza indiretta. 
1. Quando il testimone si riferisce, per la conoscenza dei fatti, ad altre persone, il giudice, a richiesta di parte, dispone che queste siano chiamate a deporre.
2. Il giudice può disporre anche di ufficio l'esame delle persone indicate nel comma 1.
3. L'inosservanza della disposizione del comma 1 rende inutilizzabili le dichiarazioni relative a fatti di cui il testimone abbia avuto conoscenza da altre persone, salvo che l'esame di queste risulti impossibile per morte, infermità o irreperibilità.
4. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria non possono deporre sul contenuto delle dichiarazioni acquisite da testimoni con le modalità di cui agli articoli 351 e 357, comma 2, lettere a) e b). Negli altri casi si applicano le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 del presente articolo.
5. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche quando il testimone abbia avuto comunicazione del fatto in forma diversa da quella orale.
6. I testimoni non possono essere esaminati su fatti comunque appresi dalle persone indicate negli articoli 200 e 201 in relazione alle circostanze previste nei medesimi articoli, salvo che le predette persone abbiano deposto sugli stessi fatti o li abbiano in altro modo divulgati.
7. Non può essere utilizzata la testimonianza di chi si rifiuta o non è in grado di indicare la persona o la fonte da cui ha appreso la notizia dei fatti oggetto dell'esame.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 24 settembre 2007, n. 35412, Cassazione Penale, sez. III, sentenza 12 marzo 2008, n. 11100, Corte Costituzionale, sentenza 30 luglio 2008, n. 305 e Cassazione Penale, sez. II, sentenza 10 marzo 2009, n. 10580 in Altalex Massimario.
Art. 196. 
Capacità di testimoniare. 
1. Ogni persona ha la capacità di testimoniare.
2. Qualora, al fine di valutare le dichiarazioni del testimone, sia necessario verificarne l'idoneità fisica o mentale a rendere testimonianza, il giudice anche di ufficio può ordinare gli accertamenti opportuni con i mezzi consentiti dalla legge.
3. I risultati degli accertamenti che, a norma del comma 2, siano stati disposti prima dell'esame testimoniale non precludono l'assunzione della testimonianza.
Art. 197. 
Incompatibilità con l'ufficio di testimone. 
1. Non possono essere assunti come testimoni:
a) i coimputati del medesimo reato o le persone imputate in un procedimento connesso a norma dell'articolo 12, comma 1, lettera a), salvo che nei loro confronti sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento, di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444; (1)
b) salvo quanto previsto dall'articolo 64, comma 3, lettera c), le persone imputate in un procedimento connesso a norma dell'articolo 12, comma 1, lettera c), o di un reato collegato a norma dell'articolo 371, comma 2, lettera b), prima che nei loro confronti sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento, di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444; (1)
c) il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria;
d) coloro che nel medesimo procedimento svolgono o hanno svolto la funzione di giudice, pubblico ministero o loro ausiliario nonché il difensore che abbia svolto attività di investigazione difensiva e coloro che hanno formato la documentazione delle dichiarazioni e delle informazioni assunte ai sensi dell'articolo 391-ter.
(1) Lettera così sostituita dall'art. 5 della L. 1 marzo 2001, n. 63
Art. 197-bis. 
Persone imputate o giudicate in un procedimento connesso o per reato collegato che assumono l'ufficio di testimone. (1)
1. L'imputato in un procedimento connesso ai sensi dell'articolo 12 o di un reato collegato a norma dell'articolo 371, comma 2, lettera b), può essere sempre sentito come testimone quando nei suoi confronti è stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento, di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444.
2. L'imputato in un procedimento connesso ai sensi dell'articolo 12, comma 1, lettera c), o di un reato collegato a norma dell'articolo 371, comma 2, lettera b), può essere sentito come testimone, inoltre, nel caso previsto dall'articolo 64, comma 3, lettera c).
3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 il testimone è assistito da un difensore. In mancanza di difensore di fiducia è designato un difensore di ufficio. (2)
4. Nel caso previsto dal comma 1 il testimone non può essere obbligato a deporre sui fatti per i quali è stata pronunciata in giudizio sentenza di condanna nei suoi confronti, se nel procedimento egli aveva negato la propria responsabilità ovvero non aveva reso alcuna dichiarazione. Nel caso previsto dal comma 2 il testimone non può essere obbligato a deporre su fatti che concernono la propria responsabilità in ordine al reato per cui si procede o si è proceduto nei suoi confronti.
5. In ogni caso le dichiarazioni rese dai soggetti di cui al presente articolo non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese nel procedimento a suo carico, nel procedimento di revisione della sentenza di condanna ed in qualsiasi giudizio civile o amministrativo relativo al fatto oggetto dei procedimenti e delle sentenze suddette.
6. Alle dichiarazioni rese dalle persone che assumono l'ufficio di testimone ai sensi del presente articolo si applica la disposizione di cui all'articolo 192, comma 3. (2)
(1) Articolo inserito dall'art. 6 della L. 1 marzo 2001, n. 63
(2) La Corte costituzionale con sentenza 21 novembre 2006, n. 381 ha dichiarato l'illegittimità dei commi 3 e 6 del presente articolo nella parte in cui prevedono, rispettivamente, l'assistenza di un difensore e l'applicazione della disposizione di cui all'art. 192, comma 3, anche per le dichiarazioni rese dalle persone, indicate al comma 1 del art. 197-bis cod. proc. pen., nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di assoluzione «per non aver commesso il fatto» divenuta irrevocabile.
_______________
Cfr. Corte Costituzionale, ordinanza 28 dicembre 2007, n. 456 in Altalex Massimario.
Art. 198. 
Obblighi del testimone. 
1. Il testimone ha l'obbligo di presentarsi al giudice e di attenersi alle prescrizioni date dal medesimo per le esigenze processuali e di rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte.
2. Il testimone non può essere obbligato a deporre su fatti dai quali potrebbe emergere una sua responsabilità penale.
Art. 199. 
Facoltà di astensione dei prossimi congiunti. 
1. I prossimi congiunti dell'imputato non sono obbligati a deporre. Devono tuttavia deporre quando hanno presentato denuncia, querela o istanza ovvero essi o un loro prossimo congiunto sono offesi dal reato.
2. Il giudice, a pena di nullità, avvisa le persone predette della facoltà di astenersi chiedendo loro se intendono avvalersene.
3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano anche a chi è legato all'imputato da vincolo di adozione. Si applicano inoltre, limitatamente ai fatti verificatisi o appresi dall'imputato durante la convivenza coniugale:
a) a chi, pur non essendo coniuge dell'imputato, come tale conviva o abbia convissuto con esso;
b) al coniuge separato dell'imputato;
c) alla persona nei cui confronti sia intervenuta sentenza di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto con l'imputato.
Art. 200. 
Segreto professionale. 
1. Non possono essere obbligati a deporre su quanto hanno conosciuto per ragione del proprio ministero, ufficio o professione, salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria:
a) i ministri di confessioni religiose, i cui statuti non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano;
b) gli avvocati, gli investigatori privati autorizzati, i consulenti tecnici e i notai;
c) i medici e i chirurghi, i farmacisti, le ostetriche e ogni altro esercente una professione sanitaria;
d) gli esercenti altri uffici o professioni ai quali la legge riconosce la facoltà di astenersi dal deporre determinata dal segreto professionale.
2. Il giudice, se ha motivo di dubitare che la dichiarazione resa da tali persone per esimersi dal deporre sia infondata, provvede agli accertamenti necessari. Se risulta infondata, ordina che il testimone deponga.
3. Le disposizioni previste dai commi 1 e 2 si applicano ai giornalisti professionisti iscritti nell'albo professionale, relativamente ai nomi delle persone dalle quali i medesimi hanno avuto notizie di carattere fiduciario nell'esercizio della loro professione. Tuttavia se le notizie sono indispensabili ai fini della prova del reato per cui si procede e la loro veridicità può essere accertata solo attraverso l'identificazione della fonte della notizia, il giudice ordina al giornalista di indicare la fonte delle sue informazioni.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 4 marzo 2009, n. 9866 in Altalex Massimario.
Art. 201. 
Segreto di ufficio. 
1. Salvi i casi in cui hanno l'obbligo di riferirne all'autorità giudiziaria , i pubblici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l'obbligo di astenersi dal deporre su fatti conosciuti per ragioni del loro ufficio che devono rimanere segreti.
2. Si applicano le disposizioni dell'articolo 200 commi 2 e 3.
Art. 202. 
Segreto di Stato. 
1. I pubblici ufficiali, i pubblici impiegati e gli incaricati di un pubblico servizio hanno l'obbligo di astenersi dal deporre su fatti coperti dal segreto di Stato.
2. Se il testimone oppone un segreto di Stato, il giudice ne informa il Presidente del Consiglio dei Ministri, chiedendo che ne sia data conferma.
3. Qualora il segreto sia confermato e la prova sia essenziale per la definizione del processo, il giudice dichiara non doversi procedere per la esistenza di un segreto di Stato.
4. Qualora, entro sessanta giorni dalla notificazione della richiesta, il Presidente del Consiglio dei Ministri non dia conferma del segreto, il giudice ordina che il testimone deponga.
(1) Articolo così sostituito a decorrere dal 12 ottobre 2007, dall'art. 40, comma 1, della L. 3 agosto 2007, n. 124
Art. 203.
Informatori della polizia giudiziaria e dei servizi di sicurezza. 
1. Il giudice non può obbligare gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria nonché il personale dipendente dai servizi per le informazioni e la sicurezza militare o democratica a rivelare i nomi dei loro informatori. Se questi non sono esaminati come testimoni, le informazioni da essi fornite non possono essere acquisite né utilizzate.
1-bis. L'inutilizzabilità opera anche nelle fasi diverse dal dibattimento, se gli informatori non sono stati interrogati né assunti a sommarie informazioni. (1)
(1) Comma aggiunto dall'art. 7 della L. 1 marzo 2001, n. 63
Art. 204. 
Esclusione del segreto. 
1. Non possono essere oggetto del segreto previsto dagli artt. 201, 202 e 203 fatti, notizie o documenti concernenti reati diretti all'avversione dell'ordinamento costituzionale nonché i delitti previsti dagli articoli 285, 416-bis, 416-ter e 422 del codice penale. (1) Se viene opposto il segreto, la natura del reato è definita dal giudice. Prima dell'esercizio dell'azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari su richiesta di parte.
1-bis. Non possono essere oggetto del segreto previsto dagli articoli 201, 202 e 203 fatti, notizie o documenti concernenti le condotte poste in essere da appartenenti ai servizi di informazione per la sicurezza. Si considerano violazioni della predetta disciplina le condotte per le quali, essendo stata esperita l'apposita procedura prevista dalla legge, risulta esclusa l'esistenza della speciale causa di giustificazione. (2)
1-ter. Il segreto di Stato on può essere opposto o confermato ad esclusiva tutela della classifica di segretezza o in ragione esclusiva della natura del documento, atto cosa oggetto della classifica. (2)
1-quater. In nessun caso il segreto di Stato è opponibile alla Corte costituzionale. La Corte adotta le necessarie garanzie per l segretezza del procedimento. (2)
1-quinquies. Quando il Presidente del Consiglio dei ministri non ritenga di confermare i segreto di Stato, provvede, in qualità di Autorità nazionale per l sicurezza, a declassificare gli atti, i documenti, le cose o i luoghi oggetto di classifica di segretezza, prima che siano messi a disposizione dell'autorità giudiziaria competente. (2)
2. Del provvedimento che rigetta l'eccezione di segretezza è data comunicazione al Presidente del Consiglio dei Ministri.
(1) Parole aggiunte dall'art. 40, comma 2, della L. 3 agosto 2007, n. 124
(2) Comma inserito dall'art. 40, comma 3, della L. 3 agosto 2007, n. 124
Art. 205.
Assunzione della testimonianza del Presidente della Repubblica e di grandi ufficiali dello Stato. 
1. La testimonianza del Presidente della Repubblica è assunta nella sede in cui egli esercita la funzione di Capo dello Stato.
2. Se deve essere assunta la testimonianza di uno dei presidenti delle camere o del Presidente del Consiglio dei Ministri o della Corte costituzionale, questi possono chiedere di essere esaminati nella sede in cui esercitano il loro ufficio, al fine di garantire la continuità e la regolarità della funzione cui sono preposti.
3. Si procede nelle forme ordinarie quando il giudice ritiene indispensabile la comparizione di una delle persone indicate nel comma 2 per eseguire un atto di ricognizione o di confronto o per altra necessità.
Art. 206. 
Assunzione della testimonianza di agenti diplomatici. 
1. Se deve essere esaminato un agente diplomatico o l'incaricato di una missione diplomatica all'estero durante la sua permanenza fuori dal territorio dello Stato, la richiesta per l'esame è trasmessa, per mezzo del ministero di grazia e giustizia, all'autorità consolare del luogo. Si procede tuttavia nelle forme ordinarie nei casi previsti dall'articolo 205 comma 3.
2. Per ricevere le deposizioni di agenti diplomatici della Santa Sede accreditati presso lo Stato italiano ovvero di agenti diplomatici di uno Stato estero accreditati presso lo Stato italiano o la Santa sede si osservano le convenzioni e le consuetudini internazionali.
Art. 207. 
Testimoni sospettati di falsità o reticenza. Testimoni renitenti. 
1. Se nel corso dell'esame un testimone rende dichiarazioni contraddittorie, incomplete o contrastanti con le prove già acquisite, il presidente o il giudice glielo fa rilevare rinnovandogli, se del caso, l'avvertimento previsto dall'articolo 497 comma 2. Allo stesso avvertimento provvede se un testimone rifiuta di deporre fuori dei casi espressamente previsti dalla legge e, se il testimone persiste nel rifiuto, dispone l'immediata trasmissione degli atti al pubblico ministero perché proceda a norma di legge.
2. Con la decisione che definisce la fase processuale in cui il testimone ha prestato il suo ufficio, il giudice, se ravvisa indizi del reato previsto dall'articolo 372 del codice penale, ne informa il pubblico ministero trasmettendogli i relativi atti.
Capo II
Esame delle parti
Art. 208. 
Richiesta dell'esame. 
1. Nel dibattimento, l'imputato, la parte civile che non debba essere esaminata come testimone, il responsabile civile e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria sono esaminati se ne fanno richiesta o vi consentono.
Art. 209. 
Regole per l'esame. 
1. All'esame delle parti si applicano le disposizioni previste dagli articoli 194, 198 comma 2 e 499 e, se è esaminata una parte diversa dall'imputato, quelle previste dall'articolo 195.
2. Se la parte rifiuta di rispondere a una domanda, ne è fatta menzione nel verbale.
Art. 210. 
Esame di persona imputata in un procedimento connesso. 
1. Nel dibattimento, le persone imputate in un procedimento connesso a norma dell'articolo 12, comma 1, lettera a), nei confronti delle quali si procede o si è proceduto separatamente e che non possono assumere l'ufficio di testimone, sono esaminate a richiesta di parte, ovvero, nel caso indicato nell'articolo 195, anche di ufficio. (1)
2. Esse hanno obbligo di presentarsi al giudice, il quale, ove occorra, ne ordina l'accompagnamento coattivo. Si osservano le norme sulla citazione dei testimoni.
3. Le persone indicate nel comma 1 sono assistite da un difensore che ha diritto di partecipare all'esame. In mancanza di un difensore di fiducia è designato un difensore di ufficio.
4. Prima che abbia inizio l'esame, il giudice avverte le persone indicate nel comma 1 che, salvo quanto disposto dall'articolo 66 comma 1, esse hanno facoltà di non rispondere.
5. All'esame si applicano le disposizioni previste dagli articoli 194, 195, 498, 499 e 500.
6. Le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche alle persone imputate in un procedimento connesso ai sensi dell'articolo 12, comma 1, lettera c), o di un reato collegato a norma dell'articolo 371, comma 2, lettera b), che non hanno reso in precedenza dichiarazioni concernenti la responsabilità dell'imputato. Tuttavia a tali persone è dato l'avvertimento previsto dall'articolo 64, comma 3, lettera c), e, se esse non si avvalgono della facoltà di non rispondere, assumono l'ufficio di testimone. Al loro esame si applicano, in tal caso, oltre alle disposizioni richiamate dal comma 5, anche quelle previste dagli articoli 197-bis e 497. (2)
(1) Comma così modificato dall'art. 8, comma 1, lett. a) della L. 1 marzo 2001, n. 63
(2) Comma così sostituito dall'art. 8, comma 1, lett. c) della L. 1 marzo 2001, n. 63
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Cfr. Corte Costituzionale, sentenza 1° luglio 2009, n. 197 in Altalex Massimario.
Capo III
Confronti
Art. 211. 
Presupposti del confronto. 
1. Il confronto è ammesso esclusivamente fra persone già esaminate o interrogate, quando vi è disaccordo fra esse su fatti e circostanze importanti.
Art. 212.
Modalità del confronto. 
1. Il giudice, richiamate le precedenti dichiarazioni ai soggetti tra i quali deve svolgersi il confronto, chiede loro se le confermano o le modificano, invitandoli, ove occorra, alle reciproche contestazioni.
2. Nel verbale è fatta menzione delle domande rivolte dal giudice, delle dichiarazioni rese dalle persone messe a confronto e di quanto altro è avvenuto durante il confronto.
Capo IV
Ricognizioni
Art. 213. 
Ricognizione di persone. Atti preliminari. 
1. Quando occorre procedere a ricognizione personale, il giudice invita chi deve eseguirla a descrivere la persona indicando tutti i particolari che ricorda; gli chiede poi se sia stato in precedenza chiamato a eseguire il riconoscimento, se, prima e dopo il fatto per cui si procede, abbia visto, anche se riprodotta in fotografia o altrimenti, la persona da riconoscere, se la stessa gli sia stata indicata o descritta e se vi siano altre circostanze che possano influire sull'attendibilità del riconoscimento.
2. Nel verbale è fatta menzione degli adempimenti previsti dal comma 1 e delle dichiarazioni rese.
3. L'inosservanza delle disposizioni previste dai commi 1 e 2 è causa di nullità della ricognizione.
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Cfr. Tribunale di Brescia, sez. II penale, ordinanza 20 giugno 2007 in Altalex Massimario.
Art. 214. 
Svolgimento della ricognizione. 
1. Allontanato colui che deve eseguire la ricognizione, il giudice procura la presenza di almeno due persone il più possibile somiglianti, anche nell'abbigliamento, a quella sottoposta a ricognizione. Invita quindi quest'ultima a scegliere il suo posto rispetto alle altre, curando che si presenti, sin dove è possibile, nelle stesse condizioni nelle quali sarebbe stata vista dalla persona chiamata alla ricognizione. Nuovamente introdotta quest'ultima, il giudice le chiede se riconosca taluno dei presenti e, in caso affermativo, la invita a indicare chi abbia riconosciuto e a precisare se ne sia certa.
2. Se vi è fondata ragione di ritenere che la persona chiamata alla ricognizione possa subire intimidazione o altra influenza dalla presenza di quella sottoposta a ricognizione, il giudice dispone che l'atto sia compiuto senza che quest'ultima possa vedere la prima.
3. Nel verbale è fatta menzione, a pena di nullità, delle modalità di svolgimento e ricognizione. Il giudice può disporre che lo svolgimento della ricognizione sia documentato anche mediante rilevazioni fotografiche o cinematografiche o mediante altri strumenti o procedimenti.
Art. 215. 
Ricognizione di cose. 
1. Quando occorre procedere alla ricognizione del corpo del reato o di altre cose pertinenti al reato, il giudice procede osservando le disposizioni dell'articolo 213, in quanto applicabili.
2. Procurati, ove possibile, almeno due oggetti simili a quello da riconoscere, il giudice chiede alla persona chiamata alla ricognizione se riconosca taluno tra essi e, in caso affermativo, la invita a dichiarare quale abbia riconosciuto e a precisare se ne sia certa.
3. Si applicano le disposizioni dell'articolo 214 comma 3.
Art. 216. 
Altre ricognizioni. 
1. Quando dispone la ricognizione di voci, suoni o di quanto altro può essere oggetto di percezione sensoriale, il giudice procede osservando le disposizioni dell'articolo 213, in quanto applicabili.
2. Si applicano le disposizioni dell'articolo 214 comma 3.
Art. 217. 
Pluralità di ricognizioni. 
1. Quando più persone sono chiamate ad eseguire la ricognizione della medesima persona o del medesimo oggetto, il giudice procede con atti separati, impedendo ogni comunicazione tra chi ha compiuto la ricognizione e coloro che devono ancora eseguirla.
2. Se una stessa persona deve eseguire la ricognizione di più persone o di più oggetti, il giudice provvede, per ogni atto, in modo che la persona o l'oggetto sottoposti a ricognizione siano collocati tra persone od oggetti diversi.
3. Si applicano le disposizioni degli articoli precedenti.
Capo V
Esperimenti giudiziali
Art. 218. 
Presupposti dell'esperimento giudiziale. 
1. L'esperimento giudiziale è ammesso quando occorre accertare se un fatto sia o possa essere avvenuto in un determinato modo.
2. L'esperimento consiste nella riproduzione, per quanto è possibile, della situazione in cui il fatto si afferma o si ritiene essere avvenuto e nella ripetizione delle modalità di svolgimento del fatto stesso.
Art. 219. 
Modalità dell'esperimento giudiziale. 
1. L'ordinanza che dispone l'esperimento giudiziale contiene una succinta enunciazione dell'oggetto dello stesso e l'indicazione del giorno, dell'ora e del luogo in cui si procederà alle operazioni. Con la stessa ordinanza o con un provvedimento successivo il giudice può designare un esperto per l'esecuzione di determinate operazioni.
2. Il giudice dà gli opportuni provvedimenti per lo svolgimento delle operazioni, disponendo per le rilevazioni fotografiche o cinematografiche o con altri strumenti o procedimenti.
3. Anche quando l'esperimento è eseguito fuori dell'aula di udienza, il giudice può adottare i provvedimenti previsti dall'articolo 471 al fine di assicurare il regolare compimento dell'atto.
4. Nel determinare le modalità dell'esperimento, il giudice, se del caso, dà le opportune disposizioni affinché esso si svolga in modo da non offendere sentimenti di coscienza e da non esporre a pericolo l'incolumità delle persone o la sicurezza pubblica.
Capo VI
Perizia
Art. 220. 
Oggetto della perizia. 
1. La perizia è ammessa quando occorre svolgere indagini o acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, scientifiche o artistiche.
2. Salvo quanto previsto ai fini dell'esecuzione della pena o della misura di sicurezza, non sono ammesse perizie per stabilire l'abitualità o la professionalità nel reato, la tendenza a delinquere, il carattere e la personalità dell'imputato e in genere le qualità psichiche indipendenti da cause patologiche.
Art. 221. 
Nomina del perito. 
1. Il giudice nomina il perito scegliendolo tra gli iscritti negli appositi albi o tra persone fornite di particolare competenza nella specifica disciplina. Quando la perizia è dichiarata nulla, il giudice cura, ove possibile, che il nuovo incarico sia affidato ad altro perito.
2. Il giudice affida l'espletamento della perizia a più persone quando le indagini e le valutazioni risultano di notevole complessità ovvero richiedono distinte conoscenze in differenti discipline.
3. Il perito ha l'obbligo di prestare il suo ufficio, salvo che ricorra uno dei motivi di astensione previsti dall'articolo 36.
Art. 222. 
Incapacità e incompatibilità del perito. 
1. Non può prestare ufficio di perito, a pena di nullità:
a) il minorenne, l'interdetto, l'inabilitato e chi è affetto da infermità di mente;
b) chi è interdetto anche temporaneamente dai pubblici uffici ovvero è interdetto o sospeso dall'esercizio di una professione o di un'arte ;
c) chi è sottoposto a misure di sicurezza personali o a misure di prevenzione ;
d) chi non può essere assunto come testimone o ha facoltà di astenersi dal testimoniare o chi è chiamato a prestare ufficio di testimone o di interprete;
e) chi è stato nominato consulente tecnico nello stesso procedimento o in un procedimento connesso.
Art. 223. 
Astensione e ricusazione del perito. 
1. Quando esiste un motivo di astensione, il perito ha l'obbligo di dichiararlo.
2. Il perito può essere ricusato dalle parti nei casi previsti dall'articolo 36 a eccezione di quello previsto dal comma 1 lettera h) del medesimo articolo.
3. La dichiarazione di astensione o di ricusazione può essere presentata fino a che non siano esaurite le formalità di conferimento dell'incarico e, quando si tratti di motivi sopravvenuti ovvero conosciuti successivamente, prima che il perito abbia dato il proprio parere.
4. Sulla dichiarazione di astensione o di ricusazione decide, con ordinanza, il giudice che ha disposto la perizia.
5. Si osservano, in quanto applicabili, le norme sulla ricusazione del giudice.
Art. 224. 
Provvedimenti del giudice. 
1. Il giudice dispone anche di ufficio la perizia con ordinanza motivata, contenente la nomina del perito, la sommaria enunciazione dell'oggetto delle indagini, l'indicazione del giorno, dell'ora e del luogo fissati per la comparizione del perito.
2. Il giudice dispone la citazione del perito e dà gli opportuni provvedimenti per la comparizione delle persone sottoposte all'esame del perito. Adotta tutti gli altri provvedimenti che si rendono necessari per l'esecuzione delle operazioni peritali.
Art. 224-bis. 
Provvedimenti del giudice per le perizie che richiedono il compimento di atti idonei ad incidere sulla libertà personale. (1)
1. Quando si procede per delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione nel massimo a tre anni e negli altri casi espressamente previsti dalla legge, se per l'esecuzione della perizia è necessario compiere atti idonei ad incidere sulla libertà personale, quali il prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale su persone viventi ai fini della determinazione del profilo del DNA accertamenti medici, e non vi è il consenso della persona da sottoporre all'esame del perito, il giudice, anche d'ufficio, ne dispone con ordinanza motivata l'esecuzione coattiva, se essa risulta assolutamente indispensabile per la prova dei fatti.
2. Oltre a quanto disposto dall'articolo 224, l'ordinanza di cui al comma 1 contiene a pena di nullità:
a) le generalità della persona da sottoporre all'esame e quanto altro valga ad identificarla;
b) l'indicazione del reato per cui si procede, con la descrizione sommaria del fatto;
c) l'indicazione specifica del prelievo o dell'accertamento da effettuare e delle ragioni che lo rendono assolutamente indispensabile per la prova dei fatti;
d) l'avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore o da persona di fiducia;
e) l'avviso che, in caso di mancata comparizione non dovuta a legittimo impedimento, potrà essere ordinato l'accompagnamento coattivo ai sensi del comma 6;
f) l'indicazione del luogo, del giorno, e dell'ora stabiliti per il compimento dell'atto e delle modalità di compimento.
3. L'ordinanza di cui al comma 1 è notificata all'interessato, all'imputato e al suo difensore nonché alla persona offesa almeno tre giorni prima di quello stabilito per l'esecuzione delle operazioni peritali.
4. Non possono in alcun modo essere disposte operazioni che contrastano con espressi divieti posti dalla legge o che possono mettere in pericolo la vita, l'integrità fisica o la salute della persona o del nascituro, ovvero che, secondo la scienza medica, possono provocare sofferenze di non lieve entità.
5. Le operazioni peritali sono comunque eseguite nel rispetto della dignità e del pudore di chi vi è sottoposto. In ogni caso, a parità di risultato, sono prescelte le tecniche meno invasive.
6. Qualora la persona invitata a presentarsi per i fini di cui al comma 1 non compare senza addurre un legittimo impedimento, il giudice può disporre che sia accompagnata, anche coattivamente, nel luogo, nel giorno e nell'ora stabiliti. Se, pur comparendo, rifiuta di prestare il proprio consenso agli accertamenti, il giudice dispone che siano eseguiti coattivamente. L'uso di mezzi di coercizione fisica è consentito per il solo tempo strettamente necessario all'esecuzione del prelievo o dell'accertamento. Si applicano le disposizioni dell'articolo 132, comma 2.
7. L'atto è nullo se la persona sottoposta al prelievo o agli accertamenti non è assistita dal difensore nominato.
(1) Articolo inserito dall'art. 24 della L. 30 giugno 2009, n. 85
Art. 225. 
Nomina del consulente tecnico. 
1. Disposta la perizia, il pubblico ministero e le parti private hanno facoltà di nominare propri consulenti tecnici in numero non superiore, per ciascuna parte, a quello dei periti.
2. Le parti private, nei casi e alle condizioni previste dalla legge sul patrocinio statale dei non abbienti, hanno diritto di farsi assistere da un consulente tecnico a spese dello Stato.
3. Non può essere nominato consulente tecnico chi si trova nelle condizioni indicate nell'articolo 222 comma 1 lettere a), b), c), d).
Art. 226.
Conferimento dell'incarico. 
1. Il giudice, accertate le generalità del perito, gli chiede se si trova in una delle condizioni previste dagli articoli 222 e 223, lo avverte degli obblighi e delle responsabilità previste dalla legge penale e lo invita a rendere la seguente dichiarazione: «consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo nello svolgimento dell'incarico, mi impegno ad adempiere al mio ufficio senza altro scopo che quello di far conoscere la verità e a mantenere il segreto su tutte le operazioni peritali».
2. Il giudice formula quindi i quesiti, sentiti il perito, i consulenti tecnici, il pubblico ministero e i difensori presenti.
Art. 227.
Relazione peritale. 
1. Concluse le formalità di conferimento dell'incarico, il perito procede immediatamente ai necessari accertamenti e risponde ai quesiti con parere raccolto nel verbale.
2. Se, per la complessità dei quesiti, il perito non ritiene di poter dare immediata risposta, può chiedere un termine al giudice.
3. Quando non ritiene di concedere il termine, il giudice provvede alla sostituzione del perito; altrimenti fissa la data, non oltre novanta giorni, nella quale il perito stesso dovrà rispondere ai quesiti e dispone perché ne venga data comunicazione alle parti e ai consulenti tecnici.
4. Quando risultano necessari accertamenti di particolare complessità, il termine può essere prorogato dal giudice, su richiesta motivata del perito, anche più volte per periodi non superiori a trenta giorni. In ogni caso, il termine per la risposta ai quesiti, anche se prorogato, non può superare i sei mesi.
5. Qualora sia indispensabile illustrare con note scritte il parere, il perito può chiedere al giudice di essere autorizzato a presentare, nel termine stabilito a norma dei commi 3 e 4, relazione scritta.
Art. 228.
Attività del perito. 
1. Il perito procede alle operazioni necessarie per rispondere ai quesiti. A tal fine può essere autorizzato dal giudice a prendere visione degli atti, dei documenti e delle cose prodotti dalle parti dei quali la legge prevede l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento.
2. Il perito può essere inoltre autorizzato ad assistere all'esame delle parti e all'assunzione di prove nonché a servirsi di ausiliari di sua fiducia per lo svolgimento di attività materiali non implicanti apprezzamenti e valutazioni.
3. Qualora, ai fini dello svolgimento dell'incarico, il perito richieda notizie all'imputato, alla persona offesa o ad altre persone, gli elementi in tal modo acquisiti possono essere utilizzati solo ai fini dell'accertamento peritale.
4. Quando le operazioni peritali si svolgono senza la presenza del giudice e sorgono questioni relative ai poteri del perito e ai limiti dell'incarico, la decisione è rimessa al giudice, senza che ciò importi sospensione delle operazioni stesse.
Art. 229.
Comunicazioni relative alle operazioni peritali. 
1. Il perito indica il giorno, l'ora e il luogo in cui inizierà le operazioni peritali e il giudice ne fa dare atto nel verbale.
2. Della eventuale continuazione delle operazioni peritali il perito dà comunicazione senza formalità alle parti presenti.
Art. 230.
Attività dei consulenti tecnici. 
1. I consulenti tecnici possono assistere al conferimento dell'incarico al perito e presentare al giudice richieste, osservazioni e riserve, delle quali è fatta menzione nel verbale.
2. Essi possono partecipare alle operazioni peritali, proponendo al perito specifiche indagini e formulando osservazioni e riserve, delle quali deve darsi atto nella relazione.
3. Se sono nominati dopo l'esaurimento delle operazioni peritali, i consulenti tecnici possono esaminare le relazioni e richiedere al giudice di essere autorizzati a esaminare la persona, la cosa e il luogo oggetto della perizia.
4. La nomina dei consulenti tecnici e lo svolgimento della loro attività non può ritardare l'esecuzione della perizia e il compimento delle altre attività processuali.
Art. 231. 
Sostituzione del perito. 
1. Il perito può essere sostituito se non fornisce il proprio parere nel termine fissato o se la richiesta di proroga non è accolta ovvero se svolge negligentemente l'incarico affidatogli.
2. Il giudice, sentito il perito, provvede con ordinanza alla sua sostituzione, salvo che il ritardo o l'inadempimento sia dipeso da cause a lui non imputabili. Copia dell'ordinanza è trasmessa all'ordine o al collegio cui appartiene il perito.
3. Il perito sostituito, dopo essere stato citato a comparire per discolparsi, può essere condannato dal giudice al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro 154 a euro 1.549.
4. Il perito è altresì sostituito quando è accolta la dichiarazione di astensione o di ricusazione.
5. Il perito sostituito deve mettere immediatamente a disposizione del giudice la documentazione e i risultati delle operazioni peritali già compiute.
Art. 232.
Liquidazione del compenso al perito. 
1. Il compenso al perito è liquidato con decreto del giudice che ha disposto la perizia, secondo le norme delle leggi speciali.
Art. 233. 
Consulenza tecnica fuori dei casi di perizia. 
1. Quando non è stata disposta perizia, ciascuna parte può nominare, in numero non superiore a due, propri consulenti tecnici. Questi possono esporre al giudice il proprio parere, anche presentando memorie a norma dell'articolo 121.
1-bis. Il giudice, a richiesta del difensore, può autorizzare il consulente tecnico di una parte privata ad esaminare le cose sequestrate nel luogo in cui esse si trovano, ad intervenire alle ispezioni, ovvero ad esaminare l'oggetto delle ispezioni alle quali il consulente non è intervenuto. Prima dell'esercizio dell'azione penale l'autorizzazione è disposta dal pubblico ministero a richiesta del difensore. Contro il decreto che respinge la richiesta il difensore può proporre opposizione al giudice, che provvede nelle forme di cui all'articolo 127.
1-ter. L'autorità giudiziaria impartisce le prescrizioni necessarie per la conservazione dello stato originario delle cose e dei luoghi e per il rispetto delle persone.
2. Qualora, successivamente alla nomina del consulente tecnico, sia disposta perizia, ai consulenti tecnici già nominati sono riconosciuti i diritti e le facoltà previsti dall'articolo 230, salvo il limite previsto dall'articolo 225 comma 1.
3. Si applica la disposizione dell'articolo 225 comma 3.
Capo VII
Documenti
Art. 234. 
Prova documentale. 
1. E' consentita l'acquisizione di scritti o di altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo.
2. Quando l'originale di un documento del quale occorre far uso è per qualsiasi causa distrutto, smarrito o sottratto e non è possibile recuperarlo, può esserne acquisita copia.
3. E' vietata l'acquisizione di documenti che contengono informazioni sulle voci correnti nel pubblico intorno ai fatti di cui si tratta nel processo o sulla moralità in generale delle parti, dei testimoni, dei consulenti tecnici e dei periti.
Art. 235. 
Documenti costituenti corpo del reato. 
1. I documenti che costituiscono corpo del reato devono essere acquisiti qualunque sia la persona che li abbia formati o li detenga.
Art. 236.
Documenti relativi al giudizio sulla personalità. 
1. E' consentita l'acquisizione dei certificati del casellario giudiziale , della documentazione esistente presso gli uffici del servizio sociale degli enti pubblici e presso gli uffici di sorveglianza nonché delle sentenze irrevocabili di qualunque giudice italiano e delle sentenze straniere riconosciute, ai fini del giudizio sulla personalità dell'imputato o della persona offesa dal reato, se il fatto per il quale si procede deve essere valutato in relazione al comportamento o alle qualità morali di questa.
2. Le sentenze indicate nel comma 1 e i certificati del casellario giudiziale possono inoltre essere acquisiti al fine di valutare la credibilità di un testimone.
Art. 237. 
Acquisizione di documenti provenienti dall'imputato. 
1. E' consentita l'acquisizione, anche di ufficio, di qualsiasi documento proveniente dall'imputato, anche se sequestrato presso altri o da altri prodotto.
Art. 238.
Verbali di prove di altri procedimenti. 
1. E' ammessa l'acquisizione di verbali di prove di altro procedimento penale se si tratta di prove assunte nell'incidente probatorio o nel dibattimento .
2. E' ammessa l'acquisizione di verbali di prove assunte in un giudizio civile definito con sentenza che abbia acquistato autorità di cosa giudicata.
2-bis. Nei casi previsti dai commi 1 e 2 i verbali di dichiarazioni possono essere utilizzati contro l'imputato soltanto se il suo difensore ha partecipato all'assunzione della prova o se nei suoi confronti fa stato la sentenza civile.
3. E' comunque ammessa l'acquisizione della documentazione di atti che non sono ripetibili. Se la ripetizione dell'atto è divenuta impossibile per fatti o circostanze sopravvenuti, l'acquisizione è ammessa se si tratta di fatti o circostanze imprevedibili.
4. Al di fuori dei casi previsti dai commi 1, 2, 2-bis e 3, i verbali di dichiarazioni possono essere utilizzati nel dibattimento soltanto nei confronti dell'imputato che vi consenta; in mancanza di consenso, detti verbali possono essere utilizzati per le contestazioni previste dagli articoli 500 e 503.
5. Salvo quanto previsto dall'articolo 190-bis, resta fermo il diritto delle parti di ottenere a norma dell'articolo 190 l'esame delle persone le cui dichiarazioni sono state acquisite a norma dei commi 1, 2, 2-bis e 4 del presente articolo.
Art. 238-bis. 
Sentenze irrevocabili. 
Fermo quanto previsto dall'articolo 236, le sentenze divenute irrevocabili possono essere acquisite ai fini della prova di fatto in esse accertato e sono valutate a norma degli articoli 187 e 192, comma 3.
Art. 239. 
Accertamento della provenienza dei documenti. 
1. Se occorre verificarne la provenienza, il documento è sottoposto per il riconoscimento alle parti private o ai testimoni.
Art. 240.
Documenti anonimi ed atti relativi ad intercettazioni illegali. 
1. I documenti che contengono dichiarazioni anonime non possono essere acquisiti nè in alcun modo utilizzati, salvo che costituiscano corpo del reato o provengano comunque dall'imputato.
2. Il pubblico ministero dispone l'immediata secretazione e la custodia in luogo protetto dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti dati e contenuti di conversazioni o comunicazioni, relativi a traffico telefonico e telematico, illegalmente formati o acquisiti. Allo stesso modo provvede per i documenti formati attraverso la raccolta illegale di informazioni. Di essi è vietato effettuare copia in qualunque forma e in qualunque fase del procedimento ed il loro contenuto non può essere utilizzato.
3. Il pubblico ministero, acquisiti i documenti, i supporti e gli atti di cui al comma 2, entro quarantotto ore, chiede al giudice per le indagini preliminari di disporne la distruzione.
4. Il giudice per le indagini preliminari entro le successive quarantotto ore fissa l'udienza da tenersi entro dieci giorni, ai sensi dell'articolo 127, dando avviso a tutte le parti interessate, che potranno nominare un difensore di fiducia, almeno tre giorni prima della data dell'udienza.
5. Sentite le parti comparse, il giudice per le indagini preliminari legge il provvedimento in udienza e, nel caso ritenga sussistenti i presupposti di cui al comma 2, dispone la distruzione dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al medesimo comma 2 e vi dà esecuzione subito dopo alla presenza del pubblico ministero e dei difensori delle parti.
6. Delle operazioni di distruzione è redatto apposito verbale, nel quale si dà atto dell'avvenuta intercettazione o detenzione o acquisizione illecita dei documenti, dei supporti e degli atti di cui al comma 2 nonchè delle modalità e dei mezzi usati oltre che dei soggetti interessati, senza alcun riferimento al contenuto degli stessi documenti, supporti e atti.
Art. 241. 
Documenti falsi. 
1. Fuori dei casi previsti dall'articolo 537, il giudice, se ritiene la falsità di un documento acquisito al procedimento, dopo la definizione di questo, ne informa il pubblico ministero trasmettendogli copia del documento.
Art. 242. 
Traduzione di documenti. Trascrizione di nastri magnetofonici. 
1. Quando è acquisito un documento redatto in lingua diversa da quella italiana, il giudice ne dispone la traduzione a norma dell'articolo 143 se ciò è necessario alla sua comprensione.
2. Quando è acquisito un nastro magnetofonico, il giudice ne dispone, se necessario, la trascrizione a norma dell'articolo 268 comma 7.
Art. 243. 
Rilascio di copie. 
1. Quando dispone l'acquisizione di un documento che non deve rimanere segreto, il giudice, a richiesta di chi ne abbia interesse, può autorizzare la cancelleria a rilasciare copia autentica a norma dell'articolo 116.
TITOLO III
Mezzi di ricerca della prova
Capo I
Ispezioni
Art. 244.
Casi e forme delle ispezioni.
1. L'ispezione delle persone, dei luoghi e delle cose è disposta con decreto motivato quando occorre accertare le tracce e gli altri effetti materiali del reato.
2. Se il reato non ha lasciato tracce o effetti materiali, o se questi sono scomparsi o sono stati cancellati o dispersi, alterati o rimossi, l'autorità giudiziaria descrive lo stato attuale e, in quanto possibile, verifica quello preesistente, curando anche di individuare modo, tempo e cause delle eventuali modificazioni. L'autorità giudiziaria può disporre rilievi segnaletici, descrittivi e fotografici e ogni altra operazione tecnica, anche in relazione a sistemi informatici o telematici, adottando misure tecniche dirette ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirne l'alterazione. (1)
(1) Parole aggiunte dall'art. 8, comma 1, della L. 18 marzo 2008, n. 48.
Art. 245.
Ispezione personale.
1. Prima di procedere all'ispezione personale l'interessato è avvertito della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia, purché questa sia prontamente reperibile e idonea a norma dell'articolo 120.
2. L'ispezione è eseguita nel rispetto della dignità e, nei limiti del possibile, del pudore di chi vi è sottoposto.
3. L'ispezione può essere eseguita anche per mezzo di un medico. In questo caso l'autorità giudiziaria può astenersi dall'assistere alle operazioni.
Art. 246.
Ispezione di luoghi o di cose.
1. All'imputato e in ogni caso a chi abbia l'attuale disponibilità del luogo in cui è eseguita l'ispezione è consegnata, nell'atto di iniziare le operazioni e sempre che essi siano presenti, copia del decreto che dispone tale accertamento.
2. Nel procedere all'ispezione dei luoghi, l'autorità giudiziaria può ordinare, enunciando nel verbale i motivi del provvedimento, che taluno non si allontani prima che le operazioni siano concluse e può far ricondurre coattivamente sul posto il trasgressore.
Capo II
Perquisizioni
Art. 247.
Casi e forme delle perquisizioni.
1. Quando vi è fondato motivo di ritenere che taluno occulti sulla persona il corpo del reato o cose pertinenti al reato, è disposta perquisizione personale. Quando vi è fondato motivo di ritenere che tali cose si trovino in un determinato luogo ovvero che in esso possa eseguirsi l'arresto dell'imputato o dell'evaso, è disposta perquisizione locale.
1-bis. Quando vi è fondato motivo di ritenere che dati, informazioni, programmi informatici o tracce comunque pertinenti al reato si trovino in un sistema informatico o telematico, ancorchè protetto da misure di sicurezza, ne è disposta la perquisizione, adottando misure tecniche dirette ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirne l'alterazione. (1)
2. La perquisizione è disposta con decreto motivato.
3. L'autorità giudiziaria può procedere personalmente ovvero disporre che l'atto sia compiuto da ufficiali di polizia giudiziaria delegati con lo stesso decreto.
(1) Comma inserito dall'art 8, comma 2, della L 18 marzo 2008, n. 48
Art. 248.
Richiesta di consegna.
1. Se attraverso la perquisizione si ricerca una cosa determinata, l'autorità giudiziaria può invitare a consegnarla. Se la cosa è presentata, non si procede alla perquisizione, salvo che si ritenga utile procedervi per la completezza delle indagini.
2. Per rintracciare le cose da sottoporre a sequestro o per accertare altre circostanze utili ai fini delle indagini, l'autorità giudiziaria o gli ufficiali di polizia giudiziaria da questa delegati possono esaminare presso banche atti, documenti e corrispondenza nonché dati, informazioni e programmi informatici. (1) In caso di rifiuto, l'autorità giudiziaria procede a perquisizione.
(1) Parole così modificate dall'art. 8, comma 3, della L. 18 marzo 2008, n. 48.
Art. 249.
Perquisizioni personali.
1. Prima di procedere alla perquisizione personale è consegnata una copia del decreto all'interessato, con l'avviso della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia, purché questa sia prontamente reperibile e idonea a norma dell'articolo 120.
2. La perquisizione è eseguita nel rispetto della dignità e, nei limiti del possibile, del pudore di chi vi è sottoposto.
Art. 250.
Perquisizioni locali.
1. Nell'atto di iniziare le operazioni, copia del decreto di perquisizione locale è consegnata all'imputato, se presente, e a chi abbia l'attuale disponibilità del luogo, con l'avviso della facoltà di farsi rappresentare o assistere da persona di fiducia, purché questa sia prontamente reperibile e idonea a norma dell'articolo 120.
2. Se mancano le persone indicate nel comma 1, la copia è consegnata e l'avviso è rivolto a un congiunto, un coabitante o un collaboratore ovvero, in mancanza, al portiere o a chi ne fa le veci.
3. L'autorità giudiziaria, nel procedere alla perquisizione locale, può disporre con decreto motivato che siano perquisite le persone presenti o sopraggiunte, quando ritiene che le stesse possano occultare il corpo del reato o cose pertinenti al reato. Può inoltre ordinare, enunciando nel verbale i motivi del provvedimento, che taluno non si allontani prima che le operazioni siano concluse. Il trasgressore è trattenuto o ricondotto coattivamente sul posto.
Art. 251.
Perquisizioni nel domicilio. Limiti temporali.
1. La perquisizione in un'abitazione o nei luoghi chiusi adiacenti a essa non può essere iniziata prima delle ore sette e dopo le ore venti.
2. Tuttavia nei casi urgenti l'autorità giudiziaria può disporre per iscritto che la perquisizione sia eseguita fuori dei suddetti limiti temporali.
Art. 252.
Sequestro conseguente a perquisizione.
1. Le cose rinvenute a seguito della perquisizione sono sottoposte a sequestro con l'osservanza delle prescrizioni degli articoli 259 e 260.
Capo III
Sequestri
Art. 253.
Oggetto e formalità del sequestro.
1. L'autorità giudiziaria dispone con decreto motivato il sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato necessarie per l'accertamento dei fatti.
2. Sono corpo del reato le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo.
3. Al sequestro procede personalmente l'autorità giudiziaria ovvero un ufficiale di polizia giudiziaria delegato con lo stesso decreto.
4. Copia del decreto di sequestro è consegnata all'interessato, se presente.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 1 luglio 2009, n. 26699 in Altalex Massimario.
Art. 254.
Sequestro di corrispondenza.
1. Presso coloro che forniscono servizi postali, telegrafici, telematici o di telecomunicazioni è consentito procedere al sequestro di lettere, pieghi, pacchi, valori, telegrammi e altri oggetti di corrispondenza, anche se inoltrati per via telematica, che l'autorità giudiziaria abbia fondato motivo di ritenere spediti dall'imputato o a lui diretti, anche sotto nome diverso o per mezzo di persona diversa, o che comunque possono avere relazione con il reato. (1)
2. Quando al sequestro procede un ufficiale di polizia giudiziaria, questi deve consegnare all'autorità giudiziaria gli oggetti di corrispondenza sequestrati, senza aprirli o alterarli e senza prendere altrimenti conoscenza del loro contenuto.
3. Le carte e gli altri documenti sequestrati che non rientrano fra la corrispondenza sequestrabile sono immediatamente restituiti all'avente diritto e non possono comunque essere utilizzati.
(1) Articolo così modificato dall'art. 8, comma 3, della L 18 marzo 2008, n. 48.
Art. 254-bis.
Sequestro di dati informatici presso fornitori di servizi informatici, telematici e di telecomunicazioni. (1)
1. L'autorità giudiziaria, quando dispone il sequestro, presso i fornitori di servizi informatici, telematici o di telecomunicazioni, dei dati da questi detenuti, compresi quelli di traffico o di ubicazione, può stabilire, per esigenze legate alla regolare fornitura dei medesimi servizi, che la loro acquisizione avvenga mediante copia di essi su adeguato supporto, con una procedura che assicuri la conformità dei dati acquisiti a quelli originali e la loro immodificabilità. In questo caso è, comunque, ordinato al fornitore dei servizi di conservare e proteggere adeguatamente i dati originali.
(1) Articolo inserito dall'art. 8, comma 5, della L 18 marzo 2008, n. 48
Art. 255.
Sequestro presso banche.
1. L'autorità giudiziaria può procedere al sequestro presso banche di documenti, titoli, valori, somme depositate in conto corrente e di ogni altra cosa, anche se contenuti in cassette di sicurezza, quando abbia fondato motivo di ritenere che siano pertinenti al reato, quantunque non appartengano all'imputato o non siano iscritti al suo nome.
Art. 256.
Dovere di esibizione e segreti.
1. Le persone indicate negli articoli 200 e 201 devono consegnare immediatamente all'autorità giudiziaria, che ne faccia richiesta, gli atti e i documenti, anche in originale se così è ordinato, nonché i dati, le informazioni e i programmi informatici, anche mediante copia di essi su adeguato supporto, (1) e ogni altra cosa esistente presso di esse per ragioni del loro ufficio, incarico, ministero, professione o arte, salvo che dichiarino per iscritto che si tratti di segreto di Stato ovvero di segreto inerente al loro ufficio o professione.
2. Quando la dichiarazione concerne un segreto di ufficio o professionale, l'autorità giudiziaria, se ha motivo di dubitare della fondatezza di essa e ritiene di non potere procedere senza acquisire gli atti, i documenti o le cose indicati nel comma 1, provvede agli accertamenti necessari. Se la dichiarazione risulta infondata, l'autorità giudiziaria dispone il sequestro.
3. Quando la dichiarazione concerne un segreto di Stato, l'autorità giudiziaria ne informa il Presidente del Consiglio dei Ministri, chiedendo che ne sia data conferma. Qualora il segreto sia confermato e la prova sia essenziale per la definizione del processo, il giudice dichiara non doversi procedere per l'esistenza di un segreto di Stato.
4. Qualora, entro sessanta giorni dalla notificazione della richiesta, il Presidente del Consiglio dei Ministri non dia conferma del segreto, l'autorità giudiziaria dispone il sequestro.
5. Si applica la disposizione dell'articolo 204.
(1) Le parole: “nonché i dati, le informazioni e i programmi informatici, anche mediante copia di essi su adeguato supporto” sono state inserite dall'art. 8, comma 6, della L. 18 marzo 2008, n. 48.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. I, sentenza 4 luglio 2007, n. 25755 in Altalex Massimario.
Art. 256-bis.
Acquisizione di documenti, atti o altre cose da parte dell'autorità giudiziaria presso le sedi dei servizi di informazione per la sicurezza. (1)
1. Quando deve disporre l'acquisizione di documenti, atti o altre cose presso le sedi dei servizi di informazione per la sicurezza, presso gli uffici del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza o comunque presso uffici collegati all'esercizio delle funzioni di informazione per la sicurezza della Repubblica, l'autorità giudiziaria indica nell'ordine di esibizione, in modo quanto più possibile specifico, i documenti, gli atti e le cose oggetto della richiesta.
2. L'autorità giudiziaria procede direttamente sul posto all'esame dei documenti, degli atti e delle cose e acquisisce agli atti quelli strettamente indispensabili ai fini dell0indagine. Nell'espletamento di tale attività, l'autorità giudiziaria può avvalersi della collaborazione di ufficiali di polizia giudiziaria.
3. Quando ha fondato motivo di ritenere che i documenti, gli atti o le cose esibiti non siano quelli richiesti o siano incompleti, l'autorità giudiziaria informa il Presidente del Consiglio dei ministri, che provvede a disporre la consegna di ulteriori documenti, atti cose o, se ne ricorrono i presupposti, a confermare l'inesistenza di ulteriori documenti, atti o cose.
4. Quando deve essere acquisito, in originale o in copia, un documento, un atto o una cosa, originato da un organismo informativo estero, trasmesso con vincolo di non divulgazione, l'esame e la consegna immediata sono sospesi e il documento, l'atto o la cosa è trasmesso immediatamente al Presidente del Consiglio dei ministri affinchè vengano assunte le necessarie iniziative presso l'autorità estera per le relative determinazioni in ordine all'apposizione del segreto di Stato.
5. Nell'ipotesi previste al comma 4, il Presidente del Consiglio dei ministri autorizza l'acquisizione del documento, dell'atto o della cosa ovvero oppone o conferma il segreto di Stato entro sessanta giorni dalla trasmissione.
6. Se il Presidente del Consiglio dei ministri non si pronuncia nel termine di cui al comma 5, l'autorità giudiziaria acquisisce il documento, l'atto o la cosa.
(1) Articolo inserito dall'art. 15 della L. 3 agosto 2007, n. 124
Art. 256-ter.
Acquisizione di atti, documenti o altre cose per i quali viene eccepito il segreto di Stato. (1)
1. Quando devono essere acquisiti, in originale o in copia, documenti, atti p altre cose per i quali il responsabile dell'ufficio detentore eccepisce il segreto di stato, l'esame e la consegna sono sospesi; il documento, l'atto o la cosa è sigillato in appositi contenitori e trasmesso prontamente al presidente del Consiglio dei ministri.
2. Nell'ipotesi prevista al comma 1, il Presidente del Consiglio dei ministri autorizza l'acquisizione del documento, dell'atto o della cosa ovvero conferma il segreto di Stato entro trenta gironi dalla trasmissione.
3. Se il Presidente del Consiglio dei ministri non si pronuncia nel termine di cui al comma 2, l'autorità giudiziaria acquisisce il documento, l'atto o la cosa.
(1) Articolo inserito dall'art. 16 della L. 3 agosto 2007, n. 124
Art. 257.
Riesame del decreto di sequestro.
1. Contro il decreto di sequestro l'imputato, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre richiesta di riesame, anche nel merito, a norma dell'articolo 324.
2. La richiesta di riesame non sospende l'esecuzione del provvedimento.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 1 luglio 2009, n. 26699 in Altalex Massimario.
Art. 258.
Copie dei documenti sequestrati.
1. L'autorità giudiziaria può fare estrarre copia degli atti e dei documenti sequestrati, restituendo gli originali, e, quando il sequestro di questi è mantenuto, può autorizzare la cancelleria o la segreteria a rilasciare gratuitamente copia autentica a coloro che li detenevano legittimamente.
2. I pubblici ufficiali possono rilasciare copie, estratti o certificati dei documenti loro restituiti dall'autorità giudiziaria in originale o in copia, ma devono fare menzione in tali copie, estratti o certificati del sequestro esistente.
3. In ogni caso la persona o l'ufficio presso cui fu eseguito il sequestro ha diritto di avere copia del verbale dell'avvenuto sequestro.
4. Se il documento sequestrato fa parte di un volume o di un registro da cui non possa essere separato e l'autorità giudiziaria non ritiene di farne estrarre copia, l'intero volume o registro rimane in deposito giudiziario. Il pubblico ufficiale addetto, con l'autorizzazione dell'autorità giudiziaria, rilascia agli interessati che li richiedono copie, estratti o certificati delle parti del volume o del registro non soggette al sequestro, facendo menzione del sequestro parziale nelle copie, negli estratti e nei certificati.
Art. 259.
Custodia delle cose sequestrate.
1. Le cose sequestrate sono affidate in custodia alla cancelleria o alla segreteria. Quando ciò non è possibile o non è opportuno, l'autorità giudiziaria dispone che la custodia avvenga in luogo diverso, determinandone il modo e nominando un altro custode, idoneo a norma dell'articolo 120.
2. All'atto della consegna, il custode è avvertito dell'obbligo di conservare e di presentare le cose a ogni richiesta dell'autorità giudiziaria nonché delle pene previste dalla legge penale per chi trasgredisce ai doveri della custodia. Quando la custodia riguarda dati, informazioni o programmi informatici, il custode è altresì avvertito dell'obbligo di impedirne l'alterazione o l'accesso da parte di terzi, salva, in quest'ultimo caso, diversa disposizione dell'autorità giudiziaria. (1) Al custode può essere imposta una cauzione. Dell'avvenuta consegna, dell'avvertimento dato e della cauzione imposta è fatta menzione nel verbale. La cauzione è ricevuta, con separato verbale, nella cancelleria o nella segreteria.
(1) Periodo inserito dall'art. 8, comma 7, della L. 18 marzo 2008, n. 48.
Art. 260.
Apposizione dei sigilli alle cose sequestrate. Cose deperibili.
1. Le cose sequestrate si assicurano con il sigillo dell'ufficio giudiziario e con le sottoscrizioni dell'autorità giudiziaria e dell'ausiliario che la assiste ovvero, in relazione alla natura delle cose, con altro mezzo, anche di carattere elettronico o informatico (1), idoneo a indicare il vincolo imposto a fini di giustizia.
2. L'autorità giudiziaria fa estrarre copia dei documenti e fa eseguire fotografie o altre riproduzioni delle cose sequestrate che possono alterarsi o che sono di difficile custodia, le unisce agli atti e fa custodire in cancelleria o segreteria gli originali dei documenti, disponendo, quanto alle cose, in conformità dell'articolo 259. Quando si tratta di dati, di informazioni o di programmi informatici, la copia deve essere realizzata su adeguati supporti, mediante procedura che assicuri la conformità della copia all'originale e la sua immodificabilità; in tali casi, la custodia degli originali può essere disposta anche in luoghi diversi dalla cancelleria o dalla segreteria. (2)
3. Se si tratta di cose che possono alterarsi, l'autorità giudiziaria ne ordina, secondo i casi, l'alienazione o la distruzione.
3-bis. L'autorità giudiziaria procede, altresì, anche su richiesta dell'organo accertatore alla distruzione delle merci di cui sono comunque vietati la fabbricazione, il possesso, la detenzione o la commercializzazione quando le stesse sono di difficile custodia, ovvero quando la custodia risulta particolarmente onerosa o pericolosa per la sicurezza, la salute o l'igiene pubblica ovvero quando, anche all'esito di accertamenti compiuti ai sensi dell'articolo 360, risulti evidente la violazione dei predetti divieti. L'autorità giudiziaria dispone il prelievo di uno o più campioni con l'osservanza delle formalità di cui all'articolo 364 e ordina la distruzione della merce residua. (3)
3-ter. Nei casi di sequestro nei procedimenti a carico di ignoti, la polizia giudiziaria, decorso il termine di tre mesi dalla data di effettuazione del sequestro, può procedere alla distruzione delle merci contraffatte sequestrate, previa comunicazione all'autorità giudiziaria. La distruzione può avvenire dopo 15 giorni dalla comunicazione salva diversa decisione dell'autorità giudiziaria. E' fatta salva la facoltà di conservazione di campioni da utilizzare a fini giudiziari. (3)
(1) Parole inserite dall'art. 8, comma 8, lett. a) della L. 18 marzo 2008, n. 48
(2) Periodo inserito dall'art. 8, comma 8, lett. b) della L. 18 marzo 2008, n. 48.
(3) Comma inserito dall'art. 2, comma 1, lett. a) del D.L. 23 maggio 2008, n. 92
Art. 261.
Rimozione e riapposizione dei sigilli.
1. L'autorità giudiziaria, quando occorre procedere alla rimozione dei sigilli, ne verifica prima l'identità e l'integrità con l'assistenza dell'ausiliario. Compiuto l'atto per cui si è resa necessaria la rimozione dei sigilli, le cose sequestrate sono nuovamente sigillate dall'ausiliario in presenza dell'autorità giudiziaria. L'autorità giudiziaria e l'ausiliario appongono presso il sigillo la data e la sottoscrizione.
Art. 262.
Durata del sequestro e restituzione delle cose sequestrate.
1. Quando non è necessario mantenere il sequestro a fini di prova, le cose sequestrate sono restituite a chi ne abbia diritto, anche prima della sentenza. Se occorre, l'autorità giudiziaria prescrive di presentare a ogni richiesta le cose restituite e a tal fine può imporre cauzione.
2. Nel caso previsto dal comma 1, la restituzione non è ordinata se il giudice dispone, a richiesta del pubblico ministero o della parte civile, che sulle cose appartenenti all'imputato o al responsabile civile sia mantenuto il sequestro a garanzia dei crediti indicati nell'articolo 316.
3. Non si fa luogo alla restituzione e il sequestro è mantenuto ai fini preventivi quando il giudice provvede a norma dell'articolo 321.
3-bis. Trascorsi cinque anni dalla data della sentenza non più soggetta ad impugnazione, le somme di denaro sequestrate, se non è stata disposta la confisca e nessuno ne ha chiesto la restituzione, reclamando di averne diritto, sono devolute allo Stato. (1)
4. Dopo la sentenza non più soggetta a impugnazione le cose sequestrate sono restituite a chi ne abbia diritto, salvo che sia disposta la confisca.
(1) Comma inserito dall'art. 2, comma 612, della L. 24 dicembre 2007, n. 244
Art. 263.
Procedimento per la restituzione delle cose sequestrate.
1. La restituzione delle cose sequestrate è disposta dal giudice con ordinanza se non vi è dubbio sulla loro appartenenza.
2. Quando le cose sono state sequestrate presso un terzo, la restituzione non può essere ordinata a favore di altri senza che il terzo sia sentito in camera di consiglio con le forme previste dall'articolo 127.
3. In caso di controversia sulla proprietà delle cose sequestrate, il giudice ne rimette la risoluzione al giudice civile del luogo competente in primo grado, mantenendo nel frattempo il sequestro.
4. Nel corso delle indagini preliminari, sulla restituzione delle cose sequestrate il pubblico ministero provvede con decreto motivato.
5. Contro il decreto del pubblico ministero che dispone la restituzione o respinge la relativa richiesta gli interessati possono proporre opposizione sulla quale il giudice provvede a norma dell'articolo 127.
6. Dopo la sentenza non più soggetta a impugnazione, provvede il giudice dell'esecuzione.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 21 febbraio 2008, n. 7946 in Altalex Massimario.
[Art. 264.
Provvedimenti in caso di mancata restituzione. (1) 
1. Dopo un anno dal giorno in cui la sentenza è divenuta inoppugnabile , se la richiesta di restituzione non è stata proposta o è stata respinta, il giudice dell'esecuzione dispone con ordinanza che il denaro, i titoli al portatore, quelli emessi o garantiti dallo Stato anche se non al portatore e i valori di bollo siano depositati nell'ufficio del registro del luogo. Negli altri casi, ordina la vendita delle cose, secondo la loro qualità, nelle pubbliche borse o all'asta pubblica, da eseguirsi a cura della cancelleria. Tuttavia, se tali cose hanno interesse scientifico ovvero pregio di antichità o di arte, ne è ordinata la consegna al Ministero di grazia e giustizia.
2. L'autorità giudiziaria può disporre la vendita anche prima del termine indicato nel comma 1 o immediatamente dopo il sequestro, se le cose non possono essere custodite senza pericolo di deterioramento o senza rilevante dispendio.
3. La somma ricavata dalla vendita è versata in deposito giudiziale nell'ufficio postale del luogo. Questa somma e i valori depositati presso l'ufficio del registro, dedotte le spese indicate nell'articolo 265, sono devoluti dopo due anni alla cassa delle ammende se nessuno ha provato di avervi diritto.]
(1) Articolo abrogato dall'art. 299, D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113.
[Art. 265.
Spese relative al sequestro penale.(1) 
1. Le spese occorrenti per la conservazione e per la custodia delle cose sequestrate per il procedimento penale sono anticipate dallo Stato, salvo all'erario il diritto di recupero a preferenza di ogni altro creditore sulle somme e sui valori indicati nell'articolo 264.]
(1) Articolo abrogato dall'art. 299, D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113.
Capo IV
Intercettazioni di conversazioni o comunicazioni
Art. 266.
Limiti di ammissibilità.
1. L'intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione è consentita nei procedimenti relativi ai seguenti reati:
a) delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell'articolo 4;
b) delitti contro la pubblica amministrazione per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni determinata a norma dell'articolo 4;
c) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope;
d) delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive;
e) delitti di contrabbando;
f) reati di ingiuria, minaccia, usura, abusiva attività finanziaria, abuso di informazioni privilegiate, manipolazione del mercato, molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono;
f-bis) delitti previsti dall'articolo 600-ter, terzo comma, del codice penale, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1 del medesimo codice.
2. Negli stessi casi è consentita l'intercettazione di comunicazioni tra presenti. Tuttavia, qualora queste avvengano nei luoghi indicati dall'articolo 614 del codice penale, l'intercettazione è consentita solo se vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l'attività criminosa.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 24 settembre 2007, n. 35412 e Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 30 aprile 2008, n. 17619 in Altalex Massimario.
Art. 266-bis.
Intercettazioni di comunicazioni informatiche o telematiche.
1. Nei procedimenti relativi ai reati indicati nell'articolo 266, nonché a quelli commessi mediante l'impiego di tecnologie informatiche o telematiche, è consentita l'intercettazione del flusso di comunicazioni relativo a sistemi informatici o telematici ovvero intercorrente tra più sistemi.
Art. 267.
Presupposti e forme del provvedimento. 
1. Il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'art. 266. L'autorizzazione è data con decreto motivato quando vi sono gravi indizi di reato e l'intercettazione è assolutamente indispensabile ai fini della prosecuzione delle indagini.
1-bis. Nella valutazione dei gravi indizi di reato si applica l'articolo 203.
2. Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone l'intercettazione con decreto motivato, che va comunicato immediatamente e comunque non oltre le ventiquattro ore al giudice indicato nel comma 1. Il giudice, entro quarantotto ore dal provvedimento, decide sulla convalida con decreto motivato. Se il decreto del pubblico ministero non viene convalidato nel termine stabilito, l'intercettazione non può essere proseguita e i risultati di essa non possono essere utilizzati.
3. Il decreto del pubblico ministero che dispone l'intercettazione indica le modalità e la durata delle operazioni. Tale durata non può superare i quindici giorni, ma può essere prorogata dal giudice con decreto motivato per periodi successivi di quindici giorni, qualora permangano i presupposti indicati nel comma 1.
4. Il pubblico ministero procede alle operazioni personalmente ovvero avvalendosi di un ufficiale di polizia giudiziaria.
5. In apposito registro riservato tenuto nell'ufficio del pubblico ministero sono annotati, secondo un ordine cronologico, i decreti che dispongono, autorizzano, convalidano o prorogano le intercettazioni e, per ciascuna intercettazione, l'inizio e il termine delle operazioni.
Art. 268.
Esecuzione delle operazioni. 
1. Le comunicazioni intercettate sono registrate e delle operazioni è redatto verbale.
2. Nel verbale è trascritto, anche sommariamente, il contenuto delle comunicazioni intercettate.
3. Le operazioni possono essere compiute esclusivamente per mezzo degli impianti installati nella procura della Repubblica. Tuttavia, quando tali impianti risultano insufficienti o inidonei ed esistono eccezionali ragioni di urgenza, il pubblico ministero può disporre, con provvedimento motivato, il compimento delle operazioni mediante impianti di pubblico servizio o in dotazione alla polizia giudiziaria.
3-bis. Quando si procede a intercettazione di comunicazioni informatiche o telematiche, il pubblico ministero può disporre che le operazioni siano compiute anche mediante impianti appartenenti a privati.
4. I verbali e le registrazioni sono immediatamente trasmessi al pubblico ministero. Entro cinque giorni dalla conclusione delle operazioni, essi sono depositati in segreteria insieme ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l'intercettazione, rimanendovi per il tempo fissato dal pubblico ministero, salvo che il giudice non riconosca necessaria una proroga.
5. Se dal deposito può derivare un grave pregiudizio per le indagini, il giudice autorizza il pubblico ministero a ritardarlo non oltre la chiusura delle indagini preliminari.
6. Ai difensori delle parti è immediatamente dato avviso che, entro il termine fissato a norma dei commi 4 e 5, hanno facoltà di esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche. Scaduto il termine, il giudice dispone l'acquisizione delle conversazioni o dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche indicati dalle parti, che non appaiano manifestamente irrilevanti, procedendo anche di ufficio allo stralcio delle registrazioni e dei verbali di cui è vietata l'utilizzazione. Il pubblico ministero e i difensori hanno diritto di partecipare allo stralcio e sono avvisati almeno ventiquattro ore prima.
7. Il giudice dispone la trascrizione integrale delle registrazioni ovvero la stampa in forma intellegibile delle informazioni contenute nei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche da acquisire, osservando le forme, i modi e le garanzie previsti per l'espletamento delle perizie. Le trascrizioni o le stampe sono inserite nel fascicolo per il dibattimento.
8. I difensori possono estrarre copia delle trascrizioni e fare eseguire la trasposizione della registrazione su nastro magnetico. In caso di intercettazione di flussi di comunicazioni informatiche o telematiche i difensori possono richiedere copia su idoneo supporto dei flussi intercettati, ovvero copia della stampa prevista dal comma 7. (1)
(1) La Corte Costituzionale, con sentenza 10 ottobre 2008, n. 336, ha dichiarato l'incostituzionalità del presente articolo "nella parte in cui non prevede che, dopo la notificazione o l'esecuzione dell'ordinanza che dispone una misura cautelare personale, il difensore possa ottenere la trasposizione su nastro magnetico delle registrazioni di conversazioni o comunicazioni intercettate, utilizzate ai fini dell'adozione del provvedimento cautelare, anche se non depositate."
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Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 19 dicembre 2007, n. 47092, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 20 maggio 2008, n. 20058, Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 23 settembre 2008, n. 36359 e Cassazione Civile, SS.UU., sentenza 27 maggio 2010, n. 20300.
Art. 269.
Conservazione della documentazione.
1. I verbali e le registrazioni sono conservati integralmente presso il pubblico ministero che ha disposto l'intercettazione.
2. Salvo quanto previsto dall'articolo 271 comma 3, le registrazioni sono conservate fino alla sentenza non più soggetta a impugnazione. Tuttavia gli interessati, quando la documentazione non è necessaria per il procedimento, possono chiederne la distruzione, a tutela della riservatezza, al giudice che ha autorizzato o convalidato l'intercettazione. Il giudice decide in camera di consiglio a norma dell'articolo 127.
3. La distruzione, nei casi in cui è prevista, viene eseguita sotto controllo del giudice. Dell'operazione è redatto verbale.
Art. 270.
Utilizzazione in altri procedimenti.
1. I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati in procedimenti diversi da quelli nei quali sono stati disposti, salvo che risultino indispensabili per l'accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l'arresto in flagranza.
2. Ai fini della utilizzazione prevista dal comma 1, i verbali e le registrazioni delle intercettazioni sono depositati presso l'autorità competente per il diverso procedimento. Si applicano le disposizioni dell'articolo 268 commi 6, 7 e 8.
3. Il pubblico ministero e i difensori delle parti hanno altresì facoltà di esaminare i verbali e le registrazioni in precedenza depositati nel procedimento in cui le intercettazioni furono autorizzate.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. I, sentenza 20 giugno 2007, n. 24178 in Altalex Massimario.
Art. 270-bis.
Comunicazioni di servizio di appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza e ai servizi di informazione per la sicurezza. (1)
1. L'autorità giudiziaria, quando abbia acquisito, tramite intercettazioni, comunicazioni di servizio di appartenenti al Dipartimento delle informazioni per la sicurezza o ai servizi di informazione per la sicurezza, dispone l'immediata secretazione e la custodia in luogo protetto dei documenti, dei supporti e degli atti concernenti tali comunicazioni.
2. Terminate le intercettazioni, l'autorità giudiziaria trasmette al Presidente del Consiglio dei ministri copia della documentazione contenente le informazioni di cui intende avvalersi nel processo, per accertare se taluna di queste informazioni sia coperta dal segreto di Stato.
2. Prima della risposta del Presidente del Consiglio dei ministri, le informazioni ad esso inviate possono essere utilizzate solo se vi è pericolo di inquinamento delle prove, o pericolo di fuga, o quando è necessario intervenire per prevenire o interrompere la commissione di un delitto per il quale sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni. Resta ferma la disciplina concernente la speciale causa di giustificazione prevista per attività del personale dei servizi di informazione per la sicurezza.
4. Se entro sessanta giorni dalla notificazione della richiesta il Presidente del Consiglio dei ministri non oppone il segreto, l'autorità giudiziaria acquisisce la notizia e provvede per l'ulteriore corso del procedimento.
5. L'opposizione del segreto di Stato inibisce all'autorità giudiziaria l'utilizzazione delle notizie coperte dal segreto.
6. Non è in ogni caso precluso all'autorità giudiziaria di procedere in base ad elementi autonomi indipendenti delle informazioni coperte dal segreto.
7. Quando è sollevato conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, qualora il conflitto sia risolto nel senso dell'insussistenza del segreto di Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri non può più opporlo con riferimento al medesimo oggetto. Qualora il conflitto sia risolto nel senso della sussistenza del segreto di Stato, l'autorità giudiziaria non può acquisire né utilizzare direttamente o indirettamente, atti o documenti sui quali è stato opposto il segreto di Stato.
8. In nessun caso il segreto di Stato è opponibile alla Corte costituzionale. La Corte adotta le necessarie garanzie per la segretezza del procedimento.
(1) Articolo inserito dall'art. 28 della L. 3 agosto 2007, n. 124
Art. 271.
Divieti di utilizzazione.
1. I risultati delle intercettazioni non possono essere utilizzati qualora le stesse siano state eseguite fuori dei casi consentiti dalla legge o qualora non siano state osservate le disposizioni previste dagli articoli 267 e 268 commi 1 e 3.
2. Non possono essere utilizzate le intercettazioni relative a conversazioni o comunicazioni delle persone indicate nell'articolo 200 comma 1, quando hanno a oggetto fatti conosciuti per ragione del loro ministero, ufficio o professione, salvo che le stesse persone abbiano deposto sugli stessi fatti o li abbiano in altro modo divulgati.
3. In ogni stato e grado del processo il giudice dispone che la documentazione delle intercettazioni previste dai commi 1 e 2 sia distrutta, salvo che costituisca corpo del reato.
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Cfr. Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 13 gennaio 2009, n. 1153 in Altalex Massimario.
LIBRO QUARTO
MISURE CAUTELARI
TITOLO I
Misure cautelari personali
Capo I
Disposizioni generali
Art. 272.
Limitazioni alle libertà della persona.
1. Le libertà della persona possono essere limitate con misure cautelari soltanto a norma delle disposizioni del presente titolo.
Art. 273.
Condizioni generali di applicabilità delle misure.
1. Nessuno può essere sottoposto a misure cautelari se a suo carico non sussistono gravi indizi di colpevolezza.
1-bis. Nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza si applicano le disposizioni degli articoli 192, commi 3 e 4, 195, comma 7, 203 e 271, comma 1.
2. Nessuna misura può essere applicata se risulta che il fatto è stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione o di non punibilità o se sussiste una causa di estinzione del reato ovvero una causa di estinzione della pena che si ritiene possa essere irrogata.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. III, sentenza 10 gennaio 2008, n. 800, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 29 aprile 2008, n. 17471 e Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 8 maggio 2009, n. 19666 in Altalex Massimario.
Art. 274.
Esigenze cautelari.
1. Le misure cautelari sono disposte:
a) quando sussistono specifiche ed inderogabili esigenze attinenti alle indagini relative ai fatti per i quali si procede, in relazione a situazioni di concreto ed attuale pericolo per l'acquisizione o la genuinità della prova, fondate su circostanze di fatto espressamente indicate nel provvedimento a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio. Le situazioni di concreto ed attuale pericolo non possono essere individuate nel rifiuto della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato di rendere dichiarazioni né nella mancata ammissione degli addebiti;
b) quando l'imputato si è dato alla fuga o sussiste concreto pericolo che egli si dia alla fuga, sempre che il giudice ritenga che possa essere irrogata una pena superiore a due anni di reclusione;
c) quando, per specifiche modalità e circostanze del fatto e per la personalità della persona sottoposta alle indagini o dell'imputato, desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali, sussiste il concreto pericolo che questi commetta gravi delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata o della stessa specie di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. II, sentenza 19 ottobre 2009, n. 40473 in Altalex Massimario.
Art. 275.
Criteri di scelta delle misure. 
1. Nel disporre le misure, il giudice tiene conto della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto.
1-bis. Contestualmente ad una sentenza di condanna, l'esame delle esigenze cautelari è condotto tenendo conto anche dell'esito del procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti, dai quali possa emergere che, a seguito della sentenza, risulta taluna delle esigenze indicate nell'articolo 274, comma 1, lettere b) e c). (1)
2. Ogni misura deve essere proporzionata all'entità del fatto e alla sanzione che sia stata o si ritiene possa essere irrogata.
2-bis. Non può essere disposta la misura della custodia cautelare se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena.
2-ter. Nei casi di condanna di appello le misure cautelari personali sono sempre disposte, contestualmente alla sentenza, quando, all'esito dell'esame condotto a norma del comma 1-bis, risultano sussistere esigenze cautelari previste dall'articolo 274 e la condanna riguarda uno dei delitti previsti dall'articolo 380, comma 1, e questo risulta commesso da soggetto condannato nei cinque anni precedenti per delitti della stessa indole. (2)
3. La custodia cautelare in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata. Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, nonchè in ordine ai delitti di cui agli articoli 575, 600-bis, primo comma, 600-ter, escluso il quarto comma, e 600-quinquies del codice penale (3), è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari. Le disposizioni di cui al periodo precedente si applicano anche in ordine ai delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale, salvo che ricorrano le circostanze attenuanti dagli stessi contemplate. (4)
4. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputati siano donna incinta o madre di prole di età inferiore a tre anni con lei convivente, ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole, ovvero persona che ha superato l'età di settanta anni.
4-bis. Non può essere disposta né mantenuta la custodia cautelare in carcere quando l'imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell'articolo 286-bis, comma 2, ovvero da altra malattia particolarmente grave, per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non consentire adeguate cure in caso di detenzione in carcere.
4-ter. Nell'ipotesi di cui al comma 4-bis, se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e la custodia cautelare presso idonee strutture sanitarie penitenziarie non è possibile senza pregiudizio per la salute dell'imputato o di quella degli altri detenuti, il giudice dispone la misura degli arresti domiciliari presso un luogo di cura o di assistenza o di accoglienza. Se l'imputato è persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, gli arresti domicliari possono essere disposti presso le unità operative di malattie infettive ospedaliere ed universitarie o da altre unità operative prevalentemente impegnate secondo i piani regionali nell'assistenza ai casi di AIDS, ovvero presso una residenza collettiva o casa alloggio di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 5 giugno 1990, n. 135.
4-quater. Il giudice può comunque disporre la custodia cautelare in carcere qualora il soggetto risulti imputato o sia stato sottoposto ad altra misura cautelare per uno dei delitti previsti dall'articolo 380, relativamente a fatti commessi dopo l'applicazione delle misure disposte ai sensi dei commi 4-bis e 4-ter. In tal caso il giudice dispone che l'imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie.
4-quinquies. La custodia cautelare in carcere non può comunque essere disposta o mantenuta quando la malattia si trova in una fase così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative.
(…) (5)
(1) Comma inserito dall'art. 16, comma 1, del D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito con modificazioni nella L. 19 gennaio 2001, n. 4.
(2) Comma inserito dall'art. 14, comma 1, lett. c ) della L. 26 marzo 2001, n. 128
(3) Parole inserite dall'art. 2, comma 1, lett. a) del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni, nella L. 23 aprile 2009, n. 38
(4) Periodo inserito dall'art. 2, comma 1, lett. a) del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni, nella L. 23 aprile 2009, n. 38. Successivamente, la Corte costituzionale, con sentenza 7-21 luglio 2010, n. 265 (G. U n. 30 del 28 luglio 2010 - Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità del secondo e terzo periodo del presente comma, così come modificato nella parte in cui – nel prevedere che, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui agli articoli 600-bis, primo comma, 609-bis e 609-quater del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari – non fa salva, altresì, l'ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure. La stessa Corte, con sentenza 9-12 maggio 2011, n. 164 (G. U. n. 21 del 18 maggio 2011 – Prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità del secondo e terzo periodo dello stesso comma, nella parte in cui - nel prevedere che, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui all'art. 575 del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari - non fa salva, altresì, l'ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure. Ancora, la Corte Costituzionale, con sentenza 22 luglio 2011, n. 231, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 275, comma 3, secondo periodo nella parte in cui - nel prevedere che, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui all'articolo 74 del DPR 9 ottobre 1990, n. 309, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari - non fa salva, altresì, l'ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.
Successivamente, la Corte Costituzionale, con sentenza 3 maggio 2012, n. 110, ha dichiarato l'incostituzionalità del presente comma, secondo periodo, nella parte in cui – nel prevedere che, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto di cui all'art. 416 del codice penale, realizzato allo scopo di commettere i delitti previsti dagli artt. 473 e 474 del codice penale, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari – non fa salva, altresì, l'ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.
(5) Il quinto comma è stato abrogato dall'art. 5, comma 2, del D.L. 14 maggio 1993, n. 139, convertito con modificazioni, nella L. 14 luglio 1993, n. 222. Si riporta il testo del comma abrogato: “5. Non può essere disposta la custodia cautelare in carcere, salvo che sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza, quando imputata è una persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero nell'ambito di una struttura autorizzata, e l'interruzione del programma può pregiudicare la disintossicazione dell'imputato. Con lo stesso provvedimento, o con altro successivo, il giudice stabilisce i controlli necessari per accertare che il tossicodipendente o l'alcooldipendente prosegua il programma di recupero. Le disposizioni del presente comma non si applicano nel caso in cui si procede per uno dei delitti previsti dal comma 3.”
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 31 luglio 2009, n. 31772 e Cassazione Penale, sez. I, sentenza 30 dicembre 2009, n. 50049 in Altalex Massimario.
Art. 275-bis.
Particolari modalità di controllo.
1. Nel disporre la misura degli arresti domiciliari anche in sostituzione della custodia cautelare in carcere, il giudice, se lo ritiene necessario in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto, prescrive procedure di controllo mediante mezzi elettronici o altri strumenti tecnici, quando ne abbia accertato la disponibilità da parte della polizia giudiziaria. Con lo stesso provvedimento il giudice prevede l'applicazione della misura della custodia cautelare in carcere qualora l'imputato neghi il consenso all'adozione dei mezzi e strumenti anzidetti.
2. L'imputato accetta i mezzi e gli strumenti di controllo di cui al comma 1 ovvero nega il consenso all'applicazione di essi, con dichiarazione espressa resa all'ufficiale o all'agente incaricato di eseguire l'ordinanza che ha disposto la misura. La dichiarazione è trasmessa al giudice che ha emesso l'ordinanza ed al pubblico ministero, insieme con il verbale previsto dall'articolo 293, comma 1.
3. L'imputato che ha accettato l'applicazione dei mezzi e strumenti di cui al comma 1 è tenuto ad agevolare le procedure di installazione e ad osservare le altre prescrizioni impostegli.
(1) Articolo inserito dall'art. 16, comma 2, del D.L. 24 novembre 2000, n. 341 convertito con modificazioni nella L. 19 gennaio 2001, n. 4
Art. 276.
Provvedimenti in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte.
1. In caso di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare, il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo con altra più grave, tenuto conto dell'entità, dei motivi e delle circostanze della violazione. Quando si tratta di trasgressione alle prescrizioni inerenti a una misura interdittiva, il giudice può disporre la sostituzione o il cumulo anche con una misura coercitiva.
1-bis. Quando l'imputato si trova nelle condizioni di cui all'articolo 275, comma 4-bis, e nei suoi confronti è stata disposta misura diversa dalla custodia cautelare in carcere, il giudice, in caso di trasgressione delle prescrizioni inerenti alla diversa misura cautelare, può disporre anche la misura della custodia cautelare in carcere. In tal caso il giudice dispone che l'imputato venga condotto in un istituto dotato di reparto attrezzato per la cura e l'assistenza necessarie.
1-ter. In deroga a quanto previsto nel comma 1, in caso di trasgressione alle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora, il giudice dispone la revoca della misura e la sua sostituzione con la custodia cautelare in carcere.
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Cfr. Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 4 febbraio 2009, n. 4932 in Altalex Massimario.
Art. 277.
Salvaguardia dei diritti della persona sottoposta a misure cautelari.
1. Le modalità di esecuzione delle misure devono salvaguardare i diritti della persona ad esse sottoposta, il cui esercizio non sia incompatibile con le esigenze cautelari del caso concreto.
Art. 278.
Determinazione della pena agli effetti dell'applicazione delle misure.
1. Agli effetti dell'applicazione delle misure, si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato. Non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, fatta eccezione della circostanza aggravante prevista al numero 5) dell'articolo 61 del codice penale e della circostanza attenuante prevista dall'articolo 62 n. 4 del codice penale nonché delle circostanze per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. [Della recidiva si tiene conto nel caso previsto dall'articolo 99 comma 4 del codice penale, se ricorrono congiuntamente le circostanze indicate nel comma 2 numeri 1) e 2) dello stesso articolo.] (1)
(1) Articolo così modificato dall'art. 2, D.L. 1 marzo 1991, n. 60.
Art. 279.
Giudice competente.
1. Sull'applicazione e sulla revoca delle misure nonché sulle modifiche delle loro modalità esecutive, provvede il giudice che procede. Prima dell'esercizio dell'azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari.
Capo II
Misure coercitive
Art. 280.
Condizioni di applicabilità delle misure coercitive.
1. Salvo quanto disposto dai commi 2 e 3 del presente articolo e dall'art. 391, le misure previste in questo capo possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni.
2. La custodia cautelare in carcere può essere disposta solo per delitti, consumati o tentati, per i quali sia prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni.
3. La disposizione di cui al comma 2 non si applica nei confronti di chi abbia trasgredito alle prescrizioni inerenti ad una misura cautelare.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 29 aprile 2008, n. 17471 e Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 8 maggio 2009, n. 19666 in Altalex Massimario.
Art. 281.
Divieto di espatrio.
1. Con il provvedimento che dispone il divieto di espatrio, il giudice prescrive all'imputato di non uscire dal territorio nazionale senza l'autorizzazione del giudice che procede.
2. Il giudice dà le disposizioni necessarie per assicurare l'esecuzione del provvedimento, anche al fine di impedire l'utilizzazione del passaporto e degli altri documenti di identità validi per l'espatrio.
2-bis. Con l'ordinanza che applica una delle altre misure coercitive previste dal presente capo, il giudice dispone in ogni caso il divieto di espatrio.
Art. 282.
Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.
1. Con il provvedimento che dispone l'obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, il giudice prescrive all'imputato di presentarsi a un determinato ufficio di polizia giudiziaria.
2. Il giudice fissa i giorni e le ore di presentazione tenendo conto dell'attività lavorativa e del luogo di abitazione dell'imputato.
Art. 282-bis.
Allontanamento dalla casa familiare.
1. Con il provvedimento che dispone l'allontanamento il giudice prescrive all'imputato di lasciare immediatamente la casa familiare, ovvero di non farvi rientro, e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede. L'eventuale autorizzazione può prescrivere determinate modalità di visita.
2. Il giudice, qualora sussistano esigenze di tutela dell'incolumità della persona offesa o dei suoi prossimi congiunti, può inoltre prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa, in particolare il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia di origine o dei prossimi congiunti, salvo che la frequentazione sia necessaria per motivi di lavoro. In tale ultimo caso il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni.
3. Il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può altresì ingiungere il pagamento periodico di un assegno a favore delle persone conviventi che, per effetto della misura cautelare disposta, rimangano prove di mezzi adeguati. Il giudice determina la misura dell'assegno tenendo conto delle circostanze e dei redditi dell'obbligato e stabilisce le modalità ed i termini del versamento. Può ordinare, se necessario, che l'assegno sia versato direttamente al beneficiario da parte del datore di lavoro dell'obbligato, detraendolo dalla retribuzione a lui spettante. L'ordine di pagamento ha efficacia di titolo esecutivo.
4. I provvedimenti di cui ai commi 2 e 3 possono essere assunti anche successivamente al provvedimento di cui al comma 1, sempre che questo non sia stato revocato o non abbia comunque perduto efficacia. Essi, anche se assunti successivamente, perdono efficacia se è revocato o perde comunque efficacia il provvedimento di cui al comma 1. Il provvedimento di cui al comma 3, se a favore del coniuge o dei figli, perde efficacia, inoltre, qualora sopravvenga l'ordinanza prevista dall'articolo 708 del codice di procedura civile ovvero altro provvedimento del giudice civile in ordine ai rapporti economico-patrimoniali tra i coniugi ovvero al mantenimento dei figli.
5. Il provvedimento di cui al comma 3 può essere modificato se mutano le condizioni dell'obbligato o del beneficiario, e viene revocato se la convivenza riprende.
6. Qualora si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 570, 571, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies del codice penale, commesso in danno dei prossimi congiunti o del convivente, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 280.
Art. 282-ter. (1)
Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. 
1. Con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o dalla persona offesa.

2. Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice puo' prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva ovvero di mantenere una determinata distanza da tali luoghi o da tali persone.

3. Il giudice puo', inoltre, vietare all'imputato di comunicare, attraverso qualsiasi mezzo, con le persone di cui ai commi 1 e 2.

4. Quando la frequentazione dei luoghi di cui ai commi 1 e 2 sia necessaria per motivi di lavoro ovvero per esigenze abitative, il giudice prescrive le relative modalita' e puo' imporre limitazioni.
(1) Articolo inserito dal D. L. 23 febbraio 2009, n. 11.
Art. 282-quater. (1)
Obblighi di comunicazione.
1. I provvedimenti di cui agli articoli 282-bis e 282-ter sono comunicati all'autorita' di pubblica sicurezza competente, ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni. Essi sono altresi' comunicati alla parte offesa e ai servizi socio-assistenziali del territorio.
(1) Articolo inserito dal D. L. 23 febbraio 2009, n. 11.
Art. 283.
Divieto e obbligo di dimora.
1. Con il provvedimento che dispone il divieto di dimora, il giudice prescrive all'imputato di non dimorare in un determinato luogo e di non accedervi senza l'autorizzazione del giudice che procede.
2. Con il provvedimento che dispone l'obbligo di dimora, il giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi, senza l'autorizzazione del giudice che procede, dal territorio del comune di dimora abituale ovvero, al fine di assicurare un più efficace controllo o quando il comune di dimora abituale non è sede di ufficio di polizia, dal territorio di una frazione del predetto comune o dal territorio di un comune viciniore ovvero di una frazione di quest'ultimo. Se per la personalità del soggetto o per le condizioni ambientali la permanenza in tali luoghi non garantisce adeguatamente le esigenze cautelari previste dall'articolo 274, l'obbligo di dimora può essere disposto nel territorio di un altro comune o frazione di esso, preferibilmente nella provincia e comunque nell'ambito della regione ove è ubicato il comune di abituale dimora.
3. Quando dispone l'obbligo di dimora, il giudice indica l'autorità di polizia alla quale l'imputato deve presentarsi senza ritardo e dichiarare il luogo ove fisserà la propria abitazione. Il giudice può prescrivere all'imputato di dichiarare all'autorità di polizia gli orari e i luoghi in cui sarà quotidianamente reperibile per i necessari controlli, con obbligo di comunicare preventivamente alla stessa autorità le eventuali variazioni dei luoghi e degli orari predetti.
4. Il giudice può, anche con separato provvedimento, prescrivere all'imputato di non allontanarsi dall'abitazione in alcune ore del giorno, senza pregiudizio per le normali esigenze di lavoro.
5. Nel determinare i limiti territoriali delle prescrizioni, il giudice considera, per quanto è possibile, le esigenze di alloggio, di lavoro e di assistenza dell'imputato. Quando si tratta di persona tossicodipendente o alcooldipendente che abbia in corso un programma terapeutico di recupero nell'ambito di una struttura autorizzata, il giudice stabilisce i controlli necessari per accertare che il programma di recupero prosegua.
6. Dei provvedimenti del giudice è data in ogni caso immediata comunicazione all'autorità di polizia competente, che ne vigila l'osservanza e fa rapporto al pubblico ministero di ogni infrazione.
Art. 284.
Arresti domiciliari.
1. Con il provvedimento che dispone gli arresti domiciliari, il giudice prescrive all'imputato di non allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora ovvero da un luogo pubblico di cura o di assistenza.
2. Quando è necessario, il giudice impone limiti o divieti alla facoltà dell'imputato di comunicare con persone diverse da quelle che con lui coabitano o che lo assistono.
3. Se l'imputato non può altrimenti provvedere alle sue indispensabili esigenze di vita ovvero versa in situazione di assoluta indigenza, il giudice può autorizzarlo ad assentarsi nel corso della giornata dal luogo di arresto per il tempo strettamente necessario per provvedere alle suddette esigenze ovvero per esercitare una attività lavorativa.
4. Il pubblico ministero o la polizia giudiziaria, anche di propria iniziativa, possono controllare in ogni momento l'osservanza delle prescrizioni imposte all'imputato.
5. L'imputato agli arresti domiciliari si considera in stato di custodia cautelare.
5-bis. Non possono essere, comunque, concessi gli arresti domiciliari a chi sia stato condannato per il reato di evasione nei cinque anni precedenti al fatto per il quale si procede. A tale fine il giudice assume nelle forme più rapide le relative notizie. (1) (2)
(1) Comma aggiunto dall'art. 16, comma 4, del D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito con modificazioni, nella L. 19 gennaio 2001, n. 4
(2) Comma così sostituito dall'art. 5 della L. 26 marzo 2001, n. 128
Art. 285.
Custodia cautelare in carcere.
1. Con il provvedimento che dispone la custodia cautelare, il giudice ordina agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria che l'imputato sia catturato e immediatamente condotto in un istituto di custodia per rimanervi a disposizione dell'autorità giudiziaria.
2. Prima del trasferimento nell'istituto la persona sottoposta a custodia cautelare non può subire limitazione della libertà, se non per il tempo e con le modalità strettamente necessarie alla sua traduzione.
3. Per determinare la pena da eseguire, la custodia cautelare subita si computa a norma dell'articolo 657, anche quando si tratti di custodia cautelare subita all'estero in conseguenza di una domanda di estradizione ovvero nel caso di rinnovamento del giudizio a norma dell'articolo 11 del codice penale.
Art. 286.
Custodia cautelare in luogo di cura.
1. Se la persona da sottoporre a custodia cautelare si trova in stato di infermità di mente che ne esclude o ne diminuisce grandemente la capacità di intendere o di volere, il giudice, in luogo della custodia in carcere, può disporre il ricovero provvisorio in idonea struttura del servizio psichiatrico ospedaliero, adottando i provvedimenti necessari per prevenire il pericolo di fuga. Il ricovero non può essere mantenuto quando risulta che l'imputato non è più infermo di mente.
2. Si applicano le disposizioni dell'articolo 285 commi 2 e 3.
Art. 286-bis.
Divieto di custodia cautelare.
(…) (1)
2. Con decreto del Ministro della sanità, da adottare di concerto con il Ministro do grazie e giustizia, sono definiti i casi di AIDS conclamata o di grave deficienza immunitaria e sono stabilite le procedure diagnostiche e medico-legali per il loro accertamento.
3. Quando ricorrono esigenze diagnostiche al fine di accertare la sussistenza delle condizioni di salute di cui all'articolo 275, comma 4-bis, ovvero esigenze terapeutiche nei confronti di persona che si trovi in tali condizioni, se tali esigenze non possono essere soddisfatte nell'ambito penitenziario, il giudice può disporre il ricovero provvisorio in idonea struttura del Servizio sanitario nazionale per il tempo necessario, adottando, ove occorra, i provvedimenti idonei a evitare il pericolo di fuga. Cessate le esigenze di ricovero, il giudice provvede a norma dell'articolo 275.
(1) Comma abrogato dall'art. 3, L. 12 luglio 1999, n. 231. Si riporta il testo del comma abrogato: “1. Non può essere mantenuta la custodia cautelare in carcere nei confronti di chi sia affetto da infezione da HIV e ricorra una situazione di incompatibilità con lo stato di detenzione. L'incompatibilità sussiste, ed è dichiarata dal giudice, nei casi di AIDS conclamata o di grave deficienza immunitaria; negli altri casi l'incompatibilità per infezione da HIV è valutata dal giudice tenendo conto del periodo residuo di custodia cautelare e degli effetti che sulla pericolosità del detenuto hanno le sue attuali condizioni fisiche. La richiesta di accertamento dello stato di incompatibilità può essere fatta dall'imputato, dal suo difensore o dal servizio sanitario penitenziario. Nei casi di incompatibilità il giudice dispone la revoca della misura cautelare, ovvero gli arresti domiciliari presso l'abitazione dell'imputato.”
Capo III
Misure interdittive
Art. 287.
Condizioni di applicabilità delle misure interdittive.
1. Salvo quanto previsto da disposizioni particolari, le misure previste in questo capo possono essere applicate solo quando si procede per delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo di tre anni.
Art. 288.
Sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori.
1. Con il provvedimento che dispone la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori, il giudice priva temporaneamente l'imputato, in tutto o in parte, dei poteri a essa inerenti.
2. Qualora si proceda per un delitto contro la libertà sessuale, ovvero per uno dei delitti previsti dagli articoli 530 e 571 del codice penale, commesso in danno di prossimi congiunti, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 287 comma 1.
Art. 289.
Sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio.
1. Con il provvedimento che dispone la sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, il giudice interdice temporaneamente all'imputato, in tutto o in parte, le attività a essi inerenti.
2. Qualora si proceda per un delitto contro la pubblica amministrazione, la misura può essere disposta a carico del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 287 comma 1. Nel corso delle indagini preliminari, prima di decidere sulla richiesta del pubblico ministero di sospensione dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio, il giudice procede all'interrogatorio dell'indagato, con le modalità indicate agli articoli 64 e 65.
3. La misura non si applica agli uffici elettivi ricoperti per diretta investitura popolare.
Art. 290.
Divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali.
1. Con il provvedimento che dispone il divieto di esercitare determinate professioni, imprese o uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, il giudice interdice temporaneamente all'imputato, in tutto o in parte, le attività a essi inerenti.
2. Qualora si proceda per un delitto contro l'incolumità pubblica o contro l'economia pubblica, l'industria e il commercio ovvero per alcuno dei delitti previsti dalle disposizioni penali in materia di società e di consorzi o dagli articoli 353, 355, 373, 380 e 381 del codice penale, la misura può essere disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dall'articolo 287 comma 1.
Capo IV
Forma ed esecuzione dei provvedimenti
Art. 291.
Procedimento applicativo.
1. Le misure sono disposte su richiesta del pubblico ministero, che presenta al giudice competente gli elementi su cui la richiesta si fonda, nonché tutti gli elementi a favore dell'imputato e le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate.
(…) (1)
2. Se riconosce la propria incompetenza per qualsiasi causa, il giudice, quando ne ricorrono le condizioni e sussiste l'urgenza di soddisfare taluna delle esigenze cautelari previste dall'articolo 274, dispone la misura richiesta con lo stesso provvedimento con il quale dichiara la propria incompetenza. Si applicano in tal caso le disposizioni dell'articolo 27.
2-bis. In caso di necessità o urgenza il pubblico ministero può chiedere al giudice, nell'interesse della persona offesa, le misure patrimoniali provvisorie di cui all'articolo 282-bis. Il provvedimento perde efficacia qualora la misura cautelare sia successivamente revocata. (2)
(1) Il comma che recitava: “1-bis. Nel corso delle indagini preliminari, il giudice può disporre misure meno gravi solo se il pubblico ministero non ha espressamente richiesto di provvedere esclusivamente in ordine alle misure indicate.” è stato abrogato dall'art. 8, comma 2, della L. 8 agosto 1995, n. 332
(2) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, della L. 4 aprile 2001, n. 154
Art. 292.
Ordinanza del giudice.
1. Sulla richiesta del pubblico ministero il giudice provvede con ordinanza.
2. L'ordinanza che dispone la misura cautelare contiene, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio:
a) le generalità dell'imputato o quanto altro valga a identificarlo;
b) la descrizione sommaria del fatto con l'indicazione delle norme di legge che si assumono violate;
c) l'esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l'indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza, tenuto conto anche del tempo trascorso dalla commissione del reato;
c-bis) l'esposizione dei motivi per i quali sono stati ritenuti non rilevanti gli elementi forniti dalla difesa, nonché, in caso di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere, l'esposizione delle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze di cui all'articolo 274 non possono essere soddisfatte con altre misure;
d) la fissazione della data di scadenza della misura, in relazione alle indagini da compiere, allorché questa è disposta al fine di garantire l'esigenza cautelare di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 274;
e) la data e la sottoscrizione del giudice.
2-bis. L'ordinanza contiene altresì la sottoscrizione dell'ausiliario che assiste il giudice, il sigillo dell'ufficio e, se possibile, l'indicazione del luogo in cui probabilmente si trova l'imputato.
2-ter. L'ordinanza è nulla se non contiene la valutazione degli elementi a carico e a favore dell'imputato, di cui all'articolo 358, nonché all'articolo 327-bis.
3. L'incertezza circa il giudice che ha emesso il provvedimento ovvero circa la persona nei cui confronti la misura è disposta esime gli ufficiali e gli agenti incaricati dal darvi esecuzione.
Art. 293.
Adempimenti esecutivi.
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 156, l'ufficiale o l'agente incaricato di eseguire l'ordinanza che ha disposto la custodia cautelare consegna all'imputato copia del provvedimento e lo avverte della facoltà di nominare un difensore di fiducia, informa immediatamente il difensore di fiducia eventualmente nominato ovvero quello di ufficio designato a norma dell'articolo 97 e redige verbale di tutte le operazioni compiute. Il verbale è immediatamente trasmesso al giudice che ha emesso l'ordinanza e al pubblico ministero.
2. Le ordinanze che dispongono misure diverse dalla custodia cautelare sono notificate all'imputato.
3. Le ordinanze previste dai commi 1 e 2, dopo la loro notificazione o esecuzione, sono depositate nella cancelleria del giudice che le ha emesse insieme alla richiesta del pubblico ministero e agli atti presentati con la stessa. Avviso del deposito è notificato al difensore.
4. Copia dell'ordinanza che dispone una misura interdittiva è trasmessa all'organo eventualmente competente a disporre l'interdizione in via ordinaria.
Art. 294.
Interrogatorio della persona sottoposta a misura cautelare personale. 
1. Fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento, il giudice che ha deciso in ordine all'applicazione della misura cautelare se non vi ha proceduto nel corso dell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo di indiziato di delitto procede all'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare in carcere immediatamente e comunque non oltre cinque giorni dall'inizio dell'esecuzione della custodia, salvo il caso in cui essa sia assolutamente impedita.
1-bis. Se la persona è sottoposta ad altra misura cautelare, sia coercitiva che interdittiva, l'interrogatorio deve avvenire non oltre dieci giorni dalla esecuzione del provvedimento o dalla sua notificazione.
1-ter. L'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare deve avvenire entro il termine di quarantotto ore se il pubblico ministero ne fa istanza nella richiesta di custodia cautelare.
2. Nel caso di assoluto impedimento, il giudice ne dà atto con decreto motivato e il termine per l'interrogatorio decorre nuovamente dalla data in cui il giudice riceve comunicazione della cessazione dell'impedimento o comunque accerta la cessazione dello stesso.
3. Mediante l'interrogatorio il giudice valuta se permangono le condizioni di applicabilità e le esigenze cautelari previste dagli articoli 273, 274 e 275. Quando ne ricorrono le condizioni, provvede, a norma dell'articolo 299, alla revoca o alla sostituzione della misura disposta.
4. Ai fini di quanto previsto dal comma 3, l'interrogatorio è condotto dal giudice con le modalità indicate negli articoli 64 e 65. Al pubblico ministero e al difensore, che ha obbligo di intervenire, è dato tempestivo avviso del compimento dell'atto.
4-bis. Quando la misura cautelare è stata disposta dalla Corte di Assise o dal tribunale, all'interrogatorio procede il presidente del collegio o uno dei componenti da lui delegato.
5. Per gli interrogatori da assumere nella circoscrizione di altro tribunale, il giudice o il presidente, nel caso di organo collegiale, qualora non ritenga di procedere personalmente, richiede il giudice per le indagini preliminari del luogo. (1)
6. L'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare da parte del pubblico ministero non può precedere l'interrogatorio del giudice.
(1) Comma così sostituito dall'art. 12 della L. 1 marzo 2001, n. 63
_______________
Cfr. Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 4 maggio 2009, n. 18190 in Altalex Massimario.
Art. 295.
Verbale di vane ricerche. 
1. Se la persona nei cui confronti la misura è disposta non viene rintracciata e non è possibile procedere nei modi previsti dall'articolo 293, l'ufficiale o l'agente redige ugualmente il verbale, indicando specificamente le indagini svolte, e lo trasmette senza ritardo al giudice che ha emesso l'ordinanza.
2. Il giudice, se ritiene le ricerche esaurienti, dichiara, nei casi previsti dall'articolo 296, lo stato di latitanza.
3. Al fine di agevolare le ricerche del latitante, il giudice o il pubblico ministero, nei limiti e con le modalità previste dagli articoli 266 e 267, può disporre l'intercettazione di conversazioni o comunicazioni telefoniche e di altre forme di telecomunicazione. Si applicano, ove possibile, le disposizioni degli articoli 268, 269 e 270.
3-bis. Fermo quanto disposto nel comma 3 del presente articolo e nel comma 5 dell'articolo 103, il giudice o il pubblico ministero può disporre l'intercettazione di comunicazioni tra presenti quando si tratta di agevolare le ricerche di un latitante in relazione a uno dei delitti previsti dall'articolo 51, comma 3-bis nonché dell'articolo 407, comma 2, lettera a), n. 4).
3-ter. Nei giudizi davanti alla Corte d'assise, ai fini di quanto previsto dai commi 3 e 3-bis, in luogo del giudice provvede il presidente della Corte. (1)
(1) Comma aggiunto dall'art. 1 della L. 14 febbraio 2006, n. 56
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Cfr. Cassazione Penale, sez. I, sentenza 20 giugno 2007, n. 24178 in Altalex Massimario.
Art. 296.
Latitanza. 
1. E' latitante chi volontariamente si sottrae alla custodia cautelare , agli arresti domiciliari, al divieto di espatrio , all'obbligo di dimora o a un ordine con cui si dispone la carcerazione.
2. Con il provvedimento che dichiara la latitanza, il giudice designa un difensore di ufficio al latitante che ne sia privo e ordina che sia depositata in cancelleria copia dell'ordinanza con la quale è stata disposta la misura rimasta ineseguita. Avviso del deposito è notificato al difensore.
3. Gli effetti processuali conseguenti alla latitanza operano soltanto nel procedimento penale nel quale essa è stata dichiarata.
4. La qualità di latitante permane fino a che il provvedimento che vi ha dato causa sia stato revocato a norma dell'articolo 299 o abbia altrimenti perso efficacia ovvero siano estinti il reato o la pena per cui il provvedimento è stato emesso.
5. Al latitante per ogni effetto è equiparato l'evaso.
Art. 297.
Computo dei termini di durata delle misure. 
1. Gli effetti della custodia cautelare decorrono dal momento della cattura, dell'arresto o del fermo.
2. Gli effetti delle altre misure decorrono dal momento in cui l'ordinanza che le dispone è notificata a norma dell'articolo 293.
3. Se nei confronti di un imputato sono emesse più ordinanze che dispongono la medesima misura per uno stesso fatto, benché diversamente circostanziato o qualificato, ovvero per fatti diversi commessi anteriormente alla emissione della prima ordinanza in relazione ai quali sussiste connessione ai sensi dell'articolo 12, comma 1, lettera b) e c), limitatamente ai casi di reati commessi per eseguire gli altri, i termini decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza e sono commisurati all'imputazione più grave. La disposizione non si applica relativamente alle ordinanze per fatti non desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio disposto per il fatto con il quale sussiste connessione ai sensi del presente comma.
4. Nel computo dei termini della custodia cautelare si tiene conto dei giorni in cui si sono tenute le udienze e di quelli impiegati per la deliberazione della sentenza nel giudizio di primo grado o nel giudizio sulle impugnazioni solo ai fini della determinazione della durata complessiva della custodia a norma dell'articolo 303 comma 4.
5. Se l'imputato è detenuto per un altro reato o è internato per misura di sicurezza, gli effetti della misura decorrono dal giorno in cui è notificata l'ordinanza che la dispone, se sono compatibili con lo stato di detenzione o di internamento; altrimenti decorrono dalla cessazione di questo. Ai soli effetti del computo dei termini di durata massima, la custodia cautelare si considera compatibile con lo stato di detenzione per esecuzione di pena o di internamento per misura di sicurezza.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 4 gennaio 2008, n. 97 e Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 23 aprile 2009, n. 20780 in Altalex Massimario.
Art. 298.
Sospensione dell'esecuzione delle misure. 
1. L'esecuzione di un ordine con cui si dispone la carcerazione nei confronti di un imputato al quale sia stata applicata una misura cautelare personale per un altro reato ne sospende l'esecuzione, salvo che gli effetti della misura disposta siano compatibili con la espiazione della pena.
2. La sospensione non opera quando la pena è espiata in regime di misure alternative alla detenzione.
Capo V
Estinzione delle misure
Art. 299.
Revoca e sostituzione delle misure. 
1. Le misure coercitive e interdittive sono immediatamente revocate quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dall'art. 273 o dalle disposizioni relative alle singole misure ovvero le esigenze cautelari previste dall'articolo 274.
2. Salvo quanto previsto dall'art. 275, comma 3, quando le esigenze cautelari risultano attenuate ovvero la misura applicata non appare più proporzionata all'entità del fatto o alla sanzione che si ritiene possa essere irrogata, il giudice sostituisce la misura con un'altra meno grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità meno gravose.
3. Il pubblico ministero e l'imputato richiedono la revoca o la sostituzione delle misure al giudice, il quale provvede con ordinanza entro cinque giorni dal deposito della richiesta. Il giudice provvede anche di ufficio quando assume l'interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare o quando è richiesto della proroga del termine per le indagini preliminari o dell'assunzione di incidente probatorio ovvero quando procede all'udienza preliminare o al giudizio.
3-bis. Il giudice, prima di provvedere in ordine alla revoca o alla sostituzione delle misure coercitive e interdittive, di ufficio o su richiesta dell'imputato, deve sentire il pubblico ministero. Se nei due giorni successivi il pubblico ministero non esprime il proprio parere, il giudice procede.
3-ter. Il giudice, valutati gli elementi addotti per la revoca o la sostituzione delle misure, prima di provvedere può assumere l'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini. Se l'istanza di revoca o di sostituzione è basata su elementi nuovi o diversi rispetto a quelli già valutati, il giudice deve assumere l'interrogatorio dell'imputato che ne ha fatto richiesta.
4. Fermo quanto previsto, dall'articolo 276, quando le esigenze cautelari risultano aggravate, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, sostituisce la misura applicata con un'altra più grave ovvero ne dispone l'applicazione con modalità più gravose.
4-bis. Dopo la chiusura delle indagini preliminari, se l'imputato chiede la revoca o la sostituzione della misura con altra meno grave ovvero la sua applicazione con modalità meno gravose, il giudice, se la richiesta non è presentata in udienza, ne dà comunicazione al pubblico ministero, il quale, nei due giorni successivi, formula le proprie richieste.
4-ter. In ogni stato e grado del procedimento, quando non è in grado di decidere allo stato degli atti, il giudice dispone, anche di ufficio e senza formalità, accertamenti sulle condizioni di salute o su altre condizioni o qualità personali dell'imputato. Gli accertamenti sono eseguiti al più presto e comunque entro quindici giorni da quello in cui la richiesta è pervenuta al giudice. Se la richiesta di revoca o di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere è basata sulle condizioni di salute di cui all'articolo 275, comma 4-bis, ovvero se tali condizioni di salute sono segnalate dal servizio sanitario penitenziario, o risultano in altro modo al giudice, questi, se non ritiene di accogliere la richiesta sulla base degli atti, dispone con immediatezza, e comunque non oltre il termine previsto nel comma 3, gli accertamenti medici del caso, nominando perito ai sensi dell'articolo 220 e seguenti, il quale deve tener conto del parere del medico penitenziario e riferire entro il termine di cinque giorni, ovvero, nel caso di rilevata urgenza, non oltre due giorni dall'accertamento. Durante il periodo compreso tra il provvedimento che dispone gli accertamenti e la scadenza del termine per gli accertamenti medesimi, è sospeso il termine previsto dal comma 3.
4-quater. Si applicano altresì le disposizioni di cui all'articolo 286-bis, comma 3.
Art. 300.
Estinzione delle misure per effetto della pronuncia di determinate sentenze. 
1. Le misure disposte in relazione a un determinato fatto perdono immediatamente efficacia quando, per tale fatto e nei confronti della medesima persona, è disposta l'archiviazione ovvero è pronunciata sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento .
2. Se l'imputato si trova in stato di custodia cautelare e con la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere è applicata la misura di sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, il giudice provvede a norma dell'art. 312.
3. Quando, in qualsiasi grado del processo, è pronunciata sentenza di condanna, le misure perdono efficacia se la pena irrogata è dichiarata estinta ovvero condizionatamente sospesa.
4. La custodia cautelare perde altresì efficacia quando è pronunciata sentenza di condanna, ancorché sottoposta a impugnazione, se la durata della custodia già subita non è inferiore all'entità della pena irrogata.
5. Qualora l'imputato prosciolto o nei confronti del quale sia stata emessa sentenza di non luogo a procedere sia successivamente condannato per lo stesso fatto, possono essere disposte nei suoi confronti misure coercitive quando ricorrono le esigenze cautelari previste dall'articolo 274 comma 1 lettere b) o c).
Art. 301.
Estinzione di misure disposte per esigenze probatorie. 
1. Le misure disposte per le esigenze cautelari previste dall'articolo 274 comma 1 lettera a) perdono immediatamente efficacia se alla scadenza del termine previsto dall'art. 292 comma 2 lettera d), non ne è ordinata la rinnovazione.
2. La rinnovazione è disposta dal giudice con ordinanza, su richiesta del pubblico ministero, anche per più di una volta, entro i limiti previsti dagli articoli 305 e 308.
2-bis. Salvo il disposto dell'articolo 292, comma 2, lettera d), quando si procede per reati diversi sia da quelli previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da 1 a 6, sia da quelli per il cui accertamento sono richieste investigazioni particolarmente complesse per la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese, ovvero per reati il cui accertamento è richiesto il compimento di atti di indagini all'estero, la custodia cautelare in carcere disposta per il compimento delle indagini previste dall'articolo 274, comma 1, lettera a), non può avere durata superiore a trenta giorni.
2-ter. La proroga della medesima misura è disposta, per non più di due volte ed entro il limite complessivo di novanta giorni, dal giudice con ordinanza, su richiesta inoltrata dal pubblico ministero prima della scadenza, valutate le ragioni che hanno impedito il compimento delle indagini per le cui esigenze la misura era stata disposta e previo l'interrogatorio dell'imputato.
Art. 302.
Estinzione della custodia per omesso interrogatorio della persona in stato di custodia cautelare. (1) (2)
1. La custodia cautelare disposta nel corso delle indagini preliminari perde immediatamente efficacia se il giudice non procede all'interrogatorio entro il termine previsto dall'art. 294. Dopo la liberazione, la misura può essere nuovamente disposta dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, previo interrogatorio, allorché, valutati i risultati di questo, sussistono le condizioni indicate negli articoli 273, 274 e 275. Nello stesso modo si procede nel caso in cui la persona, senza giustificato motivo, non si presenta a rendere interrogatorio. Si osservano le disposizioni dell'articolo 294 commi 3, 4 e 5.
(1) La Corte costituzionale con sentenza 3 aprile 1997 n. 77 ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo nella parte in cui non prevede che le misure cautelari coercitive, diverse dalla custodia cautelare, e quelle interdittive, perdano immediatamente efficacia se il giudice non procede all'interrogatorio entro il termine previsto dall'articolo 294, comma 1-bis.
(2) La Corte costituzionale con sentenza 3 aprile 1997 n. 77 ha inoltre dichiarato l'illegittimità del presente articolo limitatamente alle parole "disposta nel corso delle indagini preliminari".
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Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 31 marzo 2010, n. 12609 in Altalex Massimario.
Art. 303.
Termini di durata massima della custodia cautelare. (1)
1. La custodia cautelare perde efficacia quando:
a) dall'inizio della sua esecuzione sono decorsi i seguenti termini senza che sia stato emesso il provvedimento che dispone il giudizio o l'ordinanza con cui il giudice dispone il giudizio abbreviato ai sensi dell'articolo 438, ovvero senza che sia stata pronunciata la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti: (2)
1) tre mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni;
2) sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni, salvo quanto previsto dal numero 3);
3) un anno, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o la pena della reclusione non inferiore nel massimo a venti anni ovvero per uno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), sempre che per lo stesso la legge preveda la pena della reclusione superiore nel massimo a sei anni;
b) dall'emissione del provvedimento che dispone il giudizio o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna di primo grado:
1) sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni;
2) un anno, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto dal numero 1);
3) un anno e sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o la pena della reclusione superiore nel massimo a venti anni;
3-bis) qualora si proceda per i delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), i termini di cui ai numeri 1), 2) e 3) sono aumentati fino a sei mesi. Tale termine è imputato a quello della fase precedente ove non completamente utilizzato, ovvero ai termini di cui alla lettera d) per la parte eventualmente residua. In quest'ultimo caso i termini di cui alla lettera d) sono proporzionalmente ridotti;b-bis) dall'emissione dell'ordinanza con cui il giudice dispone il giudizio abbreviato o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna ai sensi dell'articolo 442: (3)
1) tre mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni;
2) sei mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto nel numero 1;
3) nove mesi, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o la pena della reclusione superiore nel massimo a venti anni; (4)
c) dalla pronuncia della sentenza di condanna di primo grado o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi i seguenti termini senza che sia stata pronunciata sentenza di condanna in grado di appello:
1) nove mesi, se vi è stata condanna alla pena della reclusione non superiore a tre anni;
2) un anno, se vi è stata condanna alla pena della reclusione non superiore a dieci anni;
3) un anno e sei mesi, se vi è stata condanna alla pena dell'ergastolo o della reclusione superiore a dieci anni;
d) dalla pronuncia della sentenza di condanna in grado di appello o dalla sopravvenuta esecuzione della custodia sono decorsi gli stessi termini previsti dalla lettera c) senza che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, salve le ipotesi di cui alla lettera b), numero 3-bis). Tuttavia, se vi è stata condanna in primo grado, ovvero se la impugnazione è stata proposta esclusivamente dal pubblico ministero, si applica soltanto la disposizione del comma 4.
2. Nel caso in cui, a seguito di annullamento con rinvio da parte della Corte di cassazione o per altra causa, il procedimento regredisca a una fase o a un grado di giudizio diversi ovvero sia rinviato ad altro giudice, dalla data del procedimento che dispone il regresso o il rinvio ovvero dalla sopravvenuta esecuzione della custodia cautelare decorrono di nuovo i termini previsti dal comma 1 relativamente a ciascuno stato e grado del procedimento.
3. Nel caso di evasione dell'imputato sottoposto a custodia cautelare, i termini previsti dal comma 1 decorrono di nuovo, relativamente a ciascuno stato e grado del procedimento, dal momento in cui venga ripristinata la custodia cautelare.
4. La durata complessiva della custodia cautelare, considerate anche le proroghe previste dall'articolo 305, non può superare i seguenti termini:
a) due anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni;
b) quattro anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non superiore nel massimo a venti anni, salvo quanto previsto dalla lettera a);
c) sei anni, quando si procede per un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a venti anni.
(1) La Corte costituzionale con sentenza 22 luglio 2005, n. 299 ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui non consente di computare ai fini dei termini massimi di fase determinati dall'art. 304, comma 6, del codice di procedura penale, i periodi di custodia cautelare sofferti in fasi o in gradi diversi dalla fase o dal grado in cui il procedimento è regredito.
(2) Numero aggiunto dall'art. 2, comma 1, del D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito con modificazioni, nella L. 19 gennaio 2001, n. 4
(3) Numero aggiunto dall'art. 2, comma 1, del D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito con modificazioni, nella L. 19 gennaio 2001, n. 4
(4) Lettera inserita dall'art. 1, comma 1, lett. b) del D.L. 7 aprile 2000, n. 82, convertito con modificazioni, nella L. 5 giugno 2000, n. 144
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 15 gennaio 2008, n. 2182 in Altalex Massimario.
Art. 304.
Sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare.
1. I termini previsti dall'articolo 303 sono sospesi, con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310, nei seguenti casi:
a) nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato per impedimento dell'imputato o del suo difensore ovvero su richiesta dell'imputato o del suo difensore, sempre che la sospensione o il rinvio non siano stati disposti per esigenze di acquisizione della prova o a seguito di concessione di termini per la difesa;
b) nella fase del giudizio, durante il tempo in cui il dibattimento è sospeso o rinviato a causa della mancata presentazione, dell'allontanamento o della mancata partecipazione di uno o più difensori che rendano privo di assistenza uno o più imputati;
c) nella fase del giudizio, durante la pendenza dei termini previsti dall'articolo 544, commi 2 e 3;
c-bis) nel giudizio abbreviato, durante il tempo in cui l'udienza è sospesa o rinviata per taluno dei casi indicati nelle lettere a) e b) e durante la pendenza dei termini previsti dall'articolo 544, commi 2 e 3. (1)
2. I termini previsti dall'articolo 303 possono essere altresì sospesi quando si procede per taluno dei reati indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), nel caso di dibattimenti o di giudizi abbreviati particolarmente complessi, durante il tempo in cui sono tenute le udienze o si delibera la sentenza nel giudizio di primo grado o nel giudizio sulle impugnazioni. (2)
3. Nei casi previsti dal comma 2, la sospensione è disposta dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310.
4. I termini previsti dall'articolo 303, comma 1, lettera a), sono sospesi, con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310, se l'udienza preliminare è sospesa o rinviata per taluno dei casi indicati nel comma 1, lettere a) e b), del presente articolo.
5. Le disposizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1, anche se riferite al giudizio abbreviato, e di cui al comma 4 non si applicano ai coimputati ai quali i casi di sospensione non si riferiscono e che chiedono che si proceda nei loro confronti previa separazione dei processi.
6. La durata della custodia cautelare non può comunque superare il doppio dei termini previsti dall'articolo 303, commi 1, 2 e 3 senza tenere conto dell'ulteriore termine previsto dall'articolo 303, comma 1, lettera b), numero 3-bis) e i termini aumentati della metà previsti dall'articolo 303, comma 4, ovvero, se più favorevole, i due terzi del massimo della pena temporanea prevista per il reato contestato o ritenuto in sentenza. A tal fine la pena dell'ergastolo è equiparata alla pena massima temporanea.
7. Nel computo dei termini di cui al comma 6, salvo che per il limite relativo alla durata complessiva della custodia cautelare, non si tiene conto dei periodi di sospensione di cui al comma 1, lettera b).
(1) Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 1, lett. a) del D.L. 7 aprile 2000, n. 82, convertito con modificazioni nella L. 5 giugno 2000, n. 144
(2) Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 1, lett. b) del D.L. 7 aprile 2000, n. 82, convertito con modificazioni nella L. 5 giugno 2000, n. 144
Art. 305.
Proroga della custodia cautelare.
1. In ogni stato e grado del procedimento di merito, quando è disposta perizia sullo stato di mente dell'imputato, i termini di custodia cautelare sono prorogati per il periodo di tempo assegnato per l'espletamento della perizia. La proroga è disposta con ordinanza dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, sentito il difensore. L'ordinanza è soggetta a ricorso per cassazione nelle forme previste dall'articolo 311.
2. Nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero può altresì chiedere la proroga dei termini di custodia cautelare che siano prossimi a scadere, quando sussistono gravi esigenze cautelari che, in rapporto ad accertamenti particolarmente complessi, o a nuove indagini disposte ai sensi dell'articolo 415-bis, comma 4, rendano indispensabile il protrarsi della custodia. Il giudice, sentiti il pubblico ministero e il difensore, provvede con ordinanza appellabile a norma dell'articolo 310. La proroga è rinnovabile una sola volta. I termini previsti dall'articolo 303 comma 1 non possono essere comunque superati di oltre la metà.
Art. 306.
Provvedimenti conseguenti alla estinzione delle misure. 
1. Nei casi in cui la custodia cautelare perde efficacia secondo le norme del presente titolo, il giudice dispone con ordinanza l'immediata liberazione della persona sottoposta alla misura.
2. Nei casi di perdita di efficacia di altre misure cautelari, il giudice adotta con ordinanza i provvedimenti necessari per la immediata cessazione delle misure medesime.
Art. 307.
Provvedimenti in caso di scarcerazione per decorrenza dei termini. 
1. Nei confronti dell'imputato scarcerato per decorrenza dei termini il giudice dispone le altre misure cautelari di cui ricorrano i presupposti, solo se sussistano le ragioni che avevano determinato la custodia cautelare. (1)
1-bis. Qualora si proceda per taluno dei reati indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), il giudice dispone le misure cautelari indicate dagli articoli 281, 282 e 283 anche cumulativamente. (2)
2. La custodia cautelare, ove risulti necessaria a norma dell'articolo 275, è tuttavia ripristinata:
a) se l'imputato ha dolosamente trasgredito alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare disposta a norma del comma 1, sempre che, in relazione alla natura di tale trasgressione, ricorra taluna delle esigenze cautelari previste dall'articolo 274;
b) contestualmente o successivamente alla sentenza di condanna di primo o di secondo grado, quando ricorre l'esigenza cautelare prevista dall'articolo 274 comma 1 lettera b).
3. Con il ripristino della custodia, i termini relativi alla fase in cui il procedimento si trova decorrono nuovamente ma, ai fini del computo del termine previsto dall'articolo 303 comma 4, si tiene conto anche della custodia anteriormente subita.
4. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono procedere al fermo dell'imputato che, trasgredendo alle prescrizioni inerenti a una misura cautelare disposta a norma del comma 1 o nell'ipotesi prevista dal comma 2, lettera b), stia per darsi alla fuga. Del fermo è data notizia senza ritardo, e comunque entro le ventiquattro ore, al procuratore della Repubblica presso il tribunale del luogo ove il fermo è stato eseguito. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni sul fermo di indiziato di delitto. Con il provvedimento di convalida, il giudice per le indagini preliminari, se il pubblico ministero ne fa richiesta, dispone con ordinanza, quando ne ricorrono le condizioni, la misura della custodia cautelare e trasmette gli atti al giudice competente.
5. La misura disposta a norma del comma 4 cessa di avere effetto se, entro venti giorni dalla ordinanza, il giudice competente non provvede a norma del comma 2 lettera a).
(1) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 5, del D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito con modificazioni, nella L. 19 gennaio 2001, n. 4
(2) Comma inserito dall'art. 2, comma 6, del D.L. 24 novembre 2000, n. 341, convertito con modificazioni, nella L. 19 gennaio 2001, n. 4
Art. 308.
Termini di durata massima delle misure diverse dalla custodia cautelare.
1. Le misure coercitive diverse dalla custodia cautelare perdono efficacia quando dall'inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al doppio dei termini previsti dall'articolo 303.
2. Le misure interdittive perdono efficacia quando sono decorsi due mesi dall'inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche al di là di due mesi dall'inizio dell'esecuzione, osservati i limiti previsti dal comma 1.
3. L'estinzione delle misure non pregiudica l'esercizio dei poteri che la legge attribuisce al giudice penale o ad altre autorità nell'applicazione di pene accessorie o di altre misure interdittive.
Capo VI
Impugnazioni
Art. 309.
Riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva. (1)
1. Entro dieci giorni dalla esecuzione o notificazione del provvedimento, l'imputato può proporre richiesta di riesame, anche nel merito, della ordinanza che dispone una misura coercitiva, salvo che si tratti di ordinanza emessa a seguito di appello del pubblico ministero.
2. Per l'imputato latitante il termine decorre dalla data di notificazione eseguita a norma dell'articolo 165. Tuttavia, se sopravviene l'esecuzione della misura, il termine decorre da tale momento quando l'imputato prova di non avere avuto tempestiva conoscenza del provvedimento.
3. Il difensore dell'imputato può proporre la richiesta di riesame entro dieci giorni dalla notificazione dell'avviso di deposito dell'ordinanza che dispone la misura.
3-bis. Nei termini previsti dai commi 1, 2 e 3 non si computano i giorni per i quali è stato disposto il differimento del colloquio, a norma dell'articolo 104, comma 3.
4. La richiesta di riesame è presentata nella cancelleria del tribunale indicato nel comma 7. Si osservano le forme previste dagli articoli 582 e 583 .
5. Il presidente cura che sia dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente la quale, entro il giorno successivo, e comunque non oltre il quinto giorno, trasmette al tribunale gli atti presentati a norma dell'articolo 291, comma 1, nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona sottoposta alle indagini.
6. Con la richiesta di riesame possono essere enunciati anche i motivi. Chi ha proposto la richiesta ha, inoltre, facoltà di enunciare i nuovi motivi davanti al giudice del riesame facendone dare atto a verbale prima dell'inizio della discussione.
7. Sulla richiesta di riesame decide, in composizione collegiale, il tribunale del luogo nel quale ha sede la corte di appello o la sezione distaccata della corte di appello nella cui circoscrizione è compreso l'ufficio del giudice che ha emesso l'ordinanza.
8. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'articolo 127. L'avviso della data fissata per l'udienza è comunicato, almeno tre giorni prima, al pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 e, se diverso, a quello che ha richiesto l'applicazione della misura; esso è notificato, altresì, entro lo stesso termine, all'imputato ed al suo difensore. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria, con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne copia.
8-bis. Il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura può partecipare all'udienza in luogo del pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7.
9. Entro dieci giorni dalla ricezione degli atti il tribunale, se non deve dichiarare l'inammissibilità della richiesta, annulla, riforma e conferma l'ordinanza oggetto del riesame decidendo anche sulla base degli elementi addotti dalle parti nel corso dell'udienza. Il tribunale può annullare il provvedimento impugnato o riformarlo in senso favorevole all'imputato anche per motivi diversi da quelli enunciati ovvero può confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso.
10. Se la trasmissione degli atti non avviene nei termini di cui al comma 5 o se la decisione sulla richiesta di riesame non interviene entro il termine prescritto, l'ordinanza che dispone la misura coercitiva perde efficacia.
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 15 marzo 1996, n. 71, ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo nella parte in cui non prevede la possibilità di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nell'ipotesi in cui sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio a norma dell'art. 429 dello stesso codice.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. I, sentenza 13 febbraio 2008, n. 6816 in Altalex Massimario.
Art. 310.
Appello. (1)
1. Fuori dei casi previsti dall'articolo 309 comma 1, il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore possono proporre appello contro le ordinanze in materia di misure cautelari personali, enunciandone contestualmente i motivi.
2. Si osservano le disposizioni dell'articolo 309 commi 1, 2, 3, 4 e 7. Dell'appello è dato immediato avviso all'autorità giudiziaria precedente che, entro il giorno successivo, trasmette al tribunale l'ordinanza appellata e gli atti su cui la stessa si fonda. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'articolo 127. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria con facoltà per il difensore di esaminarli e di estrarne la copia. Il tribunale decide entro venti giorni dalla ricezione degli atti.
3. L'esecuzione della decisione con la quale il tribunale, accogliendo l'appello del pubblico ministero, dispone una misura cautelare è sospesa fino a che la decisione non sia divenuta definitiva.
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 15 marzo 1996, n. 71 ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo nella parte in cui non prevede la possibilità di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nell'ipotesi in cui sia stato emesso il decreto che dispone il giudizio a norma dell'art. 429 dello stesso codice.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, ordinanza 10 marzo 2009, n. 10695 e Cassazione Penale, sez. II, sentenza 23 luglio 2009, n. 30730 in Altalex Massimario.
Art. 311.
Ricorso per cassazione.
1. Contro le decisioni emesse a norma degli articoli 309 e 310, il pubblico ministero che ha richiesto l'applicazione della misura, l'imputato e il suo difensore possono proporre ricorso per cassazione entro dieci giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell'avviso di deposito del provvedimento. Il ricorso può essere proposto anche dal pubblico ministero presso il tribunale indicato nel comma 7 dell'articolo 309.
2. Entro i termini previsti dall'articolo 309 commi 1, 2 e 3, l'imputato e il suo difensore possono proporre direttamente ricorso per cassazione per violazione di legge contro le ordinanze che dispongono una misura coercitiva. La proposizione del ricorso rende inammissibile la richiesta di riesame.
3. Il ricorso è presentato nella cancelleria del giudice che ha emesso la decisione ovvero, nel caso previsto dal comma 2, in quella del giudice che ha emesso l'ordinanza. Il giudice cura che sia dato immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette gli atti alla corte di cassazione.
4. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, i motivi devono essere enunciati contestualmente al ricorso, ma il ricorrente ha facoltà di enunciare nuovi motivi davanti alla corte di cassazione, prima dell'inizio della discussione.
5. La Corte di cassazione decide entro trenta giorni dalla ricezione degli atti osservando le forme previste dall'articolo 127.
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Cfr. Cassazione Penale, SS.UU., ordinanza 27 luglio 2009, n. 31011 in Altalex Massimario.
Capo VII
Applicazione provvisoria di misure di sicurezza
Art. 312.
Condizioni di applicabilità.
1. Nei casi previsti dalla legge, l'applicazione provvisoria delle misure di sicurezza è disposta dal giudice, su richiesta del pubblico ministero, in qualunque stato e grado del procedimento, quando sussistono gravi indizi di commissione del fatto e non ricorrono le condizioni previste dall'articolo 273 comma 2.
Art. 313.
Procedimento.
1. Il giudice provvede con ordinanza a norma dell'articolo 292, previo accertamento sulla pericolosità sociale dell'imputato. Ove non sia stato possibile procedere all'interrogatorio della persona sottoposta alle indagini prima della pronuncia del provvedimento, si applica la disposizione dell'articolo 294.
2. Salvo quanto previsto dall'articolo 299 comma 1, ai fini dell'articolo 206 comma 2 del codice penale, il giudice procede a nuovi accertamenti sulla pericolosità sociale dell'imputato nei termini indicati nell'articolo 72.
3. Ai fini delle impugnazioni, la misura prevista dall'articolo 312 è equiparata alla custodia cautelare. Si applicano le norme sulla riparazione per l'ingiusta detenzione.
Capo VIII
Riparazione per l'ingiusta detenzione
Art. 314.
Presupposti e modalità della decisione. (1)
1. Chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un'equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave. (2)
2. Lo stesso diritto spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto a custodia cautelare, quando con decisione irrevocabile risulti accertato che il provvedimento che ha disposto la misura è stato emesso o mantenuto senza che sussistessero le condizioni di applicabilità previste dagli articoli 273 e 280. (3)
3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, alle medesime condizioni, a favore delle persone nei cui confronti sia pronunciato provvedimento di archiviazione ovvero sentenza di non luogo a procedere.
4. Il diritto alla riparazione è escluso per quella parte della custodia cautelare che sia computata ai fini della determinazione della misura di una pena ovvero per il periodo in cui le limitazioni conseguenti all'applicazione della custodia siano state sofferte anche in forza di altro titolo.
5. Quando con la sentenza o con il provvedimento di archiviazione è stato affermato che il fatto non è previsto dalla legge come reato per abrogazione della norma incriminatrice, il diritto alla riparazione è altresì escluso per quella parte di custodia cautelare sofferta prima della abrogazione medesima.
(1) La Corte costituzionale con sentenza 25 luglio 1996, n. 310 ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo nella parte in cui non prevede il diritto all'equa riparazione anche per la detenzione ingiustamente patita a causa di erroneo ordine di esecuzione.
(2) La Corte costituzionale con sentenza 2 aprile 1999 n. 109 ha dichiarato l'illegittimità del presente comma nella parte in cui non prevede che chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non avere commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un'equa riparazione per la detenzione subita a causa di arresto in flagranza o di fermo di indiziato di delitto, entro gli stessi limiti stabiliti per la custodia cautelare.
(3) La Corte costituzionale con sentenza 2 aprile 1999 n. 109 ha dichiarato l'illegittimità del presente comma nella parte in cui non prevede che lo stesso diritto nei medesimi limiti spetta al prosciolto per qualsiasi causa o al condannato che nel corso del processo sia stato sottoposto ad arresto in flagranza o a fermo di indiziato di delitto quando, con decisione irrevocabile, siano risultate insussistenti le condizioni per la convalida.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 5 maggio 2008, n. 17718, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 29 settembre 2008, n. 37026, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 13 ottobre 2008, n. 38630, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 29 ottobre 2008, n. 40291, Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 29 gennaio 2009, n. 4187 e Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 14 gennaio 2010, n. 1546 in Altalex Massimario.
Art. 315.
Procedimento per la riparazione.
1. La domanda di riparazione deve essere proposta, a pena di inammissibilità, entro due anni dal giorno in cui la sentenza di proscioglimento o di condanna è divenuta irrevocabile, la sentenza di non luogo a procedere è divenuta inoppugnabile o è stata effettuata la notificazione del provvedimento di archiviazione alla persona nei cui confronti è stato pronunciato a norma del comma 3 dell'articolo 314.
2. L'entità della riparazione non può comunque eccedere euro 516.456,90.
3. Si applicano, in quanto compatibili, le norme sulla riparazione dell'errore giudiziario.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 5 maggio 2008, n. 17718 e Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 14 gennaio 2010, n. 1546 in Altalex Massimario.
LIBRO QUARTO
MISURE CAUTELARI
TITOLO II
Misure cautelari reali
Capo I
Sequestro conservativo
Art. 316. 
Presupposti ed effetti del provvedimento. 
1. Se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie per il pagamento della pena pecuniaria, delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato, il pubblico ministero, in ogni stato e grado del processo di merito, chiede il sequestro conservativo dei beni mobili o immobili dell'imputato o delle somme o cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne consente il pignoramento.
2. Se vi è fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie delle obbligazioni civili derivanti dal reato, la parte civile può chiedere il sequestro conservativo dei beni dell'imputato o del responsabile civile, secondo quanto previsto dal comma 1.
3. Il sequestro disposto a richiesta del pubblico ministero giova anche alla parte civile.
4. Per effetto del sequestro i crediti indicati nei commi 1 e 2 si considerano privilegiati, rispetto a ogni altro credito non privilegiato di data anteriore e ai crediti sorti posteriormente, salvi, in ogni caso, i privilegi stabiliti a garanzia del pagamento dei tributi.
Art. 317. 
Forma del provvedimento. Competenza. 
1. Il provvedimento che dispone il sequestro conservativo a richiesta del pubblico ministero o della parte civile è emesso con ordinanza del giudice che procede.
2. Se è stata pronunciata sentenza di condanna, di proscioglimento o di non luogo a procedere, soggetta a impugnazione, il sequestro è ordinato, prima che gli atti siano trasmessi al giudice dell'impugnazione, dal giudice che ha pronunciato la sentenza e, successivamente, dal giudice che deve decidere sull'impugnazione. Dopo il provvedimento che dispone il giudizio e prima che gli atti siano trasmessi al giudice competente, provvede il giudice per le indagini preliminari.
3. Il sequestro è eseguito dall'ufficiale giudiziario con le forme prescritte dal codice di procedura civile per l'esecuzione del sequestro conservativo sui beni mobili o immobili.
4. Gli effetti del sequestro cessano quando la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere non è più soggetta a impugnazione. La cancellazione della trascrizione del sequestro di immobili è eseguita a cura del pubblico ministero. Se il pubblico ministero non provvede, l'interessato può proporre incidente di esecuzione.
Art. 318. 
Riesame dell'ordinanza di sequestro conservativo. 
1. Contro l'ordinanza di sequestro conservativo chiunque vi abbia interesse può proporre richiesta di riesame, anche nel merito, a norma dell'articolo 324.
2. La richiesta di riesame non sospende l'esecuzione del provvedimento.
Art. 319.
Offerta di cauzione. 
1. Se l'imputato o il responsabile civile offre cauzione idonea a garantire i crediti indicati nell'articolo 316, il giudice dispone con decreto che non si faccia luogo al sequestro conservativo e stabilisce le modalità con cui la cauzione deve essere prestata.
2. Se l'offerta è proposta con la richiesta di riesame, il giudice revoca il sequestro conservativo quando ritiene la cauzione proporzionata al valore delle cose sequestrate.
3. Il sequestro è altresì revocato dal giudice se l'imputato o il responsabile civile offre, in qualunque stato e grado del processo di merito, cauzione idonea.
Art. 320. 
Esecuzione sui beni sequestrati. 
1. Il sequestro conservativo si converte in pignoramento quando diventa irrevocabile la sentenza di condanna al pagamento di una pena pecuniaria ovvero quando diventa esecutiva la sentenza che condanna l'imputato e il responsabile civile al risarcimento del danno in favore della parte civile. La conversione non estingue il privilegio previsto dall'articolo 316 comma 4.
2. Salva l'azione per ottenere con le forme ordinarie il pagamento delle somme che rimangono ancora dovute, l'esecuzione forzata sui beni sequestrati ha luogo nelle forme prescritte dal codice di procedura civile. Sul prezzo ricavato dalla vendita dei beni sequestrati e sulle somme depositate a titolo di cauzione e non devolute alla cassa delle ammende, sono pagate, nell'ordine, le somme dovute alla parte civile a titolo di risarcimento del danno e di spese processuali, le pene pecuniarie, le spese di procedimento e ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato.
Capo II
Sequestro preventivo
Art. 321. 
Oggetto del sequestro preventivo. 
1. Quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati, a richiesta del pubblico ministero il giudice competente a pronunciarsi nel merito ne dispone il sequestro con decreto motivato. Prima dell'esercizio dell'azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari.
2. Il giudice può altresì disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca.
2-bis. Nel corso del procedimento penale relativo a delitti previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale il giudice dispone il sequestro dei beni di cui è consentita la confisca.
3. Il sequestro è immediatamente revocato a richiesta del pubblico ministero o dell'interessato quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dal comma 1. Nel corso delle indagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato, che è notificato a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. Se vi è richiesta di revoca dell'interessato, il pubblico ministero, quando ritiene che essa vada anche in parte respinta, la trasmette al giudice, cui presenta richieste specifiche nonché gli elementi sui quali fonda le sue valutazioni. La richiesta è trasmessa non oltre il giorno successivo a quello del deposito nella segreteria.
3-bis. Nel corso delle indagini preliminari, quando non è possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice, il sequestro è disposto con decreto motivato dal pubblico ministero. Negli stessi casi, prima dell'intervento del pubblico ministero, al sequestro procedono ufficiali di polizia giudiziaria, i quali, nelle quarantotto ore successive, trasmettono il verbale al pubblico ministero del luogo in cui il sequestro è stato eseguito. Questi, se non dispone la restituzione delle cose sequestrate, richiede al giudice la convalida e l'emissione del decreto previsto dal comma 1 entro quarantotto ore dal sequestro, se disposto dallo stesso pubblico ministero, o dalla ricezione del verbale, se il sequestro è stato eseguito di iniziativa dalla polizia giudiziaria.
3-ter. Il sequestro perde efficacia se non sono osservati i termini previsti dal comma 3-bis ovvero se il giudice non emette l'ordinanza di convalida entro dieci giorni dalla ricezione della richiesta. Copia dell'ordinanza è immediatamente notificata alla persona alla quale le cose sono state sequestrate.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 30 luglio 2007, n. 30966, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 23 giugno 2008, n. 25573, Tribunale di Bergamo, sez. penale, sentenza 24 settembre 2008 e Tribunale di Vicenza, ordinanza 11 agosto 2009, Cassazione Penale, sez. III, sentenza 22 settembre 2009, n. 36838 e Cassazione Penale, sez. III, ordinanza 27 aprile 2010, n. 16394 in Altalex Massimario.
Art. 322. 
Riesame del decreto di sequestro preventivo. 
1. Contro il decreto di sequestro emesso dal giudice l'imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre richiesta di riesame, anche nel merito, a norma dell'articolo 324.
2. La richiesta di riesame non sospende l'esecuzione del provvedimento.
Art. 322-bis. 
Appello. 
1. Fuori dei casi previsti dall'articolo 322, il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione, possono proporre appello contro le ordinanze in materia di sequestro preventivo e contro il decreto di revoca del sequestro emesso dal pubblico ministero.
1-bis. Sull'appello decide, in composizione collegiale, il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento.
2. L'appello non sospende l'esecuzione del provvedimento. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell'articolo 310.
Art. 323. 
Perdita di efficacia del sequestro preventivo. 
1. Con la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, ancorché soggetta a impugnazione, il giudice ordina che le cose sequestrate siano restituite a chi ne abbia diritto, quando non deve disporre la confisca a norma dell'articolo 240 del codice penale. Il provvedimento è immediatamente esecutivo.
2. Quando esistono più esemplari identici della cosa sequestrata e questa presenta interesse a fini di prova, il giudice, anche dopo la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere impugnata dal pubblico ministero, ordina che sia mantenuto il sequestro di un solo esemplare e dispone la restituzione degli altri esemplari.
3. Se è pronunciata sentenza di condanna, gli effetti del sequestro permangono quando è stata disposta la confisca delle cose sequestrate.
4. La restituzione non è ordinata se il giudice dispone, a richiesta del pubblico ministero o della parte civile, che sulle cose appartenenti all'imputato o al responsabile civile sia mantenuto il sequestro a garanzia dei crediti indicati nell'articolo 316.
Capo III
Impugnazioni
Art. 324. 
Procedimento di riesame. 
1. La richiesta di riesame è presentata, nella cancelleria del tribunale indicato nel comma 5, entro dieci giorni dalla data di esecuzione del provvedimento che ha disposto il sequestro o dalla diversa data in cui l'interessato ha avuto conoscenza dell'avvenuto sequestro.
2. La richiesta è presentata con le forme previste dall'articolo 582. Se la richiesta è proposta dall'imputato non detenuto né internato, questi, ove non abbia già dichiarato o eletto domicilio o non si sia proceduto a norma dell'articolo 161 comma 2, deve indicare il domicilio presso il quale intende ricevere l'avviso previsto dal comma 6; in mancanza, l'avviso è notificato mediante consegna al difensore. Se la richiesta è proposta da un'altra persona e questa abbia omesso di dichiarare il proprio domicilio, l'avviso è notificato mediante deposito in cancelleria.
3. La cancelleria dà immediato avviso all'autorità giudiziaria procedente che, entro il giorno successivo, trasmette al tribunale gli atti su cui si fonda il provvedimento oggetto del riesame.
4. Con la richiesta di riesame possono essere enunciati anche i motivi. Chi ha proposto la richiesta ha, inoltre, facoltà di enunciare nuovi motivi davanti al giudice del riesame, facendone dare atto a verbale prima dell'inizio della discussione.
5. Sulla richiesta di riesame decide, in composizione collegiale, il tribunale del capoluogo della provincia nella quale ha sede l'ufficio che ha emesso il provvedimento nel termine di dieci giorni dalla ricezione degli atti .
6. Il procedimento davanti al tribunale si svolge in camera di consiglio nelle forme previste dall'articolo 127. Almeno tre giorni prima, l'avviso della data fissata per l'udienza è comunicato al pubblico ministero e notificato al difensore e a chi ha proposto la richiesta. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria.
7. Si applicano le disposizioni dell'articolo 309 commi 9 e 10. La revoca del provvedimento di sequestro può essere parziale e non può essere disposta nei casi indicati nell'articolo 240 comma 2 del codice penale.
8. Il giudice del riesame, nel caso di contestazione della proprietà, rinvia la decisione della controversia al giudice civile, mantenendo nel frattempo il sequestro.
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Cfr. Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 7 gennaio 2007, n. 231 e Cassazione Penale, sez. III, sentenza 14 dicembre 2007, n. 46656 in Altalex Massimario.
Art. 325.
Ricorso per cassazione. 
1. Contro le ordinanze emesse a norma degli articoli 322-bis e 324, il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge.
2. Entro il termine previsto dell'articolo 324 comma 1, contro il decreto di sequestro emesso dal giudice può essere proposto direttamente ricorso per cassazione. La proposizione del ricorso rende inammissibile la richiesta di riesame.
3. Si applicano le disposizioni dell'articolo 311 commi 3 e 4.
4. Il ricorso non sospende l'esecuzione della ordinanza.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 7 dicembre 2007, n. 45974 in Altalex Massimario.
PARTE SECONDA
LIBRO QUINTO
INDAGINI PRELIMINARI E UDIENZA PRELIMINARE
TITOLO I
Disposizioni generali
Art. 326. 
Finalità delle indagini preliminari. 
1. Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria svolgono, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, le indagini necessarie per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale.
Art. 327. 
Direzione delle indagini preliminari. 
1. Il pubblico ministero dirige le indagini e dispone direttamente della polizia giudiziaria che, anche dopo la comunicazione della notizia di reato, continua a svolgere attività di propria iniziativa secondo le modalità indicate nei successivi articoli.
Art. 327-bis. 
Attività investigativa del difensore. 
1. Fin dal momento dell'incarico professionale, risultante da atto scritto, il difensore ha facoltà di svolgere investigazioni per ricercare ed individuare elementi di prova a favore del proprio assistito, nelle forme e per le finalità stabilite nel titolo VI-bis del presente libro.
2. La facoltà indicata al comma 1 può essere attribuita per l'esercizio del diritto di difesa, in ogni stato e grado del procedimento, nell'esecuzione penale e per promuovere il giudizio di revisione.
3. Le attività previste dal comma 1 possono essere svolte, su incarico del difensore, dal sostituto, da investigatori privati autorizzati e, quando sono necessarie specifiche competenze, da consulenti tecnici.
Art. 328. 
Giudice per le indagini preliminari. 
1. Nei casi previsti dalla legge, sulle richieste del pubblico ministero, delle parti private e della persona offesa dal reato, provvede il giudice per le indagini preliminari.
1-bis. Quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 51 commi 3-bis e 3-quater (1), le funzioni di giudice per le indagini preliminari sono esercitate, salve specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. (2)
1-quater. Quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-quinquies, le funzioni di giudice per le indagini preliminari e le funzioni di giudice per l'udienza preliminare sono esercitate, salve specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente. (3)
(1) Le parole: “commi 3-bis e 3-quater” sono state aggiunte dall'art. 2, comma 1, lett. 0b), n. 1), del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni nella L. 24 luglio 2008, n. 125
(2) Comma aggiunto dall'art. 12 del D.L. 20 novembre 1991, n. 367, convertito con modificazioni, nella L. 20 gennaio 1992, n. 8
(3) Il comma che recitava: “1-ter. Quando si tratta di procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 51, comma 3-quater, le funzioni di giudice per le indagini preliminari sono esercitate, salve specifiche disposizioni di legge, da un magistrato del tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente.” è stato aggiunto dall'art. 10-bis del , convertito con modificazioni, nella L. 15 dicembre 2001, n. 438 ed è stato abrogato dall'art. 2, comma 1, lett. 0b), n. 2) del D.L. 23 maggio 2008, n. 92 convertito con modificazioni, nella L. 24 luglio 2008, n. 125
(4) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 1, lett. 0b), n. 3), del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni, nella L. 24 luglio 2008, n. 125
Art. 329.
Obbligo del segreto. 
1. Gli atti d'indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari.
2. Quando è necessario per la prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero può, in deroga a quanto previsto dall'articolo 114, consentire, con decreto motivato, la pubblicazione di singoli atti o di parti di essi. In tal caso, gli atti pubblicati sono depositati presso la segreteria del pubblico ministero.
3. Anche quando gli atti non sono più coperti dal segreto a norma del comma 1, il pubblico ministero, in caso di necessità per la prosecuzione delle indagini, può disporre con decreto motivato:
a) l'obbligo del segreto per singoli atti, quando l'imputato lo consente o quando la conoscenza dell'atto può ostacolare le indagini riguardanti altre persone;
b) il divieto di pubblicare il contenuto di singoli atti o notizie specifiche relative a determinate operazioni.

LIBRO QUINTO
INDAGINI PRELIMINARI E UDIENZA PRELIMINARE
TITOLO II
Notizia di reato
Art. 330. 
Acquisizione delle notizie di reato. 
1. Il pubblico ministero e la polizia giudiziaria prendono notizia dei reati di propria iniziativa e ricevono le notizie di reato presentate o trasmesse a norma degli articoli seguenti.
Art. 331. 
Denuncia da parte di pubblici ufficiali e incaricati di un pubblico servizio. 
1. Salvo quanto stabilito dall'articolo 347, i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio che, nell'esercizio o a causa delle loro funzioni o del loro servizio, hanno notizia di reato perseguibile di ufficio, devono farne denuncia per iscritto, anche quando non sia individuata la persona alla quale il reato è attribuito.
2. La denuncia è presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria.
3. Quando più persone sono obbligate alla denuncia per il medesimo fatto, esse possono anche redigere e sottoscrivere un unico atto.
4. Se, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, emerge un fatto nel quale si può configurare un reato perseguibile di ufficio, l'autorità che procede redige e trasmette senza ritardo la denuncia al pubblico ministero.
Art. 332.
Contenuto della denuncia. 
1. La denuncia contiene la esposizione degli elementi essenziali del fatto e indica il giorno dell'acquisizione della notizia nonché le fonti di prova già note. Contiene inoltre, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona alla quale il fatto è attribuito, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.
Art. 333. 
Denuncia da parte di privati. 
1. Ogni persona che ha notizia di un reato perseguibile di ufficio può farne denuncia. La legge determina i casi in cui la denuncia è obbligatoria.
2. La denuncia è presentata oralmente o per iscritto, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, al pubblico ministero o a un ufficiale di polizia giudiziaria; se è presentata per iscritto, è sottoscritta dal denunciante o da un suo procuratore speciale.
3. Delle denunce anonime non può essere fatto alcun uso, salvo quanto disposto dall'articolo 240.
Art. 334. 
Referto. 
1. Chi ha l'obbligo del referto deve farlo pervenire entro quarantotto ore o, se vi è pericolo nel ritardo, immediatamente al pubblico ministero o a qualsiasi ufficiale di polizia giudiziaria del luogo in cui ha prestato la propria opera o assistenza ovvero, in loro mancanza, all'ufficiale di polizia giudiziaria più vicino.
2. Il referto indica la persona alla quale è stata prestata assistenza e, se è possibile, le sue generalità, il luogo dove si trova attualmente e quanto altro valga a identificarla nonché il luogo, il tempo e le altre circostanze dell'intervento; dà inoltre le notizie che servono a stabilire le circostanze del fatto, i mezzi con i quali è stato commesso e gli effetti che ha causato o può causare.
3. Se più persone hanno prestato la loro assistenza nella medesima occasione, sono tutte obbligate al referto, con facoltà di redigere e sottoscrivere un unico atto.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. III, sentenza 19 giugno 2008, n. 25116 in Altalex Massimario.
Art. 334-bis. 
Esclusione dell'obbligo di denuncia nell'ambito dell'attività di investigazioni difensiva. 
1. Il difensore e gli altri soggetti di cui all'articolo 391-bis non hanno obbligo di denuncia neppure relativamente ai reati dei quali abbiano avuto notizia nel corso delle attività investigative da essi svolte.
Art. 335.
Registro delle notizie di reato.
1. Il pubblico ministero iscrive immediatamente, nell'apposito registro custodito presso l'ufficio, ogni notizia di reato che gli perviene o che ha acquisito di propria iniziativa nonché, contestualmente o dal momento in cui risulta, il nome della persona alla quale il reato stesso è attribuito.
2. Se nel corso delle indagini preliminari muta la qualificazione giuridica del fatto ovvero questo risulta diversamente circostanziato, il pubblico ministero cura l'aggiornamento delle iscrizioni previste dal comma 1 senza procedere a nuove iscrizioni.
3. Ad esclusione dei casi in cui si procede per uno dei delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), le iscrizioni previste ai commi 1 e 2 sono comunicate alla persona alla quale il reato è attribuito, alla persona offesa e ai rispettivi difensori, ove ne facciano richiesta.
3-bis. Se sussistono specifiche esigenze attinenti all'attività di indagine, il pubblico ministero, nel decidere sulla richiesta, può disporre, con decreto motivato, il segreto sulle iscrizioni per un periodo non superiore a tre mesi e non rinnovabile.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 20 ottobre 2009, n. 40538 su Altalex Massimario.
LIBRO QUINTO
INDAGINI PRELIMINARI E UDIENZA PRELIMINARE
TITOLO III
Condizioni di procedibilità.
Art. 336. 
Querela. 
1. La querela è proposta mediante dichiarazione nella quale, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, si manifesta la volontà che si proceda in ordine a un fatto previsto dalla legge come reato.
Art. 337. 
Formalità della querela. 
1. La dichiarazione di querela è proposta, con le forme previste dall'articolo 333 comma 2, alle autorità alle quali può essere presentata denuncia ovvero a un agente consolare all'estero. Essa, con sottoscrizione autentica, può essere anche recapitata da un incaricato o spedita per posta in piego raccomandato.
2. Quando la dichiarazione di querela è proposta oralmente, il verbale in cui essa è ricevuta è sottoscritto dal querelante o dal procuratore speciale.
3. La dichiarazione di querela proposta dal legale rappresentante di una persona giuridica, di un ente o di una associazione deve contenere la indicazione specifica della fonte dei poteri di rappresentanza.
4. L'autorità che riceve la querela provvede all'attestazione della data e del luogo della presentazione, all'identificazione della persona che la propone e alla trasmissione degli atti all'ufficio del pubblico ministero.
Art. 338. 
Curatore speciale per la querela. 
1. Nel caso previsto dell'articolo 121 del codice penale, il termine per la presentazione della querela decorre dal giorno in cui è notificato al curatore speciale il provvedimento di nomina.
2. Alla nomina provvede, con decreto motivato, il giudice per le indagini preliminari del luogo in cui si trova la persona offesa, su richiesta del pubblico ministero.
3. La nomina può essere promossa anche dagli enti che hanno per scopo la cura, l'educazione, la custodia o l'assistenza dei minorenni.
4. Il curatore speciale ha facoltà di costituirsi parte civile nell'interesse della persona offesa.
5. Se la necessità della nomina del curatore speciale sopravviene dopo la presentazione della querela, provvede il giudice per le indagini preliminari o il giudice che procede.
Art. 339. 
Rinuncia alla querela. 
1. La rinuncia espressa alla querela è fatta personalmente o a mezzo di procuratore speciale, con dichiarazione sottoscritta, rilasciata all'interessato o a un suo rappresentante. La dichiarazione può anche essere fatta oralmente a un ufficiale di polizia giudiziaria o a un notaio, i quali, accertata l'identità del rinunciante, redigono verbale. Questo non produce effetti se non è sottoscritto dal dichiarante.
2. La rinuncia sottoposta a termini o a condizioni non produce effetti.
3. Con la stessa dichiarazione può essere fatta rinuncia anche all'azione civile per le restituzioni e per il risarcimento del danno.
Art. 340. 
Remissione della querela. 
1. La remissione della querela è fatta e accettata personalmente o a mezzo di procuratore speciale, con dichiarazione ricevuta dall'autorità procedente o da un ufficiale di polizia giudiziaria che deve trasmetterla immediatamente alla predetta autorità.
2. La dichiarazione di remissione e quella di accettazione sono fatte con le forme previste per la rinuncia espressa alla querela.
3. Il curatore speciale previsto dall'articolo 155 comma 4 del codice penale è nominato a norma dell'articolo 338.
4. Le spese del procedimento sono a carico del querelato, salvo che nell'atto di remissione sia stato diversamente convenuto.
Art. 341.
Istanza di procedimento. 
1. L'istanza di procedimento è proposta dalla persona offesa con le forme della querela.
Art. 342. 
Richiesta di procedimento. 
1. La richiesta di procedimento è presentata al pubblico ministero con atto sottoscritto dall'autorità competente.
Art. 343. 
Autorizzazione a procedere. 
1. Qualora sia prevista l'autorizzazione a procedere, il pubblico ministero ne fa richiesta a norma dell'articolo 344.
2. Fino a quando non sia stata concessa l'autorizzazione, è fatto divieto di disporre il fermo o misure cautelari personali nei confronti della persona rispetto alla quale è prevista l'autorizzazione medesima nonché di sottoporla a perquisizione personale o domiciliare, a ispezione personale, a ricognizione, a individuazione, a confronto, a intercettazione di conversazioni o di comunicazioni. Si può procedere all'interrogatorio solo se l'interessato lo richiede.
3. Gli atti previsti dal comma 2 sono consentiti, anche prima della richiesta di autorizzazione, quando la persona è colta nella flagranza di uno dei delitti indicati nell'articolo 380 commi 1 e 2. Tuttavia, quando l'autorizzazione a procedere o l'autorizzazione al compimento di determinati atti sono prescritte da disposizioni della Costituzione o di leggi costituzionali, si applicano tali disposizioni, nonché, in quanto compatibili con esse, quelle di cui agli articoli 344, 345 e 346.
4. Gli atti compiuti in violazione di quanto stabilito nei commi 2 e 3 non possono essere utilizzati.
5. L'autorizzazione a procedere, una volta concessa, non può essere revocata .
Art. 344. 
Richiesta di autorizzazione a procedere. 
1. Il pubblico ministero chiede l'autorizzazione prima di procedere a giudizio direttissimo o di richiedere il giudizio immediato, il rinvio a giudizio, il decreto penale di condanna o di emettere il decreto di citazione a giudizio. La richiesta deve, comunque, essere presentata entro trenta giorni dalla iscrizione nel registro delle notizie di reato del nome della persona per la quale è necessaria l'autorizzazione.
2. Se la persona per la quale è necessaria l'autorizzazione è stata arrestata in flagranza, il pubblico ministero richiede l'autorizzazione a procedere immediatamente e comunque prima della udienza di convalida.
3. Il giudice sospende il processo e il pubblico ministero richiede senza ritardo l'autorizzazione a procedere qualora ne sia sorta la necessità dopo che si è proceduto a giudizio direttissimo ovvero dopo che sono state formulate le richieste previste dalla prima parte del comma 1. Se vi è pericolo nel ritardo, il giudice provvede all'assunzione delle prove richieste dalle parti.
4. Quando si procede nei confronti di più persone per alcune delle quali soltanto è necessaria l'autorizzazione e questa tarda ad essere concessa, si può procedere separatamente contro gli imputati per i quali l'autorizzazione non è necessaria.
Art. 345. 
Difetto di una condizione di procedibilità. Riproponibilità dell'azione penale. 
1. Il provvedimento di archiviazione e la sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, anche se non più soggetta a impugnazione, con i quali è stata dichiarata la mancanza della querela, della istanza, della richiesta o dell'autorizzazione a procedere, non impediscono l'esercizio dell'azione penale per il medesimo fatto e contro la medesima persona se è in seguito proposta la querela, l'istanza, la richiesta o è concessa l'autorizzazione ovvero se è venuta meno la condizione personale che rendeva necessaria l'autorizzazione.
2. La stessa disposizione si applica quando il giudice accerta la mancanza di una condizione di procedibilità diversa da quelle indicate nel comma 1.
Art. 346. 
Atti compiuti in mancanza di una condizione di procedibilità. 
1. Fermo quanto disposto dall'articolo 343, in mancanza di una condizione di procedibilità che può ancora sopravvenire, possono essere compiuti gli atti di indagine preliminare necessari ad assicurare le fonti di prova e, quando vi è pericolo nel ritardo, possono essere assunte le prove previste dall'articolo 392.
LIBRO QUINTO
INDAGINI PRELIMINARI E UDIENZA PRELIMINARE
TITOLO IV
Attività a iniziativa della polizia giudiziaria
Art. 347. 
Obbligo di riferire la notizia del reato. 
1. Acquisita la notizia di reato, la polizia giudiziaria, senza ritardo, riferisce al pubblico ministero, per iscritto, gli elementi essenziali del fatto e gli altri elementi sino ad allora raccolti, indicando le fonti di prova e le attività compiute, delle quali trasmette la relativa documentazione.
2. Comunica, inoltre, quando è possibile, le generalità, il domicilio e quanto altro valga alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, della persona offesa e di coloro che siano in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.
2-bis. Qualora siano stati compiuti atti per i quali è prevista l'assistenza del difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, la comunicazione della notizia di reato è trasmessa al più tardi entro quarantotto ore dal compimento dell'atto, salve le disposizioni di legge che prevedono termini particolari.
3. Se si tratta di taluno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6) e, in ogni caso, quando sussistono ragioni di urgenza, la comunicazione della notizia di reato è data immediatamente anche in forma orale. Alla comunicazione orale deve seguire senza ritardo quella scritta con le indicazioni e la documentazione previste dai commi 1 e 2.
4. Con la comunicazione, la polizia giudiziaria indica il giorno e l'ora in cui ha acquisito la notizia.
Art. 348. 
Assicurazione delle fonti di prova. 
1. Anche successivamente alla comunicazione della notizia di reato, la polizia giudiziaria continua a svolgere le funzioni indicate nell'articolo 55 raccogliendo in specie ogni elemento utile alla ricostruzione del fatto e alla individuazione del colpevole.
2. Al fine indicato nel comma 1, procede, fra l'altro:
a) alla ricerca delle cose e delle tracce pertinenti al reato nonché alla conservazione di esse e dello stato dei luoghi;
b) alla ricerca delle persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti;
c) al compimento degli atti indicati negli articoli seguenti.
3. Dopo l'intervento del pubblico ministero, la polizia giudiziaria compie gli atti ad essa specificamente delegati a norma dell'articolo 370, esegue le direttive del pubblico ministero ed inoltre svolge di propria iniziativa, informandone prontamente il pubblico ministero, tutte le altre attività di indagine per accertare i reati ovvero richieste da elementi successivamente emersi e assicura le nuove fonti di prova. (1)
4. La polizia giudiziaria, quando, di propria iniziativa o a seguito di delega del pubblico ministero, compie atti od operazioni che richiedono specifiche competenze tecniche, può avvalersi di persone idonee le quali non possono rifiutare la propria opera.
(1) Comma così sostituito dall'art. 8 della L. 26 marzo 2001, n. 128
Art. 349.
Identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e di altre persone. 
1. La polizia giudiziaria procede alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e delle persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti.
2. Alla identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini può procedersi anche eseguendo, ove occorra, rilievi dattiloscopici, fotografici e antropometrici nonché altri accertamenti.
2-bis. Se gli accertamenti indicati dal comma 2 comportano il prelievo di capelli o saliva e manca il consenso dell'interessato, la polizia giudiziaria procede al prelievo coattivo nel rispetto della dignità personale del soggetto, previa autorizzazione scritta, oppure resa oralmente e confermata per iscritto, del pubblico ministero. (1)
3. Quando procede alla identificazione, la polizia giudiziaria invita la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini a dichiarare o a eleggere il domicilio per le notificazioni a norma dell'articolo 161. Osserva inoltre le disposizioni dell'articolo 66.
4. Se taluna delle persone indicate nel comma 1 rifiuta di farsi identificare ovvero fornisce generalità o documenti di identificazione in relazione ai quali sussistono sufficienti elementi per ritenerne la falsità, la polizia giudiziaria la accompagna nei propri uffici e ivi la trattiene per il tempo strettamente necessario per la identificazione e comunque non oltre le dodici ore ovvero, previo avviso anche orale al pubblico ministero, non oltre le ventiquattro ore, nel caso che l'identificazione risulti particolarmente complessa oppure occorra l'assistenza dell'autorità consolare o di un interprete, ed in tal caso con facoltà per il soggetto di chiedere di avvisare un familiare o un convivente.
5. Dell'accompagnamento e dell'ora in cui questo è stato compiuto è data immediata notizia al pubblico ministero il quale, se ritiene che non ricorrono le condizioni previste dal comma 4, ordina il rilascio della persona accompagnata.
6. Al pubblico ministero è data altresì notizia del rilascio della persona accompagnata e dell'ora in cui esso è avvenuto.
(1) Comma inserito dall'art. 10, comma 1, del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito con modificazioni, nella L. 31 luglio 2005, n. 155
_______________
Cfr. Tribunale di Brescia, sez. II penale, ordinanza 20 giugno 2007 in Altalex Massimario.
Art. 350. 
Sommarie informazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini. 
1. Gli ufficiali di polizia giudiziaria assumono, con le modalità previste dall'articolo 64, sommarie informazioni utili per le investigazioni dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini che non si trovi in stato di arresto o di fermo a norma dell'articolo 384.
2. Prima di assumere le sommarie informazioni, la polizia giudiziaria invita la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini a nominare un difensore di fiducia e, in difetto, provvede a norma dell'articolo 97 comma 3.
3. Le sommarie informazioni sono assunte con la necessaria assistenza del difensore, al quale la polizia giudiziaria dà tempestivo avviso. Il difensore ha l'obbligo di presenziare al compimento dell'atto.
4. Se il difensore non è stato reperito o non è comparso, la polizia giudiziaria richiede al pubblico ministero di provvedere a norma dell'articolo 97, comma 4.
5. Sul luogo o nell'immediatezza del fatto, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono, anche senza la presenza del difensore, assumere dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, anche se arrestata in flagranza o fermata a norma dell'articolo 384, notizie e indicazioni utili ai fini della immediata prosecuzione delle indagini.
6. Delle notizie e delle indicazioni assunte senza l'assistenza del difensore sul luogo o nell'immediatezza del fatto a norma del comma 5 è vietata ogni documentazione e utilizzazione.
7. La polizia giudiziaria può altresì ricevere dichiarazioni spontanee dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, ma di esse non è consentita la utilizzazione nel dibattimento, salvo quanto previsto dall'articolo 503 comma 3.
Art. 351. 
Altre sommarie informazioni. 
1. La polizia giudiziaria assume sommarie informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini. Si applicano le disposizioni del secondo e terzo periodo del comma 1 dell'articolo 362.
1-bis. All'assunzione di informazioni da persona imputata in un procedimento connesso ovvero da persona imputata di un reato collegato a quello per cui si procede nel caso previsto dall'articolo 371 comma 2 lettera b), procede un ufficiale di polizia giudiziaria. La persona predetta, se priva del difensore, è avvisata che è assistita da un difensore di ufficio, ma che può nominarne uno di fiducia. Il difensore deve essere tempestivamente avvisato e ha diritto di assistere all'atto.
Art. 352. 
Perquisizioni. 
1. Nella flagranza del reato o nel caso di evasione, gli ufficiali di polizia giudiziaria procedono a perquisizione personale o locale quando hanno fondato motivo di ritenere che sulla persona si trovino occultate cose o tracce pertinenti al reato che possono essere cancellate o disperse ovvero che tali cose o tracce si trovino in un determinato luogo o che ivi si trovi la persona sottoposta alle indagini o l'evaso.
1-bis. Nella flagranza del reato, ovvero nei casi di cui al comma 2 quando sussistono i presupposti e le altre condizioni ivi previsti, gli ufficiali di polizia giudiziaria, adottando misure tecniche dirette ad assicurare la conservazione dei dati originali e ad impedirne l'alterazione, procedono altresì alla perquisizione di sistemi informatici o telematici, ancorche protetti da misure di sicurezza, quando hanno fondato motivo di ritenere che in questi si trovino occultati dati, informazioni, programmi informatici o tracce comunque pertinenti al reato che possono essere cancellati o dispersi. (1)
2. Quando si deve procedere alla esecuzione di un'ordinanza che dispone la custodia cautelare o di un ordine che dispone la carcerazione nei confronti di persona imputata o condannata per uno dei delitti previsti dall'articolo 380 ovvero al fermo di una persona indiziata di delitto, gli ufficiali di polizia giudiziaria possono altresì procedere a perquisizione personale o locale se ricorrono i presupposti indicati nel comma 1 e sussistono particolari motivi di urgenza che non consentono la emissione di un tempestivo decreto di perquisizione.
3. La perquisizione domiciliare può essere eseguita anche fuori dei limiti temporali dell'articolo 251 quando il ritardo potrebbe pregiudicarne l'esito.
4. La polizia giudiziaria trasmette senza ritardo, e comunque non oltre le quarantotto ore, al pubblico ministero del luogo dove la perquisizione è stata eseguita il verbale delle operazioni compiute. Il pubblico ministero, se ne ricorrono i presupposti, nelle quarantotto ore successive, convalida la perquisizione.
(1) Comma inserito dall'art. 9, comma 1, della L. 18 marzo 2008, n. 48.
Art. 353. 
Acquisizione di plichi o di corrispondenza. 
1. Quando vi è necessità di acquisire plichi sigillati o altrimenti chiusi, l'ufficiale di polizia giudiziaria li trasmette intatti al pubblico ministero per l'eventuale sequestro.
2. Se ha fondato motivo di ritenere che i plichi contengano notizie utili alla ricerca e all'assicurazione di fonti di prova che potrebbero andare disperse a causa del ritardo, l'ufficiale di polizia giudiziaria informa col mezzo più rapido il pubblico ministero il quale può autorizzarne l'apertura immediata e l'accertamento del contenuto. (1)
3. Se si tratta di lettere, pieghi, pacchi, valori, telegrammi o altri oggetti di corrispondenza, anche se in forma elettronica o se inoltrati per via telematica, (2) per i quali è consentito il sequestro a norma dell'articolo 254, gli ufficiali di polizia giudiziaria, in caso di urgenza, ordinano a chi è preposto al servizio postale, telegrafico, telematico o di telecomunicazione (3) di sospendere l'inoltro. Se entro quarantotto ore dall'ordine della polizia giudiziaria il pubblico ministero non dispone il sequestro, gli oggetti di corrispondenza sono inoltrati.
(1) Le parole: “e l'accertamento del contenuto” sono state aggiunte dall'art. 9, comma 2, lett. a), della L. 18 marzo 2008, n. 48
(2) Le parole: “lettere, pieghi, pacchi, valori, telegrammi o altri oggetti di corrispondenza, anche se in forma elettronica o se inoltrati per via telematica” sono state aggiunte dall'art. 9, comma 2, lett. b) della L. 18 marzo 2008, n. 48
(3) Le parole: “telegrafico, telematico o di telecomunicazione” sono state aggiunte dall'art. 9, comma 2, lett. b) della L. 18 marzo 2008, n. 48
Art. 354. 
Accertamenti urgenti sui luoghi, sulle cose e sulle persone. Sequestro. 
1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria curano che le tracce e le cose pertinenti al reato siano conservate e che lo stato dei luoghi e delle cose non venga mutato prima dell'intervento del pubblico ministero.
2. Se vi è pericolo che le cose, le tracce e i luoghi indicati nel comma 1 si alterino o si disperdano o comunque si modifichino e il pubblico ministero non può intervenire tempestivamente, ovvero non ha ancora assunto la direzione delle indagini, gli ufficiali di polizia giudiziaria compiono i necessari accertamenti e rilievi sullo stato dei luoghi e delle cose. In relazione ai dati, alle informazioni e ai programmi informatici o ai sistemi informatici o telematici, gli ufficiali della polizia giudiziaria adottano, altresì, le misure tecniche o impartiscono le prescrizioni necessarie ad assicurarne la conservazione e ad impedirne l'alterazione e l'accesso e provvedono, ove possibile, alla loro immediata duplicazione su adeguati supporti, mediante una procedura che assicuri la conformità della copia all'originale e la sua immodificabilità. (1) Se del caso, sequestrano il corpo del reato e le cose a questo pertinenti.
3. Se ricorrono i presupposti previsti dal comma 2, gli ufficiali di polizia giudiziaria compiono i necessari accertamenti e rilievi sulle persone diversi dalla ispezione personale. (2)
(1) Il periodo che recita: “In relazione ai dati, alle informazioni e ai programmi informatici o ai sistemi informatici o telematici, gli ufficiali della polizia giudiziaria adottano, altresì, le misure tecniche o impartiscono le prescrizioni necessarie ad assicurarne la conservazione e ad impedirne l'alterazione e l'accesso e provvedono, ove possibile, alla loro immediata duplicazione su adeguati supporti, mediante una procedura che assicuri la conformità della copia all'originale e la sua immodificabilità” è stato inserito dall'art. 9, comma 3, della L. 18 marzo 2008, n. 48
(2) Il periodo che recita: “Se gli accertamenti comportano il prelievo di materiale biologico, si osservano le disposizioni del comma 2-bis dell'articolo 349.” è stato soppresso dall'art. 27 della L. 30 giugno 2009, n. 85
Art. 355. 
Convalida del sequestro e suo riesame. 
1. Nel caso in cui abbia proceduto a sequestro, la polizia giudiziaria enuncia nel relativo verbale il motivo del provvedimento e ne consegna copia alla persona alla quale le cose sono state sequestrate. Il verbale è trasmesso senza ritardo, e comunque non oltre le quarantotto ore, al pubblico ministero del luogo dove il sequestro è stato eseguito.
2. Il pubblico ministero, nelle quarantotto ore successive, con decreto motivato convalida il sequestro se ne ricorrono i presupposti ovvero dispone la restituzione delle cose sequestrate. Copia del decreto di convalida è immediatamente notificata alla persona alla quale le cose sono state sequestrate.
3. Contro il decreto di convalida, la persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e il suo difensore, la persona alla quale le cose sono state sequestrate e quella che avrebbe diritto alla loro restituzione possono proporre, entro dieci giorni dalla notifica del decreto ovvero dalla diversa data in cui l'interessato ha avuto conoscenza dell'avvenuto sequestro, richiesta di riesame, anche nel merito, a norma dell'articolo 324.
4. La richiesta di riesame non sospende l'esecuzione del provvedimento.
Art. 356. 
Assistenza del difensore. 
1. Il difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini ha facoltà di assistere, senza diritto di essere preventivamente avvisato, agli atti previsti dagli articoli 352 e 354 oltre che all'immediata apertura del plico autorizzata dal pubblico ministero a norma dell'articolo 353 comma 2.
Art. 357.
Documentazione dell'attività di polizia giudiziaria. 
1. La polizia giudiziaria annota secondo le modalità ritenute idonee ai fini delle indagini, anche sommariamente, tutte le attività svolte, comprese quelle dirette alla individuazione delle fonti di prova.
2. Fermo quanto disposto in relazione a specifiche attività, redige verbale dei seguenti atti:
a) denunce, querele e istanze presentate oralmente;
b) sommarie informazioni rese e dichiarazioni spontanee ricevute dalla persona nei cui confronti vengono svolte le indagini;
c) informazioni assunte, a norma dell'articolo 351;
d) perquisizioni e sequestri;
e) operazioni e accertamenti previsti dagli articoli 349, 353 e 354;
f) atti, che descrivono fatti e situazioni, eventualmente compiuti sino a che il pubblico ministero non ha impartito le direttive per lo svolgimento delle indagini.
3. Il verbale è redatto da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria nelle forme e con le modalità previste dall'articolo 373.
4. La documentazione dell'attività di polizia giudiziaria è posta a disposizione del pubblico ministero.
5. A disposizione del pubblico ministero sono altresì poste le denunce, le istanze e le querele presentate per iscritto, i referti, il corpo del reato e le cose pertinenti al reato.
LIBRO QUINTO
INDAGINI PRELIMINARI E UDIENZA PRELIMINARE
TITOLO V
Attività del Pubblico Ministero
Art. 358. 
Attività di indagine del pubblico ministero. 
1. Il pubblico ministero compie ogni attività necessaria ai fini indicati nell'articolo 326 e svolge altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini.
Art. 359-bis. 
Prelievo coattivo di campioni biologici su persone viventi. (1)
1. Fermo quanto disposto dall'articolo 349, comma 2-bis, quando devono essere eseguite le operazioni di cui all'articolo 224-bis e non vi è il consenso della persona interessata, il pubblico ministero ne fa richiesta al giudice per le indagini preliminari che le autorizza con ordinanza quando ricorrono le condizioni ivi previste.
2. Nei casi di urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che dal ritardo possa derivare grave o irreparabile pregiudizio alle indagini, il pubblico ministero dispone lo svolgimento delle operazioni con decreto motivato contenete i medesimi elementi previsti dal comma 2 dell'articolo 224-bis, provvedendo a disporre l'accompagnamento coattivo, qualora la persona da sottoporre alle operazioni non si presunti senza addurre un legittimo impedimento, ovvero l'esecuzione coattiva delle operazioni, se la persona comparsa rifiuta di sottoporvisi. Entro le quarantotto ore successive il pubblico ministero richiede al giudice per le indagini preliminari la convalida del decreto e dell'eventuale provvedimento di accompagnamento coattivo. Il giudice provvede con ordinanza al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive, dandone avviso immediatamente al pubblico ministero e al difensore.
3. Nei casi di cui al comma 1 e 2, le disposizioni degli articolo 132, comma 2, e 224-bis, commi 2, 4 e 5, si applicano a pena di nullità delle operazioni e di inutilizzabilità delle informazioni così acquisite. Si applicano le disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo 191.
(1) Articolo inserito dall'art. 25 della L. 30 giugno 2009, n. 85
Art. 359. 
Consulenti tecnici del pubblico ministero. 
1. Il pubblico ministero, quando procede ad accertamenti, rilievi segnaletici, descrittivi o fotografici e ad ogni altra operazione tecnica per cui sono necessarie specifiche competenze, può nominare e avvalersi di consulenti, che non possono rifiutare la loro opera.
2. Il consulente può essere autorizzato dal pubblico ministero ad assistere a singoli atti di indagine.
Art. 360. 
Accertamenti tecnici non ripetibili. 
1. Quando gli accertamenti previsti dall'articolo 359 riguardano persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modificazione, il pubblico ministero avvisa, senza ritardo, la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa dal reato e i difensori del giorno, dell'ora e del luogo fissati per il conferimento dell'incarico e della facoltà di nominare consulenti tecnici.
2. Si applicano le disposizioni dell'articolo 364 comma 2.
3. I difensori nonché i consulenti tecnici eventualmente nominati hanno diritto di assistere al conferimento dell'incarico, di partecipare agli accertamenti e di formulare osservazioni e riserve.
4. Qualora, prima del conferimento dell'incarico, la persona sottoposta alle indagini formuli riserva di promuovere incidente probatorio, il pubblico ministero dispone che non si proceda agli accertamenti salvo che questi, se differiti, non possano più essere utilmente compiuti.
5. Se il pubblico ministero, malgrado l'espressa riserva formulata dalla persona sottoposta alle indagini e pur non sussistendo le condizioni indicate nell'ultima parte del comma 4, ha ugualmente disposto di procedere agli accertamenti, i relativi risultati non possono essere utilizzati nel dibattimento.
Art. 361. 
Individuazione di persone e di cose. 
1. Quando è necessario per la immediata prosecuzione delle indagini, il pubblico ministero procede alla individuazione di persone, di cose o di quanto altro può essere oggetto di percezione sensoriale.
2. Le persone, le cose e gli altri oggetti sono presentati ovvero sottoposti in immagine a chi deve eseguire la individuazione.
3. Se ha fondata ragione di ritenere che la persona chiamata alla individuazione possa subire intimidazione o altra influenza dalla presenza di quella sottoposta a individuazione, il pubblico ministero adotta le cautele previste dall'articolo 214 comma 2.
Art. 362.
Assunzione di informazioni. 
1. Il pubblico ministero assume informazioni dalle persone che possono riferire circostanze utili ai fini delle indagini. Alle persone già sentite dal difensore o dal suo sostituto non possono essere chieste informazioni sulle domande formulate e sulle risposte date. Si applicano le disposizioni degli articoli 197, 197-bis, 198, 199, 200, 201, 202 e 203. (1)
(1) L'ultimo periodo di questo comma è stato così da ultimo sostituito dall'art. 13, comma 2, della L. 1 marzo 2001, n. 63
Art. 363. 
Interrogatorio di persona imputata in un procedimento connesso. 
1. Le persone imputate in un procedimento connesso a norma dell'articolo 12 sono interrogate dal pubblico ministero sui fatti per cui si procede nelle forme previste dall'articolo 210 commi 2, 3, 4 e 6. (1)
2. La disposizione del comma 1 si applica anche alle persone imputate di un reato collegato a quello per cui si procede, nel caso previsto dall'articolo 371 comma 2 lettera b).
(1) Le originarie parole: “3 e 4” sono state così sostituite dalle attuali dall'art. 8, comma 2, della L. 1 marzo 2001, n. 63
Art. 364. 
Nomina e assistenza del difensore. 
1. Il pubblico ministero, se deve procedere a interrogatorio, ovvero a ispezione o confronto cui deve partecipare la persona sottoposta alle indagini, la invita a presentarsi a norma dell'articolo 375.
2. La persona sottoposta alle indagini priva del difensore è altresì avvisata che è assistita da un difensore di ufficio, ma che può nominarne uno di fiducia.
3. Al difensore di ufficio o a quello di fiducia in precedenza nominato è dato avviso almeno ventiquattro ore prima del compimento degli atti indicati nel comma 1 e delle ispezioni a cui non deve partecipare la persona sottoposta alle indagini.
4. Il difensore ha in ogni caso diritto di assistere agli atti indicati nei commi 1 e 3, fermo quanto previsto dall'articolo 245.
5. Nei casi di assoluta urgenza, quando vi è fondato motivo di ritenere che il ritardo possa pregiudicare la ricerca o l'assicurazione delle fonti di prova, il pubblico ministero può procedere a interrogatorio, a ispezione o a confronto anche prima del termine fissato dandone avviso al difensore senza ritardo e comunque tempestivamente. L'avviso può essere omesso quando il pubblico ministero procede a ispezione e vi è fondato motivo di ritenere che le tracce o gli altri effetti materiali del reato possano essere alterati. E' fatta salva, in ogni caso, la facoltà del difensore d'intervenire.
6. Quando procede nei modi previsti dal comma 5, il pubblico ministero deve specificamente indicare, a pena di nullità, i motivi della deroga e le modalità dell'avviso.
7. E' vietato a coloro che intervengono agli atti di fare segni di approvazione o disapprovazione. Quando assiste al compimento degli atti, il difensore può presentare al pubblico ministero richieste, osservazioni e riserve delle quali è fatta menzione nel verbale.
Art. 365. 
Atti ai quali il difensore ha diritto di assistere senza avviso. 
1. Il pubblico ministero, quando procede al compimento di atti di perquisizione o sequestro, chiede alla persona sottoposta alle indagini, che sia presente, se è assistita da un difensore di fiducia e, qualora ne sia priva, designa un difensore di ufficio a norma dell'articolo 97 comma 3.
2. Il difensore ha facoltà di assistere al compimento dell'atto, fermo quanto previsto dall'articolo 249.
3. Si applicano le disposizioni dell'articolo 364 comma 7.
Art. 366. 
Deposito degli atti cui hanno diritto di assistere i difensori. 
1. Salvo quanto previsto da specifiche disposizioni, i verbali degli atti compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria ai quali il difensore ha diritto di assistere, sono depositati nella segreteria del pubblico ministero entro il terzo giorno successivo al compimento dell'atto, con facoltà per il difensore di esaminarli ed estrarne copia nei cinque giorni successivi. Quando non è stato dato avviso del compimento dell'atto, al difensore è immediatamente notificato l'avviso di deposito e il termine decorre dal ricevimento della notificazione. Il difensore ha facoltà di esaminare le cose sequestrate nel luogo in cui esse si trovano e, se si tratta di documenti, di estrarne copia.
2. Il pubblico ministero, con decreto motivato, può disporre, per gravi motivi, che il deposito degli atti indicati nel comma 1 e l'esercizio della facoltà indicata nel terzo periodo dello stesso comma siano ritardati, senza pregiudizio di ogni altra attività del difensore, per non oltre trenta giorni. Contro il decreto del pubblico ministero la persona sottoposta ad indagini ed il difensore possono proporre opposizione al giudice, che provvede ai sensi dell'articolo 127.
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Cfr. Cassazione penale, sez. IV penale, sentenza 20 giugno 20, n. 25279 in Altalex Massimario.
Art. 367. 
Memorie e richieste dei difensori. 
1. Nel corso delle indagini preliminari, i difensori hanno facoltà di presentare memorie e richieste scritte al pubblico ministero.
Art. 368. 
Provvedimenti del giudice sulla richiesta di sequestro. 
1. Quando, nel corso delle indagini preliminari, il pubblico ministero ritiene che non si debba disporre il sequestro richiesto dall'interessato, trasmette la richiesta con il suo parere, al giudice per le indagini preliminari.
Art. 369. 
Informazione di garanzia. 
1. Solo quando deve compiere un atto al quale il difensore ha diritto di assistere, il pubblico ministero invia per posta, in piego chiuso raccomandato con ricevuta di ritorno, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa una informazione di garanzia con indicazione delle norme di legge che si assumono violate della data e del luogo del fatto e con invito a esercitare la facoltà di nominare un difensore di fiducia.
2. Qualora ne ravvisi la necessità ovvero l'ufficio postale restituisca il piego per irreperibilità del destinatario, il pubblico ministero può disporre che l'informazione di garanzia sia notificata a norma dell'articolo 151.
Art. 369-bis. 
Informazione della persona sottoposta alle indagini sul diritto di difesa. (1)
1. Al compimento del primo atto a cui il difensore ha diritto di assistere e, comunque, prima dell'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi del combinato disposto degli articoli 375, comma 3, e 416, il pubblico ministero, a pena di nullità degli atti successivi, notifica alla persona sottoposta alle indagini la comunicazione della nomina del difensore d'ufficio.
2. La comunicazione di cui al comma 1 deve contenere:
a) l'informazione della obbligatorietà della difesa tecnica nel processo penale, con l'indicazione della facoltà e dei diritti attribuiti dalla legge alla persona sottoposta alle indagini;
b) il nominativo del difensore d'ufficio e il suo indirizzo e recapito telefonico;
c) l'indicazione della facoltà di nominare un difensore di fiducia con l'avvertimento che, in mancanza, l'indagato sarà assistito da quello nominato d'ufficio;
d) l'indicazione dell'obbligo di retribuire il difensore d'ufficio ove non sussistano le condizioni per accedere al beneficio di cui alla lettera e) e l'avvertimento che, in caso di insolvenza, si procederà ad esecuzione forzata;
e) l'indicazione delle condizioni per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato.
(1) Articolo inserito dall'art. 19 della L. 6 marzo 2001, n. 60
Art. 370. 
Atti diretti e atti delegati. 
1. Il pubblico ministero compie personalmente ogni attività di indagine. Può avvalersi della polizia giudiziaria per il compimento di attività di indagine e di atti specificamente delegati, ivi compresi gli interrogatori ed i confronti cui partecipi la persona sottoposta alle indagini che si trovi in stato di libertà, con l'assistenza necessaria del difensore.
2. Quando procede a norma del comma 1, la polizia giudiziaria osserva le disposizioni degli articoli 364, 365 e 373.
3. Per singoli atti da assumere nella circoscrizione di altro tribunale, il pubblico ministero, qualora non ritenga di procedere personalmente, può delegare, secondo la rispettiva competenza per materia, il pubblico ministero presso il tribunale del luogo.
4. Quando ricorrono ragioni di urgenza o altri gravi motivi, il pubblico ministero delegato a norma del comma 3 ha facoltà di procedere di propria iniziativa anche agli atti che a seguito dello svolgimento di quelli specificamente delegati appaiono necessari ai fini delle indagini.
Art. 371.
Rapporti tra diversi uffici del pubblico ministero. 
1. Gli uffici diversi del pubblico ministero che procedono a indagini collegate, si coordinano tra loro per la speditezza, economia ed efficacia delle indagini medesime. A tali fini provvedono allo scambio di atti e di informazioni nonché alla comunicazione delle direttive rispettivamente impartite alla polizia giudiziaria. Possono altresì procedere, congiuntamente, al compimento di specifici atti.
2. Le indagini di uffici diversi del pubblico ministero si considerano collegate:
a) se i procedimenti sono connessi a norma dell'articolo 12; (1)
b) se si tratta di reati dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altri, o per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l'impunità, o che sono stati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre, ovvero se la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un'altra circostanza; (2)
c) se la prova di più reati deriva, anche in parte, dalla stessa fonte.
3. Salvo quanto disposto dall'articolo 12, il collegamento delle indagini non ha effetto sulla competenza.
(1) Le parole: “ovvero si tratta di reato continuato o di reati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre;” sono state soppresse dall'art. 1, comma 4, della L. 1 marzo 2001, n. 63
(2) Questa lettera è stata così sostituita dall'art. 1, comma 5, della L. 1 marzo 2001, n. 63
Art. 371-bis. 
Attività di coordinamento del procuratore nazionale antimafia. 
1. Il procuratore nazionale antimafia esercita le sue funzioni in relazione ai procedimenti per i delitti indicati nell'articolo 51 comma 3-bis e in relazione ai procedimenti di prevenzione. (1) A tal fine dispone della direzione investigativa antimafia e dei servizi centrali e interprovinciali delle forze di polizia e impartisce direttive intese a regolarne l'impiego a fini investigativi.
2. Il procuratore nazionale antimafia esercita funzioni di impulso nei confronti dei procuratori distrettuali al fine di rendere effettivo il coordinamento delle attività di indagine, di garantire la funzionalità dell'impiego della polizia giudiziaria nelle sue diverse articolazioni e di assicurare la completezza e tempestività delle investigazioni.
3. Per lo svolgimento delle funzioni attribuitegli dalla legge, il procuratore nazionale antimafia, in particolare:
a) d'intesa con i procuratori distrettuali interessati, assicura il collegamento investigativo anche per mezzo dei magistrati della Direzione nazionale antimafia;
b) cura, mediante applicazioni temporanee dei magistrati della Direzione nazionale e delle direzioni distrettuali antimafia, la necessaria flessibilità e mobilità che soddisfino specifiche e contingenti esigenze investigative o processuali;
c) ai fini del coordinamento investigativo e della repressione dei reati provvede all'acquisizione e all'elaborazione di notizie, informazioni e dati attinenti alla criminalità organizzata;
[d-e)]
f) impartisce ai procuratori distrettuali specifiche direttive alle quali attenersi per prevenire o risolvere contrasti riguardanti le modalità secondo le quali realizzare il coordinamento nell'attività di indagine;
g) riunisce i procuratori distrettuali interessati al fine di risolvere i contrasti che, malgrado le direttive specifiche impartite, sono insorti e hanno impedito di promuovere o di rendere effettivo il coordinamento;
h) dispone con decreto motivato, reclamabile al procuratore generale presso la corte di cassazione, l'avocazione delle indagini preliminari relative a taluno dei delitti indicati nell'articolo 51 comma 3-bis quando non hanno dato esito le riunioni disposte al fine di promuovere o rendere effettivo il coordinamento e questo non è stato possibile a causa della:
1) perdurante e ingiustificata inerzia nella attività di indagine;
2) ingiustificata e reiterata violazione dei doveri previsti dall'articolo 371 ai fini del coordinamento delle indagini;
[3).]
4. Il procuratore nazionale antimafia provvede alla avocazione dopo aver assunto sul luogo le necessarie informazioni personalmente o tramite un magistrato della Direzione nazionale antimafia all'uopo designato. Salvi casi particolari, il procuratore nazionale antimafia o il magistrato da lui designato non può delegare per il compimento degli atti di indagine altri uffici del pubblico ministero.
(1) Parole inserite dal Decreto Legge 23 maggio 2008, n. 92.
Art. 372. 
Avocazione delle indagini. 
1. Il procuratore generale presso la corte di appello dispone con decreto motivato, e assunte, quando occorre, le necessarie informazioni, l'avocazione delle indagini preliminari quando:
a) in conseguenza dell'astensione o della incompatibilità del magistrato designato non è possibile provvedere alla sua tempestiva sostituzione;
b) il capo dell'ufficio del pubblico ministero ha omesso di provvedere alla tempestiva sostituzione del magistrato designato per le indagini nei casi previsti dall'articolo 36 comma 1 lettere a), b), d), e).
1-bis. Il procuratore generale presso la corte di appello, assunte le necessarie informazioni, dispone altresì con decreto motivato l'avocazione delle indagini preliminari relative ai delitti previsti dagli articoli 270-bis, 280, 285, 286, 289-bis, 305, 306, 416 nei casi in cui è obbligatorio l'arresto in flagranza e 422 del codice penale quando, trattandosi di indagini collegate, non risulta effettivo il coordinamento delle indagini previste dall'articolo 371 comma 1 e non hanno dato esito le riunioni per il coordinamento disposte o promosse dal procuratore generale anche d'intesa con altri procuratori generali interessati.
Art. 373. 
Documentazione degli atti. 
1. Salvo quanto disposto in relazione a specifici atti, è redatto verbale:
a) delle denunce, querele e istanze di procedimento presentate oralmente;
b) degli interrogatori e dei confronti con la persona sottoposta alle indagini;
c) delle ispezioni, delle perquisizioni e dei sequestri;
d) delle sommarie informazioni assunte a norma dell'articolo 362;
d-bis) dell'interrogatorio assunto a norma dell'articolo 363;
e) degli accertamenti tecnici compiuti a norma dell'articolo 360.
2. Il verbale è redatto secondo le modalità previste nel titolo III del libro II.
3. Alla documentazione delle attività di indagine preliminare, diverse da quelle previste dal comma 1, si procede soltanto mediante la redazione del verbale in forma riassuntiva ovvero, quando si tratta di atti a contenuto semplice o di limitata rilevanza, mediante le annotazioni ritenute necessarie.
4. Gli atti sono documentati nel corso del loro compimento ovvero immediatamente dopo quando ricorrono insuperabili circostanze, da indicarsi specificamente, che impediscono la documentazione contestuale.
5. L'atto contenente la notizia di reato e la documentazione relativa alle indagini sono conservati in apposito fascicolo presso l'ufficio del pubblico ministero assieme agli atti trasmessi dalla polizia giudiziaria a norma dell'articolo 357.
6. Alla redazione del verbale e delle annotazioni provvede l'ufficiale di polizia giudiziaria o l'ausiliario che assiste il pubblico ministero. Si applica la disposizione dell'articolo 142.
Art. 374. 
Presentazione spontanea. 
1. Chi ha notizia che nei suoi confronti sono svolte indagini, ha facoltà di presentarsi al pubblico ministero e di rilasciare dichiarazioni.
2. Quando il fatto per cui si procede è contestato a chi si presenta spontaneamente e questi è ammesso a esporre le sue discolpe, l'atto così compiuto equivale per ogni effetto all'interrogatorio. In tale ipotesi, si applicano le disposizioni previste dagli articoli 64, 65 e 364.
3. La presentazione spontanea non pregiudica l'applicazione di misure cautelari.
Art. 375. 
Invito a presentarsi. 
1. Il pubblico ministero invita la persona sottoposta alle indagini a presentarsi quando deve procedere ad atti che ne richiedono la presenza.
2. L'invito a presentarsi contiene:
a) le generalità o le altre indicazioni personali che valgono a identificare la persona sottoposta alle indagini;
b) il giorno, l'ora e il luogo della presentazione nonché l'autorità davanti alla quale la persona deve presentarsi;
c) il tipo di atto per il quale l'invito è predisposto;
d) l'avvertimento che il pubblico ministero potrà disporre a norma dell'articolo 132 l'accompagnamento coattivo in caso di mancata presentazione senza che sia stato addotto legittimo impedimento.
3. Quando la persona è chiamata a rendere l'interrogatorio, l'invito contiene altresì la sommaria enunciazione del fatto quale risulta dalle indagini fino a quel momento compiute. L'invito può inoltre contenere, ai fini di quanto previsto dall'articolo 453 comma 1, l'indicazione degli elementi e delle fonti di prova e l'avvertimento che potrà essere presentata richiesta di giudizio immediato.
4. L'invito a presentarsi è notificato almeno tre giorni prima di quello fissato per la comparizione, salvo che, per ragioni di urgenza, il pubblico ministero ritenga di abbreviare il termine, purché sia lasciato il tempo necessario per comparire.
Art. 376. 
Accompagnamento coattivo per procedere a interrogatorio o a confronto. 
1. Quando si tratta di procedere ad atti di interrogatorio o confronto, l'accompagnamento coattivo è disposto dal pubblico ministero su autorizzazione del giudice.
Art. 377. 
Citazioni di persone informate sui fatti. 
1. Il pubblico ministero può emettere decreto di citazione quando deve procedere ad atti che richiedono la presenza della persona offesa e delle persone in grado di riferire su circostanze utili ai fini delle indagini.
2. Il decreto contiene:
a) le generalità della persona;
b) il giorno, l'ora e il luogo della comparizione nonché l'autorità davanti alla quale la persona deve presentarsi;
c) l'avvertimento che il pubblico ministero potrà disporre a norma dell'articolo 133 l'accompagnamento coattivo in caso di mancata comparizione senza che sia stato addotto legittimo impedimento.
3. Il pubblico ministero provvede allo stesso modo per la citazione del consulente tecnico, dell'interprete e del custode delle cose sequestrate.
Art. 378. 
Poteri coercitivi del pubblico ministero. 
1. Il pubblico ministero ha, nell'esercizio delle sue funzioni, i poteri indicati nell'articolo 131.
LIBRO QUINTO
INDAGINI PRELIMINARI E UDIENZA PRELIMINARE
TITOLO VI
Arresto in flagranza e fermo
Art. 379. 
Determinazione della pena. 
1. Agli effetti delle disposizioni di questo titolo, la pena è determinata a norma dell'articolo 278.
Art. 380. 
Arresto obbligatorio in flagranza. 
1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all'arresto di chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti anni.
2. Anche fuori dei casi previsti dal comma 1, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono all'arresto di chiunque è colto in flagranza di uno dei seguenti delitti non colposi, consumati o tentati:
a) delitti contro la personalità dello Stato previsti nel titolo I del libro II del codice penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni;
b) delitto di devastazione e saccheggio previsto dall'articolo 419 del codice penale;
c) delitti contro l'incolumità pubblica previsti nel titolo VI del libro II del codice penale per i quali è stabilita la pena della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni o nel massimo a dieci anni;
d) delitto di riduzione in schiavitù previsto dall'articolo 600, delitto di prostituzione minorile previsto dall'articolo 600-bis, primo comma, delitto di pornografia minorile previsto dall'articolo 600-ter, commi primo e secondo, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, (1) e delitto di iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile previsto dall'articolo 600-quinquies del codice penale;
d-bis) delitto di violenza sessuale previsto dall'articolo 609-bis, escluso il caso previsto dal terzo comma, e delitto di violenza sessuale di gruppo previsto dall'articolo 609-octies del codice penale; (2)
e) delitto di furto, quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall'articolo 4 della legge 8 agosto 1977, n. 533 quella prevista dall'articolo 625, primo comma, numero 2), prima ipotesi, del codice penale, salvo che, in quest'ultimo caso, ricorra la circostanza attenuante di cui all'articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale; (3)
e-bis) delitti di furto previsti dall'articolo 624-bis del codice penale, salvo che ricorra la circostanza attenuante di cui all'articolo 62, primo comma, numero 4), del codice penale; (4)
f) delitto di rapina previsto dall'articolo 628 del codice penale e di estorsione previsto dall'articolo 629 del codice penale;
g) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'articolo 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110;
h) delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope puniti a norma dell'art. 73 del testo unico approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, salvo che ricorra la circostanza prevista dal comma 5 del medesimo articolo;
i) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a quattro anni o nel massimo a dieci anni;
l) delitti di promozione, costituzione, direzione e organizzazione delle associazioni segrete previste dall'articolo 1 della legge 25 gennaio 1982, n. 17 , delle associazioni di carattere militare previste dall'articolo 1 della legge 17 aprile 1956, n. 561, delle associazioni, dei movimenti o dei gruppi previsti dagli articoli 1 e 2, della legge 20 giugno 1952, n. 645, delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi di cui all'art. 3, comma 3, della L. 13 ottobre 1975, n. 654;
l-bis) delitti di partecipazione, promozione, direzione e organizzazione della associazione di tipo mafioso prevista dall'articolo 416-bis del codice penale;
m) delitti di promozione, direzione, costituzione e organizzazione della associazione per delinquere prevista dall'articolo 416 commi 1 e 3 del codice penale, se l'associazione è diretta alla commissione di più delitti fra quelli previsti dal comma 1 o dalle lettere a), b), c), d), f), g), i) del presente comma.
3. Se si tratta di delitto perseguibile a querela, l'arresto in flagranza è eseguito se la querela viene proposta, anche con dichiarazione resa oralmente all'ufficiale o all'agente di polizia giudiziaria presente nel luogo. Se l'avente diritto dichiara di rimettere la querela, l'arrestato è posto immediatamente in libertà.
(1) Le parole: “anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1”, sono state inserite dall'art. 12, comma 1, della L. 6 febbraio 2006, n. 38.
(2) Lettera inserita dall'art. 2, comma 1, lett. b) del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni nella L. 23 aprile 2009, n. 38
(3) Lettera così sostituita dall'art. 3, comma 25, lett. a) della L. 15 luglio 2009, n. 94
(4) Lettera aggiunta dall'art. 10, comma 2, della L. 26 marzo 2001, n. 128
Art. 381.
Arresto facoltativo in flagranza. 
1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria hanno facoltà di arrestare chiunque è colto in flagranza di un delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni ovvero di un delitto colposo per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.
2. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria hanno altresì facoltà di arrestare chiunque è colto in flagranza di uno dei seguenti delitti:
a) peculato mediante profitto dell'errore altrui previsto dall'articolo 316 del codice penale;
b) corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio prevista dagli articoli 319 comma 4 e 321 del codice penale;
c) violenza o minaccia a un pubblico ufficiale prevista dall'articolo 336 comma 2 del codice penale;
d) commercio e somministrazione di medicinali guasti e di sostanze alimentari nocive previsti dagli articoli 443 e 444 del codice penale;
e) corruzione di minorenni prevista dall'articolo 530 del codice penale;
f) lesione personale prevista dall'articolo 582 del codice penale;
f-bis) violazione di domicilio prevista dall'art. 614, primo e secondo comma, del codice penale; (1)
g) furto previsto dall'articolo 624 del codice penale;
h) danneggiamento aggravato a norma dell'articolo 635 comma 2 del codice penale;
i) truffa prevista dall'articolo 640 del codice penale;
l) appropriazione indebita prevista dall'articolo 646 del codice penale;
l-bis) offerta, cessione o detenzione di materiale pornografico previste dagli articoli 600-ter, quarto comma, e 600-quater del codice penale, anche se relative al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1 del medesimo codice; (2)
m) alterazione di armi e fabbricazione di esplosivi non riconosciuti previste dagli articoli 3 e 24 comma 1 della legge 18 aprile 1975, n. 110;
m-bis) fabbricazione, detenzione o uso di documento di identificazione falso previsti dall'articolo 497-bis del codice penale. (3)
m-ter) falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri, prevista dall'articolo 495 del codice penale; (4)
m-quater) fraudolente alterazioni per impedire l'identificazione o l'accertamento di qualità personali, previste dall'articolo 495-ter del codice penale. (4)
3. Se si tratta di delitto perseguibile a querela, l'arresto in flagranza può essere eseguito se la querela viene proposta, anche con dichiarazione resa oralmente all'ufficiale o all'agente di polizia giudiziaria presente nel luogo. Se l'avente diritto dichiara di rimettere la querela, l'arrestato è posto immediatamente in libertà.
4. Nelle ipotesi previste dal presente articolo si procede all'arresto in flagranza soltanto se la misura è giustificata dalla gravità del fatto ovvero dalla pericolosità del soggetto desunta dalla sua personalità o dalle circostanze del fatto.
4-bis. Non è consentito l'arresto della persona richiesta di fornire informazioni dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero per reati concernenti il contenuto delle informazioni o il rifiuto di fornirle.
(1) Lettera inserita dall'art. 3, comma 25, lett. b) della L. 15 luglio 2009, n. 94
(2) Lettera inserita dall'art. 12, comma 2, della L. 6 febbraio 2006, n. 38.
(3) Lettera aggiunta dall'art. 13,comma 2, del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito con modificazioni nella L. 31 luglio 2005, n. 155
(4) Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 1, lett. b-bis), del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni nella L. 24 luglio 2008, n. 125
Art. 382.
Stato di flagranza. 
1. E' in stato di flagranza chi viene colto nell'atto di commettere il reato ovvero chi, subito dopo il reato, è inseguito dalla polizia giudiziaria, dalla persona offesa o da altre persone ovvero è sorpreso con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima.
2. Nel reato permanente lo stato di flagranza dura fino a quando non è cessata la permanenza.
Art. 383.
Facoltà di arresto da parte dei privati. 
1. Nei casi previsti dall'articolo 380 ogni persona è autorizzata a procedere all'arresto in flagranza, quando si tratta di delitti perseguibili di ufficio.
2. La persona che ha eseguito l'arresto deve senza ritardo consegnare l'arrestato e le cose costituenti il corpo del reato alla polizia giudiziaria la quale redige il verbale della consegna e ne rilascia copia.
Art. 384. 
Fermo di indiziato di delitto. 
1. Anche fuori dei casi di flagranza, quando sussistono specifici elementi che, anche in relazione alla impossibilità di identificare l'indiziato, (1) fanno ritenere fondato il pericolo di fuga, il pubblico ministero dispone il fermo della persona gravemente indiziata di un delitto per il quale la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a due anni e superiore nel massimo a sei anni ovvero di un delitto concernente le armi da guerra e gli esplosivi o di un delitto commesso per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine democratico. (2)
2. Nei casi previsti dal comma 1 e prima che il pubblico ministero abbia assunto la direzione delle indagini, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria procedono al fermo di propria iniziativa.
3. La polizia giudiziaria procede inoltre al fermo di propria iniziativa qualora sia successivamente individuato l'indiziato ovvero sopravvengono specifici elementi, quali il possesso di documenti falsi, che rendano fondato il pericolo che l'indiziato sia per darsi alla fuga (3) e non sia possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del pubblico ministero.
(1) Le parole: “anche in relazione alla impossibilità di identificare l'indiziato” sono state inserite dall'art. 11 della L. 26 marzo 2001, n.128
(2) Le parole: “ o di un delitto commesso… “ fino alla fine del comma sono state aggiunte dall'art. 13, comma 3, lett. a) del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito con modificazioni nella L. 31 luglio 2005, n. 155
(3) Le parole: “specifici elementi, quali il possesso di documenti falsi, che rendano fondato il pericolo che l'indiziato sia per darsi alla fuga” sono state così sostituite alle precedenti parole dall'art. 13, comma 3, lett. b) del D.L. 27 luglio 2005, n. 144, convertito con modificazioni nella L. 31 luglio 2005, n. 155
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 29 luglio 2009, n. 31296 in Altalex Massimario.
Art. 385. 
Divieto di arresto o di fermo in determinate circostanze. 
1. L'arresto o il fermo non è consentito quando, tenuto conto delle circostanze del fatto, appare che questo è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima ovvero in presenza di una causa di non punibilità.
Art. 386.
Doveri della polizia giudiziaria in caso di arresto o di fermo. 
1. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l'arresto o il fermo o hanno avuto in consegna l'arrestato, ne danno immediata notizia al pubblico ministero del luogo dove l'arresto o il fermo è stato eseguito. Avvertono inoltre l'arrestato o il fermato della facoltà di nominare un difensore di fiducia.
2. Dell'avvenuto arresto o fermo gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria informano immediatamente il difensore di fiducia eventualmente nominato ovvero quello di ufficio designato dal pubblico ministero a norma dell'articolo 97.
3. Qualora non ricorra l'ipotesi prevista dall'articolo 389 comma 2, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria pongono l'arrestato o il fermato a disposizione del pubblico ministero al più presto e comunque non oltre ventiquattro ore dall'arresto o dal fermo. Entro il medesimo termine trasmettono il relativo verbale, salvo che il pubblico ministero autorizzi una dilazione maggiore. Il verbale contiene l'eventuale nomina del difensore di fiducia, l'indicazione del giorno, dell'ora e del luogo in cui l'arresto o il fermo è stato eseguito e l'enunciazione delle ragioni che lo hanno determinato.
4. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria pongono l'arrestato o il fermato a disposizione del pubblico ministero mediante la conduzione nella casa circondariale o mandamentale del luogo dove l'arresto o il fermo è stato eseguito, salvo quanto previsto dall'articolo 558. (1)
5. Il pubblico ministero può disporre che l'arrestato o il fermato sia custodito, in uno dei luoghi indicati nel comma 1 dell'articolo 284 ovvero, se ne possa derivare grave pregiudizio per le indagini, presso altra casa circondariale o mandamentale.
6. Gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria trasmettono il verbale di fermo anche al pubblico ministero che lo ha disposto, se diverso da quello indicato nel comma 1.
7. L'arresto o il fermo diviene inefficace se non sono osservati i termini previsti dal comma 3.
(1) Le parole: "salvo quanto previsto dall'articolo 558" sono state aggiunte dal D.L. 22 dicembre 2011, n. 211, convertito con L. 17 febbraio 2012, n. 9.
Art. 387. 
Avviso dell'arresto o del fermo ai familiari. 
1. La polizia giudiziaria, con il consenso dell'arrestato o del fermato, deve senza ritardo dare notizia ai familiari dell'avvenuto arresto o fermo.
Art. 388.
Interrogatorio dell'arrestato o del fermato. 
1. Il pubblico ministero può procedere all'interrogatorio dell'arrestato o del fermato, dandone tempestivo avviso al difensore di fiducia ovvero, in mancanza, al difensore di ufficio.
2. Durante l'interrogatorio, osservate le forme previste dall'articolo 64, il pubblico ministero informa l'arrestato o il fermato del fatto per cui si procede e delle ragioni che hanno determinato il provvedimento comunicandogli inoltre gli elementi a suo carico e, se non può derivarne pregiudizio per le indagini, le fonti.
Art. 389. 
Casi di immediata liberazione dell'arrestato o del fermato. 
1. Se risulta evidente che l'arresto o il fermo è stato eseguito per errore di persona o fuori dei casi previsti dalla legge o se la misura dell'arresto o del fermo è divenuta inefficace a norma degli articoli 386 comma 7 e 390 comma 3, il pubblico ministero dispone con decreto motivato che l'arrestato o il fermato sia posto immediatamente in libertà.
2. La liberazione è altresì disposta prima dell'intervento del pubblico ministero dallo stesso ufficiale di polizia giudiziaria, che ne informa subito il pubblico ministero del luogo dove l'arresto o il fermo è stato eseguito.
Art. 390.
Richiesta di convalida dell'arresto o del fermo. 
1. Entro quarantotto ore dall'arresto o dal fermo il pubblico ministero, qualora non debba ordinare la immediata liberazione dell'arrestato o del fermato , richiede la convalida al giudice per le indagini preliminari competente in relazione al luogo dove l'arresto o il fermo è stato eseguito.
2. Il giudice fissa l'udienza di convalida al più presto e comunque entro le quarantotto ore successive dandone avviso, senza ritardo, al pubblico ministero e al difensore.
3. L'arresto o il fermo diviene inefficace se il pubblico ministero non osserva le prescrizioni del comma 1.
3-bis. Se non ritiene di comparire, il pubblico ministero trasmette al giudice, per l'udienza di convalida, le richieste in ordine alla libertà personale con gli elementi su cui le stesse si fondano.
Art. 391.
Udienza di convalida. 
1. L'udienza di convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del difensore dell'arrestato o del fermato.
2. Se il difensore di fiducia o di ufficio non è stato reperito o non è comparso, il giudice provvede a norma dell'articolo 97 comma 4.
3. Il pubblico ministero, se comparso, indica i motivi dell'arresto o del fermo e illustra le richieste in ordine alla libertà personale. Il giudice procede quindi all'interrogatorio dell'arrestato o del fermato, salvo che questi non abbia potuto o si sia rifiutato di comparire; sente in ogni caso il suo difensore.
4. Quando risulta che l'arresto o il fermo è stato legittimamente eseguito e sono stati osservati i termini previsti dagli articoli 386 comma 3 e 390 comma 1, il giudice provvede alla convalida con ordinanza. Contro l'ordinanza che decide sulla convalida, il pubblico ministero e l'arrestato o il fermato possono proporre ricorso per cassazione.
5. Se ricorrono le condizioni di applicabilità previste dall'articolo 273 e taluna delle esigenze cautelari previste dall'articolo 274, il giudice dispone l'applicazione di una misura coercitiva a norma dell'articolo 291. Quando l'arresto è stato eseguito per uno dei delitti indicati nell'articolo 381, comma 2, ovvero per uno dei delitti per i quali è consentito anche fuori dai casi di flagranza, l'applicazione della misura è disposta anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1, lettera c), e 280.
6. Quando non provvede a norma del comma 5, il giudice dispone con ordinanza la immediata liberazione dell'arrestato o del fermato.
7. Le ordinanze previste dai commi precedenti, se non sono pronunciate in udienza, sono comunicate o notificate a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. Le ordinanze pronunciate in udienza sono comunicate al pubblico ministero e notificate all'arrestato o al fermato, se non comparsi. I termini per l'impugnazione decorrono dalla lettura del provvedimento in udienza ovvero dalla sua comunicazione o notificazione. L'arresto o il fermo cessa di avere efficacia se l'ordinanza di convalida non è pronunciata o depositata anche quarantotto ore successive al momento in cui l'arrestato o il fermato è stato posto a disposizione del giudice.
LIBRO QUINTO
INDAGINI PRELIMINARI E UDIENZA PRELIMINARE

TITOLO VI bis
Investigazioni difensive (1)
(1) Titolo aggiunto dall'art. 11, Legge 7 dicembre 2000, n. 397.
Art. 391-bis. 
Colloquio, ricezione di dichiarazioni e assunzione di informazioni da parte del difensore. 
1. Salve le incompatibilità previste dall'articolo 197, comma 1, lettere c) e d), per acquisire notizie il difensore, il sostituto, gli investigatori privati autorizzati o i consulenti tecnici possono conferire con le persone in grado di riferire circostanze utili ai fini dell'attività investigativa. In questo caso, l'acquisizione delle notizie avviene attraverso un colloquio non documentato.
2. Il difensore o il sostituto possono inoltre chiedere alle persone di cui al comma 1 una dichiarazione scritta ovvero di rendere informazioni da documentare secondo le modalità previste dall'articolo 391-ter.
3. In ogni caso, il difensore, il sostituto, gli investigatori privati autorizzati o i consulenti tecnici avvertono le persone indicate nel comma 1:
a) della propria qualità e dello scopo del colloquio;
b) se intendono semplicemente conferire ovvero ricevere dichiarazioni o assumere informazioni indicando, in tal caso, le modalità e la forma di documentazione;
c) dell'obbligo di dichiarare se sono sottoposte ad indagini o imputate nello stesso procedimento, in un procedimento connesso o per un reato collegato;
d) della facoltà di non rispondere o di non rendere la dichiarazione;
e) del divieto di rivelare le domande eventualmente formulate dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero e le risposte date;
f) delle responsabilità penali conseguenti alla falsa dichiarazione.
4. Alle persone già sentite dalla polizia giudiziaria o dal pubblico ministero non possono essere richieste notizie sulle domande formulate o sulle risposte date.
5. Per conferire, ricevere dichiarazioni o assumere informazioni da una persona sottoposta ad indagini o imputata nello stesso procedimento, in un procedimento connesso o per un reato collegato, è dato avviso, almeno ventiquattro ore prima, al suo difensore la cui presenza è necessaria. Se la persona è priva di difensore, il giudice, su richiesta del difensore che procede alle investigazioni, dispone la nomina di un difensore di ufficio ai sensi dell'articolo 97.
6. Le dichiarazioni ricevute e le informazioni assunte in violazione di una delle disposizioni di cui ai commi precedenti non possono essere utilizzate. La violazione di tali disposizioni costituisce illecito disciplinare ed è comunicata dal giudice che procede all'organo titolare del potere disciplinare.
7. Per conferire, ricevere dichiarazioni o assumere informazioni da persona detenuta, il difensore deve munirsi di specifica autorizzazione del giudice che procede nei confronti della stessa, sentiti il suo difensore ed il pubblico ministero. Prima dell'esercizio dell'azione penale l'autorizzazione è data dal giudice per le indagini preliminari. Durante l'esecuzione della pena provvede il magistrato di sorveglianza.
8. All'assunzione di informazioni non possono assistere la persona sottoposta alle indagini, la persona offesa e le altre parti private.
9. Il difensore o il sostituto interrompono l'assunzione di informazioni da parte della persona non imputata ovvero della persona non sottoposta ad indagini, qualora essa renda dichiarazioni dalle quali emergano indizi di reità a suo carico. Le precedenti dichiarazioni non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese.
10. Quando la persona in grado di riferire circostanze utili ai fini dell'attività investigativa abbia esercitato la facoltà di cui alla lettera d) del comma 3, il pubblico ministero, su richiesta del difensore, ne dispone l'audizione che fissa entro sette giorni dalla richiesta medesima. Tale disposizione non si applica nei confronti delle persone sottoposte ad indagini o imputate nello stesso procedimento e nei confronti delle persone sottoposte ad indagini o imputate in un diverso procedimento nelle ipotesi previste dall'articolo 210. L'audizione si svolge alla presenza del difensore che per primo formula le domande. Anche con riferimento alle informazioni richieste dal difensore si applicano le disposizioni dell'articolo 362.
11. Il difensore, in alternativa all'audizione di cui al comma 10, può chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza o all'esame della persona che abbia esercitato la facoltà di cui alla lettera d) del comma 3, anche al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 392, comma 1.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. I, sentenza 19 giugno 2007, n. 23967 in Altalex Massimario.
Art. 391-ter. 
Documentazione delle dichiarazioni e delle informazioni. 
1. La dichiarazione di cui al comma 2 dell'articolo 391-bis, sottoscritta dal dichiarante, è autenticata dal difensore o da un suo sostituto, che redige una relazione nella quale sono riportati:
a) la data in cui ha ricevuto la dichiarazione;
b) le proprie generalità e quelle della persona che ha rilasciato la dichiarazione;
c) l'attestazione di avere rivolto gli avvertimenti previsti dal comma 3 dell'articolo 391-bis;
d) i fatti sui quali verte la dichiarazione.
2. La dichiarazione è allegata alla relazione.
3. Le informazioni di cui al comma 2 dell'articolo 391-bis sono documentate dal difensore o da un suo sostituto che possono avvalersi per la materiale redazione del verbale di persone di loro fiducia. Si osservano le disposizioni contenute nel titolo III del libro secondo, in quanto applicabili.
Art. 391-quater. 
Richiesta di documentazione alla pubblica amministrazione. 
1. Ai fini delle indagini difensive, il difensore può chiedere i documenti in possesso della pubblica amministrazione e di estrarne copia a sue spese.
2. L'istanza deve essere rivolta all'amministrazione che ha formato il documento o lo detiene stabilmente.
3. In caso di rifiuto da parte della pubblica amministrazione si applicano le disposizioni degli articoli 367 e 368.
Art. 391-quinquies. 
Potere di segretazione del pubblico ministero. 
1. Se sussistono specifiche esigenze attinenti all'attività di indagine, il pubblico ministero può, con decreto motivato, vietare alle persone sentite di comunicare i fatti e le circostanze oggetto dell'indagine di cui hanno conoscenza. Il divieto non può avere una durata superiore a due mesi.
2. Il pubblico ministero, nel comunicare il divieto di cui al comma 1 alle persone che hanno rilasciato le dichiarazioni, le avverte delle responsabilità penali conseguenti all'indebita rivelazione delle notizie.
Art. 391-sexies. 
Accesso ai luoghi e documentazione. 
1. Quando effettuano un accesso per prendere visione dello stato dei luoghi e delle cose ovvero per procedere alla loro descrizione o per eseguire rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi, il difensore, il sostituto e gli ausiliari indicati nell'articolo 391-bis possono redigere un verbale nel quale sono riportati:
a) la data ed il luogo dell'accesso;
b) le proprie generalità e quelle delle persone intervenute;
c) la descrizione dello stato dei luoghi e delle cose;
d) l'indicazione degli eventuali rilievi tecnici, grafici, planimetrici, fotografici o audiovisivi eseguiti, che fanno parte integrante dell'atto e sono allegati al medesimo. Il verbale è sottoscritto dalle persone intervenute.
Art. 391-septies. 
Accesso ai luoghi privati o non aperti al pubblico. 
1. Se è necessario accedere a luoghi privati o non aperti al pubblico e non vi è il consenso di chi ne ha la disponibilità, l'accesso, su richiesta del difensore, è autorizzato dal giudice, con decreto motivato che ne specifica le concrete modalità.
2. Nel caso di cui al comma 1, la persona presente è avvertita della facoltà di farsi assistere da persona di fiducia, purché questa sia prontamente reperibile e idonea a norma dell'articolo 120.
3. Non è consentito l'accesso ai luoghi di abitazione e loro pertinenze, salvo che sia necessario accertare le tracce e gli altri effetti materiali del reato.
Art. 391-octies. 
Fascicolo del difensore. 
1. Nel corso delle indagini preliminari e nell'udienza preliminare, quando il giudice deve adottare una decisione con l'intervento della parte privata, il difensore può presentargli direttamente gli elementi di prova a favore del proprio assistito.
2. Nel corso delle indagini preliminari il difensore che abbia conoscenza di un procedimento penale può presentare gli elementi difensivi di cui al comma 1 direttamente al giudice, perché ne tenga conto anche nel caso in cui debba adottare una decisione per la quale non è previsto l'intervento della parte assistita.
3. La documentazione di cui ai commi 1 e 2, in originale o, se il difensore ne richiede la restituzione, in copia, è inserita nel fascicolo del difensore, che è formato e conservato presso l'ufficio del giudice per le indagini preliminari. Della documentazione il pubblico ministero può prendere visione ed estrarre copia prima che venga adottata una decisione su richiesta delle altre parti o con il loro intervento. Dopo la chiusura delle indagini preliminari il fascicolo del difensore è inserito nel fascicolo di cui all'articolo 433.
4. Il difensore può, in ogni caso, presentare al pubblico ministero gli elementi di prova a favore del proprio assistito.
Art. 391-nonies.
Attività investigativa preventiva. 
1. L'attività investigativa prevista dall'articolo 327-bis, con esclusione degli atti che richiedono l'autorizzazione o l'intervento dell'autorità giudiziaria, può essere svolta anche dal difensore che ha ricevuto apposito mandato per l'eventualità che si instauri un procedimento penale.
2. Il mandato è rilasciato con sottoscrizione autenticata e contiene la nomina del difensore e l'indicazione dei fatti ai quali si riferisce.
Art. 391-decies. 
Utilizzazione della documentazione delle investigazioni difensive. 
1. Delle dichiarazioni inserite nel fascicolo del difensore le parti possono servirsi a norma degli articoli 500, 512 e 513.
2. Fuori del caso in cui è applicabile l'articolo 234, la documentazione di atti non ripetibili compiuti in occasione dell'accesso ai luoghi, presentata nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare, è inserita nel fascicolo previsto dall'articolo 431.
3. Quando si tratta di accertamenti tecnici non ripetibili, il difensore deve darne avviso, senza ritardo, al pubblico ministero per l'esercizio delle facoltà previste, in quanto compatibili, dall'articolo 360. Negli altri casi di atti non ripetibili di cui al comma 2, il pubblico ministero, personalmente o mediante delega alla polizia giudiziaria, ha facoltà di assistervi.
4. Il verbale degli accertamenti compiuti ai sensi del comma 3 e, quando il pubblico ministero ha esercitato la facoltà di assistervi, la documentazione degli atti compiuti ai sensi del comma 2 sono inseriti nel fascicolo del difensore e nel fascicolo del pubblico ministero. Si applica la disposizione di cui all'articolo 431, comma 1, lettera c).
LIBRO QUINTO
INDAGINI PRELIMINARI E UDIENZA PRELIMINARE
TITOLO VII
Incidente probatorio
Art. 392. 
Casi. (1) 
1. Nel corso delle indagini preliminari il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possono chiedere al giudice che si proceda con incidente probatorio:
a) all'assunzione della testimonianza di una persona, quando vi è fondato motivo di ritenere che la stessa non potrà essere esaminata nel dibattimento per infermità o altro grave impedimento;
b) all'assunzione di una testimonianza quando, per elementi concreti e specifici, vi è fondato motivo di ritenere che la persona sia esposta a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità affinché non deponga o deponga il falso;
c) all'esame della persona sottoposta alle indagini su fatti concernenti la responsabilità di altri;
d) all'esame delle persone indicate nell'articolo 210;
e) al confronto tra persone che in altro incidente probatorio o al pubblico ministero hanno reso dichiarazioni discordanti, quando ricorre una delle circostanze previste dalle lettere a) e b);
f) a una perizia o a un esperimento giudiziale, se la prova riguarda una persona, una cosa o un luogo il cui stato è soggetto a modificazione non evitabile;
g) a una ricognizione, quando particolari ragioni di urgenza non consentono di rinviare l'atto al dibattimento.
1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 572, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 612-bis, 600, 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 601 e 602 del codice penale il pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all'assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1. (2)
2. Il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possono altresì chiedere una perizia che, se fosse disposta nel dibattimento, ne potrebbe determinare una sospensione superiore a sessanta giorni ovvero che comporti l'esecuzione di accertamenti o prelievi su persona vivente previsti dall'art. 224-bis. (3)
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 10 marzo 1994, n. 77 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non consente che, nei casi previsti dalla prima di tali disposizioni, l'incidente probatorio possa essere richiesto ed eseguito anche nella fase dell'udienza preliminare.
(2) Comma così modificato dall'art. 9, comma 1, lett. b) del D. L. 23 febbraio 2009, n. 11.
(3) Le parole: “ovvero che comporti l'esecuzione di accertamenti o prelievi su persona vivente previsti dall'art. 224-bis.” è stato aggiunto dall'art. 28 della L. 30 giugno 2009, n. 85
Art. 393. 
Richiesta. (1) 
1. La richiesta è presentata entro i termini per la conclusione delle indagini preliminari e comunque in tempo sufficiente per l'assunzione della prova prima della scadenza dei medesimi termini e indica:
a) la prova da assumere, i fatti che ne costituiscono l'oggetto e le ragioni della sua rilevanza per la decisione dibattimentale;
b) le persone nei confronti delle quali si procede per i fatti oggetto della prova;
c) le circostanze che, a norma dell'articolo 392, rendono la prova non rinviabile al dibattimento.
2. La richiesta proposta dal pubblico ministero indica anche i difensori delle persone interessate a norma del comma 1 lettera b), la persona offesa e il suo difensore.
2-bis. Con la richiesta di incidente probatorio di cui all'articolo 392, comma 1-bis, il pubblico ministero deposita tutti gli atti di indagine compiuti.
3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si osservano a pena di inammissibilità.
4. Il pubblico ministero e la persona sottoposta alle indagini possono chiedere la proroga del termine delle indagini preliminari ai fini dell'esecuzione dell'incidente probatorio. Il giudice provvede con decreto motivato, concedendo la proroga per il tempo indispensabile all'assunzione della prova quando risulta che la richiesta di incidente probatorio non avrebbe potuto essere formulata anteriormente. Nello stesso modo il giudice provvede se il termine per le indagini preliminari scade durante l'esecuzione dell'incidente probatorio. Del provvedimento è data in ogni caso comunicazione al procuratore generale presso la corte di appello.
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 10 marzo 1994, n. 77 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non consente che, nei casi previsti dalla prima di tali disposizioni, l'incidente probatorio possa essere richiesto ed eseguito anche nella fase dell'udienza preliminare.
Art. 394. 
Richiesta della persona offesa. 
1. La persona offesa può chiedere al pubblico ministero di promuovere un incidente probatorio.
2. Se non accoglie la richiesta, il pubblico ministero pronuncia decreto motivato e lo fa notificare alla persona offesa.
Art. 395.
Presentazione e notificazione della richiesta. 
1. La richiesta di incidente probatorio è depositata nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari, unitamente a eventuali cose o documenti, ed è notificata a cura di chi l'ha proposta, secondo i casi, al pubblico ministero e alle persone indicate nell'articolo 393 comma 1 lettera b). La prova della notificazione è depositata in cancelleria.
Art. 396. 
Deduzioni. 
1. Entro due giorni dalla notificazione della richiesta, il pubblico ministero ovvero la persona sottoposta alle indagini può presentare deduzioni sull'ammissibilità e sulla fondatezza della richiesta, depositare cose, produrre documenti nonché indicare altri fatti che debbano costituire oggetto della prova e altre persone interessate a norma dell'articolo 393 comma 1 lettera b).
2. Copia delle deduzioni è consegnata dalla persona sottoposta alle indagini alla segreteria del pubblico ministero, che comunica senza ritardo al giudice le indicazioni necessarie per gli avvisi. La persona sottoposta alle indagini può prendere visione ed estrarre copia delle deduzioni da altri presentate.
Art. 397. 
Differimento dell'incidente probatorio. 
1. Il pubblico ministero può chiedere che il giudice disponga il differimento dell'incidente probatorio richiesto dalla persona sottoposta alle indagini quando la sua esecuzione pregiudicherebbe uno o più atti di indagine preliminare. Il differimento non è consentito quando pregiudicherebbe l'assunzione della prova.
2. La richiesta di differimento è presentata a pena di inammissibilità nella cancelleria del giudice entro il termine previsto dall'articolo 396, comma 1, e indica:
a) l'atto o gli atti di indagine preliminare che l'incidente probatorio pregiudicherebbe e le cause del pregiudizio;
b) il termine del differimento richiesto.
3. Il giudice, se non dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di incidente probatorio, provvede entro due giorni con ordinanza con la quale accoglie, dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di differimento. L'ordinanza di inammissibilità o di rigetto è immediatamente comunicata al pubblico ministero.
4. Nell'accogliere la richiesta di differimento il giudice fissa l'udienza per l'incidente probatorio, non oltre il termine strettamente necessario al compimento dell'atto o degli atti di indagine preliminare indicati nel comma 2 lettera a). L'ordinanza è immediatamente comunicata al pubblico ministero e notificata per estratto alle persone indicate nell'articolo 393 comma 1 lettera b). La richiesta di differimento e l'ordinanza sono depositate alla udienza.
Art. 398. 
Provvedimenti sulla richiesta di incidente probatorio. 
1. Entro due giorni dal deposito della prova della notifica e comunque dopo la scadenza del termine previsto dall'articolo 396 comma 1, il giudice pronuncia ordinanza con la quale accoglie, dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di incidente probatorio. L'ordinanza di inammissibilità o di rigetto è immediatamente comunicata al pubblico ministero e notificata alle persone interessate.
2. Con l'ordinanza che accoglie la richiesta il giudice stabilisce:
a) l'oggetto della prova nei limiti della richiesta e delle deduzioni;
b) le persone interessate all'assunzione della prova individuate sulla base della richiesta e delle deduzioni;
c) la data dell'udienza. Tra il provvedimento e la data dell'udienza non può intercorrere un termine superiore a dieci giorni.
3. Il giudice fa notificare alla persona sottoposta alle indagini, alla persona offesa e ai difensori avviso del giorno, dell'ora e del luogo in cui si deve procedere all'incidente probatorio almeno due giorni prima della data fissata con l'avvertimento che nei due giorni precedenti l'udienza possono prendere cognizione ed estrarre copia delle dichiarazioni già rese dalla persona da esaminare. Nello stesso termine l'avviso è comunicato al pubblico ministero.
3-bis. La persona sottoposta alle indagini ed i difensori delle parti hanno diritto di ottenere copia degli atti depositati ai sensi dell'articolo 393, comma 2-bis.
4. Se si deve procedere a più incidenti probatori, essi sono assegnati alla medesima udienza, sempre che non ne derivi ritardo.
5. Quando ricorrono ragioni di urgenza e l'incidente probatorio non può essere svolto nella circoscrizione del giudice competente, quest'ultimo può delegare il giudice per le indagini preliminari del luogo dove la prova deve essere assunta.
5-bis. Nel caso di indagini che riguardino ipotesi di reato previste dagli articoli 600, 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, (1) 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-octies e 612-bis (2) del codice penale, il giudice, ove fra le persone interessate all'assunzione della prova vi siano minorenni, (3) con l'ordinanza di cui al comma 2, stabilisce il luogo, il tempo e le modalità particolari attraverso cui procedere all'incidente probatorio, quando le esigenze di tutela delle persone (4) lo rendono necessario od opportuno. A tal fine l'udienza può svolgersi anche in luogo diverso dal tribunale, avvalendosi il giudice, ove esistano, di strutture specializzate di assistenza o, in mancanza, presso l'abitazione della persona interessata all'assunzione della prova. (5) Le dichiarazioni testimoniali debbono essere documentate integralmente con mezzi di riproduzione fonografica o audiovisiva. Quando si verifica una indisponibilità di strumenti di riproduzione o di personale tecnico, si provvede con le forme della perizia, ovvero della consulenza tecnica. Dell'interrogatorio è anche redatto verbale in forma riassuntiva. La trascrizione della riproduzione è disposta solo se richiesta dalle parti. 
(1) Le parole: “anche se relativo al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1” sono state aggiunte dall'art. 14, comma 3, della L. 6 febbraio 2006, n. 38
(2) Le parole: “e 609 octies” sono state così sostituite dall'art. 9, comma 1, lett. c), n. 1) del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni nella L. 23 aprile 2009, n. 38
(3) Le parole: “vi siano minori di anni sedici” sono state così sostituite dall'art. 9, comma 1, lett. c), n.2) del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni nella L. 23 aprile 2009, n. 38
(4) Le parole: “quando le esigenze del minore” sono state così sostituite dall'art. 9, comma 1, lett. c), n. 3) del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni nella L. 23 aprile 2009, n. 38
(5) Le parole. “l'abitazione dello stesso minore” sono state così sostituite dall'art. 9, comma 1, lett. c), n. 4) del D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito con modificazioni nella L. 23 aprile 2009, n. 38
Art. 399.
Accompagnamento coattivo della persona sottoposta alle indagini. 
1. Se la persona sottoposta alle indagini, la cui presenza è necessaria per compiere un atto da assumere con l'incidente probatorio, non compare senza addurre un legittimo impedimento, il giudice ne ordina l'accompagnamento coattivo.
Art. 400.
Provvedimenti per i casi di urgenza. 
1. Quando per assicurare l'assunzione della prova è indispensabile procedere con urgenza all'incidente probatorio, il giudice dispone con decreto motivato che i termini previsti dagli articoli precedenti siano abbreviati nella misura necessaria.
Art. 401.
Udienza. 
1. L'udienza si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore della persona sottoposta alle indagini. Ha altresì diritto di parteciparvi il difensore della persona offesa.
2. In caso di mancata comparizione del difensore della persona sottoposta alle indagini, il giudice designa altro difensore a norma dell'articolo 97 comma 4.
3. La persona sottoposta alle indagini e la persona offesa hanno diritto di assistere all'incidente probatorio quando si deve esaminare un testimone o un'altra persona. Negli altri casi possono assistere previa autorizzazione del giudice.
4. Non è consentita la trattazione e la pronuncia di nuovi provvedimenti su questioni relative all'ammissibilità e alla fondatezza della richiesta.
5. Le prove sono assunte con le forme stabilite per il dibattimento. Il difensore della persona offesa può chiedere al giudice di rivolgere domande alle persone sottoposte ad esame.
6. Salvo quanto previsto dall'articolo 402, è vietato estendere l'assunzione della prova a fatti riguardanti persone diverse da quelle i cui difensori partecipano all'incidente probatorio. E' in ogni caso vietato verbalizzare dichiarazioni riguardanti tali soggetti.
7. Se l'assunzione della prova non si conclude nella medesima udienza, il giudice ne dispone il rinvio al giorno successivo non festivo, salvo che lo svolgimento delle attività di prova richieda un termine maggiore.
8. Il verbale, le cose e i documenti acquisiti nell'incidente probatorio sono trasmessi al pubblico ministero. I difensori hanno diritto di prenderne visione ed estrarne copia.
Art. 402.
Estensione dell'incidente probatorio. 
1. Se il pubblico ministero o il difensore della persona sottoposta alle indagini chiede che la prova si estenda ai fatti o alle dichiarazioni previsti dall'articolo 401 comma 6, il giudice, se ne ricorrono i requisiti, dispone le necessarie notifiche a norma dell'articolo 398 comma 3 rinviando l'udienza per il tempo strettamente necessario e comunque non oltre tre giorni. La richiesta non è accolta se il rinvio pregiudica l'assunzione della prova.
Art. 403. 
Utilizzabilità nel dibattimento delle prove assunte con incidente probatorio. 
1. Nel dibattimento le prove assunte con l'incidente probatorio sono utilizzabili soltanto nei confronti degli imputati i cui difensori hanno partecipato alla loro assunzione.
1-bis. Le prove di cui al comma 1 non sono utilizzabili nei confronti dell'imputato raggiunto solo successivamente all'incidente probatorio da indizi di colpevolezza se il difensore non ha partecipato alla loro assunzione, salvo che i suddetti indizi siano emersi dopo che la ripetizione dell'atto sia divenuta impossibile.
Art. 404. 
Efficacia dell'incidente probatorio nei confronti della parte civile. 
1. La sentenza pronunciata sulla base di una prova assunta con incidente probatorio a cui il danneggiato dal reato non è stato posto in grado di partecipare non produce gli effetti previsti dall'articolo 652, salvo che il danneggiato stesso ne abbia fatta accettazione anche tacita.
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Cfr. Cassazione penale, sez. III, sentenza 13 febbraio 2008, n. 6812 in Altalex Massimario.
LIBRO QUINTO
INDAGINI PRELIMINARI E UDIENZA PRELIMINARE
TITOLO VIII
Chiusura delle indagini preliminari
Art. 405. 
Inizio dell'azione penale. Forme e termini. 
1. Il pubblico ministero, quando non deve richiedere l'archiviazione, esercita l'azione penale, formulando l'imputazione, nei casi previsti nei titoli II, III, IV e V del libro VI ovvero con richiesta di rinvio a giudizio.
1-bis. Il pubblico ministero, al termine delle indagini, formula richiesta di archiviazione quando la Corte di cassazione si è pronunciata in ordine alla insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ai sensi dell'articolo 273, e non sono stati acquisiti, successivamente, ulteriori elementi a carico della persona sottoposta alle indagini. (1)
2. Salvo quanto previsto dall'articolo 415-bis, il pubblico ministero richiede il rinvio a giudizio entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale è attribuito il reato è iscritto nel registro delle notizie di reato. Il termine è di un anno se si procede per taluno dei delitti indicati nell'articolo 407 comma 2 lettera a).
3. Se è necessaria la querela, l'istanza o la richiesta di procedimento, il termine decorre dal momento in cui queste pervengono al pubblico ministero.
4. Se è necessaria l'autorizzazione a procedere, il decorso del termine è sospeso dal momento della richiesta a quello in cui l'autorizzazione perviene al pubblico ministero.
(1) Comma inserito dall'art. 3 della L. 20 febbraio 2006, n. 46. La Corte Costituzionale, con sentenza 24 aprile 2009, n. 121, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma.
Art. 406. 
Proroga del termine. 
1. Il pubblico ministero, prima della scadenza, può richiedere al giudice, per giusta causa, la proroga del termine previsto dall'articolo 405. La richiesta contiene l'indicazione della notizia di reato e l'esposizione dei motivi che la giustificano.
2. Ulteriori proroghe possono essere richieste dal pubblico ministero nei casi di particolare complessità delle indagini ovvero di oggettiva impossibilità di concluderle entro il termine prorogato.
2-bis. Ciascuna proroga può essere autorizzata dal giudice per un tempo non superiore a sei mesi.
2-ter. Qualora si proceda per i reati di cui agli articoli 589, secondo comma, e 590, terzo comma, del codice penale, la proroga di cui al comma 1 può essere concessa per non più di una volta. (1)
3. La richiesta di proroga è notificata, a cura del giudice, con l'avviso della facoltà di presentare memorie entro cinque giorni dalla notificazione, alla persona sottoposta alle indagini nonché alla persona offesa dal reato che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di volere esserne informata. Il giudice provvede entro dieci giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle memorie.
4. Il giudice autorizza la proroga del termine con ordinanza emessa in camera di consiglio senza intervento del pubblico ministero e dei difensori.
5. Qualora ritenga che allo stato degli atti non si debba concedere la proroga, il giudice, entro il termine previsto dal comma 3 secondo periodo, fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa notificare avviso al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle indagini nonché, nella ipotesi prevista dal comma 3, alla persona offesa dal reato. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall'articolo 127.
5-bis. Le disposizioni dei commi 3, 4 e 5 non si applicano se si procede per taluno dei delitti indicati nell'articolo 51 comma 3-bis e nell'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri 4 e 7-bis. In tali casi, il giudice provvede con ordinanza entro dieci giorni dalla presentazione della richiesta, dandone comunicazione al pubblico ministero.
6. Se non ritiene di respingere la richiesta di proroga, il giudice autorizza con ordinanza il pubblico ministero a proseguire le indagini.
7. Con l'ordinanza che respinge la richiesta di proroga, il giudice, se il termine per le indagini preliminari è già scaduto, fissa un termine non superiore a dieci giorni per la formulazione delle richieste del pubblico ministero a norma dell'articolo 405.
8. Gli atti di indagine compiuti dopo la presentazione della richiesta di proroga e prima della comunicazione del provvedimento del giudice sono comunque utilizzabili sempre che, nel caso di provvedimento negativo, non siano successivi alla data di scadenza del termine originariamente previsto per le indagini.
(1) Comma inserito dall'art. 4, comma 1, della L. 21 febbraio 2006, n. 102
Art. 407. 
Termini di durata massima delle indagini preliminari. 
1. Salvo quanto previsto all'articolo 393 comma 4, la durata delle indagini preliminari non può comunque superare diciotto mesi.
2. La durata massima è tuttavia di due anni se le indagini preliminari riguardano:
a) i delitti appresso indicati:
1) delitti di cui agli articoli 285, 286, 416-bis e 422 del codice penale, 291-ter, limitatamente alle ipotesi aggravate previste dalle lettere a), d) ed e) del comma 2, e 291-quater, comma 4, del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43;
2) delitti consumati o tentati di cui agli articoli 575, 628, terzo comma, 629, secondo comma, e 630 dello stesso codice penale;
3) delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis del codice penale ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo;
4) delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordinamento costituzionale per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni o nel massimo a dieci anni, nonché delitti di cui agli articoli 270, terzo comma e 306, secondo comma, del codice penale;
5) delitti di illegale fabbricazione, introduzione nello Stato, messa in vendita, cessione, detenzione e porto in luogo pubblico o aperto al pubblico di armi da guerra o tipo guerra o parti di esse, di esplosivi, di armi clandestine nonché di più armi comuni da sparo escluse quelle previste dall'articolo 2, comma terzo, della legge 18 aprile 1975, n. 110;
6) delitti di cui agli articoli 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell'articolo 80, comma 2, e 74 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;
7) delitto di cui all'articolo 416 del codice penale nei casi in cui è obbligatorio l'arresto in flagranza;
7-bis) dei delitti previsto dagli articoli 600, 600-bis, comma 1, 600-ter, comma 1, 601, 602, 609-bis nelle ipotesi aggravate previste dall'articolo 609-ter, 609-quater, 609-octies del codice penale, nonché dei delitti previsti dall'art. 12,comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni. (1)
b) notizie di reato che rendono particolarmente complesse le investigazioni per la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese;
c) indagini che richiedono il compimento di atti all'estero;
d) procedimenti in cui è indispensabile mantenere il collegamento tra più uffici del pubblico ministero a norma dell'articolo 371.
3. Salvo quanto previsto dall'articolo 415-bis, qualora il pubblico ministero non abbia esercitato l'azione penale o richiesto l'archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice, gli atti di indagine compiuti dopo la scadenza del termine non possono essere utilizzati.
(1) Parole aggiunte dall'art. 1, comma 27, della L. 15 luglio 2009, n. 94
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 15 settembre 2008, n. 35376 e Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 20 ottobre 2009, n. 40538 su Altalex Massimario.
Art. 408. 
Richiesta di archiviazione per infondatezza della notizia di reato. 
1. Entro i termini previsti dagli articoli precedenti, il pubblico ministero, se la notizia di reato è infondata, presenta al giudice richiesta di archiviazione. Con la richiesta è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari .
2. L'avviso della richiesta è notificato, a cura del pubblico ministero, alla persona offesa che, nella notizia di reato o successivamente alla sua presentazione, abbia dichiarato di volere essere informata circa l'eventuale archiviazione.
3. Nell'avviso è precisato che, nel termine di dieci giorni, la persona offesa può prendere visione degli atti e presentare opposizione con richiesta motivata di prosecuzione delle indagini preliminari.
Art. 409.
Provvedimenti del giudice sulla richiesta di archiviazione. 
1. Fuori dei casi in cui sia stata presentata l'opposizione prevista dall'articolo 410, il giudice, se accoglie la richiesta di archiviazione, pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero. Il provvedimento che dispone l'archiviazione è notificato alla persona sottoposta alle indagini se nel corso del procedimento è stata applicata nei suoi confronti la misura della custodia cautelare.
2. Se non accoglie la richiesta, il giudice fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso al pubblico ministero, alla persona sottoposta alle indagini e alla persona offesa dal reato. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall'articolo 127. Fino al giorno dell'udienza gli atti restano depositati in cancelleria con facoltà del difensore di estrarne copia.
3. Della fissazione dell'udienza il giudice dà inoltre comunicazione al procuratore generale presso la corte di appello.
4. A seguito dell'udienza, il giudice, se ritiene necessarie ulteriori indagini, le indica con ordinanza al pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il compimento di esse.
5. Fuori del caso previsto dal comma 4, il giudice, quando non accoglie la richiesta di archiviazione, dispone con ordinanza che, entro dieci giorni, il pubblico ministero formuli l'imputazione. Entro due giorni dalla formulazione dell'imputazione, il giudice fissa con decreto l'udienza preliminare. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 418 e 419.
6. L'ordinanza di archiviazione è ricorribile per cassazione solo nei casi di nullità previsti dall'articolo 127 comma 5.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. II, sentenza 20 aprile 2007, n. 16228, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 21 maggio 2008, n. 20328, Cassazione penale, sez. VI, sentenza 17 luglio 2009, n. 30059 e Cassazione penale, sez. I, sentenza 29 dicembre 2009, n. 49753 su Altalex Massimario.
Art. 410. 
Opposizione alla richiesta di archiviazione. 
1. Con l'opposizione alla richiesta di archiviazione la persona offesa dal reato chiede la prosecuzione delle indagini preliminari indicando, a pena di inammissibilità, l'oggetto della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova.
2. Se l'opposizione è inammissibile e la notizia di reato è infondata, il giudice dispone l'archiviazione con decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero.
3. Fuori dei casi previsti dal comma 2, il giudice provvede a norma dell'articolo 409 commi 2, 3, 4 e 5, ma, in caso di più persone offese, l'avviso per l'udienza è notificato al solo opponente.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. II, sentenza 20 aprile 2007, n. 16228, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 21 maggio 2008, n. 20328 e Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 21 maggio 2008, n. 20389 su Altalex Massimario.
Art. 411. 
Altri casi di archiviazione. 
1. Le disposizioni degli articoli 408, 409 e 410 si applicano anche quando risulta che manca una condizione di procedibilità, che il reato è estinto o che il fatto non è previsto dalla legge come reato.
Art. 412. 
Avocazione delle indagini preliminari per mancato esercizio dell'azione penale. 
1. Il procuratore generale presso la corte di appello dispone con decreto motivato l'avocazione delle indagini preliminari se il pubblico ministero non esercita l'azione penale o non richiede l'archiviazione nel termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice. Il procuratore generale svolge le indagini preliminari indispensabili e formula le sue richieste entro trenta giorni dal decreto di avocazione.
2. Il procuratore generale, può altresì disporre l'avocazione a seguito della comunicazione prevista dall'articolo 409 comma 3.
Art. 413. 
Richiesta della persona sottoposta alle indagini o della persona offesa dal reato. 
1. La persona sottoposta alle indagini o la persona offesa dal reato può chiedere al procuratore generale di disporre l'avocazione a norma dell'articolo 412 comma 1.
2. Disposta l'avocazione, il procuratore generale svolge le indagini preliminari indispensabili e formula le sue richieste entro trenta giorni dalla richiesta proposta a norma del comma 1.
Art. 414. 
Riapertura delle indagini. 
1. Dopo il provvedimento di archiviazione emesso a norma degli articoli precedenti, il giudice autorizza con decreto motivato la riapertura delle indagini su richiesta del pubblico ministero motivata dalla esigenza di nuove investigazioni.
2. Quando è autorizzata la riapertura delle indagini, il pubblico ministero procede a nuova iscrizione a norma dell'articolo 335.
Art. 415. 
Reato commesso da persone ignote. 
1. Quando è ignoto l'autore del reato il pubblico ministero, entro sei mesi dalla data della registrazione della notizia di reato, presenta al giudice richiesta di archiviazione ovvero di autorizzazione a proseguire le indagini.
2. Quando accoglie la richiesta di archiviazione ovvero di autorizzazione a proseguire le indagini, il giudice pronuncia decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero. Se ritiene che il reato sia da attribuire a persona già individuata ordina che il nome di questa sia iscritto nel registro delle notizie di reato.
3. Si osservano, in quanto applicabili, le altre disposizioni di cui al presente titolo.
4. Nell'ipotesi di cui all'articolo 107-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie, la richiesta di archiviazione ed il decreto del giudice che accoglie la richiesta sono pronunciati cumulativamente con riferimento agli elenchi trasmessi dagli organi di polizia con l'eventuale indicazione delle denunce che il pubblico ministero o il giudice intendono escludere, rispettivamente, dalla richiesta o dal decreto.
Art. 415-bis. 
Avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari. 
1. Prima della scadenza del termine previsto dal comma 2 dell'articolo 405, anche se prorogato, il pubblico ministero, se non deve formulare richiesta di archiviazione ai sensi degli articoli 408 e 411, fa notificare alla persona sottoposta alle indagini e al difensore avviso della conclusione delle indagini preliminari.
2. L'avviso contiene la sommaria enunciazione del fatto per il quale si procede, delle norme di legge che si assumono violate, della data e del luogo del fatto, con l'avvertimento che la documentazione relativa alle indagini espletate è depositata presso la segreteria del pubblico ministero e che l'indagato e il suo difensore hanno facoltà di prenderne visione ed estrarne copia.
3. L'avviso contiene altresì l'avvertimento che l'indagato ha facoltà, entro il termine di venti giorni, di presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, chiedere al pubblico ministero il compimento di atti di indagine, nonché di presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio. Se l'indagato chiede di essere sottoposto ad interrogatorio il pubblico ministero deve procedervi.
4. Quando il pubblico ministero, a seguito delle richieste dell'indagato, dispone nuove indagini, queste devono essere compiute entro trenta giorni dalla presentazione della richiesta. Il termine può essere prorogato dal giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, per una sola volta e per non più di sessanta giorni.
5. Le dichiarazioni rilasciate dall'indagato, l'interrogatorio del medesimo ed i nuovi atti di indagine del pubblico ministero, previsti dai commi 3 e 4, sono utilizzabili se compiuti entro il termine stabilito dal comma 4, ancorché sia decorso il termine stabilito dalla legge o prorogato dal giudice per l'esercizio dell'azione penale o per la richiesta di archiviazione.
LIBRO QUINTO
INDAGINI PRELIMINARI E UDIENZA PRELIMINARE
TITOLO IX
Udienza preliminare
Art. 416. 
Presentazione della richiesta del pubblico ministero. 
1. La richiesta di rinvio a giudizio è depositata dal pubblico ministero nella cancelleria del giudice. La richiesta di rinvio a giudizio è nulla se non è preceduta dall'avviso previsto dall'articolo 415-bis, nonché dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi dell'articolo 375, comma 3, qualora la persona sottoposta alle indagini abbia chiesto di essere sottoposta ad interrogatorio entro il termine di cui all'articolo 415-bis, comma 3.
2. Con la richiesta è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato , la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari. Il corpo del reato e le cose pertinenti al reato sono allegati al fascicolo, qualora non debbano essere custoditi altrove.
2-bis. Qualora si proceda per il reato di cui all'articolo 589, secondo comma, del codice penale, la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero deve essere depositata entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari. (1)
(1) Comma inserito dall'art. 4, comma 2, della L. 21 febbraio 2006, n. 102
Art. 417. 
Requisiti formali della richiesta di rinvio a giudizio. 
1. La richiesta di rinvio a giudizio contiene:
a) le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità della persona offesa dal reato qualora ne sia possibile l'identificazione;
b) l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge;
c) l'indicazione delle fonti di prova acquisite;
d) la domanda al giudice di emissione del decreto che dispone il giudizio;
e) la data e la sottoscrizione.
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Cfr. Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 1 febbraio 2008, n. 5307 in Altalex Massimario.
Art. 418. 
Fissazione dell'udienza. 
1. Entro cinque giorni dal deposito della richiesta, il giudice fissa con decreto il giorno, l'ora e il luogo dell'udienza in camera di consiglio, provvedendo a norma dell'articolo 97 quando l'imputato è privo di difensore di fiducia.
2. Tra la data di deposito della richiesta e la data dell'udienza non può intercorrere un termine superiore a trenta giorni.
Art. 419. 
Atti introduttivi. 
1. Il giudice fa notificare all'imputato e alla persona offesa, della quale risulti agli atti l'identità e il domicilio, l'avviso del giorno, dell'ora e del luogo dell'udienza, con la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero e con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia.
2. L'avviso è altresì comunicato al pubblico ministero e notificato al difensore dell'imputato con l'avvertimento della facoltà di prendere visione degli atti e delle cose trasmessi a norma dell'articolo 416 comma 2 e di presentare memorie e produrre documenti.
3. L'avviso contiene inoltre l'invito a trasmettere la documentazione relativa alle indagini eventualmente espletate dopo la richiesta di rinvio a giudizio.
4. Gli avvisi sono notificati e comunicati almeno dieci giorni prima della data dell'udienza. Entro lo stesso termine è notificata la citazione del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria.
5. L'imputato può rinunciare all'udienza preliminare e richiedere il giudizio immediato con dichiarazione presentata in cancelleria, personalmente o a mezzo di procuratore speciale, almeno tre giorni prima della data dell'udienza. L'atto di rinuncia è notificato al pubblico ministero e alla persona offesa dal reato a cura dell'imputato.
6. Nel caso previsto dal comma 5, il giudice emette decreto di giudizio immediato.
7. Le disposizioni dei commi 1 e 4 sono previste a pena di nullità.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. II, sentenza 11 aprile 2008, n. 15417 in Altalex Massimario.
Art. 420. 
Costituzione delle parti. 
1. L'udienza si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria del pubblico ministero e del difensore dell'imputato.
2. Il giudice procede agli accertamenti relativi alla costituzione delle parti ordinando la rinnovazione degli avvisi, delle citazioni, delle comunicazioni e delle notificazioni di cui dichiara la nullità.
3. Se il difensore dell'imputato non è presente il giudice provvede a norma dell'articolo 97, comma 4.
4. Il verbale dell'udienza preliminare è redatto di regola in forma riassuntiva a norma dell'articolo 140, comma 2; il giudice, su richiesta di parte, dispone la riproduzione fonografica o audiovisiva ovvero la redazione del verbale con la stenotipia.
Art. 420-bis. 
Rinnovazione dell'avviso. 
1. Il giudice dispone, anche di ufficio, che sia rinnovato l'avviso dell'udienza preliminare a norma dell'articolo 419, comma 1, quando è provato o appare probabile che l'imputato non ne abbia avuto effettiva conoscenza, sempre che il fatto non sia dovuto a sua colpa e fuori dei casi di notificazione mediante consegna al difensore a norma degli articoli 159, 161, comma 4, e 169.
2. La probabilità che l'imputato non abbia avuto conoscenza dell'avviso è liberamente valutata dal giudice. Tale valutazione non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione.
Art. 420-ter. 
Impedimento a comparire dell'imputato o del difensore. 
1. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta all'udienza e risulta che l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice, con ordinanza, anche d'ufficio, rinvia ad una nuova udienza e dispone che sia rinnovato l'avviso all'imputato, a norma dell'articolo 419, comma 1.
2. Con le medesime modalità di cui al comma 1 il giudice provvede quando appare probabile che l'assenza dell'imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore. Tale probabilità è liberamente valutata dal giudice e non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione.
3. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta alle successive udienze e ricorrono le condizioni previste dal comma 1, il giudice rinvia anche d'ufficio l'udienza, fissa con ordinanza la data della nuova udienza e ne dispone la notificazione all'imputato.
4. In ogni caso la lettura dell'ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce la citazione e gli avvisi per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti.
5. Il giudice provvede a norma del comma 1 nel caso di assenza del difensore, quando risulta che l'assenza stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, purché prontamente comunicato. Tale disposizione non si applica se l'imputato è assistito da due difensori e l'impedimento riguarda uno dei medesimi ovvero quando il difensore impedito ha designato un sostituto o quando l'imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 3 dicembre 2007, n. 44922 e Cassazione Penale, sez. II, sentenza 24 settembre 2009, n. 37535 in Altalex Massimario.
Art. 420-quater. 
Contumacia dell'imputato. 
1. Se l'imputato, libero o detenuto, non compare all'udienza e non ricorrono le condizioni indicate negli articoli 420, comma 2, 420-bis e 420-ter, commi 1 e 2, il giudice, sentite le parti, ne dichiara la contumacia.
2. L'imputato, quando si procede in sua contumacia, è rappresentato dal suo difensore.
3. Se l'imputato compare prima che il giudice adotti i provvedimenti di cui al comma 1 dell'articolo 424, il giudice revoca l'ordinanza che ha dichiarato la contumacia. In tal caso l'imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio.
4. L'ordinanza dichiarativa di contumacia è nulla se al momento della pronuncia vi è la prova che l'assenza dell'imputato è dovuta a mancata conoscenza dell'avviso a norma dell'articolo 420-bis ovvero ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore od altro legittimo impedimento.
5. Se la prova dell'assenza indicata nel comma 4 perviene dopo la pronuncia dell'ordinanza prevista dal comma 1, ma prima dei provvedimenti cui al comma 1 dell'articolo 424, il giudice revoca l'ordinanza medesima e, se l'imputato non è comparso, rinvia anche d'ufficio l'udienza. Restano comunque validi gli atti compiuti in precedenza, ma se l'imputato ne fa richiesta e dimostra che la prova è pervenuta con ritardo senza sua colpa, il giudice dispone l'assunzione o la rinnovazione degli atti che ritiene rilevanti ai fini dei provvedimenti di cui al comma 1 dell'articolo 424.
6. Quando si procede a carico di più imputati, si applicano le disposizioni dell'articolo 18, comma 1, lettere c) e d).
7. L'ordinanza dichiarativa della contumacia è allegata al decreto che dispone il giudizio. Nel decreto è in ogni caso indicato se l'imputato è contumace o assente.
Art. 420-quinquies. 
Assenza e allontanamento volontario dell'imputato. 
1. Le disposizioni degli articoli 420-bis e 420-ter non si applicano quando l'imputato, anche se impedito, chiede o consente che l'udienza preliminare avvenga in sua assenza o, se detenuto, rifiuta di assistervi. L'imputato in tali casi è rappresentato dal difensore.
2. L'imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall'aula di udienza è considerato presente ed è rappresentato dal difensore.
Art. 421. 
Discussione. 
1. Conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti, il giudice dichiara aperta la discussione.
2. Il pubblico ministero espone sinteticamente i risultati delle indagini preliminari e gli elementi di prova che giustificano la richiesta di rinvio a giudizio. L'imputato può rendere dichiarazioni spontanee e chiedere di essere sottoposto all'interrogatorio, per il quale si applicano le disposizioni degli articoli 64 e 65. Su richiesta di parte, il giudice dispone che l'interrogatorio sia reso nelle forme previste dagli articoli 498 e 499. Prendono poi la parola, nell'ordine, i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell'imputato che espongono le loro difese. Il pubblico ministero e i difensori possono replicare una sola volta.
3. Il pubblico ministero e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni utilizzando gli atti contenuti nel fascicolo trasmesso a norma dell'articolo 416 comma 2 nonché gli atti e i documenti ammessi dal giudice prima dell'inizio della discussione.
4. Se il giudice ritiene di poter decidere allo stato degli atti, dichiara chiusa la discussione.
Art. 421-bis. 
Ordinanza per l'integrazione delle indagini. 
1. Quando non provvede a norma del comma 4 dell'articolo 421, il giudice, se le indagini preliminari sono incomplete, indica le ulteriori indagini, fissando il termine per il loro compimento e la data della nuova udienza preliminare. Del provvedimento è data comunicazione al procuratore generale presso la corte d'appello.
2. Il procuratore generale presso la corte d'appello può disporre con decreto motivato l'avocazione delle indagini a seguito della comunicazione prevista dal comma 1. Si applica, in quanto compatibile, la disposizione dell'articolo 412, comma 1.
Art. 422. 
Attività di integrazione probatoria del giudice. 
1. Quando non provvede a norma del comma 4 dell'articolo 421, ovvero a norma dell'articolo 421-bis, il giudice può disporre, anche d'ufficio, l'assunzione delle prove delle quali appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere.
2. Il giudice, se non è possibile procedere immediatamente all'assunzione delle prove, fissa la data della nuova udienza e dispone la citazione dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e delle persone indicate nell'articolo 210 di cui siano stati ammessi l'audizione o l'interrogatorio.
3. L'audizione e l'interrogatorio delle persone indicate nel comma 2 sono condotti dal giudice. Il pubblico ministero e i difensori possono porre domande, a mezzo del giudice, nell'ordine previsto dall'articolo 421, comma 2. Successivamente, il pubblico ministero e i difensori formulano e illustrano le rispettive conclusioni.
4. In ogni caso l'imputato può chiedere di essere sottoposto all'interrogatorio, per il quale si applicano le disposizioni degli articoli 64 e 65. Su richiesta di parte, il giudice dispone che l'interrogatorio sia reso nelle forme previste dagli articoli 498 e 499.
Art. 423. 
Modificazione dell'imputazione. 
1. Se nel corso dell'udienza il fatto risulta diverso da come è descritto nell'imputazione ovvero emerge un reato connesso a norma dell'articolo 12 comma 1 lettera b), o una circostanza aggravante, il pubblico ministero modifica l'imputazione e la contesta all'imputato presente. Se l'imputato non è presente, la modificazione della imputazione è comunicata al difensore, che rappresenta l'imputato ai fini della contestazione.
2. Se risulta a carico dell'imputato un fatto nuovo non enunciato nella richiesta di rinvio a giudizio, per il quale si debba procedere di ufficio, il giudice ne autorizza la contestazione se il pubblico ministero ne fa richiesta e vi è il consenso dell'imputato.
Art. 424. 
Provvedimenti del giudice. 
1. Subito dopo che è stata dichiarata chiusa la discussione, il giudice procede alla deliberazione pronunciando sentenza di non luogo a procedere o decreto che dispone il giudizio.
2. Il giudice dà immediata lettura del provvedimento. La lettura equivale a notificazione per le parti presenti.
3. Il provvedimento è immediatamente depositato in cancelleria. Le parti hanno diritto di ottenerne copia.
4. Qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi della sentenza di non luogo a procedere, il giudice provvede non oltre il trentesimo giorno da quello della pronuncia.
Art. 425. 
Sentenza di non luogo a procedere. 
1. Se sussiste una causa che estingue il reato o per la quale l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, se il fatto non è previsto dalla legge come reato ovvero quando risulta che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non costituisce reato o che si tratta di persona non punibile per qualsiasi causa, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere, indicandone la causa nel dispositivo.
2. Ai fini della pronuncia della sentenza di cui al comma 1, il giudice tiene conto delle circostanze attenuanti. Si applicano le disposizioni dell'articolo 69 del codice penale.
3. Il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche quando gli elementi acquisiti risultano insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in giudizio.
4. Il giudice non può pronunciare sentenza di non luogo a procedere se ritiene che dal proscioglimento dovrebbe conseguire l'applicazione di una misura di sicurezza diversa dalla confisca.
5. Si applicano le disposizioni dell'articolo 537.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 24 luglio 2007, n. 30001 in Altalex Massimario.
Art. 426. 
Requisiti della sentenza. 
1. La sentenza contiene:
a) l'intestazione «in nome del popolo italiano» e l'indicazione dell'autorità che l'ha pronunciata;
b) le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private;
c) l'imputazione;
d) l'esposizione sommaria dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata;
e) il dispositivo, con l'indicazione degli articoli di legge applicati;
f) la data e la sottoscrizione del giudice.
2. In caso di impedimento del giudice, la sentenza è sottoscritta dal presidente del tribunale previa menzione della causa della sostituzione.
3. Oltre che nel caso previsto dall'articolo 125 comma 3, la sentenza è nulla se manca o è incompleto nei suoi elementi essenziali il dispositivo ovvero se manca la sottoscrizione del giudice.
Art. 427.
Condanna del querelante alle spese e ai danni. 
1. Quando si tratta di reato per il quale si procede a querela della persona offesa, con la sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso il giudice condanna il querelante al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato. (1)
2. Nei casi previsti dal comma 1, il giudice, quando ne è fatta domanda, condanna inoltre il querelante alla rifusione delle spese sostenute dall'imputato e, se il querelante si è costituito parte civile, anche di quelle sostenute dal responsabile civile citato o intervenuto. Quando ricorrono giusti motivi, le spese possono essere compensate in tutto o in parte.
3. Se vi è colpa grave, il giudice può condannare il querelante a risarcire i danni all'imputato e al responsabile civile che ne abbiano fatto domanda.
4. Contro il capo della sentenza di non luogo a procedere che decide sulle spese e sui danni possono proporre impugnazione, a norma dell'articolo 428, il querelante, l'imputato e il responsabile civile.
5. Se il reato è estinto per remissione della querela, si applica la disposizione dell'articolo 340 comma 4.
(1) La Corte costituzionale con sentenza 3 dicembre 1993, n. 423 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte di cui prevede, nel caso di proscioglimento dell'imputato perché il fatto non sussiste o per non aver commesso il fatto, che il giudice condanni il querelante al pagamento delle spese anticipate dallo Stato anche in assenza di qualsiasi colpa a questi ascrivibile nell'esercizio del diritto di querela.
Art. 428. 
Impugnazione della sentenza di non luogo a procedere. (1)
1. Contro la sentenza di non luogo a procedere possono proporre ricorso per cassazione:
a) il procuratore della Repubblica e il procuratore generale;
b) l'imputato, salvo che con la sentenza sia stato dichiarato che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso.
2. La persona offesa può proporre ricorso per cassazione nei soli casi di nullità previsti dall'articolo 419, comma 7. La persona offesa costituita parte civile può proporre ricorso per cassazione ai sensi dell'articolo 606.
3. Sull'impugnazione decide la Corte di cassazione in camera di consiglio con le forme previste dall'articolo 127.
(1) Articolo così sostituito dall'art. 4 della L. 20 febbraio 2006, n. 46
_______________
Cfr. Corte Costituzionale, sentenza 18 gennaio 2008, n. 4 in Altalex Massimario. 
Art. 429. 
Decreto che dispone il giudizio. 
1. Il decreto che dispone il giudizio contiene:
a) le generalità dell'imputato e le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private, con l'indicazione dei difensori;
b) l'indicazione della persona offesa dal reato qualora risulti identificata;
c) l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge;
d) l'indicazione sommaria delle fonti di prova e dei fatti cui esse si riferiscono;
e) il dispositivo, con l'indicazione del giudice competente per il giudizio;
f) l'indicazione del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia;
g) la data e la sottoscrizione del giudice e dell'ausiliario che l'assiste.
2. Il decreto è nullo se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dal comma 1 lettere c) e f).
3. Tra la data del decreto e la data fissata per il giudizio deve intercorrere un termine non inferiore a venti giorni.
3-bis. Qualora si proceda per il reato di cui all'articolo 589, secondo comma, del codice penale, il termine di cui al comma 3 non può essere superiore a sessanta giorni. (1)
4. Il decreto è notificato all'imputato contumace nonché all'imputato e alla persona offesa comunque non presenti alla lettura del provvedimento di cui al comma 1 dell'articolo 424 almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio.
(1) Comma inserito dall'art. 4, comma 3, della L. 21 febbraio 2006, n. 102
Art. 430. 
Attività integrativa di indagine del pubblico ministero e del difensore. 
1. Successivamente all'emissione del decreto che dispone il giudizio, il pubblico ministero e il difensore possono, ai fini delle proprie richieste al giudice del dibattimento, compiere attività integrativa di indagine, fatta eccezione degli atti per i quali è prevista la partecipazione dell'imputato o del difensore di questo.
2. La documentazione relativa all'attività indicata nel comma 1 è immediatamente depositata nella segreteria del pubblico ministero con facoltà delle parti di prenderne visione e di estrarne copia.
Art. 430-bis. 
Divieto di assumere informazioni. 
1. E' vietato al pubblico ministero, alla polizia giudiziaria e al difensore assumere informazioni dalla persona ammessa ai sensi dell'articolo 507 o indicata nella richiesta di incidente probatorio o ai sensi dell'articolo 422, comma 2, ovvero nella lista prevista dall'articolo 468 e presentata dalle altre parti processuali. Le informazioni assunte in violazione del divieto sono inutilizzabili.
2. Il divieto di cui al comma 1 cessa dopo l'assunzione della testimonianza e nei casi in cui questa non sia ammessa o non abbia luogo.
Art. 431. 
Fascicolo per il dibattimento. 
1. Immediatamente dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio, il giudice provvede nel contraddittorio delle parti alla formazione del fascicolo per il dibattimento. Se una delle parti ne fa richiesta il giudice fissa una nuova udienza, non oltre il termine di quindici giorni, per la formazione del fascicolo. Nel fascicolo per il dibattimento sono raccolti:
a) gli atti relativi alla procedibilità dell'azione penale e all'esercizio dell'azione civile;
b) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria;
c) i verbali degli atti non ripetibili compiuti dal pubblico ministero e dal difensore;
d) i documenti acquisiti all'estero mediante rogatoria internazionale e i verbali degli atti non ripetibili assunti con le stesse modalità;
e) i verbali degli atti assunti nell'incidente probatorio;
f) i verbali degli atti, diversi da quelli previsti dalla lettera d), assunti all'estero a seguito di rogatoria internazionale ai quali i difensori sono stati posti in grado di assistere e di esercitare le facoltà loro consentite dalla legge italiana;
g) il certificato generale del casellario giudiziario e gli altri documenti indicati nell'articolo 236;
h) il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, qualora non debbano essere custoditi altrove.
2. Le parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all'attività di investigazione difensiva.
Art. 432. 
Trasmissione e custodia del fascicolo per il dibattimento. 
1. Il decreto che dispone il giudizio è trasmesso senza ritardo, con il fascicolo previsto dall'articolo 431 e con l'eventuale provvedimento che abbia disposto misure cautelari in corso di esecuzione, alla cancelleria del giudice competente per il giudizio.
Art. 433. 
Fascicolo del pubblico ministero. 
1. Gli atti diversi da quelli previsti dall'articolo 431 sono trasmessi al pubblico ministero con gli atti acquisiti all'udienza preliminare unitamente al verbale dell'udienza.
2. I difensori hanno facoltà di prendere visione ed estrarre copia, nella segreteria del pubblico ministero, degli atti raccolti nel fascicolo formato a norma del comma 1.
3. Nel fascicolo del pubblico ministero ed in quello del difensore è altresì inserita la documentazione dell'attività prevista dall'articolo 430 quando di essa le parti si sono servite per la formulazione di richieste al giudice del dibattimento e quest'ultimo le ha accolte.
LIBRO QUINTO
INDAGINI PRELIMINARI E UDIENZA PRELIMINARE
TITOLO X
Revoca della sentenza di non luogo a procedere
Art. 434. 
Casi di revoca. 
1. Se dopo la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere sopravvengono o si scoprono nuove fonti di prova che, da sole o unitamente a quelle già acquisite, possono determinare il rinvio a giudizio, il giudice per le indagini preliminari, su richiesta del pubblico ministero, dispone la revoca della sentenza.
Art. 435. 
Richiesta di revoca. 
1. Nella richiesta di revoca il pubblico ministero indica le nuove fonti di prova, specifica se queste sono già state acquisite o sono ancora da acquisire e richiede, nel primo caso, il rinvio a giudizio e, nel secondo, la riapertura delle indagini.
2. Con la richiesta sono trasmessi alla cancelleria del giudice gli atti relativi alle nuove fonti di prova.
3. Il giudice, se non dichiara inammissibile la richiesta, designa un difensore all'imputato che ne sia privo, fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso al pubblico ministero, all'imputato, al difensore e alla persona offesa. Il procedimento si svolge nelle forme previste dall'articolo 127.
Art. 436. 
Provvedimenti del giudice. 
1. Sulla richiesta di revoca il giudice provvede con ordinanza.
2. Quando revoca la sentenza di non luogo a procedere, il giudice, se il pubblico ministero ha chiesto il rinvio a giudizio, fissa l'udienza preliminare, dandone avviso agli interessati presenti e disponendo per gli altri la notificazione; altrimenti ordina la riapertura delle indagini.
3. Con l'ordinanza di riapertura delle indagini, il giudice stabilisce per il loro compimento un termine improrogabile non superiore a sei mesi.
4. Entro la scadenza del termine, il pubblico ministero, qualora sulla base dei nuovi atti di indagine non debba chiedere l'archiviazione, trasmette alla cancelleria del giudice la richiesta di rinvio a giudizio.
Art. 437. 
Ricorso per cassazione. 
1. Contro l'ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la richiesta di revoca il pubblico ministero può proporre ricorso per cassazione solamente per i motivi indicati all'articolo 606, comma 1, lettere b), d) ed e).
LIBRO SESTO
PROCEDIMENTI SPECIALI
TITOLO I
Giudizio abbreviato
Art. 438.
Presupposti del giudizio abbreviato.
1. L'imputato può chiedere che il processo sia definito all'udienza preliminare allo stato degli atti, salve le disposizioni di cui al comma 5 del presente articolo e all'articolo 441, comma 5.
2. La richiesta può essere proposta, oralmente o per iscritto, fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422.
3. La volontà dell'imputato è espressa personalmente o per mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata nelle forme previste dall'articolo 583, comma 3.
4. Sulla richiesta il giudice provvede con ordinanza con la quale dispone il giudizio abbreviato.
5. L'imputato, ferma restando la utilizzabilità ai fini della prova degli atti indicati nell'articolo 442, comma 1-bis, può subordinare la richiesta ad una integrazione probatoria necessaria ai fini della decisione. Il giudice dispone il giudizio abbreviato se l'integrazione probatoria richiesta risulta necessaria ai fini della decisione e compatibile con le finalità di economia processuale proprie del procedimento, tenuto conto degli atti già acquisiti ed utilizzabili. In tal caso il pubblico ministero può chiedere l'ammissione di prova contraria. Resta salva l'applicabilità dell'articolo 423.
6. In caso di rigetto ai sensi del comma 5, la richiesta può essere riproposta fino al termine previsto dal comma 2.
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Sul tema vedi la voce ''Giudizio abbreviato'' di AltalexPedia.
Cfr. Corte Costituzionale, ordinanza 23 giugno 2008, n. 247, Cassazione penale, sez. VI, sentenza 8 maggio 2008, n. 18729, Corte Costituzionale, ordinanza 2 aprile 2009, n. 102 e Cassazione Penale, sez. II, sentenza 10 luglio 2009, n. 28491 in Altalex Massimario.
[Art. 439.
Richiesta di giudizio abbreviato.(1) 
1. La richiesta è depositata in cancelleria unitamente all'atto di consenso del pubblico ministero almeno cinque giorni prima della data fissata per l'udienza.
2. La richiesta e il consenso possono essere presentati anche nel corso dell'udienza preliminare fino a che non siano formulate le conclusioni a norma degli articoli 421 e 422.]
(1) Articolo abrogato dall'art. 28, Legge 16 dicembre 1999, n. 479.
[Art. 440.
Provvedimenti del giudice. (1)
1 Sulla richiesta il giudice provvede con ordinanza, con la quale dispone il giudizio abbreviato se ritiene che il processo possa essere definito allo stato degli atti.
2. L'ordinanza di accoglimento o di rigetto è depositata in cancelleria almeno tre giorni prima della data dell'udienza. Nel caso previsto dall'articolo 439 comma 2, il giudice decide immediatamente in udienza, dando lettura dell'ordinanza.
3. In caso di rigetto, la richiesta può essere riproposta fino al termine previsto dall'articolo 439 comma 2.]
(1) Articolo abrogato dall'art. 28, Legge 16 dicembre 1999, n. 479.
Art. 441.
Svolgimento del giudizio abbreviato. 
1. Nel giudizio abbreviato si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni previste per l'udienza preliminare, fatta eccezione per quelle di cui agli articoli 422 e 423.
2. La costituzione di parte civile, intervenuta dopo la conoscenza dell'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, equivale ad accettazione del rito abbreviato.
3. Il giudizio abbreviato si svolge in camera di consiglio; il giudice dispone che il giudizio si svolga in pubblica udienza quando ne fanno richiesta tutti gli imputati.
4. Se la parte civile non accetta il rito abbreviato non si applica la disposizione di cui all'articolo 75, comma 3.
5. Quando il giudice ritiene di non poter decidere allo stato degli atti assume, anche d'ufficio, gli elementi necessari ai fini della decisione. Resta salva in tale caso l'applicabilità dell'articolo 423.
6. All'assunzione delle prove di cui al comma 5 del presente articolo e all'articolo 438, comma 5, si procede nelle forme previste dall'articolo 422, commi 2, 3 e 4.
Art. 441-bis.
Provvedimenti del giudice a seguito di nuove contestazioni sul giudizio abbreviato. 
1. Se, nei casi disciplinati dagli articoli 438, comma 5, e 441, comma 5, il pubblico ministero procede alle contestazioni previste dall'articolo 423, comma 1, l'imputato può chiedere che il procedimento prosegua nelle forme ordinarie.
2. La volontà dell'imputato è espressa nelle forme previste dall'articolo 438, comma 3.
3. Il giudice, su istanza dell'imputato o del difensore, assegna un termine non superiore a dieci giorni, per la formulazione della richiesta di cui ai commi 1 e 2 ovvero per l'integrazione della difesa, e sospende il giudizio per il tempo corrispondente.
4. Se l'imputato chiede che il procedimento prosegua nelle forme ordinarie, il giudice revoca l'ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato e fissa l'udienza preliminare o la sua eventuale prosecuzione. Gli atti compiuti ai sensi degli articoli 438, comma 5, e 441, comma 5, hanno la stessa efficacia degli atti compiuti ai sensi dell'articolo 422. La richiesta di giudizio abbreviato non può essere riproposta. Si applicano le disposizioni dell'articolo 303, comma 2.
5. Se il procedimento prosegue nelle forme del giudizio abbreviato, l'imputato può chiedere l'ammissione di nuove prove, in relazione alle contestazioni ai sensi dell'articolo 423, anche oltre i limiti previsti dall'articolo 438, comma 5, ed il pubblico ministero può chiedere l'ammissione di prova contraria.
Art. 442.
Decisione. 
1. Terminata la discussione, il giudice provvede a norma degli articoli 529 e seguenti.
1-bis. Ai fini della deliberazione il giudice utilizza gli atti contenuti nel fascicolo di cui all'articolo 416, comma 2, la documentazione di cui all'articolo 419, comma 3, e le prove assunte nell'udienza.
2. In caso di condanna, la pena che il giudice determina tenendo conto di tutte le circostanze è diminuita di un terzo. Alla pena dell'ergastolo è sostituita quella della reclusione di anni trenta. Alla pena dell'ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso di reati e di reato continuato, è sostituita quella dell'ergastolo.
3. La sentenza è notificata all'imputato che non sia comparso.
4. Si applica la disposizione dell'articolo 426 comma 2.
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Cfr. Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 6 dicembre 2007, n. 45583 in Altalex Massimario.
Art. 443.
Limiti all'appello. 
1. L'imputato e il pubblico ministero non possono proporre appello contro le sentenze di proscioglimento. (1)
(…) (2)
3. Il pubblico ministero non può proporre appello contro le sentenze di condanna, salvo che si tratti di sentenza che modifica il titolo del reato.
4. Il giudizio di appello si svolge con le forme previste dall'articolo 599.
(1) Le parole: “quando l'appello tende ad ottenere una diversa formula” sono state soppresse dall'art. 2 della L. 20 febbraio 2006, n. 46
(2) Il comma che recitava: “2. L'imputato non può proporre appello contro le sentenze di condanna a una pena che comunque non deve essere eseguita ovvero alla sola pena pecuniaria.” è stato abrogato dall'art. 31, L. 16 dicembre 1999, n. 479.

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Cfr. Cassazione Penale, sez. II, sentenza 10 luglio 2009, n. 28491 e Corte Costituzionale, sentenza 29 ottobre 2009, n. 274.
LIBRO SESTO
PROCEDIMENTI SPECIALI
TITOLO II
Applicazione della pena su richiesta delle parti
Art. 444. 
Applicazione della pena su richiesta. 
1. L'imputato e il pubblico ministero possono chiedere al giudice l'applicazione, nella specie e nella misura indicata, di una sanzione sostitutiva o di una pena pecuniaria, diminuita fino a un terzo, ovvero di una pena detentiva quando questa, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino a un terzo, non supera cinque anni soli o congiunti a pena pecuniaria. (1)
1-bis. Sono esclusi dall'applicazione del comma 1 i procedimenti per i delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, i procedimenti per i delitti di cui agli articoli 600-bis, primo e terzo comma, 600-quater, primo, secondo, terzo e quinto comma, 600-quater, secondo comma, 600-quater.1, relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico, 600-quinquies, nonché 609-bis, 609-ter, 609-quater e 609-octies del codice penale, (2) nonché quelli contro coloro che siano stati dichiarati delinquenti abituali, professionali e per tendenza, o recidivi ai sensi dell'articolo 99, quarto comma, del codice penale, qualora la pena superi due anni soli o congiunti a pena pecuniaria. (1)
2. Se vi è il consenso anche della parte che non ha formulato la richiesta e non deve essere pronunciata sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129, il giudice, sulla base degli atti, se ritiene corrette la qualificazione giuridica del fatto, l'applicazione e la comparazione delle circostanze prospettate dalle parti, nonché congrua la pena indicata, ne dispone con sentenza l'applicazione enunciando nel dispositivo che vi è stata la richiesta delle parti. Se vi è costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda; l'imputato è tuttavia condannato al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile, salvo che ricorrano giusti motivi per la compensazione totale o parziale. Non si applica la disposizione dell'articolo 75, comma 3.
3. La parte, nel formulare la richiesta, può subordinarne l'efficacia, alla concessione della sospensione condizionale della pena. In questo caso il giudice, se ritiene che la sospensione condizionale non può essere concessa, rigetta la richiesta.
(1) L'originario comma 1 è stato così sostituito dagli attuali commi 1 e 1-bis, dall'art. 1 della L. 12 giugno 2003, n. 134
(2) Parole inserite dall'art. 11 della L. 6 febbraio 2006, n. 38
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Cfr. Cassazione civile, sez. lavoro, sentenza 8 gennaio 2008, n. 132, Cassazione penale, sez. III, sentenza 11 febbraio 2008, n. 6427, Cassazione penale, sez. IV, sentenza 17 novembre 2008, n. 42841, Cassazione civile, sez. III, sentenza 16 ottobre 2009, n. 40203, Cassazione civile, sez. II, sentenza 22 ottobre 2009, n. 22423 e Cassazione penale, sez. VI, sentenza 30 marzo 2010, n. 12508 in Altalex Massimario.
Art. 445. 
Effetti dell'applicazione della pena su richiesta. 
1. La sentenza prevista dall'articolo 444, comma 2, quando la pena irrogata non superi i due anni di pena detentiva soli o congiunti a pena pecuniaria, non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento né l'applicazione di pene accessorie e di misure di sicurezza, fatta eccezione della confisca nei casi previsti dall'articolo 240 del codice penale. (1)
1-bis. Salvo quanto previsto dall'articolo 653, la sentenza prevista dall'articolo 444, comma 2, anche quando è pronunciata dopo la chiusura del dibattimento, non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi . Salve diverse disposizioni di legge, la sentenza è equiparata a una pronuncia di condanna. (1)
2. Il reato è estinto, ove sia stata irrogata una pena detentiva non superiore a due anni soli o congiunti a pena pecuniaria, (2) se nel termine di cinque anni, quando la sentenza concerne un delitto, ovvero di due anni, quando la sentenza concerne una contravvenzione, l'imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole. In questo caso si estingue ogni effetto penale, e se è stata applicata una pena pecuniaria o una sanzione sostitutiva, l'applicazione non è comunque di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione condizionale della pena.
(1) L'originario comma 1 è stato così sostituito dagli attuali commi 1 e 1-bis, dall'art. 1, comma 1, lett. a) della L. 12 giugno 2003, n. 134
(2) Parole aggiunte dall'art. 2, comma 1, lett. b) della L. 12 giugno 2003, n. 134
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Cfr. Cassazione penale, sez. IV, sentenza 17 novembre 2008, n. 42841 e TAR Lazio, sez. II quater, sentenza 17 novembre 2008, n. 7483 in Altalex Massimario.
Art. 446. 
Richiesta di applicazione della pena e consenso. 
1. Le parti possono formulare la richiesta prevista dall'articolo 444, comma 1, fino alla presentazione delle conclusioni di cui agli articoli 421, comma 3, e 422, comma 3, e fino alla dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado nel giudizio direttissimo. Se è stato notificato il decreto di giudizio immediato, la richiesta è formulata entro il termine e con le forme stabilite dall'articolo 458, comma 1.
2. La richiesta e il consenso nell'udienza sono formulati oralmente; negli altri casi sono formulati con atto scritto.
3. La volontà dell'imputato è espressa personalmente o a mezzo di procuratore speciale e la sottoscrizione è autenticata nelle forme previste dall'articolo 583 comma 3.
4. Il consenso sulla richiesta può essere dato entro i termini previsti dal comma 1, anche se in precedenza era stato negato.
5. Il giudice, se ritiene opportuno verificare la volontarietà della richiesta o del consenso, dispone la comparizione dell'imputato.
6. Il pubblico ministero, in caso di dissenso, deve, enunciarne le ragioni.
Art. 447.
Richiesta di applicazione della pena nel corso delle indagini preliminari. 
1. Nel corso delle indagini preliminari, il giudice, se è presentata una richiesta congiunta o una richiesta con il consenso scritto dell'altra parte, fissa, con decreto in calce alla richiesta, l'udienza per la decisione, assegnando, se necessario, un termine al richiedente per la notificazione all'altra parte. Almeno tre giorni prima dell'udienza il fascicolo del pubblico ministero è depositato nella cancelleria del giudice.
2. Nell'udienza il pubblico ministero e il difensore sono sentiti se compaiono.
3. Se la richiesta è presentata da una parte, il giudice fissa con decreto un termine all'altra parte per esprimere il consenso o il dissenso e dispone che la richiesta e il decreto siano notificati a cura del richiedente. Prima della scadenza del termine non è consentita la revoca o la modifica della richiesta e in caso di consenso si procede a norma del comma 1.
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Cfr. Cassazione penale, SS.UU., sentenza 23 dicembre 2008, n. 47803 in Altalex Massimario.
Art. 448.
Provvedimenti del giudice. 
1. Nell'udienza prevista dall'articolo 447, nell'udienza preliminare, nel giudizio direttissimo e nel giudizio immediato, il giudice, se ricorrono le condizioni per accogliere la richiesta prevista dall'articolo 444, comma 1, pronuncia immediatamente sentenza. Nel caso di dissenso da parte del pubblico ministero o di rigetto della richiesta da parte del giudice per le indagini preliminari, l'imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, può rinnovare la richiesta e il giudice, se la ritiene fondata, pronuncia immediatamente sentenza. La richiesta non è ulteriormente rinnovabile dinanzi ad altro giudice. Nello stesso modo il giudice provvede dopo la chiusura del dibattimento di primo grado o nel giudizio di impugnazione quando ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero o il rigetto della richiesta .
2. In caso di dissenso, il pubblico ministero può proporre appello; negli altri casi la sentenza è inappellabile.
3. Quando la sentenza è pronunciata nel giudizio di impugnazione, il giudice decide sull'azione civile a norma dell'articolo 578.
LIBRO SESTO
PROCEDIMENTI SPECIALI
TITOLO III
Giudizio direttissimo
Art. 449. 
Casi e modi del giudizio direttissimo. 
1. Quando una persona è stata arrestata in flagranza di un reato, il pubblico ministero, se ritiene di dover procedere, può presentare direttamente l'imputato in stato di arresto davanti al giudice del dibattimento, per la convalida e il contestuale giudizio, entro quarantotto ore dall'arresto. Si applicano al giudizio di convalida le disposizioni dell'articolo 391, in quanto compatibili.
2. Se l'arresto non è convalidato, il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero. Il giudice procede tuttavia a giudizio direttissimo quando l'imputato e il pubblico ministero vi consentono.
3. Se l'arresto è convalidato, si procede immediatamente al giudizio.
4. Il pubblico ministero, quando l'arresto in flagranza è già stato convalidato, procede al giudizio direttissimo presentando l'imputato in udienza non oltre il trentesimo giorno dall'arresto, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini. (1)
5. Il pubblico ministero procede inoltre al giudizio direttissimo, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini, nei confronti della persona che nel corso dell'interrogatorio ha reso confessione. (2) L'imputato libero è citato a comparire a una udienza non successiva al trentesimo (3) giorno dalla iscrizione nel registro delle notizie di reato. L'imputato in stato di custodia cautelare per il fatto per cui si procede è presentato all'udienza entro il medesimo termine. 
6. Quando il reato per cui è richiesto il giudizio direttissimo risulta connesso con altri reati per i quali mancano le condizioni che giustificano la scelta di tale rito, si procede separatamente per gli altri reati e nei confronti degli altri imputati, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini. Se la riunione risulta indispensabile, prevale in ogni caso il rito ordinario.
(1) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. c) del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni nella L. 24 luglio 2008, n. 125
(2) Periodo così sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. d) del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni nella L. 24 luglio 2008, n. 125 
(3) Parola così sostituita dall'art. 2, comma 1, lett. d) del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni nella L. 24 luglio 2008, n. 125
Art. 450.
Instaurazione del giudizio direttissimo. 
1. Quando procede a giudizio direttissimo, il pubblico ministero fa condurre direttamente all'udienza l'imputato arrestato in flagranza o in stato di custodia cautelare. (1)
2. Se l'imputato è libero, il pubblico ministero, lo cita a comparire all'udienza per il giudizio direttissimo. Il termine per comparire non può essere inferiore a tre giorni.
3. La citazione contiene i requisiti previsti dall'articolo 429 comma 1 lettera a), b), c), f), con l'indicazione del giudice competente per il giudizio nonché la data e la sottoscrizione. Si applica inoltre la disposizione dell'articolo 429 comma 2.
4. Il decreto, unitamente al fascicolo previsto dall'articolo 431, formato dal pubblico ministero, è trasmesso alla cancelleria del giudice competente per il giudizio.
5. Al difensore è notificato senza ritardo a cura del pubblico ministero l'avviso della data fissata per il giudizio.
6. Il difensore ha facoltà di prendere visione e di estrarre copia, nella segreteria del pubblico ministero, della documentazione relativa alle indagini espletate.
(1) Comma così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. e) del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni nella L. 24 luglio 2008, n. 125
Art. 451. 
Svolgimento del giudizio direttissimo. 
1. Nel corso del giudizio direttissimo si osservano le disposizioni degli articoli 470 e seguenti.
2. La persona offesa e i testimoni possono essere citati anche oralmente da un ufficiale giudiziario o da un agente di polizia giudiziaria.
3. Il pubblico ministero, l'imputato e la parte civile possono presentare nel dibattimento testimoni senza citazione.
4. Il pubblico ministero, fuori del caso previsto dall'articolo 450 comma 2, contesta l'imputazione all'imputato presente.
5. Il presidente avvisa l'imputato della facoltà di chiedere il giudizio abbreviato ovvero l'applicazione della pena a norma dell'articolo 444.
6. L'imputato è altresì avvisato della facoltà di chiedere un termine per preparare la difesa non superiore a dieci giorni. Quando l'imputato si avvale di tale facoltà, il dibattimento è sospeso fino all'udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine.
Art. 452. 
Trasformazione del rito. 
1. Se il giudizio direttissimo risulta promosso fuori dei casi previsti dall'articolo 449, il giudice dispone con ordinanza la restituzione degli atti al pubblico ministero.
2. Se l'imputato chiede il giudizio abbreviato, il giudice, prima che sia dichiarato aperto il dibattimento, dispone con ordinanza la prosecuzione del giudizio con il rito abbreviato. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 438, commi 3 e 5, 441, 441-bis, 442 e 443; nel caso di cui all'articolo 441-bis, comma 4, il giudice, revocata l'ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato, fissa l'udienza per il giudizio direttissimo.
LIBRO SESTO
PROCEDIMENTI SPECIALI
TITOLO IV
Giudizio immediato
Art. 453. 
Casi e modi di giudizio immediato. 
1. Quando la prova appare evidente, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini, il pubblico ministero chiede (1) il giudizio immediato se la persona sottoposta alle indagini è stata interrogata sui fatti dai quali emerge l'evidenza della prova ovvero, a seguito di invito a presentarsi emesso con l'osservanza delle forme indicate nell'articolo 375 comma 3 secondo periodo, la stessa abbia omesso di comparire, sempre che non sia stato adottato un legittimo impedimento e che non si tratti di persona irreperibile.
1-bis. Il pubblico ministero richiede il giudizio immediato, anche fuori dai termini di cui all'articolo 454, comma 1, e comunque entro centottanta giorni dall'esecuzione della misura, per il reato in relazione al quale la persona sottoposta alle indagini si trova in stato di custodia cautelare, salvo che la richiesta pregiudichi gravemente le indagini. (2)
1-ter. La richiesta di cui al comma 1-bis è formulata dopo la definizione del procedimento di cui all'articolo 309, ovvero dopo il decorso dei termini per la proposizione della richiesta di riesame. (2)
2. Quando il reato per cui è richiesto il giudizio immediato risulta connesso con altri reati per i quali mancano le condizioni che giustificano la scelta di tale rito, si procede separatamente per gli altri reati e nei confronti degli altri imputati, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini. Se la riunione risulta indispensabile, prevale in ogni caso il rito ordinario.
3. L'imputato può chiedere il giudizio immediato a norma dell'articolo 419 comma 5.
(1) Parole così sostituite dalle attuali dall'art. 2, comma 1, lett. f) del D. L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni nella L. 24 luglio 2008, n. 125
(2) Comma inserito dall'art. 2, comma 1, lett. g) del D. L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni nella L. 24 luglio 2008, n. 125
_______________
Cfr. Cassazione penale, sez. VI, sentenza 26 ottobre 2009, n. 41038 in Altalex Massimario.
Art. 454.
Presentazione della richiesta del pubblico ministero. 
1. Entro novanta giorni dalla iscrizione della notizia di reato nel registro previsto dall'articolo 335, il pubblico ministero trasmette la richiesta di giudizio immediato alla cancelleria del giudice per le indagini preliminari .
2. Con la richiesta è trasmesso il fascicolo contenente la notizia di reato, la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari. Il corpo del reato e le cose pertinenti al reato, sono allegati al fascicolo, qualora non debbano essere custoditi altrove.
Art. 455.
Decisione sulla richiesta di giudizio immediato. 
1. Il giudice, entro cinque giorni, emette decreto con il quale dispone il giudizio immediato ovvero rigetta la richiesta ordinando la trasmissione degli atti al pubblico ministero.
1-bis. Nei casi di cui all'articolo 453, comma 1-bis, il giudice rigetta la richiesta se l'ordinanza che dispone la custodia cautelare e' stata revocata o annullata per sopravvenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. (1)
(1) Comma inserito dall'art. 2, comma 1, lett. h) del D. L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni nella L. 24 luglio 2008, n. 125
Art. 456. 
Decreto di giudizio immediato. 
1. Al decreto che dispone il giudizio immediato si applicano le disposizioni dell'articolo 429 commi 1 e 2.
2. Il decreto contiene anche l'avviso che l'imputato può chiedere il giudizio abbreviato ovvero l'applicazione della pena a norma dell'articolo 444.
3. Il decreto è comunicato al pubblico ministero e notificato all'imputato e alla persona offesa almeno trenta giorni prima della data fissata per il giudizio.
4. All'imputato e alla persona offesa, unitamente al decreto, è notificata la richiesta del pubblico ministero.
5. Al difensore dell'imputato è notificato avviso alla data fissata per il giudizio entro il termine previsto dal comma 3.
Art. 457.
Trasmissione degli atti. 
1. Decorsi i termini previsti dall'articolo 458 comma 1, il decreto che dispone il giudizio immediato è trasmesso, con il fascicolo formato a norma dell'articolo 431, al giudice competente per il giudizio.
2. Gli atti non inseriti nel fascicolo previsto dal comma 1, sono restituiti al pubblico ministero. Si applica la disposizione dell'art. 433 comma 2.
Art. 458. 
Richiesta di giudizio abbreviato. (1) (2)
1. L'imputato, a pena di decadenza, può chiedere il giudizio abbreviato depositando nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari la richiesta, con la prova della avvenuta notifica al pubblico ministero, entro quindici giorni dalla notificazione del decreto di giudizio immediato. [Il pubblico ministero ha il termine di cinque giorni dalla notificazione della richiesta per esprimere il proprio consenso.] (3)
2. Se la richiesta è ammissibile, il giudice fissa con decreto l'udienza dandone avviso almeno cinque giorni prima al pubblico ministero, all'imputato, al difensore e alla persona offesa. Nel giudizio si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 438, commi 3 e 5, 441, 441-bis, 442 e 443; nel caso di cui all'articolo 441-bis, comma 4, il giudice, revocata l'ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato, fissa l'udienza per il giudizio immediato.
3. Le disposizioni del presente articolo non si applicano quando il giudizio immediato è stato richiesto dall'imputato a norma dell'articolo 419 comma 5.
(1) La Corte costituzionale con sentenza 15 febbraio 1991, n. 81 ha dichiarato l'illegittimità del primo e secondo comma del presente articolo nella parte in cui non prevedono che il pubblico ministero in caso di dissenso sia tenuto ad enunciarne le ragioni e nella parte in cui non prevede che il giudice, quando, a dibattimento concluso, ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero, possa applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442, secondo comma. 
(2) La Corte Costituzionale con sentenza 31 gennaio 1992, n. 23 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del primo e secondo comma del presente articolo nella parte in cui non prevedono che il giudice all'esito del dibattimento, ritenendo che il processo poteva essere definito allo stato degli atti dal giudice per le indagini preliminari, possa applicare la riduzione di pena prevista dall'art. 442, secondo comma.
(3) Periodo soppresso dall'art. 36, Legge 16 dicembre 1999, n. 479.
LIBRO SESTO
PROCEDIMENTI SPECIALI
TITOLO V
Procedimento per decreto
Art. 459. 
Casi di procedimento per decreto. 
1. Nei procedimenti per reati perseguibili di ufficio ed in quelli perseguibili a querela se questa è stata validamente presentata e se il querelante non ha nella stessa dichiarato di opporvisi, il pubblico ministero, quando ritiene che si debba applicare soltanto una pena pecuniaria, anche se inflitta in sostituzione di una pena detentiva, può presentare al giudice per le indagini preliminari, entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato e previa trasmissione del fascicolo, richiesta motivata di emissione del decreto penale di condanna, indicando la misura della pena.
2. Il pubblico ministero può chiedere l'applicazione di una pena diminuita sino alla metà rispetto al minimo edittale.
3. Il giudice, quando non accoglie la richiesta, se non deve pronunciare sentenza di proscioglimento a norma dell'articolo 129, restituisce gli atti al pubblico ministero.
4. Del decreto penale è data comunicazione al querelante.
5. Il procedimento per decreto non è ammesso quando risulta la necessità di applicare una misura di sicurezza personale.
Art. 460. 
Requisiti del decreto di condanna. 
1. Il decreto di condanna contiene:
a) le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgano a identificarlo nonché, quando occorre, quelle della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria;
b) l'enunciazione del fatto, delle circostanze e delle disposizioni di legge violate;
c) la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, comprese le ragioni dell'eventuale diminuzione della pena al di sotto del minimo edittale;
d) il dispositivo;
e) l'avviso che l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria possono proporre opposizione entro quindici giorni dalla notificazione del decreto e che l'imputato può chiedere mediante l'opposizione il giudizio immediato ovvero il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena a norma dell'articolo 444;
f) l'avvertimento all'imputato e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria che, in caso di mancata opposizione, il decreto diviene esecutivo;
g) l'avviso che l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria hanno la facoltà di nominare un difensore;
h) la data e la sottoscrizione del giudice e dell'ausiliario che lo assiste.
2. Con il decreto di condanna il giudice applica la pena nella misura richiesta dal pubblico ministero indicando l'entità dell'eventuale diminuzione della pena stessa al di sotto del minimo edittale; ordina la confisca, nei casi previsti dall'articolo 240, secondo comma, del codice penale, o la restituzione delle cose sequestrate; concede la sospensione condizionale della pena]. Nei casi previsti dagli articoli 196 e 197 del codice penale, dichiara altresì la responsabilità della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria .
3. Copia del decreto è comunicata al pubblico ministero ed è notificata con il precetto al condannato, al difensore d'ufficio o al difensore di fiducia eventualmente nominato ed alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria.
4. Se non è possibile eseguire la notificazione per irreperibilità dell'imputato, il giudice revoca il decreto penale di condanna e restituisce gli atti al pubblico ministero. (1)
5. Il decreto penale di condanna non comporta la condanna al pagamento delle spese del procedimento, né l'applicazione di pene accessorie. Anche se divenuto esecutivo non ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo. Il reato è estinto se nel termine di cinque anni, quando il decreto concerne un delitto, ovvero di due anni, quando il decreto concerne una contravvenzione, l'imputato non commette un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole. In questo caso si estingue ogni effetto penale e la condanna non è comunque di ostacolo alla concessione di una successiva sospensione condizionale della pena.
(1) La Corte costituzionale con sentenza 18 novembre 2000, n. 504 ha dichiarato l'illegittimità del presente comma nella parte in cui non prevede la revoca del decreto penale di condanna e la restituzione degli atti al pubblico ministero anche nel caso in cui non sia possibile la notificazione nel domicilio dichiarato a norma dell'art. 161 c.p.p..
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Cfr. Tribunale di sorveglianza Torino, ordinanza 28 marzo 2007 in Altalex Massimario.
Art. 461.
Opposizione. 
1. Nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto, l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, personalmente o a mezzo del difensore eventualmente nominato, possono proporre opposizione mediante dichiarazione ricevuta nella cancelleria del giudice per le indagini preliminari che ha emesso il decreto ovvero nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trova l'opponente.
2. La dichiarazione di opposizione deve indicare, a pena di inammissibilità, gli estremi del decreto di condanna, la data del medesimo e il giudice che lo ha emesso. Ove non abbia già provveduto in precedenza, nella dichiarazione l'opponente può nominare un difensore di fiducia.
3. Con l'atto di opposizione l'imputato può chiedere al giudice che ha emesso il decreto di condanna il giudizio immediato ovvero il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena a norma dell'articolo 444.
4. L'opposizione è inammissibile, oltre che nei casi indicati nel comma 2, quando è proposta fuori termine o da persona non legittimata.
5. Se non è proposta opposizione o se questa è dichiarata inammissibile, il giudice che ha emesso il decreto di condanna ne ordina l'esecuzione.
6. Contro l'ordinanza di inammissibilità l'opponente può proporre ricorso per cassazione.
Art. 462. 
Restituzione nel termine per proporre opposizione. 
1. L'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria sono restituiti nel termine per proporre opposizione a norma dell'articolo 175.
Art. 463.
Opposizione proposta soltanto da alcuni interessati. 
1. L'esecuzione del decreto di condanna pronunciato a carico di più persone imputate dello stesso reato rimane sospesa nei confronti di coloro che non hanno proposto opposizione fino a quando il giudizio conseguente all'opposizione proposta da altri coimputati non sia definito con pronuncia irrevocabile.
2. Se l'opposizione è proposta dal solo imputato o dalla sola persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, gli effetti si estendono anche a quella fra le dette parti che non ha proposto opposizione.
Art. 464. 
Giudizio conseguente all'opposizione. (1)
1. Se l'opponente ha chiesto il giudizio immediato, il giudice emette decreto a norma dell'articolo 456, commi 1, 3 e 5. Se l'opponente ha chiesto il giudizio abbreviato, il giudice fissa con decreto l'udienza dandone avviso almeno cinque giorni prima al pubblico ministero, all'imputato, al difensore e alla persona offesa; nel giudizio si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 438, commi 3 e 5, 441, 441-bis, 442 e 443; nel caso di cui all'articolo 441-bis, comma 4, il giudice, revocata l'ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato, fissa l'udienza per il giudizio conseguente all'opposizione. Se l'opponente ha chiesto l'applicazione della pena a norma dell'articolo 444, il giudice fissa con decreto un termine entro il quale il pubblico ministero deve esprimere il consenso, disponendo che la richiesta e il decreto siano notificati al pubblico ministero a cura dell'opponente. Ove il pubblico ministero non abbia espresso il consenso nel termine stabilito ovvero l'imputato non abbia formulato nell'atto di opposizione alcuna richiesta, il giudice emette decreto di giudizio immediato. (2) (3)
2. Il giudice, se è presentata domanda di oblazione contestuale all'opposizione, decide sulla domanda stessa prima di emettere i provvedimenti a norma del comma 1.
3. Nel giudizio conseguente all'opposizione, l'imputato non può chiedere il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena su richiesta, né presentare domanda di oblazione. In ogni caso, il giudice revoca il decreto penale di condanna.
4. Il giudice può applicare in ogni caso una pena anche diversa e più grave di quella fissata nel decreto di condanna e revocare i benefici già concessi.
5. Con la sentenza che proscioglie l'imputato perché il fatto non sussiste, non è previsto dalla legge come reato ovvero è commesso in presenza di una causa di giustificazione, il giudice revoca il decreto di condanna anche nei confronti degli imputati dello stesso reato che non hanno proposto opposizione.
(1) La Corte costituzionale con sentenza 15 febbraio 1991, n. 81 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del primo e secondo comma del presente articolo nella parte in cui non prevedono che il pubblico ministero in caso di dissenso sia tenuto ad enunciarne le ragioni e nella parte in cui non prevede che il giudice, quando, a dibattimento concluso, ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero, possa applicare all'imputato la riduzione di pena contemplata dall'art. 442, secondo comma.
(2) La Corte costituzionale con sentenza 31 gennaio 1992, n. 23 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non prevede che il giudice all'esito del dibattimento, ritenendo che il processo poteva essere definito allo stato degli atti dal giudice per le indagini preliminari, possa applicare la riduzione di pena prevista dall'art. 442, secondo comma. 
(3) La Corte costituzionale con sentenza 23 maggio 2003, n. 169 ha dichiarato l'illegittimità del presente comma, secondo periodo, nella parte in cui non prevede che in caso di rigetto della richiesta di giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria l'imputato possa rinnovare la richiesta prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado e il giudice possa disporre il giudizio abbreviato.
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Cfr. Cassazione Penale, sez. I, sentenza 28 ottobre 2008, n. 40081 in Altalex Massimario.
LIBRO SETTIMO
GIUDIZIO
TITOLO I
Atti preliminari al dibattimento
Art. 465. 
Atti del presidente del tribunale o della corte di assise. 
1. Il presidente del tribunale o della corte di assise, ricevuto il decreto che dispone il giudizio, può, con decreto, per giustificati motivi, anticipare l'udienza o differirla non più di una volta.
2. Il provvedimento è comunicato al pubblico ministero e notificato alle parti private, alla persona offesa e ai difensori; nel caso di anticipazione, fermi restando i termini previsti dall'articolo 429 commi 3 e 4, il provvedimento è comunicato e notificato almeno sette giorni prima della nuova udienza.
Art. 466. 
Facoltà dei difensori. 
1. Durante il termine per comparire, le parti e i loro difensori hanno facoltà di prendere visione, nel luogo dove si trovano, delle cose sequestrate, di esaminare in cancelleria gli atti e i documenti raccolti nel fascicolo per il dibattimento e di estrarne copia.
Art. 467. 
Atti urgenti. 
1. Nei casi previsti dall'articolo 392, il presidente del tribunale o della corte di assise dispone, a richiesta di parte, l'assunzione delle prove non rinviabili, osservando le forme previste per il dibattimento.
2. Del giorno, dell'ora e del luogo stabiliti per il compimento dell'atto è dato avviso almeno ventiquattro ore prima al pubblico ministero, alla persona offesa e ai difensori.
3. I verbali degli atti compiuti sono inseriti nel fascicolo per il dibattimento.
Art. 468. 
Citazione di testimoni, periti e consulenti tecnici. 
1. Le parti che intendono chiedere l'esame di testimoni, periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell'articolo 210 devono, a pena di inammissibilità, depositare in cancelleria, almeno sette giorni prima della data fissata per il dibattimento, la lista con l'indicazione delle circostanze su cui deve vertere l'esame.
2. Il presidente del tribunale o della Corte di assise, quando ne sia fatta richiesta, autorizza con decreto la citazione dei testimoni, periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell'articolo 210, escludendo le testimonianze vietate dalla legge e quelle manifestamente sovrabbondanti. Il presidente può stabilire che la citazione dei testimoni, periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell'articolo 210 sia effettuata per la data fissata per il dibattimento ovvero per altre successive udienze nelle quali ne sia previsto l'esame. In ogni caso, il provvedimento non pregiudica la decisione sull'ammissibilità della prova a norma dell'articolo 495.
3. I testimoni e i consulenti tecnici indicati nelle liste possono anche essere presentati direttamente al dibattimento.
4. In relazione alle circostanze indicate nelle liste, ciascuna parte può chiedere la citazione a prova contraria di testimoni, periti e consulenti tecnici non compresi nella propria lista, ovvero presentarli al dibattimento.
4-bis. La parte che intende chiedere l'acquisizione di verbali di prove di altro procedimento penale deve farne espressa richiesta unitamente al deposito delle liste. Se si tratta di verbali di dichiarazioni di persone delle quali la stessa o altra parte chiede la citazione, questa è autorizzata dal presidente solo dopo che in dibattimento il giudice ha ammesso l'esame a norma dell'articolo 495.
5. Il presidente in ogni caso dispone di ufficio la citazione del perito nominato nell'incidente probatorio a norma dell'articolo 392 comma 2.
Art. 469. 
Proscioglimento prima del dibattimento. 
1. Salvo quanto previsto dall'articolo 129 comma 2, se l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita ovvero se il reato è estinto e se per accertarlo non è necessario procedere al dibattimento, il giudice, in camera di consiglio, sentiti il pubblico ministero e l'imputato e se questi non si oppongono, pronuncia sentenza inappellabile di non doversi procedere enunciandone la causa nel dispositivo.
LIBRO SETTIMO
GIUDIZIO
TITOLO II
Dibattimento
Capo I
Disposizioni generali
Art. 470. 
Disciplina dell'udienza. 
1. La disciplina dell'udienza e la direzione del dibattimento sono esercitate dal presidente che decide senza formalità; in sua assenza la disciplina dell'udienza è esercitata dal pubblico ministero.
2. Per l'esercizio delle funzioni indicate in questo capo, il presidente o il pubblico ministero si avvale, ove occorra, anche della forza pubblica, che dà immediata esecuzione ai relativi provvedimenti.
Art. 471.
Pubblicità dell'udienza. 
1. L'udienza è pubblica a pena di nullità.
2. Non sono ammessi nell'aula di udienza coloro che non hanno compiuto gli anni diciotto, le persone che sono sottoposte a misure di prevenzione e quelle che appaiono in stato di ubriachezza, di intossicazione o di squilibrio mentale.
3. Se alcuna di queste persone deve intervenire all'udienza come testimone, è fatta allontanare non appena la sua presenza non è più necessaria.
4. Non è consentita la presenza in udienza di persone armate, fatta eccezione per gli appartenenti alla forza pubblica, né di persone che portino oggetti atti a molestare. Le persone che turbano il regolare svolgimento dell'udienza sono espulse per ordine del presidente o, in sua assenza, del pubblico ministero, con divieto di assistere alle ulteriori attività processuali.
5. Per ragioni di ordine, il presidente può disporre, in casi eccezionali, che l'ammissione nell'aula di udienza sia limitata a un determinato numero di persone.
6. I provvedimenti menzionati nel presente articolo sono dati oralmente e senza formalità.
Art. 472.
Casi in cui si procede a porte chiuse. 
1. Il giudice dispone che il dibattimento o alcuni atti di esso si svolgano a porte chiuse quando la pubblicità può nuocere al buon costume ovvero, se vi è richiesta dell'autorità competente, quando la pubblicità può comportare la diffusione di notizie da mantenere segrete nell'interesse dello Stato.
2. Su richiesta dell'interessato, il giudice dispone che si proceda a porte chiuse all'assunzione di prove che possono causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni ovvero delle parti private in ordine a fatti che non costituiscono oggetto dell'imputazione. Quando l'interessato è assente o estraneo al processo, il giudice provvede di ufficio.
3. Il giudice dispone altresì che il dibattimento o alcuni atti di esso si svolgano a porte chiuse quando la pubblicità può nuocere alla pubblica igiene, quando avvengono da parte del pubblico manifestazioni che turbano il regolare svolgimento delle udienze ovvero quando è necessario salvaguardare la sicurezza di testimoni o di imputati.
3-bis. Il dibattimento relativo ai delitti previsti dagli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-ter e 609-octies del codice penale si svolge a porte aperte; tuttavia, la persona offesa può chiedere che si proceda a porte chiuse anche solo per una parte di esso. Si procede sempre a porte chiuse quando la parte offesa è minorenne. In tali procedimenti non sono ammesse domande sulla vita privata o sulla sessualità della persona offesa se non sono necessarie alla ricostruzione del fatto.
4. Il giudice può disporre che avvenga a porte chiuse l'esame dei minorenni.
Art. 473. 
Ordine di procedere a porte chiuse. 
1. Nei casi previsti dall'articolo 472, il giudice, sentite le parti, dispone, con ordinanza pronunciata in pubblica udienza, che il dibattimento o alcuni atti di esso si svolgano a porte chiuse. L'ordinanza è revocata con le medesime forme quando sono cessati i motivi del provvedimento.
2. Quando si è ordinato di procedere a porte chiuse, non possono per alcun motivo essere ammesse nell'aula di udienza persone diverse da quelle che hanno il diritto o il dovere di intervenire. Nei casi previsti dall'articolo 472 comma 3, il giudice può consentire la presenza dei giornalisti.
3. I testimoni, i periti e i consulenti tecnici sono assunti secondo l'ordine in cui vengono chiamati e, fatta eccezione di quelli che sia necessario trattenere nell'aula di udienza, vi rimangono per il tempo strettamente necessario.
Art. 474.
Assistenza dell'imputato all'udienza. 
1. L'imputato assiste all'udienza libero nella persona, anche se detenuto, salvo che in questo caso siano necessarie cautele per prevenire il pericolo di fuga o di violenza.
Art. 475.
Allontanamento coattivo dell'imputato. 
1. L'imputato che, dopo essere stato ammonito, persiste nel comportarsi in modo da impedire il regolare svolgimento dell'udienza, è allontanato dall'aula con ordinanza del presidente.
2. L'imputato allontanato si considera presente ed è rappresentato dal difensore.
3. L'imputato allontanato può essere riammesso nell'aula di udienza, in ogni momento, anche di ufficio. Qualora l'imputato debba essere nuovamente allontanato, il giudice può disporre con la stessa ordinanza che sia espulso dall'aula, con divieto di partecipare ulteriormente al dibattimento, se non per rendere le dichiarazioni previste dagli articoli 503 e 523 comma 5.
Art. 476. 
Reati commessi in udienza. 
1. Quando viene commesso un reato in udienza, il pubblico ministero procede a norma di legge, disponendo l'arresto dell'autore nei casi consentiti.
2. Non è consentito l'arresto del testimone in udienza per reati concernenti il contenuto della deposizione.
Art. 477. 
Durata e prosecuzione del dibattimento. 
1. Quando non è assolutamente possibile esaurire il dibattimento in una sola udienza, il presidente dispone che esso venga proseguito nel giorno seguente non festivo.
2. Il giudice può sospendere il dibattimento soltanto per ragioni di assoluta necessità e per un termine massimo che, computate tutte le dilazioni, non oltrepassi i dieci giorni, esclusi i festivi.
3. Il presidente dà oralmente gli avvisi opportuni e l'ausiliario ne fa menzione nel verbale. Gli avvisi sostituiscono le citazioni e le notificazioni per coloro che sono comparsi o debbono considerarsi presenti.
Art. 478.
Questioni incidentali. 
1. Sulle questioni incidentali proposte dalle parti nel corso del dibattimento il giudice decide immediatamente con ordinanza, previa discussione nei modi previsti dall'articolo 491.
Art. 479.
Questioni civili o amministrative. 
1. Fermo quanto previsto dall'articolo 3, qualora la decisione sull'esistenza del reato dipenda dalla risoluzione di una controversia civile o amministrativa di particolare complessità, per la quale sia già in corso un procedimento presso il giudice competente, il giudice penale, se la legge non pone limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa, può disporre la sospensione del dibattimento, fino a che la questione non sia stata decisa con sentenza passata in giudicato.
2. La sospensione è disposta con ordinanza, contro la quale può essere proposto ricorso per cassazione. Il ricorso non ha effetto sospensivo.
3. Qualora il giudizio civile o amministrativo non si sia concluso nel termine di un anno, il giudice, anche di ufficio, può revocare l'ordinanza di sospensione.
Art. 480.
Verbale di udienza. 
1. L'ausiliario che assiste il giudice redige il verbale di udienza, nel quale sono indicati:
a) il luogo, la data, l'ora di apertura e di chiusura dell'udienza;
b) i nomi e i cognomi dei giudici;
c) il nome e il cognome del rappresentante del pubblico ministero, le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti e dei loro rappresentanti, i nomi e i cognomi dei difensori.
2. Il verbale di udienza è inserito nel fascicolo per il dibattimento.
Art. 481.
Contenuto del verbale. 
1. Il verbale descrive le attività svolte in udienza e riporta sinteticamente le richieste e le conclusioni del pubblico ministero e dei difensori.
2. I provvedimenti dati oralmente dal presidente sono riprodotti in modo integrale. I provvedimenti del giudice pubblicati in udienza mediante lettura sono allegati al verbale.
Art. 482.
Diritto delle parti in ordine alla documentazione. 
1. Le parti hanno diritto di fare inserire nel verbale, entro i limiti strettamente necessari, ogni dichiarazione a cui abbiano interesse, purché non contraria alla legge. Le memorie scritte presentate dalle parti a sostegno delle proprie richieste e conclusioni sono allegate al verbale.
2. Il presidente può disporre, anche di ufficio, che l'ausiliario dia lettura di singole parti del verbale al fine di verificarne la fedeltà e la completezza. Sulla domanda di rettificazione o di cancellazione nonché sulle questioni relative a quanto previsto dal comma 1, il presidente decide con ordinanza.
Art. 483.
Sottoscrizione e trascrizione del verbale. 
1. Subito dopo la conclusione dell'udienza o la chiusura del dibattimento , il verbale, sottoscritto alla fine di ogni foglio dal pubblico ufficiale che lo ha redatto, è presentato al presidente per l'apposizione del visto.
2. Salvo quanto previsto dall'articolo 528, i nastri impressi con i caratteri della stenotipia sono trascritti in caratteri comuni non oltre tre giorni dalla loro formazione.
3. I verbali e le trascrizioni sono acclusi al fascicolo per il dibattimento.
Capo II
Atti introduttivi
Art. 484. 
Costituzione delle parti. 
1. Prima di dare inizio al dibattimento, il presidente controlla la regolare costituzione delle parti.
2. Qualora il difensore dell'imputato non sia presente, il presidente designa come sostituto altro difensore a norma dell'articolo 97 comma 4.
2-bis. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni degli articoli 420-bis, 420-ter, 420-quater e 420-quinquies.
[Art. 485.
Rinnovazione della citazione. (1) 
1. Il giudice dispone, anche di ufficio, che sia rinnovata la citazione a giudizio quando è provato o appare probabile che l'imputato non ne abbia avuto effettiva conoscenza, sempre che il fatto non sia dovuto a sua colpa e fuori dei casi di notificazione mediante consegna al difensore a norma degli articoli 159, 161 comma 4 e 169.
2. La probabilità che l'imputato non abbia avuto conoscenza della citazione è liberamente valutata dal giudice. Tale valutazione non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione.]
(1) Articolo abrogato dall'art. 39 della Legge 16 dicembre 1999, n. 479.
[Art. 486. 
Impedimento a comparire dell'imputato o del difensore. (1) 
1. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta alla prima udienza e risulta che l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice con ordinanza, anche di ufficio, sospende o rinvia il dibattimento, fissa la data della nuova udienza e dispone che sia rinnovata la citazione a giudizio.
2. Nello stesso modo il giudice provvede quando appare probabile che l'assenza dell'imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore. La probabilità è liberamente valutata dal giudice e non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione.
3. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta alle successive udienze e ricorrono le condizioni previste dal comma 1, il giudice sospende o rinvia anche di ufficio il dibattimento, fissa con ordinanza la data della nuova udienza e ne dispone la notificazione all'imputato.
4. In ogni caso la lettura dell'ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce la citazione e gli avvisi per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti.
5. Il giudice provvede a norma del comma 3 anche nel caso di assenza del difensore, quando risulta che la stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento purché prontamente comunicato. Tale disposizione non si applica se l'imputato è assistito da due difensori e l'impedimento riguarda uno dei medesimi ovvero quando il difensore impedito ha designato un sostituto o quando l'imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito.]
(1) Articolo abrogato dall'art. 39 della Legge 16 dicembre 1999, n. 479.
[Art. 487. 
Contumacia dell'imputato. (1) 
1. Se l'imputato, libero o detenuto, non compare all'udienza e non ricorrono le condizioni indicate negli articoli 485 e 486 commi 1 e 2, il giudice, sentite le parti, ne dichiara la contumacia, salvo che risulti la nullità dell'atto di citazione o della sua notificazione. In tal caso il giudice pronuncia ordinanza con la quale rinvia il dibattimento e dispone la rinnovazione degli atti nulli.
2. L'imputato, quando si procede in sua contumacia, è rappresentato nel dibattimento dal difensore.
3. Se l'imputato compare prima della decisione, il giudice revoca l'ordinanza che ha dichiarato la contumacia. In tal caso l'imputato può rendere le dichiarazioni previste dall'articolo 494 e, se la comparizione avviene prima dell'inizio della discussione finale, può chiedere di essere sottoposto all'esame a norma dell'articolo 503. In ogni caso il dibattimento non può essere sospeso o rinviato a causa della comparizione tardiva.
4. L'ordinanza dichiarativa della contumacia è nulla se al momento della pronuncia vi è la prova che l'assenza dell'imputato è dovuta a mancata conoscenza della citazione a norma dell'articolo 485 comma 1, ovvero ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento.
5. Se la prova indicata nel comma 4 perviene dopo la pronuncia dell'ordinanza prevista dal comma 1, ma prima della decisione, il giudice revoca l'ordinanza medesima e, se l'imputato non è comparso, sospende o rinvia anche di ufficio il dibattimento. Restano comunque validi gli atti compiuti in precedenza, ma se l'imputato ne fa richiesta e dimostra che la prova è pervenuta con ritardo senza sua colpa, il giudice dispone l'assunzione o la rinnovazione degli atti che ritiene rilevanti ai fini della decisione.
6. Quando si procede a carico di più imputati, si applicano le disposizioni dell'articolo 18 comma 1 lettere c) e d).]
(1) Articolo abrogato dall'art. 39 della Legge 16 dicembre 1999, n. 479.
[Art. 488.
Assenza e allontanamento volontario dell'imputato. (1) 
1. Le disposizioni degli articoli 486 e 487 non si applicano quando l'imputato, anche se impedito, chiede o consente che il dibattimento avvenga in sua assenza o, se detenuto, rifiuta di assistervi. L'imputato in tali casi è rappresentato dal difensore.
2. L'imputato che, dopo essere comparso, si allontana dall'aula di udienza è considerato presente ed è rappresentato dal difensore.
3. Le disposizioni del comma 2 si applicano anche quando l'imputato detenuto evade in qualsiasi momento del dibattimento ovvero durante gli intervalli di esso.]
(1) Articolo abrogato dall'art. 39 della Legge 16 dicembre 1999, n. 479.
Art. 489. 
Dichiarazioni del contumace. 
1. L'imputato già contumace che prova di non avere avuto conoscenza del procedimento a suo carico, può chiedere di rendere le dichiarazioni previste dall'articolo 494. Nel corso del giudizio di cassazione le dichiarazioni sono rese al giudice per le indagini preliminari presso il tribunale del luogo in cui l'imputato si trova.
2. L'imputato nella richiesta prevista dal comma 1 può nominare un difensore al quale deve essere dato tempestivo avviso del giorno e del luogo fissato per l'audizione; in mancanza, il giudice designa un difensore di ufficio. Se l'imputato si trova in stato di custodia cautelare, le dichiarazioni devono essere assunte entro un termine non superiore a quindici giorni da quello in cui è pervenuta la richiesta.
3. La disposizione del comma 1 si applica anche nei confronti del condannato nel corso del giudizio di revisione o nella fase dell'esecuzione. In tal caso le dichiarazioni sono assunte nelle forme previste dal comma 2 dal magistrato di sorveglianza del luogo in cui il condannato si trova.
4. Il verbale delle dichiarazioni rese dall'imputato o dal condannato è trasmesso senza ritardo alla corte di cassazione o alla corte di appello davanti alla quale pende il giudizio di revisione. Se le dichiarazioni sono state rese dal condannato e non pende giudizio di revisione, il relativo verbale è trasmesso al magistrato di sorveglianza competente a norma dell'articolo 677.
Art. 490. 
Accompagnamento coattivo dell'imputato assente o contumace. 
1. Il giudice, a norma dell'articolo 132, può disporre l'accompagnamento coattivo dell'imputato assente o contumace, quando la sua presenza è necessaria per l'assunzione di una prova diversa dall'esame.
Art. 491.
Questioni preliminari. 
1. Le questioni concernenti la competenza per territorio o per connessione, le nullità indicate nell'articolo 181 commi 2 e 3, la costituzione di parte civile, la citazione o l'intervento del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e l'intervento degli enti e delle associazioni previsti dall'articolo 91 sono precluse se non sono proposte subito dopo compiuto per la prima volta l'accertamento della costituzione delle parti e sono decise immediatamente.
2. La disposizione del comma 1 si applica anche alle questioni concernenti il contenuto del fascicolo per il dibattimento e la riunione o la separazione dei giudizi, salvo che la possibilità di proporle sorga soltanto nel corso del dibattimento.
3. Le questioni preliminari sono discusse dal pubblico ministero e da un difensore per ogni parte privata. La discussione deve essere contenuta nei limiti di tempo strettamente necessari alla illustrazione delle questioni. Non sono ammesse repliche.
4. Il giudice provvede in merito agli atti che devono essere acquisiti al fascicolo per il dibattimento ovvero eliminati da esso.
5. Sulle questioni preliminari il giudice decide con ordinanza.
Art. 492. 
Dichiarazione di apertura del dibattimento. 
1. Compiute le attività indicate negli articoli 484 e seguenti, il presidente dichiara aperto il dibattimento.
2. L'ausiliario che assiste il giudice dà lettura dell'imputazione.
Art. 493.
Richieste di prova. 
1. Il pubblico ministero, i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell'imputato nell'ordine indicano i fatti che intendono provare e chiedono l'ammissione delle prove.
2. E' ammessa l'acquisizione di prove non comprese nella lista prevista dall'articolo 468 quando la parte che le richiede dimostra di non averle potute indicare tempestivamente.
3. Le parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all'attività di investigazione difensiva.
4. Il presidente impedisce ogni divagazione, ripetizione e interruzione e ogni lettura o esposizione del contenuto degli atti compiuti durante le indagini preliminari.
Art. 494. 
Dichiarazioni spontanee dell'imputato. 
1. Esaurita l'esposizione introduttiva, il presidente informa l'imputato che egli ha facoltà di rendere in ogni stato del dibattimento le dichiarazioni che ritiene opportune, purché esse si riferiscano all'oggetto dell'imputazione e non intralcino l'istruzione dibattimentale. Se nel corso delle dichiarazioni l'imputato non si attiene all'oggetto dell'imputazione, il presidente lo ammonisce e, se l'imputato persiste, gli toglie la parola.
2. L'ausiliario riproduce integralmente le dichiarazioni rese a norma del comma 1, salvo che il giudice disponga che il verbale sia redatto in forma riassuntiva.
Art. 495. 
Provvedimenti del giudice in ordine alla prova. 
1. Il giudice, sentite le parti, provvede con ordinanza all'ammissione delle prove a norma degli articoli 190, comma 1, e 190-bis. Quando è stata ammessa l'acquisizione di verbali di prove di altri procedimenti, il giudice provvede in ordine alla richiesta di nuova assunzione della stessa prova solo dopo l'acquisizione della documentazione relativa alla prova dell'altro procedimento .
2. L'imputato ha diritto all'ammissione delle prove indicate a discarico sui fatti costituenti oggetto delle prove a carico; lo stesso diritto spetta al pubblico ministero in ordine alle prove a carico dell'imputato sui fatti costituenti oggetto delle prove a discarico.
3. Prima che il giudice provveda sulla domanda, le parti hanno facoltà di esaminare i documenti di cui è chiesta l'ammissione.
4. Nel corso dell'istruzione dibattimentale, il giudice decide con ordinanza sulle eccezioni proposte dalle parti in ordine alla ammissibilità delle prove. Il giudice, sentite le parti, può revocare con ordinanza l'ammissione di prove che risultano superflue o ammettere prove già escluse.
4-bis. Nel corso dell'istruzione dibattimentale ciascuna delle parti può rinunziare, con il consenso dell'altra parte, all'assunzione delle prove ammesse a sua richiesta.
Capo III
Istruzione dibattimentale
Art. 496. 
Ordine nell'assunzione delle prove. 
1. L'istruzione dibattimentale inizia con l'assunzione delle prove richieste dal pubblico ministero e prosegue con l'assunzione di quelle richieste da altre parti, nell'ordine previsto dall'articolo 493 comma 2.
2. Le parti possono concordare un diverso ordine di assunzione delle prove.
Art. 497.
Atti preliminari all'esame dei testimoni. 
1. I testimoni sono esaminati l'uno dopo l'altro nell'ordine prescelto dalle parti che li hanno indicati.
2. Prima che l'esame abbia inizio, il presidente avverte il testimone dell'obbligo di dire la verità. Salvo che si tratti di persona minore degli anni quattordici, il presidente avverte altresì il testimone delle responsabilità previste dalla legge penale per i testimoni falsi o reticenti e lo invita a rendere la seguente dichiarazione: «Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo con la mia deposizione, mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza». Lo invita quindi a fornire le proprie generalità.
3. L'osservanza delle disposizioni del comma 2 è prescritta a pena di nullità.
Art. 498. 
Esame diretto e controesame dei testimoni. (1) 
1. Le domande sono rivolte direttamente dal pubblico ministero o dal difensore che ha chiesto l'esame del testimone.
2. Successivamente altre domande possono essere rivolte dalle parti che non hanno chiesto l'esame, secondo l'ordine indicato nell'articolo 496.
3. Chi ha chiesto l'esame può proporre nuove domande.
4. L'esame testimoniale del minorenne è condotto dal presidente su domande e contestazioni proposte dalle parti. Nell'esame il presidente può avvalersi dell'ausilio di un familiare del minore o di un esperto in psicologia infantile. Il presidente, sentite le parti, se ritiene che l'esame diretto del minore non possa nuocere alla serenità del teste, dispone con ordinanza che la deposizione prosegua nelle forme previste dai commi precedenti. L'ordinanza può essere revocata nel corso dell'esame.
4-bis. Si applicano, se una parte lo richiede ovvero se il presidente lo ritiene necessario, le modalità di cui all'articolo 398, comma 5-bis.
4-ter. Quando si procede per i reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-octies e 612-bis del codice penale, l'esame del minore vittima del reato ovvero del maggiorenne infermo di mente vittima del reato viene effettuato, su richiesta sua o del suo difensore, mediante l'uso di un vetro specchio unitamente ad un impianto citofonico. (2)
(1) La Corte costituzionale con sentenza 30 luglio 1997, n. 283 ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo nella parte in cui non consente, nel caso di testimone maggiorenne infermo di mente, che il presidente, sentite le parti, ove ritenga che l'esame del teste ad opera delle parti possa nuocere alla personalità del teste medesimo, ne conduca direttamente l'esame su domande e contestazioni proposte dalle parti.
(2) Comma così modificato dall'art. 9, comma 1, lett. d), n. 1) e 2) del D.L. 23 aprile 2009, n. 38
Art. 499. 
Regole per l'esame testimoniale. 
1. L'esame testimoniale si svolge mediante domande su fatti specifici.
2. Nel corso dell'esame sono vietate le domande che possono nuocere alla sincerità delle risposte.
3. Nell'esame condotto dalla parte che ha chiesto la citazione del testimone e da quella che ha un interesse comune sono vietate le domande che tendono a suggerire le risposte.
4. Il presidente cura che l'esame del testimone sia condotto senza ledere il rispetto della persona.
5. Il testimone può essere autorizzato dal presidente a consultare, in aiuto della memoria, documenti da lui redatti.
6. Durante l'esame, il presidente, anche di ufficio, interviene per assicurare la pertinenza delle domande, la genuinità delle risposte, la lealtà dell'esame e la correttezza delle contestazioni, ordinando, se occorre, l'esibizione del verbale nella parte in cui le dichiarazioni sono state utilizzate per le contestazioni. (1)
(1) Comma così sostituito dall'art. 15 della L. 1 marzo 2000, n. 63
Art. 500. 
Contestazioni nell'esame testimoniale. (1)
1. Fermi i divieti di lettura e di allegazione, le parti, per contestare in tutto o in parte il contenuto della deposizione, possono servirsi delle dichiarazioni precedentemente rese dal testimone e contenute nel fascicolo del pubblico ministero. Tale facoltà può essere esercitata solo se sui fatti o sulle circostanze da contestare il testimone abbia già deposto.
2. Le dichiarazioni lette per la contestazione possono essere valutate ai fini della credibilità del teste.
3. Se il teste rifiuta di sottoporsi all'esame o al controesame di una delle parti, nei confronti di questa non possono essere utilizzate, senza il suo consenso, le dichiarazioni rese ad altra parte, salve restando le sanzioni penali eventualmente applicabili al dichiarante.
4. Quando, anche per le circostanze emerse nel dibattimento, vi sono elementi concreti per ritenere che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità, affinché non deponga ovvero deponga il falso, le dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero precedentemente rese dal testimone sono acquisite al fascicolo del dibattimento e quelle previste dal comma 3 possono essere utilizzate.
5. Sull'acquisizione di cui al comma 4 il giudice decide senza ritardo, svolgendo gli accertamenti che ritiene necessari, su richiesta della parte, che può fornire gli elementi concreti per ritenere che il testimone è stato sottoposto a violenza, minaccia, offerta o promessa di denaro o di altra utilità.
6. A richiesta di parte, le dichiarazioni assunte dal giudice a norma dell'articolo 422 sono acquisite al fascicolo del dibattimento e sono valutate ai fini della prova nei confronti delle parti che hanno partecipato alla loro assunzione, se sono state utilizzate per le contestazioni previste dal presente articolo. Fuori dal caso previsto dal periodo precedente, si applicano le disposizioni di cui ai commi 2, 4 e 5.
7. Fuori dai casi di cui al comma 4, su accordo delle parti le dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico ministero precedentemente rese dal testimone sono acquisite al fascicolo del dibattimento.
(1) Articolo così sostituito dall'art. 16 della L. 1 marzo 2000, n. 63
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. II, sentenza 15 ottobre 2008, n. 38894 in Altalex Massimario.
Art. 501.
Esame dei periti e dei consulenti tecnici. 
1. Per l'esame dei periti e dei consulenti tecnici si osservano le disposizioni sull'esame dei testimoni, in quanto applicabili.
2. Il perito e il consulente tecnico hanno in ogni caso facoltà di consultare documenti, note scritte e pubblicazioni, che possono essere acquisite anche di ufficio.
Art. 502.
Esame a domicilio di testimoni, periti e consulenti tecnici. 
1. In caso di assoluta impossibilità di un testimone, di un perito o di un consulente tecnico a comparire per legittimo impedimento, il giudice, a richiesta di parte, può disporne l'esame nel luogo in cui si trova, dando comunicazione, a norma dell'articolo 477 comma 3, del giorno, dell'ora e del luogo dell'esame.
2. L'esame si svolge con le forme previste dagli articoli precedenti, esclusa la presenza del pubblico. L'imputato e le altre parti private sono rappresentati dai rispettivi difensori. Il giudice, quando ne è fatta richiesta, ammette l'intervento personale dell'imputato interessato all'esame.
Art. 503.
Esame delle parti private. 
1. Il presidente dispone l'esame delle parti che ne abbiano fatto richiesta o che vi abbiano consentito, secondo il seguente ordine: parte civile, responsabile civile, persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e imputato.
2. L'esame si svolge nei modi previsti dagli articoli 498 e 499. Ha inizio con le domande del difensore o del pubblico ministero che l'ha chiesto e prosegue con le domande, secondo i casi, del pubblico ministero e dei difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria, del coimputato e dell'imputato. Quindi, chi ha iniziato l'esame può rivolgere nuove domande.
3. Fermi i divieti di lettura e di allegazione, il pubblico ministero e i difensori, per contestare in tutto o in parte il contenuto della deposizione, possono servirsi delle dichiarazioni precedentemente rese dalla parte esaminata e contenute nel fascicolo del pubblico ministero. Tale facoltà può essere esercitata solo se sui fatti e sulle circostanze da contestare la parte abbia già deposto.
4. Si applica la disposizione dell'articolo 500 comma 2.
5. Le dichiarazioni alle quali il difensore aveva diritto di assistere assunte dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero sono acquisite nel fascicolo per il dibattimento, se sono state utilizzate per le contestazioni previste dal comma 3.
6. La disposizione prevista dal comma 5 si applica anche per le dichiarazioni rese a norma degli articoli 294, 299, comma 3-ter, 391 e 422.
Art. 504. 
Opposizioni nel corso dell'esame dei testimoni. 
1. Salvo che la legge disponga diversamente, sulle opposizioni formulate nel corso dell'esame dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e delle parti private il presidente decide immediatamente e senza formalità.
Art. 505. 
Facoltà degli enti e delle associazioni rappresentativi di interessi lesi dal reato. 
1. Gli enti e le associazioni intervenuti nel processo a norma dell'articolo 93 possono chiedere al presidente di rivolgere domande ai testimoni, ai periti, ai consulenti tecnici e alle parti private che si sono sottoposte a esame. Possono altresì chiedere al giudice l'ammissione di nuovi mezzi di prova utili all'accertamento dei fatti.
Art. 506.
Poteri del presidente in ordine all'esame dei testimoni e delle parti private. 
1. Il presidente, anche su richiesta di altro componente del collegio, in base ai risultati delle prove assunte nel dibattimento a iniziativa delle parti o a seguito delle letture disposte a norma degli articoli 511, 512 e 513, può indicare alle parti temi di prova nuovi o più ampi, utili per la completezza dell'esame.
2. Il presidente, anche su richiesta di altro componente del collegio, può rivolgere domande ai testimoni, ai periti, ai consulenti tecnici, alle persone indicate nell'articolo 210 ed alle parti già esaminate, solo dopo l'esame e il controesame. Resta salvo il diritto delle parti di concludere l'esame secondo l'ordine indicato negli articoli 498, commi 1 e 2, e 503, comma 2.
Art. 507. 
Ammissione di nuove prove. 
1. Terminata l'acquisizione delle prove, il giudice, se risulta assolutamente necessario, può disporre anche di ufficio l'assunzione di nuovi mezzi di prove.
1-bis. Il giudice può disporre a norma del comma 1 anche l'assunzione di mezzi di prova relativi agli atti acquisiti al fascicolo per il dibattimento a norma degli articoli 431, comma 2, e 493, comma 3.
Art. 508. 
Provvedimenti conseguenti all'ammissione della perizia nel dibattimento. 
1. Se il giudice, di ufficio o su richiesta di parte, dispone una perizia, il perito è immediatamente citato a comparire e deve esporre il suo parere nello stesso dibattimento. Quando non è possibile provvedere in tale modo, il giudice pronuncia ordinanza con la quale, se è necessario, sospende il dibattimento e fissa la data della nuova udienza nel termine massimo di sessanta giorni.
2. Con l'ordinanza il giudice designa un componente del collegio per l'esercizio dei poteri previsti dall'articolo 228.
3. Nella nuova udienza il perito risponde ai quesiti ed è esaminato a norma dell'articolo 501.
Art. 509.
Sospensione del dibattimento per esigenze istruttorie. 
1. Nei casi previsti dagli articoli 495 comma 4, 506 e 507 il giudice, qualora non sia possibile provvedere nella medesima udienza, sospende il dibattimento per il tempo strettamente necessario, fissando la data della nuova udienza.
Art. 510. 
Verbale di assunzione dei mezzi di prova. 
1. Nel verbale sono indicate le generalità dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e degli interpreti ed è fatta menzione di quanto previsto dall'articolo 497 comma 2.
2. L'ausiliario che assiste il giudice documenta nel verbale lo svolgimento dell'esame dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici e delle parti private, riproducendo integralmente in forma diretta le domande poste dalle parti o dal presidente nonché le risposte delle persone esaminate.
3. Quando il giudice dispone che il verbale sia redatto solo in forma riassuntiva, i poteri di vigilanza previsti dall'articolo 140 comma 2, sono esercitati dal presidente.
Art. 511. 
Letture consentite. 
1. Il giudice, anche di ufficio, dispone che sia data lettura, integrale o parziale, degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento.
2. La lettura di verbali di dichiarazioni è disposta solo dopo l'esame della persona che le ha rese, a meno che l'esame non abbia luogo.
3. La lettura della relazione peritale è disposta solo dopo l'esame del perito.
4. La lettura dei verbali delle dichiarazioni orali di querela o di istanza è consentita ai soli fini dell'accertamento della esistenza della condizione di procedibilità.
5. In luogo della lettura, il giudice, anche di ufficio, può indicare specificamente gli atti utilizzabili ai fini della decisione. L'indicazione degli atti equivale alla loro lettura. Il giudice dispone tuttavia la lettura, integrale o parziale, quando si tratta di verbali di dichiarazioni e una parte ne fa richiesta. Se si tratta di altri atti, il giudice è vincolato alla richiesta di lettura solo nel caso di un serio disaccordo sul contenuto di essi.
6. La facoltà di chiedere la lettura o l'indicazione degli atti, prevista dai commi 1 e 5, è attribuita anche agli enti e alle associazioni intervenuti a norma dell'articolo 93.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. I, sentenza 21 aprile 2009, n. 16908 in Altalex Massimario.
Art. 511-bis. 
Lettura di verbali di prove di altri procedimenti. 
1. Il giudice, anche di ufficio, dispone che sia data lettura dei verbali degli atti indicati nell'articolo 238. Si applica il comma 2 dell'articolo 511.
Art. 512. 
Lettura di atti per sopravvenuta impossibilità di ripetizione. 
1. Il giudice, a richiesta di parte, dispone che sia data lettura degli atti assunti dalla polizia giudiziaria, dal pubblico ministero, dai difensori delle parti private e dal giudice nel corso della udienza preliminare quando, per fatti o circostanze imprevedibili, ne è divenuta impossibile la ripetizione.
1-bis. È sempre consentita la lettura dei verbali relativi all'acquisizione ed alle operazioni di distruzione degli atti di cui all'articolo 240.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. I, sentenza 18 novembre 2009, n. 44158 in Altalex Massimario.
Art. 512-bis. 
Lettura di dichiarazioni rese da persona residente all'estero. 
1. Il giudice, a richiesta di parte, può disporre, tenuto conto degli altri elementi di prova acquisiti, che sia data lettura dei verbali di dichiarazioni rese da persona residente all'estero anche a seguito di rogatoria internazionale se essa, essendo stata citata, non è comparsa e solo nel caso in cui non ne sia assolutamente possibile l'esame dibattimentale.
Art. 513. 
Lettura delle dichiarazioni rese dall'imputato nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare. 
1. Il giudice, se l'imputato è contumace o assente ovvero rifiuta di sottoporsi all'esame, dispone, a richiesta di parte, che sia data lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dall'imputato al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria su delega del pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nell'udienza preliminare, ma tali dichiarazioni non possono essere utilizzate nei confronti di altri senza il loro consenso salvo che ricorrano i presupposti di cui all'articolo 500, comma 4.
2. Se le dichiarazioni sono state rese dalle persone indicate nell'articolo 210, comma 1, il giudice, a richiesta di parte, dispone, secondo i casi, l'accompagnamento coattivo del dichiarante o l'esame a domicilio o la rogatoria internazionale ovvero l'esame in altro modo previsto dalla legge con le garanzie del contradditorio. Se non è possibile ottenere la presenza del dichiarante, ovvero procedere all'esame in uno dei modi suddetti, si applica la disposizione dell'articolo 512 qualora la impossibilità dipenda da fatti o circostanze imprevedibili al momento delle dichiarazioni. Qualora il dichiarante si avvalga della facoltà di non rispondere, il giudice dispone la lettura dei verbali contenenti le suddette dichiarazioni soltanto con l'accordo delle parti.
3. Se le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo sono state assunte ai sensi dell'articolo 392, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 511.
Art. 514.
Letture vietate. 
1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 511, 512, 512-bis e 513, non può essere data lettura dei verbali delle dichiarazioni rese dall'imputato, dalle persone indicate nell'articolo 210 e dai testimoni alla polizia giudiziaria, al pubblico ministero o al giudice nel corso delle indagini preliminari o nella udienza preliminare, a meno che nell'udienza preliminare le dichiarazioni siano state rese nelle forme previste dagli articoli 498 e 499, alla presenza dell'imputato o del suo difensore.
2. Fuori dei casi previsti dall'articolo 511, è vietata la lettura dei verbali e degli altri atti di documentazione delle attività compiute dalla polizia giudiziaria. L'ufficiale o l'agente di polizia giudiziaria esaminato come testimone può servirsi di tali atti a norma dell'articolo 499 comma 5.
Art. 515. 
Allegazione di atti al fascicolo per il dibattimento. 
1. I verbali degli atti di cui è stata data lettura e i documenti ammessi a norma dell'articolo 495 sono inseriti, unitamente al verbale di udienza, nel fascicolo per il dibattimento.
Capo IV
Nuove contestazioni
Art. 516. 
Modifica della imputazione. 
1. Se nel corso dell'istruzione dibattimentale il fatto risulta diverso da come è descritto nel decreto che dispone il giudizio, e non appartiene alla competenza di un giudice superiore, il pubblico ministero modifica l'imputazione e procede alla relativa contestazione.
1-bis. Se a seguito della modifica il reato risulta attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica, l'inosservanza delle disposizioni sulla composizione del giudice è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, immediatamente dopo la nuova contestazione ovvero, nei casi indicati dagli articoli 519 comma 2 e 520 comma 2, prima del compimento di ogni altro atto nella nuova udienza fissata a norma dei medesimi articoli.
1-ter. Se a seguito della modifica risulta un reato per il quale è prevista l'udienza preliminare, e questa non si è tenuta, l'inosservanza delle relative disposizioni è eccepita, a pena di decadenza, entro il termine indicato dal comma 1-bis.
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 30 giugno 1994, n. 265 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevedono la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione di pena a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale relativamente al fatto diverso o al reato concorrente contestato in dibattimento quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale ovvero quando l'imputato ha tempestivamente e ritualmente proposto la richiesta di applicazione di pena in ordine alle originarie imputazioni. 
La Corte costituzionale con sentenza 29 dicembre 1995, n. 530 ha inoltre dichiarato l'illegittimità del presente articolo nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di proporre domanda di oblazione ai sensi degli artt. 162 e 162-bis del codice penale relativamente al fatto diverso contestato in dibattimento.
_______________
Cfr. Corte Costituzionale, sentenza 15 ottobre 2008, n. 333 in Altalex Massimario.
Art. 517. 
Reato concorrente e circostanze aggravanti risultanti dal dibattimento. (1) 
1. Qualora nel corso dell'istruzione dibattimentale emerga un reato connesso a norma dell'articolo 12 comma 1 lettera b) ovvero una circostanza aggravante e non ve ne sia menzione nel decreto che dispone il giudizio, il pubblico ministero contesta all'imputato il reato o la circostanza, purché la cognizione non appartenga alla competenza di un giudice superiore.
1-bis. Si applicano le disposizioni previste dall'articolo 516, commi 1-bis e 1-ter.
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 30 giugno 1994, n. 265 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui non prevedono la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento l'applicazione di pena a norma dell'art. 444 del codice di procedura penale relativamente al fatto diverso o al reato concorrente contestato in dibattimento quando la nuova contestazione concerne un fatto che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale ovvero quando l'imputato ha tempestivamente e ritualmente proposto la richiesta di applicazione di pena in ordine alle originarie imputazioni.
La stessa Corte, con sentenza 29 dicembre 1995, n. 530 ha inoltre dichiarato l'illegittimità del presente articolo nella parte in cui non prevede la facoltà dell'imputato di proporre domanda di oblazione ai sensi degli artt. 162 e 162-bis del codice penale relativamente al reato contestato in dibattimento.
Art. 518.
Fatto nuovo risultante dal dibattimento. 
1. Fuori dei casi previsti dall'articolo 517, il pubblico ministero procede nelle forme ordinarie se nel corso del dibattimento risulta a carico dell'imputato un fatto nuovo non enunciato nel decreto che dispone il giudizio e per il quale si debba procedere di ufficio.
2. Tuttavia il presidente, qualora il pubblico ministero ne faccia richiesta, può autorizzare la contestazione nella medesima udienza, se vi è consenso dell'imputato presente e non ne deriva pregiudizio per la speditezza dei procedimenti.
Art. 519. 
Diritti delle parti. 
1. Nei casi previsti dagli articoli 516, 517 e 518 comma 2, salvo che la contestazione abbia per oggetto la recidiva, il presidente informa l'imputato che può chiedere un termine per la difesa.
2. Se l'imputato ne fa richiesta, il presidente sospende il dibattimento per un tempo non inferiore al termine per comparire previsto dall'articolo 429, ma comunque non superiore a quaranta giorni. In ogni caso l'imputato può chiedere l'ammissione di nuove prove a norma dell'articolo 507. (1)
3. Il presidente dispone la citazione della persona offesa, osservando un termine non inferiore a cinque giorni.
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 3 giugno 1992, n. 241 ha dichiarato l'illegittimità del presente comma nella parte in cui nei casi previsti dall'art. 516 c.p.p. non consente al pubblico ministero e alle parti private diverse dall'imputato di chiedere l'ammissione di nuove prove e nell'inciso "a norma dell'art. 507". 
La Corte costituzionale con sentenza 20 febbraio 1995, n. 50 ha inoltre dichiarato l'illegittimità del presente comma nella parte in cui in caso di nuova contestazione effettuata a norma dell'art. 517 c.p.p. non consente al pubblico ministero e alle parti private diverse dall'imputato di chiedere l'ammissione di nuove prove.
Art. 520. 
Nuove contestazioni all'imputato contumace o assente. 
1. Quando intende contestare i fatti o le circostanze indicati negli articoli 516 e 517 all'imputato contumace o assente, il pubblico ministero chiede al presidente che la contestazione sia inserita nel verbale del dibattimento e che il verbale sia notificato per estratto all'imputato.
2. In tal caso il presidente sospende il dibattimento e fissa una nuova udienza per la prosecuzione, osservando i termini indicati nell'articolo 519 commi 2 e 3.
Art. 521. 
Correlazione tra l'imputazione contestata e la sentenza. 
1. Nella sentenza il giudice può dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell'imputazione, purché il reato non ecceda la sua competenza né risulti attribuito alla cognizione del tribunale in composizione collegiale anziché monocratica. (1)
2. Il giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero se accerta che il fatto è diverso da come descritto nel decreto che dispone il giudizio ovvero nella contestazione effettuata a norma degli articoli 516, 517 e 518 comma 2.
3. Nello stesso modo il giudice procede se il pubblico ministero ha effettuato una nuova contestazione fuori dei casi previsti dagli articoli 516, 517 e 518 comma 2.
(1) Il presente periodo è stato soppresso dall'art. 2-undecies, D.L. 7 aprile 2000, n. 82.
Art. 521-bis.
Modifiche della composizione del giudice a seguito di nuove contestazioni. 
1. Se, in seguito ad una diversa definizione giuridica o alle contestazioni previste dagli articoli 516, commi 1-bis e 1-ter, 517, comma 1-bis, e 518 , il reato risulta tra quelli attribuiti alla cognizione del tribunale per cui è prevista l'udienza preliminare e questa non si è tenuta, il giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero.
2. L'inosservanza della disposizione prevista dal comma 1 deve essere eccepita, a pena di decadenza, nei motivi di impugnazione.
Art. 522. 
Nullità della sentenza per difetto di contestazione. 
1. L'inosservanza delle disposizioni previste in questo capo è causa di nullità.
2. La sentenza di condanna pronunciata per un fatto nuovo, per un reato concorrente o per una circostanza aggravante senza che siano state osservate le disposizioni degli articoli precedenti è nulla soltanto nella parte relativa al fatto nuovo, al reato concorrente o alla circostanza aggravante.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 9 aprile 2009, n. 15499 e Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 9 aprile 2009, n. 15545 in Altalex Massimario.
Capo V
Discussione finale
Art. 523. 
Svolgimento della discussione. 
1. Esaurita l'assunzione delle prove, il pubblico ministero e successivamente i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell'imputato formulano e illustrano le rispettive conclusioni, anche in ordine alle ipotesi previste dall'articolo 533, comma 3-bis.
2. La parte civile presenta conclusioni scritte, che devono comprendere, quando sia richiesto il risarcimento dei danni, anche la determinazione del loro ammontare.
3. Il presidente dirige la discussione e impedisce ogni divagazione, ripetizione e interruzione.
4. Il pubblico ministero e i difensori delle parti private possono replicare; la replica è ammessa una sola volta e deve essere contenuta nei limiti strettamente necessari per la confutazione degli argomenti avversari.
5. In ogni caso l'imputato e il difensore devono avere, a pena di nullità, la parola per ultimi se la domandano.
6. La discussione non può essere interrotta per l'assunzione di nuove prove, se non in caso di assoluta necessità. Se questa si verifica, il giudice provvede a norma dell'articolo 507.
Art. 524. 
Chiusura del dibattimento. 
1. Esaurita la discussione, il presidente dichiara chiuso il dibattimento.
LIBRO SETTIMO
GIUDIZIO
TITOLO III
Sentenza
Capo I
Deliberazione
Art. 525.
Immediatezza della deliberazione. 
1. La sentenza è deliberata subito dopo la chiusura del dibattimento.
2. Alla deliberazione concorrono, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento. Se alla deliberazione devono concorrere i giudici supplenti in sostituzione dei titolari impediti, i provvedimenti già emessi conservano efficacia se non sono espressamente revocati.
3. Salvo quanto previsto dall'articolo 528, la deliberazione non può essere sospesa se non in caso di assoluta impossibilità. La sospensione è disposta dal presidente con ordinanza.
Art. 526.
Prove utilizzabili ai fini della deliberazione. 
1. Il giudice non può utilizzare ai fini della deliberazione prove diverse da quelle legittimamente acquisite nel dibattimento.
1-bis. La colpevolezza dell'imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all'esame da parte dell'imputato o del suo difensore.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. II, sentenza 15 ottobre 2008, n. 38894 in Altalex Massimario.
Art. 527.
Deliberazione collegiale. 
1. Il collegio, sotto la direzione del presidente, decide separatamente le questioni preliminari non ancora risolte e ogni altra questione relativa al processo. Qualora l'esame del merito non risulti precluso dall'esito della votazione, sono poste in decisione le questioni di fatto e di diritto concernenti l'imputazione e, se occorre, quelle relative all'applicazione delle pene e delle misure di sicurezza nonché quelle relative alla responsabilità civile.
2. Tutti i giudici enunciano le ragioni della loro opinione e votano su ciascuna questione qualunque sia stato il voto espresso sulle altre. Il presidente raccoglie i voti cominciando dal giudice con minore anzianità di servizio e vota per ultimo. Nei giudizi davanti alla corte di assise votano per primi i giudici popolari, cominciando dal meno anziano per età.
3. Se nella votazione sull'entità della pena o della misura di sicurezza si manifestano più di due opinioni, i voti espressi per la pena o la misura di maggiore gravità si riuniscono a quelli per la pena o la misura gradatamente inferiore, fino a che venga a risultare la maggioranza. In ogni altro caso, qualora vi sia parità di voti, prevale la soluzione più favorevole all'imputato.
Art. 528.
Lettura del verbale in camera di consiglio. 
1. Qualora sia necessaria la lettura del verbale di udienza redatto con la stenotipia ovvero l'ascolto o la visione di riproduzioni fonografiche o audiovisive di atti del dibattimento, il giudice sospende la deliberazione e procede in camera di consiglio alle operazioni necessarie, con l'assistenza dell'ausiliario ed eventualmente del tecnico incaricato della documentazione.
Capo II
Decisione
Sezione I
Sentenza di proscioglimento
Art. 529. 
Sentenza di non doversi procedere. 
1. Se l'azione penale non doveva essere iniziata o non deve essere proseguita, il giudice pronuncia sentenza di non doversi procedere indicandone la causa nel dispositivo.
2. Il giudice provvede nello stesso modo quando la prova dell'esistenza di una condizione di procedibilità è insufficiente o contraddittoria.
Art. 530. 
Sentenza di assoluzione. 
1. Se il fatto non sussiste, se l'imputato non lo ha commesso, se il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato ovvero se il reato è stato commesso da persona non imputabile o non punibile per un'altra ragione, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione indicandone la causa nel dispositivo.
2. Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l'imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile.
3. Se vi è la prova che il fatto è stato commesso in presenza di una causa di giustificazione o di una causa personale di non punibilità ovvero vi è dubbio sull'esistenza delle stesse, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione a norma del comma 1.
4. Con la sentenza di assoluzione il giudice applica, nei casi previsti dalla legge, le misure di sicurezza.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. II, sentenza 10 marzo 2009, n. 10582 in Altalex Massimario.
Art. 531.
Dichiarazione di estinzione del reato. 
1. Salvo quanto disposto dall'articolo 129 comma 2, il giudice, se il reato è estinto, pronuncia sentenza di non doversi procedere enunciandone la causa nel dispositivo.
2. Il giudice provvede nello stesso modo quando vi è dubbio sull'esistenza di una causa di estinzione del reato.
Art. 532.
Provvedimenti sulle misure cautelari personali. 
1. Con la sentenza di proscioglimento, il giudice ordina la liberazione dell'imputato in stato di custodia cautelare e dichiara la cessazione delle altre misure cautelari personali eventualmente disposte.
2. La stessa disposizione si applica nel caso di sentenza di condanna che concede la sospensione condizionale della pena.
Sezione II
Sentenza di condanna
Art. 533. 
Condanna dell'imputato. 
1. Il giudice pronuncia sentenza di condanna se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio. Con la sentenza il giudice applica la pena e le eventuali misure di sicurezza. 
2. Se la condanna riguarda più reati, il giudice stabilisce la pena per ciascuno di essi e quindi determina la pena che deve essere applicata in osservanza delle norme sul concorso di reati e di pene o sulla continuazione . Nei casi previsti dalla legge il giudice dichiara il condannato delinquente o contravventore abituale o professionale o per tendenza.
3. Quando il giudice ritiene di dover concedere la sospensione condizionale della pena o la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, provvede in tal senso con la sentenza di condanna.
3-bis. Quando la condanna riguarda procedimenti per i delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), anche se connessi ad altri reati, il giudice può disporre, nel pronunciare la sentenza, la separazione dei procedimenti anche con riferimento allo stesso condannato quando taluno dei condannati si trovi in stato di custodia cautelare e, per la scadenza dei termini e la mancanza di altri titoli, sarebbe rimesso in libertà.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. I, sentenza 29 luglio 2008, n. 31456 in Altalex Massimario.
Art. 534. 
Condanna del civilmente obbligato per la pena pecuniaria. 
1. Nei casi previsti dagli articoli 205 e 206 del codice penale e nelle leggi speciali, il giudice condanna la persona civilmente obbligata a pagare, se il condannato risulterà insolvibile, una somma pari alla pena pecuniaria a questo inflitta.
Art. 535. 
Condanna alle spese. 
1. La sentenza di condanna pone a carico del condannato il pagamento delle spese processuali. (1)
(…) (2)
3. Sono poste a carico del condannato le spese di mantenimento durante la custodia cautelare, a norma dell'articolo 692.
4. Qualora il giudice non abbia provveduto circa le spese, la sentenza è rettificata a norma dell'articolo 130.
(1) Le parole: “relative ai reati cui la condanna si riferisce” sono soppresse dall'art. 67, comma 2, lett. a) della L. 18 giugno 2009, n. 69
(2) Il comma che recitava: “2. I condannati per lo stesso reato o per reati connessi sono obbligati in solido al pagamento delle spese. I condannati in uno stesso giudizio per reati non connessi sono obbligati in solido alle sole spese comuni relative ai reati per i quali è stata pronunciata condanna.” è stato abrogato dall'art. 67, comma 2, lett. b) della L. 18 giugno 2009, n. 69
Art. 536. 
Pubblicazione della sentenza come effetto della condanna. 
1. Nei casi previsti dall'articolo 36 del codice penale, il giudice stabilisce nel dispositivo se la sentenza deve essere pubblicata per intero o per estratto e designa il giornale o i giornali in cui deve essere inserita.
Art. 537.
Pronuncia sulla falsità di documenti. 
1. La falsità di un atto o di un documento, accertata con sentenza di condanna, è dichiarata nel dispositivo.
2. Con lo stesso dispositivo è ordinata la cancellazione totale o parziale, secondo le circostanze e, se è il caso, la ripristinazione, la rinnovazione o la riforma dell'atto o del documento, con la prescrizione del modo con cui deve essere eseguita. La cancellazione, la ripristinazione, la rinnovazione o la riforma non è ordinata quando possono essere pregiudicati interessi di terzi non intervenuti come parti nel procedimento.
3. La pronuncia sulla falsità è impugnabile, anche autonomamente, con il mezzo previsto dalla legge per il capo che contiene la decisione sull'imputazione.
4. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nel caso di sentenza di proscioglimento.
Sezione III
Decisione sulle questioni civili
Art. 538. 
Condanna per la responsabilità civile. 
1. Quando pronuncia sentenza di condanna, il giudice decide sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno, proposta a norma degli articoli 74 e seguenti.
2. Se pronuncia condanna dell'imputato al risarcimento del danno, il giudice provvede altresì alla liquidazione, salvo che sia prevista la competenza di altro giudice.
3. Se il responsabile civile è stato citato o è intervenuto nel giudizio, la condanna alle restituzioni e al risarcimento del danno è pronunciata anche contro di lui in solido, quando è riconosciuta la sua responsabilità.
Art. 539.
Condanna generica ai danni e provvisionale. 
1. Il giudice, se le prove acquisite non consentono la liquidazione del danno, pronuncia condanna generica e rimette le parti davanti al giudice civile.
2. A richiesta della parte civile, l'imputato e il responsabile civile sono condannati al pagamento di una provvisionale nei limiti del danno per cui si ritiene già raggiunta la prova.
Art. 540.
Provvisoria esecuzione delle disposizioni civili. 
1. La condanna alle restituzioni e al risarcimento del danno è dichiarata provvisoriamente esecutiva, a richiesta della parte civile, quando ricorrono giustificati motivi.
2. La condanna al pagamento della provvisionale è immediatamente esecutiva.
Art. 541.
Condanna alle spese relative all'azione civile. 
1. Con la sentenza che accoglie la domanda di restituzione o di risarcimento del danno, il giudice condanna l'imputato e il responsabile civile in solido al pagamento delle spese processuali in favore della parte civile, salvo che ritenga di disporne, per giusti motivi, la compensazione totale o parziale.
2. Con la sentenza che rigetta la domanda indicata nel comma 1 o che assolve l'imputato per cause diverse dal difetto di imputabilità, il giudice, se ne è fatta richiesta, condanna la parte civile alla rifusione delle spese processuali sostenute dall'imputato e dal responsabile civile per effetto dell'azione civile, sempre che non ricorrano giustificati motivi per la compensazione totale o parziale. Se vi è colpa grave, può inoltre condannarla al risarcimento dei danni causati all'imputato o al responsabile civile.
Art. 542.
Condanna del querelante alle spese e ai danni. 
1. Nel caso di assoluzione perché il fatto non sussiste o perché l'imputato non lo ha commesso, quando si tratta di reato perseguibile a querela, si applicano le disposizioni dell'articolo 427 per ciò che concerne la condanna del querelante al pagamento delle spese del procedimento anticipate dallo Stato nonché alla rifusione delle spese e al risarcimento del danno in favore dell'imputato e del responsabile civile.
2. L'avviso del deposito della sentenza è notificato al querelante.
Art. 543. 
Ordine di pubblicazione della sentenza come riparazione del danno. 
1. La pubblicazione della sentenza di condanna a norma dell'articolo 186 del codice penale è ordinata dal giudice su richiesta della parte civile con la stessa sentenza.
2. La pubblicazione ha luogo a spese del condannato e, se del caso, anche del responsabile civile, per una o due volte, per estratto o per intero, in giornali indicati dal giudice.
3. Se l'inserzione non avviene nel termine stabilito dal giudice con la sentenza, la parte civile può provvedervi direttamente con diritto a ripetere le spese dall'obbligato.
Capo III
Atti successivi alla deliberazione
Art. 544.
Redazione della sentenza. 
1. Conclusa la deliberazione, il presidente redige e sottoscrive il dispositivo. Subito dopo è redatta una concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la sentenza è fondata.
2. Qualora non sia possibile procedere alla redazione immediata dei motivi in camera di consiglio, vi si provvede non oltre il quindicesimo giorno da quello della pronuncia.
3. Quando la stesura della motivazione è particolarmente complessa per il numero delle parti o per il numero e la gravità delle imputazioni, il giudice, se ritiene di non poter depositare la sentenza nel termine previsto dal comma 2, può indicare nel dispositivo un termine più lungo, non eccedente comunque il novantesimo giorno da quello della pronuncia.
3-bis. Nelle ipotesi previste dall'articolo 533, comma 3-bis, il giudice provvede alla stesura della motivazione per ciascuno dei procedimenti separati, accordando precedenza alla motivazione della condanna degli imputati in stato di custodia cautelare. In tal caso il termine di cui al comma 3 è raddoppiato per la motivazione della sentenza cui non si è accordata precedenza.
Art. 545. 
Pubblicazione della sentenza. 
1. La sentenza è pubblicata in udienza dal presidente o da un giudice del collegio mediante la lettura del dispositivo.
2. La lettura della motivazione redatta a norma dell'articolo 544 comma 1, segue quella del dispositivo e può essere sostituita con un'esposizione riassuntiva.
3. La pubblicazione prevista dal comma 2 equivale a notificazione della sentenza per le parti che sono o devono considerarsi presenti all'udienza.
Art. 546. 
Requisiti della sentenza. 
1. La sentenza contiene:
a) l'intestazione «in nome del popolo italiano» e l'indicazione dell'autorità che l'ha pronunciata;
b) le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private;
c) l'imputazione;
d) l'indicazione delle conclusioni delle parti;
e) la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto su cui la decisione è fondata, con l'indicazione delle prove poste a base della decisione stessa e l'enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ritiene non attendibili le prove contrarie;
f) il dispositivo, con l'indicazione degli articoli di legge applicati;
g) la data e la sottoscrizione del giudice.
2. La sentenza emessa dal giudice collegiale è sottoscritta dal presidente e dal giudice estensore. Se, per morte o altro impedimento, il presidente non può sottoscrivere, alla sottoscrizione provvede, previa menzione dell'impedimento, il componente più anziano del collegio; se non può sottoscrivere l'estensore, alla sottoscrizione, previa menzione dell'impedimento, provvede il solo presidente.
3. Oltre che nel caso previsto dall'articolo 125 comma 3, la sentenza è nulla se manca o è incompleto nei suoi elementi essenziali il dispositivo ovvero se manca la sottoscrizione del giudice.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 21 maggio 2008, n. 20318 e Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 8 gennaio 2010, n. 600 in Altalex Massimario.
Art. 547.
Correzione della sentenza. 
1. Fuori dei casi previsti dall'articolo 546 comma 3, se occorre completare la motivazione insufficiente ovvero se manca o è incompleto alcuno degli altri requisiti previsti dall'articolo 546, si procede anche di ufficio alla correzione della sentenza a norma dell'articolo 130.
Art. 548.
Deposito della sentenza. 
1. La sentenza è depositata in cancelleria immediatamente dopo la pubblicazione ovvero entro i termini previsti dall'articolo 544 commi 2 e 3. Il pubblico ufficiale addetto vi appone la sottoscrizione e la data del deposito.
2. Quando la sentenza non è depositata entro il trentesimo giorno o entro il diverso termine indicato dal giudice a norma dell'articolo 544 comma 3, l'avviso di deposito è comunicato al pubblico ministero e notificato alle parti private cui spetta il diritto di impugnazione. E' notificato altresì a chi risulta difensore dell'imputato al momento del deposito della sentenza.
3. L'avviso di deposito con l'estratto della sentenza è in ogni caso notificato all'imputato contumace e comunicato al procuratore generale presso la corte di appello.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. III, sentenza 6 luglio 2007, n. 26076 e Cassazione Penale, sez. II, sentenza 10 luglio 2009, n. 28491 in Altalex Massimario.
LIBRO OTTAVO
PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA (1)
(1) Libro così sostituito dalla Legge 16 dicembre 1999, n. 479.
TITOLO I
Disposizione generale
Art. 549.
Norme applicabili al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica. 
Nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, per tutto ciò che non è previsto nel presente libro o in altre disposizioni, si osservano le norme contenute nei libri che precedono, in quanto applicabili.
LIBRO OTTAVO
PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA (1)
(1) Libro così sostituito dalla Legge 16 dicembre 1999, n. 479.
TITOLO II
Citazione diretta a giudizio
Art. 550. 
Casi di citazione diretta a giudizio. 
1. Il pubblico ministero esercita l'azione penale con la citazione diretta a giudizio quando si tratta di contravvenzioni ovvero di delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni o con la multa, sola o congiunta alla predetta pena detentiva. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 415-bis. Per la determinazione della pena si osservano le disposizioni dell'articolo 4.
2. La disposizione del comma 1 si applica anche quando si procede per uno dei seguenti reati:
a) violenza o minaccia a un pubblico ufficiale prevista dall'articolo 336 del codice penale;
b) resistenza a un pubblico ufficiale prevista dall'articolo 337 del codice penale;
c) oltraggio a un magistrato in udienza aggravato a norma dell'articolo 343, secondo comma, del codice penale;
d) violazione di sigilli aggravata a norma dell'articolo 349, secondo comma, del codice penale;
e) rissa aggravata a norma dell'articolo 588, secondo comma, del codice penale, con esclusione delle ipotesi in cui nella rissa taluno sia rimasto ucciso o abbia riportato lesioni gravi o gravissime;
f) furto aggravato a norma dell'articolo 625 del codice penale;
g) ricettazione prevista dall'articolo 648 del codice penale.
3. Se il pubblico ministero ha esercitato l'azione penale con citazione diretta per un reato per il quale è prevista l'udienza preliminare e la relativa eccezione è proposta entro il termine indicato dall'articolo 491, comma 1, il giudice dispone con ordinanza la trasmissione degli atti al pubblico ministero.
Art. 551. 
Procedimenti connessi. 
1. Nel caso di procedimenti connessi, se la citazione diretta a giudizio è ammessa solo per alcuni di essi, il pubblico ministero presenta per tutti la richiesta di rinvio a giudizio a norma dell'articolo 416.
Art. 552. 
Decreto di citazione a giudizio. 
1. Il decreto di citazione a giudizio contiene:
a) le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità delle altre parti private, con l'indicazione dei difensori;
b) l'indicazione della persona offesa, qualora risulti identificata;
c) l'enunciazione del fatto, in forma chiara e precisa, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge;
d) l'indicazione del giudice competente per il giudizio nonché del luogo, del giorno e dell'ora della comparizione, con l'avvertimento all'imputato che non comparendo sarà giudicato in contumacia;
e) l'avviso che l'imputato ha facoltà di nominare un difensore di fiducia e che, in mancanza, sarà assistito dal difensore di ufficio;
f) l'avviso che, qualora ne ricorrano i presupposti, l'imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, può presentare le richieste previste dagli articoli 438 e 444 ovvero presentare domanda di oblazione;
g) l'avviso che il fascicolo relativo alle indagini preliminari è depositato nella segreteria del pubblico ministero e che le parti e i loro difensori hanno facoltà di prenderne visione e di estrarne copia;
h) la data e la sottoscrizione del pubblico ministero e dell'ausiliario che lo assiste.
1-bis. Qualora si proceda per taluni dei reati previsti dall'articolo 590, terzo comma, del codice penale, il decreto di citazione a giudizio deve essere emesso entro trenta giorni dalla chiusura delle indagini preliminari. (1)
1-ter. Qualora si proceda per taluni dei reati previsti dall'articolo 590, terzo comma, del codice penale, la data di comparizione di cui al comma 1, lettera d), è fissata non oltre novanta giorni dalla emissione del decreto. (1)
2. Il decreto è nullo se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dalle lettere c), d), e) ed f) del comma 1. Il decreto è altresì nullo se non è preceduto dall'avviso previsto dall'articolo 415-bis, nonché dall'invito a presentarsi per rendere l'interrogatorio ai sensi dell'articolo 375, comma 3, qualora la persona sottoposta alle indagini lo abbia richiesto entro il termine di cui al comma 3 del medesimo articolo 415-bis.
3. Il decreto di citazione è notificato all'imputato, al suo difensore e alla parte offesa almeno sessanta giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione. Nei casi di urgenza, di cui deve essere data motivazione, il termine è ridotto a quarantacinque giorni.
4. Il decreto di citazione è depositato dal pubblico ministero nella segreteria unitamente al fascicolo contenente la documentazione, gli atti e le cose indicati nell'articolo 416, comma 2.
(1) Comma inserito dall'art. 4, comma 4, della L. 21 febbraio 2006, n. 102
Art. 553. 
Trasmissione degli atti al giudice dell'udienza di comparizione in dibattimento. 
1. Il pubblico ministero forma il fascicolo per il dibattimento e lo trasmette al giudice con il decreto di citazione immediatamente dopo la notificazione.
Art. 554. 
Atti urgenti. 
1. Il giudice per le indagini preliminari è competente ad assumere gli atti urgenti a norma dell'articolo 467 e provvede sulle misure cautelari fino a quando il decreto, unitamente al fascicolo per il dibattimento, non è trasmesso al giudice a norma dell'articolo 553, comma 1.
Art. 555.
Udienza di comparizione a seguito della citazione diretta. 
1. Almeno sette giorni prima della data fissata per l'udienza di comparizione, le parti devono, a pena di inammissibilità, depositare in cancelleria le liste dei testimoni, periti o consulenti tecnici nonché delle persone indicate nell'articolo 210 di cui intendono chiedere l'esame.
2. Prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, l'imputato o il pubblico ministero può presentare la richiesta prevista dall'articolo 444, comma 1; l'imputato, inoltre, può richiedere il giudizio abbreviato o presentare domanda di oblazione.
3. Il giudice, quando il reato è perseguibile a querela, verifica se il querelante è disposto a rimettere la querela e il querelato ad accettare la remissione.
4. Se deve procedersi al giudizio, le parti, dopo la dichiarazione di apertura del dibattimento, indicano i fatti che intendono provare e chiedono l'ammissione delle prove; inoltre, le parti possono concordare l'acquisizione al fascicolo per il dibattimento di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all'attività di investigazione difensiva.
5. Per tutto ciò che non è espressamente previsto si osservano le disposizioni contenute nel libro settimo, in quanto compatibili.

LIBRO OTTAVO
PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA (1)
(1) Libro così sostituito dalla Legge 16 dicembre 1999, n. 479.
TITOLO III
Procedimenti speciali
Art. 556.
Giudizio abbreviato e applicazione della pena su richiesta. 
1. Per il giudizio abbreviato e per l'applicazione della pena su richiesta si osservano, rispettivamente, le disposizioni dei titoli I e II del libro sesto, in quanto applicabili.
2. Se manca l'udienza preliminare, si applicano, secondo i casi, le disposizioni degli articoli 555, comma 2, 557 e 558, comma 8. Si osserva altresì, in quanto applicabile, la disposizione dell'articolo 441-bis; nel caso di cui al comma 4 di detto articolo, il giudice, revocata l'ordinanza con cui era stato disposto il giudizio abbreviato, fissa l'udienza per il giudizio.
Art. 557. 
Procedimento per decreto. 
1. Con l'atto di opposizione l'imputato chiede al giudice di emettere il decreto di citazione a giudizio ovvero chiede il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena a norma dell'articolo 444 o presenta domanda di oblazione.
2. Nel giudizio conseguente all'opposizione, l'imputato non può chiedere il giudizio abbreviato o l'applicazione della pena su richiesta, né presentare domanda di oblazione. In ogni caso, il giudice revoca il decreto penale di condanna.
3. Si osservano le disposizioni del titolo V del libro sesto, in quanto applicabili.
Art. 558. 
Convalida dell'arresto e giudizio direttissimo. 
1. Gli ufficiali o gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l'arresto in flagranza o che hanno avuto in consegna l'arrestato lo conducono direttamente davanti al giudice del dibattimento per la convalida dell'arresto e il contestuale giudizio, sulla base della imputazione formulata dal pubblico ministero. In tal caso citano anche oralmente la persona offesa e i testimoni e avvisano il difensore di fiducia o, in mancanza, quello designato di ufficio a norma dell'articolo 97, comma 3.
2. Quando il giudice non tiene udienza, gli ufficiali o gli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l'arresto o che hanno avuto in consegna l'arrestato gliene danno immediata notizia e presentano l'arrestato all'udienza che il giudice fissa entro quarantotto ore dall'arresto. Non si applica la disposizione prevista dall'articolo 386, comma 4.
3. Il giudice al quale viene presentato l'arrestato autorizza l'ufficiale o l'agente di polizia giudiziaria a una relazione orale e quindi sente l'arrestato per la convalida dell'arresto.
4. Se il pubblico ministero ordina che l'arrestato in flagranza sia posto a sua disposizione, lo può presentare direttamente all'udienza, in stato di arresto, per la convalida e il contestuale giudizio, entro quarantotto ore dall'arresto. Si applicano al giudizio di convalida le disposizioni dell'art. 391, in quanto compatibili. (1)
4-bis. Salvo quanto previsto dal comma 4-ter, nei casi di cui ai commi 2 e 4 il pubblico ministero dispone che l'arrestato sia custodito in uno dei luoghi indicati nel comma 1 dell'articolo 284. In caso di mancanza, indisponibilità o inidoneità di tali luoghi, o quando essi sono ubicati fuori dal circondario in cui è stato eseguito l'arresto, o in caso di pericolosità dell'arrestato, il pubblico ministero dispone che sia custodito presso idonee strutture nella disponibilità degli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l'arresto o che hanno avuto in consegna l'arrestato. In caso di mancanza, indisponibilità o inidoneità di tali strutture, o se ricorrono altre specifiche ragioni di necessità o di urgenza, il pubblico ministero dispone con decreto motivato che l'arrestato sia condotto nella casa circondariale del luogo dove l'arresto è stato eseguito ovvero, se ne possa derivare grave pregiudizio per le indagini, presso altra casa circondariale vicina. (2)
4-ter. Nei casi previsti dall'articolo 380, comma 2, lettere e-bis) ed f), il pubblico ministero dispone che l'arrestato sia custodito presso idonee strutture nella disponibilità degli ufficiali o agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito l'arresto o che hanno avuto in consegna l'arrestato. Si applica la disposizione di cui al comma 4-bis, terzo periodo. (2)
5. Se l'arresto non è convalidato, il giudice restituisce gli atti al pubblico ministero. Il giudice procede tuttavia a giudizio direttissimo quando l'imputato e il pubblico ministero vi consentono.
6. Se l'arresto è convalidato a norma dei commi precedenti, si procede immediatamente al giudizio.
7. L'imputato ha facoltà di chiedere un termine per preparare la difesa non superiore a cinque giorni. Quando l'imputato si avvale di tale facoltà, il dibattimento è sospeso fino all'udienza immediatamente successiva alla scadenza del termine.
8. Subito dopo l'udienza di convalida, l'imputato può formulare richiesta di giudizio abbreviato ovvero di applicazione della pena su richiesta. In tal caso il giudizio si svolge davanti allo stesso giudice del dibattimento. Si applicano le disposizioni dell'articolo 452, comma 2.
9. Il pubblico ministero può, altresì, procedere al giudizio direttissimo nei casi previsti dall'articolo 449, commi 4 e 5.
(1) Il comma che così recitava: "4. Se il pubblico ministero ordina che l'arrestato in flagranza sia posto a sua disposizione a norma dell'articolo 386, lo può presentare direttamente all'udienza, in stato di arresto, per la convalida e il contestuale giudizio, entro quarantotto ore dall'arresto. Se il giudice non tiene udienza, la fissa a richiesta del pubblico ministero, al più presto e comunque entro le successive quarantotto ore. Si applicano al giudizio di convalida le disposizioni dell'articolo 391, in quanto compatibili." è stato così modificato dal D.L. 22 dicembre 2011, n. 211, convertito con L. 17 febbraio 2012, n. 9.
(2) Comma aggiunto dal D.L. 22 dicembre 2011, n. 211, convertito con L. 17 febbraio 2012, n. 9.
LIBRO OTTAVO
PROCEDIMENTO DAVANTI AL TRIBUNALE IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA (1)
(1) Libro così sostituito dalla Legge 16 dicembre 1999, n. 479.
TITOLO IV
Dibattimento
Art. 559. 
Dibattimento. 
1. Il dibattimento si svolge secondo le norme stabilite per il procedimento davanti al tribunale in composizione collegiale, in quanto applicabili.
2. Anche fuori dei casi previsti dall'articolo 140, il verbale di udienza è redatto soltanto in forma riassuntiva se le parti vi consentono e il giudice non ritiene necessaria la redazione in forma integrale.
3. L'esame diretto e il controesame dei testimoni, dei periti, dei consulenti tecnici, delle persone indicate nell'articolo 210 e delle parti private sono svolti dal pubblico ministero e dai difensori. Su concorde richiesta delle parti, l'esame può essere condotto direttamente dal giudice sulla base delle domande e contestazioni proposte dal pubblico ministero e dai difensori.
4. In caso di impedimento del giudice, la sentenza è sottoscritta dal presidente del tribunale previa menzione della causa della sostituzione.
[Art. 560.] (1) 
(1) Articolo abrogato dalla Legge 16 dicembre 1999, n. 479.
[Art. 561.] (1) 
(1) Articolo abrogato dalla Legge 16 dicembre 1999, n. 479.
[Art. 562.] (1) 
(1) Articolo abrogato dalla Legge 16 dicembre 1999, n. 479.
[Art. 563.] (1)
(1) Articolo abrogato dalla Legge 16 dicembre 1999, n. 479.
[Art. 564.] (1)
(1) Articolo abrogato dalla Legge 16 dicembre 1999, n. 479.
[Art. 565.] (1)
(1) Articolo abrogato dalla Legge 16 dicembre 1999, n. 479.
[Art. 566.] (1)
(1) Articolo abrogato dalla Legge 16 dicembre 1999, n. 479.
[Art. 567.] (1)
(1) Articolo abrogato dalla Legge 16 dicembre 1999, n. 479
LIBRO NONO
IMPUGNAZIONI
TITOLO I
Disposizioni generali
Art. 568. 
Regole generali. 
1. La legge stabilisce i casi nei quali i provvedimenti del giudice sono soggetti a impugnazione e determina il mezzo con cui possono essere impugnati.
2. Sono sempre soggetti a ricorso per cassazione, quando non sono altrimenti impugnabili, i provvedimenti con i quali il giudice decide sulla libertà personale e le sentenze, salvo quelle sulla competenza che possono dare luogo a un conflitto di giurisdizione o di competenza a norma dell'articolo 28.
3. Il diritto di impugnazione spetta soltanto a colui al quale la legge espressamente lo conferisce. Se la legge non distingue tra le diverse parti, tale diritto spetta a ciascuna di esse.
4. Per proporre impugnazione è necessario avervi interesse.
5. L'impugnazione è ammissibile indipendentemente dalla qualificazione a essa data dalla parte che l'ha proposta. Se l'impugnazione è proposta a un giudice incompetente, questi trasmette gli atti al giudice competente.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. II, sentenza 16 febbraio 2009, n. 6562 e Cassazione Penale, sez. II, sentenza 10 aprile 2009, n. 15668 in Altalex Massimario.
Art. 569. 
Ricorso immediato per cassazione. 
1. La parte che ha diritto di appellare la sentenza di primo grado può proporre direttamente ricorso per cassazione.
2. Se la sentenza è appellata da una delle altre parti, si applica la disposizione dell'articolo 580. Tale disposizione non si applica se, entro quindici giorni dalla notificazione del ricorso, le parti che hanno proposto appello dichiarano tutte di rinunciarvi per proporre direttamente ricorso per cassazione. In tale caso, l'appello si converte in ricorso e le parti devono presentare entro quindici giorni dalla dichiarazione suddetta nuovi motivi, se l'atto di appello non aveva i requisiti per valere come ricorso.
3. La disposizione del comma 1 non si applica nei casi previsti dall'articolo 606 comma 1 lettere d) ed e). In tali casi, il ricorso eventualmente proposto si converte in appello.
4. Fuori dei casi in cui nel giudizio di appello si sarebbe dovuta annullare la sentenza di primo grado, la corte di cassazione, quando pronuncia l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata a norma del comma 1, dispone che gli atti siano trasmessi al giudice competente per l'appello.
Art. 570.
Impugnazione del pubblico ministero. 
1. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale e il procuratore generale presso la corte di appello possono proporre impugnazione, nei casi stabiliti dalla legge, quali che siano state le conclusioni del rappresentante del pubblico ministero. Il procuratore generale può proporre impugnazione nonostante l'impugnazione o l'acquiescenza del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso il provvedimento.
2. L'impugnazione può essere proposta anche dal rappresentante del pubblico ministero che ha presentato le conclusioni.
3. Il rappresentante del pubblico ministero che ha presentato le conclusioni e che ne fa richiesta nell'atto di appello può partecipare al successivo grado di giudizio quale sostituto del procuratore generale presso la corte di appello. La partecipazione è disposta dal procuratore generale presso la corte di appello qualora lo ritenga opportuno. Gli avvisi spettano in ogni caso al procuratore generale.
Art. 571.
Impugnazione dell'imputato. 
1. L'imputato può proporre impugnazione personalmente o per mezzo di un procuratore speciale nominato anche prima della emissione del provvedimento.
2. Il tutore per l'imputato soggetto alla tutela e il curatore speciale per l'imputato incapace di intendere o di volere, che non ha tutore, possono proporre l'impugnazione che spetta all'imputato.
3. Può inoltre proporre impugnazione il difensore dell'imputato al momento del deposito del provvedimento ovvero il difensore nominato a tal fine.
4. L'imputato, nei modi previsti per la rinuncia, può togliere effetto all'impugnazione proposta dal suo difensore. Per l'efficacia della dichiarazione nel caso previsto dal comma 2, è necessario il consenso del tutore o del curatore speciale.
Art. 572. 
Richiesta della parte civile o della persona offesa. 
1. La parte civile, la persona offesa, anche se non costituita parte civile, e gli enti e le associazioni intervenuti a norma degli articoli 93 e 94, possono presentare richiesta motivata al pubblico ministero di proporre impugnazione a ogni effetto penale.
2. Il pubblico ministero, quando non propone impugnazione, provvede con decreto motivato da notificare al richiedente.
Art. 573.
Impugnazione per i soli interessi civili. 
1. L'impugnazione per i soli interessi civili è proposta, trattata e decisa con le forme ordinarie del processo penale.
2. L'impugnazione per i soli interessi civili non sospende l'esecuzione delle disposizioni penali del provvedimento impugnato.
Art. 574.
Impugnazione dell'imputato per gli interessi civili. 
1. L'imputato può proporre impugnazione contro i capi della sentenza che riguardano la sua condanna alle restituzioni e al risarcimento del danno e contro quelli relativi alla rifusione delle spese processuali.
2. L'imputato può altresì proporre impugnazione contro le disposizioni della sentenza di assoluzione relative alle domande da lui proposte per il risarcimento del danno e per la rifusione delle spese processuali.
3. L'impugnazione è proposta col mezzo previsto per le disposizioni penali della sentenza.
4. L'impugnazione dell'imputato contro la pronuncia di condanna penale o di assoluzione estende i suoi effetti alla pronuncia di condanna alle restituzioni, al risarcimento dei danni e alla rifusione delle spese processuali, se questa pronuncia dipende dal capo o dal punto impugnato.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 5 maggio 2008, n. 17895 in Altalex Massimario.

Art. 575. 
Impugnazione del responsabile civile e della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. 
1. Il responsabile civile può proporre impugnazione contro le disposizioni della sentenza riguardanti la responsabilità dell'imputato e contro quelle relative alla condanna di questi e del responsabile civile alle restituzioni, al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese processuali . L'impugnazione è proposta col mezzo che la legge attribuisce all'imputato.
2. Lo stesso diritto spetta alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria nel caso in cui sia stata condannata.
3. Il responsabile civile può altresì proporre impugnazione contro le disposizioni della sentenza di assoluzione relative alle domande proposte per il risarcimento del danno e per la rifusione delle spese processuali.
Art. 576. 
Impugnazione della parte civile e del querelante. 
1. La parte civile può proporre impugnazione, contro i capi della sentenza di condanna che riguardano l'azione civile e, ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio. La parte civile può altresì proporre impugnazione contro la sentenza pronunciata a norma dell'articolo 442, quando ha consentito alla abbreviazione del rito.
2. Lo stesso diritto compete al querelante condannato a norma dell'articolo 542.
[Art. 577. 
Impugnazione della persona offesa per i reati di ingiuria e diffamazione.(1) 
1. La persona offesa costituita parte civile può proporre impugnazione, anche agli effetti penali, contro le sentenze di condanna e di proscioglimento per i reati di ingiuria e diffamazione.]
(1) Articolo abrogato dall'art. 9 della Legge 20 febbraio 2006, n. 46.
Art. 578. 
Decisione sugli effetti civili nel caso di estinzione del reato per amnistia o per prescrizione. 
1. Quando nei confronti dell'imputato è stata pronunciata condanna, anche generica, alle restituzioni o al risarcimento dei danni cagionati dal reato , a favore della parte civile, il giudice di appello e la corte di cassazione, nel dichiarare il reato estinto per amnistia o per prescrizione, decidono sull'impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 6 marzo 2007, n. 9399 in Altalex Massimario.
Art. 579. 
Impugnazione di sentenze che dispongono misure di sicurezza. 
1. Contro le sentenze di condanna o di proscioglimento è data impugnazione anche per ciò che concerne le misure di sicurezza, se l'impugnazione è proposta per un altro capo della sentenza che non riguardi esclusivamente gli interessi civili.
2. L'impugnazione contro le sole disposizioni della sentenza che riguardano le misure di sicurezza è proposta a norma dell'articolo 680 comma 2.
3. L'impugnazione contro la sola disposizione che riguarda la confisca è proposta con gli stessi mezzi previsti per i capi penali.
Art. 580. 
Conversione del ricorso in appello. (1)
1. Quando contro la stessa sentenza sono proposti mezzi di impugnazione diversi, nel caso in cui sussista la connessione di cui all'articolo 12, il ricorso per cassazione si converte nell'appello. 
(1) Articolo così sostituito dall'art. 7 della L. 20 febbraio 2006, n. 46.
Art. 581. 
Forma dell'impugnazione. 
1. L'impugnazione si propone con atto scritto nel quale sono indicati il provvedimento impugnato, la data del medesimo, il giudice che lo ha emesso, e sono enunciati:
a) i capi o i punti della decisione ai quali si riferisce l'impugnazione;
b) le richieste;
c) i motivi, con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Art. 582.
Presentazione dell'impugnazione. 
1. Salvo che la legge disponga altrimenti, l'atto di impugnazione è presentato personalmente ovvero a mezzo di incaricato nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato. Il pubblico ufficiale addetto vi appone l'indicazione del giorno in cui riceve l'atto e della persona che lo presenta, lo sottoscrive, lo unisce agli atti del procedimento e rilascia, se richiesto, attestazione della ricezione.
2. Le parti private e i difensori possono presentare l'atto di impugnazione anche nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si trovano, se tale luogo è diverso da quello in cui fu emesso il provvedimento, ovvero davanti a un agente consolare all'estero. In tali casi, l'atto viene immediatamente trasmesso alla cancelleria del giudice che emise il provvedimento impugnato.
Art. 583.
Spedizione dell'atto di impugnazione. 
1. Le parti e i difensori possono proporre l'impugnazione con telegramma ovvero con atto da trasmettersi a mezzo di raccomandata alla cancelleria indicata nell'articolo 582 comma 1. Il pubblico ufficiale addetto allega agli atti la busta contenente l'atto di impugnazione e appone su quest'ultimo l'indicazione del giorno della ricezione e la propria sottoscrizione.
2. L'impugnazione si considera proposta nella data di spedizione della raccomandata o del telegramma.
3. Se si tratta di parti private, la sottoscrizione dell'atto deve essere autenticata da un notaio, da altra persona autorizzata o dal difensore.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, SS.UU., sentenza 8 gennaio 2008, n. 231 e Cassazione Penale, sez. II, sentenza 23 luglio 2009, n. 30730 in Altalex Massimario.
Art. 584.
Notificazione della impugnazione. 
1. A cura della cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento impugnato, l'atto di impugnazione è comunicato al pubblico ministero presso il medesimo giudice ed è notificato alle parti private senza ritardo.
Art. 585.
Termini per l'impugnazione. 
1. Il termine per proporre impugnazione, per ciascuna delle parti, è:
a) di quindici giorni, per i provvedimenti emessi in seguito a procedimento in camera di consiglio e nel caso previsto dall'articolo 544 comma 1;
b) di trenta giorni, nel caso previsto dall'articolo 544 comma 2;
c) di quarantacinque giorni, nel caso previsto dall'articolo 544 comma 3.
2. I termini previsti dal comma 1 decorrono:
a) dalla notificazione o comunicazione dell'avviso di deposito del provvedimento emesso in seguito a procedimento in camera di consiglio;
b) dalla lettura del provvedimento in udienza, quando è redatta anche la motivazione, per tutte le parti che sono state o che debbono considerarsi presenti nel giudizio, anche se non sono presenti alla lettura;
c) dalla scadenza del termine stabilito dalla legge o determinato dal giudice per il deposito della sentenza ovvero, nel caso previsto dall'articolo 548 comma 2, dal giorno in cui è stata eseguita la notificazione o la comunicazione dell'avviso di deposito;
d) dal giorno in cui è stata eseguita la notificazione o la comunicazione dell'avviso di deposito con l'estratto del provvedimento, per l'imputato contumace e per il procuratore generale presso la corte di appello rispetto ai provvedimenti emessi in udienza da qualsiasi giudice della sua circoscrizione diverso dalla corte di appello.
3. Quando la decorrenza è diversa per l'imputato e per il suo difensore, opera per entrambi il termine che scade per ultimo.
4. Fino a quindici giorni prima dell'udienza possono essere presentati nella cancelleria del giudice della impugnazione motivi nuovi nel numero di copie necessarie per tutte le parti. L'inammissibilità dell'impugnazione si estende ai motivi nuovi.
5. I termini previsti dal presente articolo sono stabiliti a pena di decadenza.
Art. 586.
Impugnazione di ordinanze emesse nel dibattimento. 
1. Quando non è diversamente stabilito dalla legge, l'impugnazione contro le ordinanze emesse nel corso degli atti preliminari ovvero nel dibattimento può essere proposta, a pena di inammissibilità, soltanto con l'impugnazione contro la sentenza. L'impugnazione è tuttavia ammissibile anche se la sentenza è impugnata soltanto per connessione con l'ordinanza.
2. L'impugnazione dell'ordinanza è giudicata congiuntamente a quella contro la sentenza, salvo che la legge disponga altrimenti.
3. Contro le ordinanze in materia di libertà personale è ammessa l'impugnazione immediata, indipendentemente dell'impugnazione contro la sentenza.
Art. 587. 
Estensione dell'impugnazione. 
1. Nel caso di concorso di più persone in uno stesso reato, l'impugnazione proposta da uno degli imputati, purché non fondata su motivi esclusivamente personali, giova anche agli altri imputati.
2. Nel caso di riunione di procedimenti per reati diversi, l'impugnazione proposta da un imputato giova a tutti gli altri imputati soltanto se i motivi riguardano violazioni della legge processuale e non sono esclusivamente personali.
3. L'impugnazione proposta dall'imputato giova anche al responsabile civile e alla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria.
4. L'impugnazione proposta dal responsabile civile o dalla persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria giova all'imputato anche agli effetti penali, purché non sia fondata su motivi esclusivamente personali.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. I, sentenza 1° luglio 2009, n. 26792 e Cassazione Penale, sez. II, sentenza 24 luglio 2009, n. 30913 in Altalex Massimario.
Art. 588.
Sospensione della esecuzione. 
1 Dal momento della pronuncia, durante i termini per impugnare e fino all'esito del giudizio di impugnazione, l'esecuzione del provvedimento impugnato è sospesa, salvo che la legge disponga altrimenti.
2. Le impugnazioni contro i provvedimenti in materia di libertà personale non hanno in alcun caso effetto sospensivo.
Art. 589. 
Rinuncia all'impugnazione. 
1. Il pubblico ministero presso il giudice che ha pronunciato il provvedimento impugnato può rinunciare alla impugnazione da lui proposta fino all'apertura del dibattimento. Successivamente la dichiarazione di rinuncia può essere effettuata prima dell'inizio della discussione dal pubblico ministero presso il giudice della impugnazione, anche se l'impugnazione stessa è stata proposta da altro pubblico ministero.
2. Le parti private possono rinunciare all'impugnazione anche per mezzo di procuratore speciale.
3. La dichiarazione di rinuncia è presentata a uno degli organi competenti a ricevere l'impugnazione nelle forme e nei modi previsti dagli articoli 581, 582 e 583 ovvero, in dibattimento, prima dell'inizio della discussione.
4. Quando l'impugnazione è trattata e decisa in camera di consiglio, la dichiarazione di rinuncia può essere effettuata, prima dell'udienza, dal pubblico ministero che ha proposto l'impugnazione e, successivamente, dal pubblico ministero presso il giudice dell'impugnazione, anche se la stessa è stata proposta da altro pubblico ministero.
Art. 590.
Trasmissione di atti in seguito all'impugnazione. 
1. Al giudice della impugnazione sono trasmessi senza ritardo il provvedimento impugnato, l'atto di impugnazione e gli atti del procedimento.
Art. 591. 
Inammissibilità dell'impugnazione. 
1. L'impugnazione è inammissibile:
a) quando è proposta da chi non è legittimato o non ha interesse;
b) quando il provvedimento non è impugnabile;
c) quando non sono osservate le disposizioni degli articoli 581, 582, 583, 585 e 586;
d) quando vi è rinuncia all'impugnazione.
2. Il giudice dell'impugnazione, anche di ufficio, dichiara con ordinanza l'inammissibilità e dispone l'esecuzione del provvedimento impugnato.
3. L'ordinanza è notificata a chi ha proposto l'impugnazione ed è soggetta a ricorso per cassazione. Se l'impugnazione è stata proposta personalmente dall'imputato, l'ordinanza è notificata anche al difensore.
4. L'inammissibilità, quando non è stata rilevata a norma del comma 2, può essere dichiarata in ogni stato e grado del procedimento.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. II, sentenza 19 febbraio 2009, n. 7405 e Cassazione Penale, sez. feriale, sentenza 28 luglio 2009, n. 31187 in Altalex Massimario.
Art. 592.
Condanna alle spese nei giudizi di impugnazione. 
1. Con il provvedimento che rigetta o dichiara inammissibile l'impugnazione, la parte privata che l'ha proposta è condannata alle spese del procedimento.
2. I coimputati che hanno partecipato al giudizio a norma dell'articolo 587 sono condannati alle spese in solido con l'imputato che ha proposto l'impugnazione.
3. L'imputato che nel giudizio di impugnazione riporta condanna penale è condannato alle spese dei precedenti giudizi, anche se in questi sia stato prosciolto.
4. Nei giudizi di impugnazione per i soli interessi civili, la parte privata soccombente è condannata alle spese.
LIBRO NONO
IMPUGNAZIONI
TITOLO II
Appello
Art. 593. 
Casi di appello. (1) (*) 
1. Salvo quanto previsto dagli articoli 443, comma 3, 448, comma 2, 579 e 680, il pubblico ministero e l'imputato possono appellare contro le sentenze di condanna.
2. L'imputato e il pubblico ministero possono appellare contro le sentenze di proscioglimento nelle ipotesi di cui all'articolo 603, comma 2, se la nuova prova è decisiva. Qualora il giudice, in via preliminare, non disponga la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale dichiara con ordinanza l'inammissibilità dell'appello. Entro quarantacinque giorni dalla notifica del provvedimento le parti possono proporre ricorso per cassazione anche contro la sentenza di primo grado.
3. Sono inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda.
(1) Articolo così sostituito dalla Legge n. 46/2006 (c.d. Legge Pecorella).
(*) La Corte costituzionale con sentenza n. 26/2007 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo nella parte in cui esclude che il pubblico ministero possa appellare contro le sentenze di proscioglimento fatta eccezione per le ipotesi previste dall'art. 603, comma 2, c.p.p., se la nuova prova è decisiva.
_______________
Cfr. Corte Costituzionale, sentenza 4 aprile 2008, n. 85 in Altalex Massimario.
[Art. 594. 
Appello del pubblico ministero.(1) 
1. Nei casi consentiti, contro le sentenze del giudice per le indagini preliminari, della corte di assise e del tribunale possono appellare il procuratore generale presso la corte di appello e il procuratore della Repubblica presso il tribunale; contro le sentenze del giudice per le indagini preliminari presso la pretura e contro le sentenze del pretore possono appellare il procuratore generale presso la corte di appello e il procuratore della Repubblica presso la pretura].
(1) Articolo abrogato dall'art. 218 del D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
Art. 595. 
Appello incidentale. 
1. La parte che non ha proposto impugnazione può proporre appello incidentale entro quindici giorni da quello in cui ha ricevuto la comunicazione o la notificazione previste dall'articolo 584.
2. L'appello incidentale è proposto, presentato e notificato a norma degli articoli 581, 582, 583 e 584.
3. L'appello incidentale del pubblico ministero produce gli effetti previsti dall'articolo 597 comma 2; esso tuttavia non ha effetti nei confronti del coimputato non appellante che non ha partecipato al giudizio di appello. Si osservano le disposizioni previste dall'articolo 587.
4. L'appello incidentale perde efficacia in caso di inammissibilità dell'appello principale o di rinuncia allo stesso.
Art. 596. 
Giudice competente. 
1. Sull'appello proposto contro le sentenze pronunciate dal tribunale decide la corte di appello.
2. Sull'appello proposto contro le sentenze della corte di assise decide la corte di assise di appello.
3. Salvo quanto previsto dall'articolo 428, sull'appello contro le sentenze pronunciate dal giudice per le indagini preliminari, decidono, rispettivamente, la corte di appello e la corte di assise di appello, a seconda che si tratti di reato di competenza del tribunale o della corte di assise.
Art. 597. 
Cognizione del giudice di appello. 
1. L'appello attribuisce al giudice di secondo grado la cognizione del procedimento limitatamente ai punti della decisione ai quali si riferiscono i motivi proposti.
2. Quando appellante è il pubblico ministero:
a) se l'appello riguarda una sentenza di condanna, il giudice può, entro i limiti della competenza del giudice di primo grado, dare al fatto una definizione giuridica più grave, mutare la specie o aumentare la quantità della pena, revocare benefici, applicare, quando occorre, misure di sicurezza e adottare ogni altro provvedimento imposto o consentito dalla legge;
b) se l'appello riguarda una sentenza di proscioglimento, il giudice può pronunciare condanna ed emettere i provvedimenti indicati nella lettera a) ovvero prosciogliere per una causa diversa da quella enunciata nella sentenza appellata;
c) se conferma la sentenza di primo grado, il giudice può applicare, modificare o escludere, nei casi determinati dalla legge, le pene accessorie e le misure di sicurezza.
3. Quando appellante è il solo imputato, il giudice non può irrogare una pena più grave per specie o quantità, applicare una misura di sicurezza nuova o più grave, prosciogliere l'imputato per una causa meno favorevole di quella enunciata nella sentenza appellata né revocare benefici, salva la facoltà, entro i limiti indicati nel comma 1, di dare al fatto una definizione giuridica più grave, purché non venga superata la competenza del giudice di primo grado.
4. In ogni caso, se è accolto l'appello dell'imputato relativo a circostanze o a reati concorrenti, anche se unificati per la continuazione, la pena complessiva irrogata è corrispondentemente diminuita.
5. Con la sentenza possono essere applicate anche di ufficio la sospensione condizionale della pena, la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale e una o più circostanze attenuanti; può essere altresì effettuato, quando occorre, il giudizio di comparazione a norma dell'articolo 69 del codice penale.
Art. 598. 
Estensione delle norme sul giudizio di primo grado al giudizio di appello. 
1. In grado di appello si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni relative al giudizio di primo grado, salvo quanto previsto dagli articoli seguenti.

Art. 599. 
Decisioni in camera di consiglio. 
1. Quando l'appello ha esclusivamente per oggetto la specie o la misura della pena, anche con riferimento al giudizio di comparazione fra circostanze, o l'applicabilità delle circostanze attenuanti generiche, di sanzioni sostitutive, della sospensione condizionale della pena o della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, la corte provvede in camera di consiglio con le forme previste dall'articolo 127.
2. L'udienza è rinviata se sussiste un legittimo impedimento dell'imputato che ha manifestato la volontà di comparire.
3. Nel caso di rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, il giudice assume le prove in camera di consiglio, a norma dell'articolo 603, con la necessaria partecipazione del pubblico ministero e dei difensori. Se questi non sono presenti quando è disposta la rinnovazione, il giudice fissa una nuova udienza e dispone che copia del provvedimento sia comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori.
(…) (1)
(1) I commi che recitavano: “4. La corte, anche al di fuori dei casi di cui al comma 1, provvede in camera di consiglio altresì quando le parti, nelle forme previste dall'articolo 589, ne fanno richiesta dichiarando di concordare sull'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi. Se i motivi dei quali viene chiesto l'accoglimento comportano una nuova determinazione della pena, il pubblico ministero, l'imputato e la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria indicano al giudice anche la pena sulla quale sono d'accordo.” “5. Il giudice, se ritiene di non potere accogliere, allo stato, la richiesta, ordina la citazione a comparire al dibattimento. In questo caso la richiesta e la rinuncia perdono effetto, ma possono essere riproposte nel dibattimento.” sono stati abrogati dall'art. 2, comma 1, lett. i) del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni nella L. 24 luglio 2008, n. 125
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. V, sentenza 21 ottobre 2008, n. 39411 e Cassazione Penale, sez. II, sentenza 13 febbraio 2009, n. 6544 in Altalex Massimario.
Art. 600. 
Provvedimenti in ordine all'esecuzione delle condanne civili. 
1. Se il giudice di primo grado ha omesso di pronunciare sulla richiesta di provvisoria esecuzione proposta a norma dell'articolo 540 comma 1 ovvero l'ha rigettata, la parte civile può riproporla mediante impugnazione della sentenza di primo grado al giudice di appello il quale, a richiesta della parte, provvede con ordinanza in camera di consiglio.
2. Il responsabile civile e l'imputato possono chiedere con le stesse forme la revoca o la sospensione della provvisoria esecuzione.
3. Su richiesta delle stesse parti, il giudice di appello può disporre, con le forme previste dal comma 1, che sia sospesa l'esecuzione della condanna al pagamento della provvisionale quando possa derivarne grave e irreparabile danno.(1)
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 27 luglio 1994, n. 353 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui prevede che il giudice d'appello può disporre la sospensione dell'esecuzione della condanna al pagamento della provvisionale "quando possa derivarne grave ed irreparabile danno" anziché "quando ricorrono gravi motivi".
Art. 601. 
Atti preliminari al giudizio. 
1. Fuori dei casi previsti dall'articolo 591, il presidente ordina senza ritardo la citazione dell'imputato appellante; ordina altresì la citazione dell'imputato non appellante se vi è appello del pubblico ministero, se ricorre alcuno dei casi previsti dall'articolo 587 o se l'appello è proposto per i soli interessi civili.
2. Quando si procede in camera di consiglio a norma dell'articolo 599, ne è fatta menzione nel decreto di citazione.
3. Il decreto di citazione per il giudizio di appello contiene i requisiti previsti dall'articolo 429 comma 1 lettere a), f), g) nonché l'indicazione del giudice competente. Il termine per comparire non può essere inferiore a venti giorni.
4. E' ordinata in ogni caso la citazione del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e della parte civile; questa è citata anche quando ha appellato il solo imputato contro una sentenza di proscioglimento.
5. Almeno venti giorni prima della data fissata per il giudizio di appello, è notificato avviso ai difensori.
6. Il decreto di citazione è nullo se l'imputato non è identificato in modo certo ovvero se manca o è insufficiente l'indicazione di uno dei requisiti previsti dall'articolo 429 comma 1 lettera f).
Art. 602. 
Dibattimento di appello. 
1. Nell'udienza, il presidente o il consigliere da lui delegato fa la relazione della causa.
(…) (2)
3. Nel dibattimento può essere data lettura, anche di ufficio, di atti del giudizio di primo grado nonché, entro i limiti previsti dagli articoli 511 e seguenti, di atti compiuti nelle fasi antecedenti.
4. Per la discussione si osservano le disposizioni dell'articolo 523.
(1) Il comma che recitava: “2. Se le parti richiedono concordemente l'accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello a norma dell'articolo 599, comma 4, il giudice, quando ritiene che la richiesta deve essere accolta, provvede immediatamente; altrimenti dispone per la prosecuzione del dibattimento. La richiesta e la rinuncia ai motivi non hanno effetto se il giudice decide in modo difforme dall'accordo.” è stato abrogato dall'art. 2, comma 1, lett. l) del D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni nella L. 24 luglio 2008, n. 125.
Art. 603. 
Rinnovazione dell'istruzione dibattimentale. 
1. Quando una parte, nell'atto di appello o nei motivi presentati a norma dell'articolo 585 comma 4, ha chiesto la riassunzione di prove già acquisite nel dibattimento di primo grado o l'assunzione di nuove prove, il giudice se ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale.
2. Se le nuove prove sono sopravvenute o scoperte dopo il giudizio di primo grado, il giudice dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale nei limiti previsti dall'articolo 495 comma 1.
3. La rinnovazione dell'istruzione dibattimentale è disposta di ufficio se il giudice la ritiene assolutamente necessaria.
4. Il giudice dispone, altresì, la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale quando l'imputato, contumace in primo grado, ne fa richiesta e prova di non essere potuto comparire per caso fortuito o forza maggiore o per non avere avuto conoscenza del decreto di citazione, sempre che in tal caso il fatto non sia dovuto a sua colpa, ovvero, quando l'atto di citazione per il giudizio di primo grado è stato notificato mediante consegna al difensore nei casi previsti dagli articoli 159, 161 comma 4 e 169, non si sia sottratto volontariamente alla conoscenza degli atti del procedimento.
5. Il giudice provvede con ordinanza, nel contraddittorio delle parti.
6. Alla rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, disposta a norma dei commi precedenti, si procede immediatamente. In caso di impossibilità, il dibattimento è sospeso per un termine non superiore a dieci giorni.
Art. 604. 
Questioni di nullità. 
1. Il giudice di appello, nei casi previsti dall'articolo 522, dichiara la nullità in tutto o in parte della sentenza appellata e dispone la trasmissione degli atti al giudice di primo grado, quando vi è stata condanna per un atto diverso o applicazione di una circostanza aggravante per la quale la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato o di una circostanza aggravante ad effetto speciale, sempre che non vengano ritenute prevalenti o equivalenti circostanze attenuanti.
2. Quando sono state ritenute prevalenti o equivalenti circostanze attenuanti o sono state applicate circostanze aggravanti diverse da quelle previste dal comma 1, il giudice di appello esclude le circostanze aggravanti, effettua, se occorre, un nuovo giudizio di comparazione e ridetermina la pena.
3. Quando vi è stata condanna per un reato concorrente o per un fatto nuovo, il giudice di appello dichiara nullo il relativo capo della sentenza ed elimina la pena corrispondente, disponendo che del provvedimento sia data notizia al pubblico ministero per le sue determinazioni.
4. Il giudice di appello, se accerta una delle nullità indicate nell'articolo 179, da cui sia derivata la nullità del provvedimento che dispone il giudizio o della sentenza di primo grado, la dichiara con sentenza e rinvia gli atti al giudice che procedeva quando si è verificata la nullità. Nello stesso modo il giudice provvede se accerta una delle nullità indicate nell'articolo 180 che non sia stata sanata e da cui sia derivata la nullità del provvedimento che dispone il giudizio o della sentenza di primo grado.
5. Se si tratta di altre nullità che non sono state sanate, il giudice di appello può ordinare la rinnovazione degli atti nulli o anche, dichiarata la nullità, decidere nel merito, qualora riconosca che l'atto non fornisce elementi necessari al giudizio.
6. Quando il giudice di primo grado ha dichiarato che il reato è estinto o che l'azione penale non poteva essere iniziata o proseguita, il giudice di appello, se riconosce erronea tale dichiarazione, ordina, occorrendo, la rinnovazione del dibattimento e decide nel merito.
7. Quando il giudice di primo grado ha respinto la domanda di oblazione, il giudice di appello, se riconosce erronea tale decisione, accoglie la domanda e sospende il dibattimento fissando un termine massimo non superiore a dieci giorni per il pagamento delle somme dovute. Se il pagamento avviene nel termine, il giudice di appello pronuncia sentenza di proscioglimento.
8. Nei casi previsti dal comma 1, se annulla una sentenza della corte di assise o del tribunale collegiale, il giudice di appello dispone la trasmissione degli atti ad altra sezione della stessa corte o dello stesso tribunale ovvero, in mancanza, alla corte o al tribunale più vicini. Se annulla una sentenza del tribunale monocratico o di un giudice per le indagini preliminari, dispone la trasmissione degli atti al medesimo tribunale; tuttavia il giudice deve essere diverso da quello che ha pronunciato la sentenza annullata.
Art. 605. 
Sentenza. 
1. Fuori dei casi previsti dall'articolo 604, il giudice di appello pronuncia sentenza con la quale conferma o riforma la sentenza appellata.
2. Le pronunce del giudice di appello sull'azione civile sono immediatamente esecutive.
3. Copia della sentenza di appello, con gli atti del procedimento, è trasmessa senza ritardo, a cura della cancelleria, al giudice di primo grado, quando questi è competente per l'esecuzione e non è stato proposto ricorso per cassazione.
LIBRO NONO
IMPUGNAZIONI
TITOLO III
RICORSO PER CASSAZIONE
Capo I
Disposizioni generali
Art. 606. 
Casi di ricorso. 
1. Il ricorso per cassazione può essere proposto per i seguenti motivi:
a) esercizio da parte del giudice di una potestà riservata dalla legge a organi legislativi o amministrativi ovvero non consentita ai pubblici poteri;
b) inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell'applicazione della legge penale;
c) inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza;
d) mancata assunzione di una prova decisiva, quando la parte ne ha fatto richiesta anche nel corso dell'istruzione dibattimentale limitatamente ai casi previsti dall'articolo 495, comma 2; (1)
e) mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione, quando il vizio risulta dal testo del provvedimento impugnato ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame. (2)
2. Il ricorso, oltre che nei casi e con gli effetti determinati da particolari disposizioni, può essere proposto contro le sentenze pronunciate in grado di appello o inappellabili.
3. Il ricorso è inammissibile se è proposto per motivi diversi da quelli consentiti dalla legge o manifestamente infondati ovvero, fuori dei casi previsti dagli articoli 569 e 609 comma 2, per violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello.
(1) Lettera così sostituita dall'art. 8, comma 1, lett. a) della L. 20 febbraio 2006, n. 46
(2) Lettera così sostituita dall'art. 8, comma 1, lett. b) della L. 20 febbraio 2006, n. 46
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Cfr. Cassazione Penale, sez. III, sentenza 7 gennaio 2008, n. 191, Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 20 febbraio 2008, n. 7712 e Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 28 febbraio 2008, n. 8937, Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 8 maggio 2008, n. 18747 e Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 15 settembre 2008, n. 35319 in Altalex Massimario.
Art. 607. 
Ricorso dell'imputato. 
1. L'imputato può ricorrere per cassazione contro la sentenza di condanna o di proscioglimento ovvero contro la sentenza inappellabile di non luogo a procedere.
2. Può, inoltre, ricorrere contro le sole disposizioni della sentenza che riguardano le spese processuali.
Art. 608.
Ricorso del pubblico ministero. 
1. Il procuratore generale presso la corte di appello può ricorrere per cassazione contro ogni sentenza di condanna o di proscioglimento pronunciata in grado di appello o inappellabile.
2. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale può ricorrere per cassazione contro ogni sentenza inappellabile, di condanna o di proscioglimento, pronunciata dalla corte di assise, dal tribunale o dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale.
[3. Il procuratore della Repubblica presso la pretura può proporre ricorso per cassazione contro ogni sentenza inappellabile, di condanna o di proscioglimento, pronunciata dal pretore o dal giudice per le indagini preliminari presso la pretura.] (1)
4. Il procuratore generale e il procuratore della Repubblica presso il tribunale possono anche ricorrere nei casi previsti dall'articolo 569 e da altre disposizioni di legge.
(1) Comma soppresso dall'art. 204 del D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51.
Art. 609. 
Cognizione della corte di cassazione. 
1. Il ricorso attribuisce alla corte di cassazione la cognizione del procedimento limitatamente ai motivi proposti.
2. La corte decide altresì le questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado del processo e quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello.
Capo II
Procedimento
Art. 610. 
Atti preliminari. 
1. Il presidente della corte di cassazione, se rileva una causa di inammissibilità dei ricorsi, li assegna ad apposita sezione. Il presidente della sezione fissa la data per la decisione in camera di consiglio. La cancelleria dà comunicazione del deposito degli atti e della data dell'udienza al procuratore generale ed ai difensori nel termine di cui al comma 5. L'avviso contiene l'enunciazione della causa di inammissibilità rilevata. Si applica il comma 1 dell'articolo 611. Ove non venga dichiarata l'inammissibilità, gli atti sono rimessi al presidente della corte. 
1-bis. Il presidente della corte di cassazione provvede all'assegnazione dei ricorsi alle singole sezioni secondo i criteri stabiliti dalle leggi di ordinamento giudiziario.
2. Il presidente, su richiesta del procuratore generale, dei difensori delle parti o anche di ufficio, assegna il ricorso alle sezioni unite quando le questioni proposte sono di speciale importanza o quando occorre dirimere contrasti insorti tra le decisioni delle singole sezioni. 
3. Il presidente della corte, se si tratta delle sezioni unite, ovvero il presidente della sezione fissa la data per la trattazione del ricorso in udienza pubblica o in camera di consiglio e designa il relatore. Il presidente dispone altresì la riunione dei giudizi nei casi previsti dall'articolo 17 e la separazione dei medesimi quando giovi alla speditezza della decisione.
(…) (1)
5. Almeno trenta giorni prima della data dell'udienza, la cancelleria ne dà avviso al procuratore generale e ai difensori, indicando se il ricorso sarà deciso a seguito di udienza pubblica ovvero in camera di consiglio. (2)
(1) Il comma che recitava: “4. La cancelleria dà immediata comunicazione al procuratore generale del deposito degli atti per la eventuale richiesta della dichiarazione di inammissibilità del ricorso.” è stato abrogato dall'art. 6, comma 2, lett. b) della L. 26 marzo 2001, n. 128
(2) Il periodo che recitava: “In quest'ultimo caso, l'avviso deve inoltre precisare se vi è la richiesta di dichiarazione di inammissibilità, enunciando la causa dedotta.” è stato soppresso dall'art. 6, comma 2, lett. c) della L. 26 marzo 2001, n. 128
Art. 611. 
Procedimento in camera di consiglio. 
1. Oltre che nei casi particolarmente previsti dalla legge, la corte procede in camera di consiglio quando deve decidere su ogni ricorso contro provvedimenti non emessi nel dibattimento, fatta eccezione delle sentenze pronunciate a norma dell'articolo 442. Se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall'articolo 127, la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie delle altre parti senza intervento dei difensori. Fino a quindici giorni prima dell'udienza, tutte le parti possono presentare motivi nuovi e memorie e, fino a cinque giorni prima, possono presentare memorie di replica.
(…) (2)
(1) Il comma che recitava: “2. Nello stesso modo la corte procede quando è stata richiesta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. Se non dichiara l'inammissibilità, la corte fissa la data per la decisione del ricorso in udienza pubblica.” è stato abrogato dall'art.6, comma 2. lett. c) della L. 26 marzo 2001, n. 128 
Art. 612. 
Sospensione dell'esecuzione della condanna civile. 
1. A richiesta dell'imputato o del responsabile civile, la corte di cassazione può sospendere, in pendenza del ricorso, l'esecuzione della condanna civile, quando può derivarne grave e irreparabile danno. La decisione sulla richiesta di sospensione della condanna civile è adottata dalla corte di cassazione con ordinanza in camera di consiglio.
Art. 613. 
Difensori. 
1. Salvo che la parte non vi provveda personalmente, l'atto di ricorso, le memorie e i motivi nuovi devono essere sottoscritti, a pena di inammissibilità, da difensori iscritti nell'albo speciale della corte di cassazione. Davanti alla corte medesima le parti sono rappresentate dai difensori.
2. Per tutti gli atti che si compiono nel procedimento davanti alla corte, il domicilio delle parti è presso i rispettivi difensori, salvo quanto previsto dal comma 4. Il difensore è nominato per la proposizione del ricorso o successivamente; in mancanza di nomina il difensore è quello che ha assistito la parte nell'ultimo giudizio, purché abbia i requisiti indicati nel comma 1.
3. Se l'imputato è privo del difensore di fiducia, il presidente del collegio provvede a norma dell'articolo 97.
4. Gli avvisi che devono essere dati al difensore sono notificati anche all'imputato che non sia assistito da difensore di fiducia.
5. Quando il ricorso concerne gli interessi civili, il presidente, se la parte ne fa richiesta, nomina un difensore secondo le norme sul patrocinio dei non abbienti.
Art. 614.
Dibattimento. 
1. Le norme concernenti la pubblicità, la polizia e la disciplina delle udienze e la direzione della discussione nei giudizi di primo e di secondo grado si osservano davanti alla corte di cassazione, in quanto siano applicabili.
2. Le parti private possono comparire per mezzo dei loro difensori.
3. Nell'udienza stabilita, il presidente procede alla verifica della costituzione delle parti e della regolarità degli avvisi, dandone atto a verbale; quindi, il presidente o un consigliere da lui delegato fa la relazione della causa.
4. Dopo la requisitoria del pubblico ministero, i difensori della parte civile, del responsabile civile, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e dell'imputato espongono nell'ordine le loro difese. Non sono ammesse repliche.
Capo III
Sentenza
Art. 615. 
Deliberazione e pubblicazione. 
1. La corte di cassazione delibera la sentenza in camera di consiglio subito dopo terminata la pubblica udienza salvo che, per la molteplicità o per l'importanza delle questioni da decidere, il presidente ritenga indispensabile differire la deliberazione ad altra udienza prossima. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni degli articoli 527 e 546.
2. Se non provvede a norma degli articoli 620, 622 e 623, la corte dichiara inammissibile o rigetta il ricorso.
3. La sentenza è pubblicata in udienza subito dopo la deliberazione, mediante lettura del dispositivo fatta dal presidente o da un consigliere da lui delegato.
4. Prima della lettura, il dispositivo è sottoscritto dal presidente.
Art. 616.
Spese e sanzione pecuniaria in caso di rigetto o di inammissibilità del ricorso. (1) 
1. Con il provvedimento che dichiara inammissibile o rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto è condannata al pagamento delle spese del procedimento. Se il ricorso è dichiarato inammissibile, la parte privata è inoltre condannata con lo stesso provvedimento al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro 258 a euro 2.065. Nello stesso modo si può provvedere quando il ricorso è rigettato.
(1) La Corte Costituzionale con sentenza 13 giugno 2000, n. 186 ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo nella parte in cui non prevede che la Corte di Cassazione in caso di inammissibilità del ricorso possa non pronunciare la condanna in favore della cassa delle ammende a carico della parte privata che abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.
Art. 617. 
Motivazione e deposito. 
1. Conclusa la deliberazione, il presidente o il consigliere da lui designato redige la motivazione. Si osservano le disposizioni concernenti la sentenza nel giudizio di primo grado, in quanto applicabili.
2. La sentenza, sottoscritta dal presidente e dall'estensore, è depositata in cancelleria non oltre il trentesimo giorno dalla deliberazione.
3. Qualora il presidente lo disponga, la corte si riunisce in camera di consiglio per la lettura e l'approvazione del testo della motivazione. Sulle proposte di rettifica, integrazione o cancellazione la corte delibera senza formalità.
Art. 618. 
Decisioni delle sezioni unite. 
1. Se una sezione della corte rileva che la questione di diritto sottoposta al suo esame ha dato luogo, o può dar luogo, a un contrasto giurisprudenziale, su richiesta delle parti o di ufficio, può con ordinanza rimettere il ricorso alle sezioni unite.
Art. 619.
Rettificazione di errori non determinanti annullamento. 
1. Gli errori di diritto nella motivazione e le erronee indicazioni di testi di legge non producono l'annullamento della sentenza impugnata, se non hanno avuto influenza decisiva sul dispositivo. La corte tuttavia specifica nella sentenza le censure e le rettificazioni occorrenti.
2. Quando nella sentenza impugnata si deve soltanto rettificare la specie o la quantità della pena per errore di denominazione o di computo, la corte di cassazione vi provvede senza pronunciare annullamento.
3. Nello stesso modo si provvede nei casi di legge più favorevole all'imputato, anche se sopravvenuta dopo la proposizione del ricorso, qualora non siano necessari nuovi accertamenti di fatto.
Art. 620.
Annullamento senza rinvio. 
1. Oltre che nei casi particolarmente previsti dalla legge, la corte pronuncia sentenza di annullamento senza rinvio:
a) se il fatto non è previsto dalla legge come reato, se il reato è estinto o se l'azione penale non doveva essere iniziata o proseguita;
b) se il reato non appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario;
c) se il provvedimento impugnato contiene disposizioni che eccedono i poteri della giurisdizione, limitatamente alle medesime;
d) se la decisione impugnata consiste in un provvedimento non consentito dalla legge;
e) se la sentenza è nulla a norma e nei limiti dell'articolo 522 in relazione a un reato concorrente;
f) se la sentenza è nulla a norma e nei limiti dell'articolo 522 in relazione a un fatto nuovo;
g) se la condanna è stata pronunciata per errore di persona;
h) se vi è contraddizione fra la sentenza o l'ordinanza impugnata e un'altra anteriore concernente la stessa persona e il medesimo oggetto, pronunciata dallo stesso o da un altro giudice penale;
i) se la sentenza impugnata ha deciso in secondo grado su materia per la quale non è ammesso l'appello;
l) in ogni altro caso in cui la corte ritiene superfluo il rinvio ovvero può essa medesima procedere alla determinazione della pena o dare i provvedimenti necessari.
Art. 621.
Effetti dell'annullamento senza rinvio. 
1. Nel caso previsto dall'articolo 620 comma 1 lettera b), la corte dispone che gli atti siano trasmessi all'autorità competente, che essa designa; in quello previsto dalla lettera e) e in quello previsto dalla lettera f), la corte dispone che del provvedimento sia data notizia al pubblico ministero per le sue determinazioni; in quello previsto dalla lettera h), ordina l'esecuzione della prima sentenza o ordinanza, ma, se si tratta di una sentenza di condanna, ordina l'esecuzione della sentenza che ha inflitto la condanna meno grave determinata a norma dell'articolo 669; in quello previsto dalla lettera i), ritiene il giudizio qualificando l'impugnazione come ricorso; in quello previsto dalla lettera l), procede alla determinazione della pena o dà i provvedimenti che occorrono.
Art. 622.
Annullamento della sentenza ai soli effetti civili. 
1. Fermi gli effetti penali della sentenza, la corte di cassazione, se ne annulla solamente le disposizioni o i capi che riguardano l'azione civile ovvero se accoglie il ricorso della parte civile contro la sentenza di proscioglimento dell'imputato, rinvia quando occorre al giudice civile competente per valore in grado di appello, anche se l'annullamento ha per oggetto una sentenza inappellabile.
Art. 623.
Annullamento con rinvio. 
1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 620 e 622:
a) se è annullata un'ordinanza, la corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice che l'ha pronunciata, il quale provvede uniformandosi alla sentenza di annullamento;
b) se è annullata una sentenza di condanna nei casi previsti dall'articolo 604 comma 1, la corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al giudice di primo grado;
c) se è annullata la sentenza di una corte di assise di appello o di una corte di appello ovvero di una corte di assise o di un tribunale in composizione collegiale, il giudizio è rinviato rispettivamente a un'altra sezione della stessa corte o dello stesso tribunale o, in mancanza, alla corte o al tribunale più vicini;
d) se è annullata la sentenza di un tribunale monocratico o di un giudice per le indagini preliminari, la corte di cassazione dispone che gli atti siano trasmessi al medesimo tribunale; tuttavia, il giudice deve essere diverso da quello che ha pronunciato la sentenza annullata.
Art. 624. 
Annullamento parziale. 
1. Se l'annullamento non è pronunciato per tutte le disposizioni della sentenza, questa ha autorità di cosa giudicata nelle parti che non hanno connessione essenziale con la parte annullata.
2. La corte di cassazione, quando occorre, dichiara nel dispositivo quali parti della sentenza diventano irrevocabili. L'omissione di tale dichiarazione è riparata dalla corte stessa in camera di consiglio con ordinanza che deve trascriversi in margine o in fine della sentenza e di ogni copia di essa posteriormente rilasciata. L'ordinanza può essere pronunciata di ufficio ovvero su domanda del giudice competente per il rinvio, del pubblico ministero presso il medesimo giudice o della parte privata interessata. La domanda si propone senza formalità.
3. La corte di cassazione provvede in camera di consiglio senza l'osservanza delle forme previste dall'articolo 127.
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. IV, sentenza 10 settembre 2007, n. 34216 in Altalex Massimario.
Art. 624-bis.
Cessazione delle misure cautelari. (1)
1. La corte di cassazione, nel caso di annullamento della sentenza d'appello, dispone la cessazione delle misure cautelari.
(1) Articolo inserito dall'art.6, comma 5, della L. 26 marzo 2001, n. 128
Art. 625.
Provvedimenti conseguenti alla sentenza. 
1. In caso di annullamento con rinvio, la cancelleria della corte di cassazione trasmette senza ritardo gli atti del processo con la copia della sentenza al giudice che deve procedere al nuovo giudizio.
2. In caso di rigetto o di dichiarazione di inammissibilità del ricorso , la cancelleria trasmette gli atti e la copia del solo dispositivo al giudice che ha emesso la decisione impugnata.
3. In caso di annullamento senza rinvio o di rettificazione , la cancelleria trasmette al giudice indicato nel comma 2 gli atti e la copia della sentenza.
4. In ogni caso la cancelleria del giudice che ha emesso la decisione impugnata esegue annotazione, in margine o in fine dell'originale, della decisione della corte.
Art. 625-bis.
Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto. (1)
1. E' ammessa, a favore del condannato, la richiesta per la correzione dell'errore materiale o di fatto contenuto nei provvedimenti pronunciati dalla corte di cassazione.
2. La richiesta è proposta dal procuratore generale o dal condannato, con ricorso presentato alla corte di cassazione entro centottanta giorni dal deposito del provvedimento. La presentazione del ricorso non sospende gli effetti del provvedimento, ma, nei casi di eccezionale gravità, la corte provvede, con ordinanza, alla sospensione.
3. L'errore materiale di cui al comma 1 può essere rilevato dalla corte di cassazione, d'ufficio, in ogni momento.
4. Quando la richiesta è proposta fuori dell'ipotesi prevista al comma 1 o, quando essa riguardi la correzione di un errore di fatto, fuori del termine previsto al comma 2, ovvero risulta manifestamente infondata, la corte, anche d'ufficio, ne dichiara con ordinanza l'inammissibilità; altrimenti procede in camera di consiglio, a norma dell'articolo 127 e, se accoglie la richiesta, adotta i provvedimenti necessari per correggere l'errore.
(1) Articolo inserito dall'art. 6, comma 6, della L. 26 marzo 2001, n. 128
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Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 22 ottobre 2009, n. 40760 in Altalex Massimario.
Art. 626.
Effetti della sentenza sui provvedimenti di natura personale o reale. 
1. Quando, in seguito alla sentenza della corte di cassazione, deve cessare una misura cautelare ovvero una pena accessoria o una misura di sicurezza, la cancelleria ne comunica immediatamente il dispositivo al procuratore generale presso la corte medesima perché dia i provvedimenti occorrenti.
Art. 627.
Giudizio di rinvio dopo annullamento. 
1. Nel giudizio di rinvio non è ammessa discussione sulla competenza attribuita con la sentenza di annullamento, salvo quanto previsto dall'articolo 25.
2. Il giudice di rinvio decide con gli stessi poteri che aveva il giudice la cui sentenza è stata annullata, salve le limitazioni stabilite dalla legge. Se è annullata una sentenza di appello e le parti ne fanno richiesta, il giudice dispone la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale per l'assunzione delle prove rilevanti per la decisione.
3. Il giudice di rinvio si uniforma alla sentenza della corte di cassazione per ciò che concerne ogni questione di diritto con essa decisa.
4. Non possono rilevarsi nel giudizio di rinvio nullità, anche assolute, o inammissibilità, verificatesi nei precedenti giudizi o nel corso delle indagini preliminari.
5. Se taluno degli imputati, condannati con la sentenza annullata, non aveva proposto ricorso, l'annullamento pronunciato rispetto al ricorrente giova anche al non ricorrente, salvo che il motivo dell'annullamento sia esclusivamente personale. L'imputato che può giovarsi di tale effetto estensivo deve essere citato e ha facoltà di intervenire nel giudizio di rinvio.
Art. 628.
Impugnabilità della sentenza del giudice di rinvio. 
1. La sentenza del giudice di rinvio può essere impugnata con ricorso per cassazione se pronunciata in grado di appello e col mezzo previsto dalla legge se pronunciata in primo grado.
2. In ogni caso la sentenza del giudice di rinvio può essere impugnata soltanto per motivi non riguardanti i punti già decisi dalla corte di cassazione ovvero per inosservanza della disposizione dell'articolo 627 comma 3.
LIBRO NONO
IMPUGNAZIONI
TITOLO IV
Revisione
Art. 629. 
Condanne soggette a revisione. 
1. E' ammessa in ogni tempo a favore dei condannati, nei casi determinati dalla legge, la revisione delle sentenze di condanna o delle sentenze emesse ai sensi dell'articolo 444, comma 2, (1) o dei decreti penali di condanna, divenuti irrevocabili, anche se la pena è già stata eseguita o è estinta.
(1) Le parole: “o delle sentenze emesse ai sensi dell'articolo 444, comma 2” sono state inserite dall'art. 3, comma 1, della L. 12 giugno 2003, n. 134
Art. 630. 
Casi di revisione. 
1. La revisione può essere richiesta:
a) se i fatti stabiliti a fondamento della sentenza o del decreto penale di condanna non possono conciliarsi con quelli stabiliti in un'altra sentenza penale irrevocabile del giudice ordinario o di un giudice speciale;
b) se la sentenza o il decreto penale di condanna hanno ritenuto la sussistenza del reato a carico del condannato in conseguenza di una sentenza del giudice civile o amministrativo, successivamente revocata, che abbia deciso una delle questioni pregiudiziali previste dall'articolo 3 ovvero una delle questioni previste dall'articolo 479;
c) se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto a norma dell'articolo 631;
d) se è dimostrato che la condanna venne pronunciata in conseguenza di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato.
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Cfr. Corte Costituzionale, sentenza 30 aprile 2008, n. 129 su Altalex Massimario.
Art. 631.
Limiti della revisione. 
1. Gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono, a pena d'inammissibilità della domanda, essere tali da dimostrare, se accertati, che il condannato deve essere prosciolto a norma degli articoli 529, 530 o 531.
Art. 632.
Soggetti legittimati alla richiesta. 
1. Possono chiedere la revisione:
a) il condannato o un suo prossimo congiunto ovvero la persona che ha sul condannato l'autorità tutoria e, se il condannato è morto, l'erede o un prossimo congiunto;
b) il procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto fu pronunciata la sentenza di condanna. Le persone indicate nella lettera a) possono unire la propria richiesta a quella del procuratore generale.
Art. 633. 
Forma della richiesta. 
1. La richiesta di revisione è proposta personalmente o per mezzo di un procuratore speciale. Essa deve contenere l'indicazione specifica delle ragioni e delle prove che la giustificano e deve essere presentata, unitamente a eventuali atti e documenti, nella cancelleria della Corte di appello individuata secondo i criteri di cui all'articolo 11.
2. Nei casi previsti dall'articolo 630 comma 1 lettere a) e b), alla richiesta devono essere unite le copie autentiche delle sentenze o dei decreti penali di condanna ivi indicati.
3. Nel caso previsto dall'articolo 630 comma 1 lettera d), alla richiesta deve essere unita copia autentica della sentenza irrevocabile di condanna per il reato ivi indicato.
Art. 634. 
Declaratoria d'inammissibilità. 
1. Quando la richiesta è proposta fuori delle ipotesi previste dagli articoli 629 e 630 o senza l'osservanza delle disposizioni previste dagli articoli 631, 632, 633, 641 ovvero risulta manifestamente infondata, la corte di appello anche di ufficio dichiara con ordinanza l'inammissibilità e può condannare il privato che ha proposto la richiesta al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma da euro 258 a euro 2.065.
2. L'ordinanza è notificata al condannato e a colui che ha proposto la richiesta, i quali possono ricorrere per cassazione. In caso di accoglimento del ricorso, la Corte di cassazione rinvia il giudizio di revisione ad altra corte di appello individuata secondo i criteri di cui all'articolo 11.
Art. 635. 
Sospensione dell'esecuzione. 
1. La corte di appello può in qualunque momento disporre, con ordinanza, la sospensione dell'esecuzione della pena o della misura di sicurezza, applicando, se del caso, una delle misure coercitive previste dagli articoli 281, 282, 283 e 284. In ogni caso di inosservanza della misura, la corte di appello revoca l'ordinanza e dispone che riprenda l'esecuzione della pena o della misura di sicurezza.
2. Contro l'ordinanza che decide sulla sospensione dell'esecuzione, sull'applicazione delle misure coercitive e sulla revoca, possono ricorrere per cassazione il pubblico ministero e il condannato.
Art. 636.
Giudizio di revisione. 
1. Il presidente della corte di appello emette il decreto di citazione a norma dell'articolo 601.
2. Si osservano le disposizioni del titolo I e del titolo II del libro VII in quanto siano applicabili e nei limiti delle ragioni indicate nella richiesta di revisione.
Art. 637. 
Sentenza. 
1. La sentenza è deliberata secondo le disposizioni degli articoli 525, 526, 527 e 528.
2. In caso di accoglimento della richiesta di revisione, il giudice revoca la sentenza di condanna o il decreto penale di condanna e pronuncia il proscioglimento indicandone la causa nel dispositivo.
3. Il giudice non può pronunciare il proscioglimento esclusivamente sulla base di una diversa valutazione delle prove assunte nel precedente giudizio.
4. In caso di rigetto della richiesta, il giudice condanna la parte privata che l'ha proposta al pagamento delle spese processuali e, se è stata disposta la sospensione, dispone che riprenda l'esecuzione della pena o della misura di sicurezza.
Art. 638. 
Revisione a favore del condannato defunto. 
1. In caso di morte del condannato dopo la presentazione della richiesta di revisione, il presidente della corte di appello nomina un curatore, il quale esercita i diritti che nel processo di revisione sarebbero spettati al condannato.
Art. 639. 
Provvedimenti in accoglimento della richiesta. 
1. La corte di appello, quando pronuncia sentenza di proscioglimento a seguito di accoglimento della richiesta di revisione, anche nel caso previsto dall'articolo 638, ordina la restituzione delle somme pagate in esecuzione della condanna per le pene pecuniarie, per le misure di sicurezza patrimoniali, per le spese processuali e di mantenimento in carcere e per il risarcimento dei danni a favore della parte civile citata per il giudizio di revisione. Ordina altresì la restituzione delle cose che sono state confiscate, a eccezione di quelle previste nell'articolo 240 comma 2 n. 2 del codice penale.
Art. 640. 
Impugnabilità della sentenza. 
1. La sentenza pronunciata nel giudizio di revisione è soggetta al ricorso per cassazione.
Art. 641. 
Effetti dell'inammissibilità o del rigetto. 
1. L'ordinanza che dichiara inammissibile la richiesta o la sentenza che la rigetta non pregiudica il diritto di presentare una nuova richiesta fondata su elementi diversi.
Art. 642. 
Pubblicazione della sentenza di accoglimento della richiesta. 
1. La sentenza di accoglimento, a richiesta dell'interessato, è affissa per estratto, a cura della cancelleria, nel comune in cui la sentenza di condanna era stata pronunciata e in quello dell'ultima residenza del condannato. L'ufficiale giudiziario deposita in cancelleria il certificato delle eseguite affissioni.
2. Su richiesta dell'interessato, il presidente della corte di appello dispone con ordinanza che l'estratto della sentenza sia pubblicato a cura della cancelleria in un giornale, indicato nella richiesta; le spese della pubblicazione sono a carico della cassa delle ammende.
Art. 643. 
Riparazione dell'errore giudiziario. 
1. Chi è stato prosciolto in sede di revisione, se non ha dato causa per dolo o colpa grave all'errore giudiziario, ha diritto a una riparazione commisurata alla durata dell'eventuale espiazione della pena o internamento e alle conseguenze personali e familiari derivanti dalla condanna.
2. La riparazione si attua mediante pagamento di una somma di denaro ovvero, tenuto conto delle condizioni dell'avente diritto e della natura del danno, mediante la costituzione di una rendita vitalizia. L'avente diritto, su sua domanda, può essere accolto in un istituto, a spese dello Stato.
3. Il diritto alla riparazione è escluso per quella parte della pena detentiva che sia computata nella determinazione della pena da espiare per un reato diverso, a norma dell'articolo 657 comma 2.
Art. 644. 
Riparazione in caso di morte. 
1. Se il condannato muore, anche prima del procedimento di revisione, il diritto alla riparazione spetta al coniuge, ai discendenti e ascendenti, ai fratelli e sorelle, agli affini entro il primo grado e alle persone legate da vincolo di adozione con quella deceduta.
2. A tali persone, tuttavia, non può essere assegnata a titolo di riparazione una somma maggiore di quella che sarebbe stata liquidata al prosciolto. La somma è ripartita equitativamente in ragione delle conseguenze derivate dall'errore a ciascuna persona.
3. Il diritto alla riparazione non spetta alle persone che si trovino nella situazione di indegnità prevista dall'articolo 463 del codice civile.
Art. 645. 
Domanda di riparazione. 
1. La domanda di riparazione è proposta, a pena di inammissibilità, entro due anni dal passaggio in giudicato della sentenza di revisione ed è presentata per iscritto, unitamente ai documenti ritenuti utili, personalmente o per mezzo di procuratore speciale, nella cancelleria della corte di appello che ha pronunciato la sentenza.
2. Le persone indicate nell'articolo 644 possono presentare la domanda nello stesso termine, anche per mezzo del curatore indicato nell'articolo 638 ovvero giovarsi della domanda già proposta da altri. Se la domanda è presentata soltanto da alcuna delle predette persone, questa deve fornire l'indicazione degli altri aventi diritto.
Art. 646. 
Procedimento e decisione. 
1. Sulla domanda di riparazione la corte di appello decide in camera di consiglio osservando le forme previste dall'articolo 127.
2. La domanda, con il provvedimento che fissa l'udienza, è comunicata al pubblico ministero ed è notificata, a cura della cancelleria, al ministro del tesoro presso l'avvocatura dello Stato che ha sede nel distretto della corte e a tutti gli interessati, compresi gli aventi diritto che non hanno proposto la domanda.
3. L'ordinanza che decide sulla domanda di riparazione è comunicata al pubblico ministero e notificata a tutti gli interessati, i quali possono ricorrere per cassazione.
4. Gli interessati che, dopo aver ricevuto la notificazione prevista dal comma 2, non formulano le proprie richieste nei termini e nelle forme previsti dall'articolo 127 comma 2, decadono dal diritto di presentare la domanda di riparazione successivamente alla chiusura del procedimento stesso.
5. Il giudice, qualora ne ricorrano le condizioni, assegna all'interessato una provvisionale a titolo di alimenti.
Art. 647. 
Risarcimento del danno e riparazione. 
1. Nel caso previsto dall'articolo 630 comma 1 lettera d), lo Stato, se ha corrisposto la riparazione, si surroga, fino alla concorrenza della somma pagata, nel diritto al risarcimento dei danni contro il responsabile.
LIBRO DECIMO
ESECUZIONE
TITOLO I
Giudicato
Art. 648.
Irrevocabilità delle sentenze e dei decreti penali.
1. Sono irrevocabili le sentenze pronunciate in giudizio contro le quali non è ammessa impugnazione diversa dalla revisione.
2. Se l'impugnazione è ammessa, la sentenza è irrevocabile quando è inutilmente decorso il termine per proporla o quello per impugnare l'ordinanza che la dichiara inammissibile. Se vi è stato ricorso per cassazione, la sentenza è irrevocabile dal giorno in cui è pronunciata l'ordinanza o la sentenza che dichiara inammissibile o rigetta il ricorso.
3. Il decreto penale di condanna è irrevocabile quando è inutilmente decorso il termine per proporre opposizione o quello per impugnare l'ordinanza che la dichiara inammissibile.
Art. 649.
Divieto di un secondo giudizio.
1. L'imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze, salvo quanto disposto dagli articoli 69 comma 2 e 345.
2. Se ciò nonostante viene di nuovo iniziato procedimento penale, il giudice in ogni stato e grado del processo pronuncia sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere, enunciandone la causa nel dispositivo.
Art. 650.
Esecutività delle sentenze e dei decreti penali.
1. Salvo che sia diversamente disposto, le sentenze e i decreti penali hanno forza esecutiva quando sono divenuti irrevocabili.
2. Le sentenze di non luogo a procedere hanno forza esecutiva quando non sono più soggette a impugnazione.
Art. 651.
Efficacia della sentenza penale di condanna nel giudizio civile o amministrativo di danno. 
1. La sentenza penale irrevocabile di condanna pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso nei confronti del condannato e del responsabile civile che sia stato citato ovvero sia intervenuto nel processo penale.
2. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di condanna pronunciata a norma dell'articolo 442, salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato.
Art. 652.
Efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo di danno.
1. La sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto è stato compiuto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso dal danneggiato o nell'interesse dello stesso, sempre che il danneggiato si sia costituito o sia stato posto in condizione di costituirsi parte civile, salvo che il danneggiato dal reato abbia esercitato l'azione in sede civile a norma dell'articolo 75, comma 2. (1)
2. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata a norma dell'articolo 442, se la parte civile ha accettato il rito abbreviato.
(1) Le originarie parole: “da promosso dal danneggiato” fino alla fine del comma sono state così sostituite dall'art. 9 della L. 27 marzo 2001, n. 97
Art. 653.
Efficacia della sentenza penale nel giudizio disciplinare. (1)
1. La sentenza penale irrevocabile di assoluzione (1) ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero (2) che l'imputato non lo ha commesso.
1-bis. La sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso. (3)
(1) Le parole: “di assoluzione” e “pronunciata in seguito a dibattimento” sono state soppresse dall'art. 1 della L. 27 marzo 2001, n. 97
(2) Le parole: “non costituisce illecito penale ovvero” sono state inserite dall'art. 1 della L. 27 marzo 2001, n. 97
(3) Comma aggiunto dall'art. 1 della L. 27 marzo 2001, n. 97.
Art. 654.
Efficacia della sentenza penale di condanna o di assoluzione in altri giudizi civili o amministrativi.
1. Nei confronti dell'imputato, della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo penale, la sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverte intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall'accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale e purché la legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa.
LIBRO DECIMO
ESECUZIONE
TITOLO II
ESECUZIONE DEI PROVVEDIMENTI GIURISDIZIONALI
Art. 655.
Funzioni del pubblico ministero.
1. Salvo che sia diversamente disposto, il pubblico ministero presso il giudice indicato nell'articolo 665 cura di ufficio l'esecuzione dei provvedimenti.
2. Il pubblico ministero propone le sue richieste al giudice competente e interviene in tutti i procedimenti di esecuzione.
3. Quando occorre, il pubblico ministero può chiedere il compimento di singoli atti a un ufficio del pubblico ministero di altra sede.
4. Se per l'esecuzione di un provvedimento è necessaria l'autorizzazione , il pubblico ministero ne fa richiesta all'autorità competente; l'esecuzione è sospesa fino a quando l'autorizzazione non è concessa. Allo stesso modo si procede quando la necessità dell'autorizzazione è sorta nel corso dell'esecuzione.
5. I provvedimenti del pubblico ministero dei quali è prescritta nel presente titolo la notificazione al difensore, sono notificati, a pena di nullità, entro trenta giorni dalla loro emissione, al difensore nominato dall'interessato o, in mancanza, a quello designato dal pubblico ministero a norma dell'articolo 97, senza che ciò determini la sospensione o il ritardo dell'esecuzione.
Art. 656.
Esecuzione delle pene detentive. 
1. Quando deve essere eseguita una sentenza di condanna a pena detentiva, il pubblico ministero emette ordine di esecuzione con il quale, se il condannato non è detenuto, ne dispone la carcerazione. Copia dell'ordine è consegnata all'interessato.
2. Se il condannato è già detenuto, l'ordine di esecuzione è comunicato al Ministro di grazia e giustizia e notificato all'interessato.
3. L'ordine di esecuzione contiene le generalità della persona nei cui confronti deve essere eseguito e quant'altro valga a identificarla, l'imputazione, il dispositivo del provvedimento e le disposizioni necessarie all'esecuzione. L'ordine è notificato al difensore del condannato.
4. L'ordine che dispone la carcerazione è eseguito secondo le modalità previste dall'articolo 277.
5. Se la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non è superiore a tre anni o sei anni nei casi di cui agli articoli 90 e 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, il pubblico ministero, salvo quanto previsto dai commi 7 e 9, ne sospende l'esecuzione. L'ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato e al difensore nominato per la fase dell'esecuzione o, in difetto, al difensore che lo ha assistito nella fase del giudizio, con l'avviso che entro trenta giorni può essere presentata istanza, corredata dalle indicazioni e dalla documentazione necessarie, volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative alla detenzione di cui agli articoli 47, 47-ter e 50, comma 1, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e di cui all'articolo 94 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, ovvero la sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'articolo 90 dello stesso testo unico. L'avviso informa altresì che, ove non sia presentata l'istanza o la stessa sia inammissibile ai sensi degli articoli 90 e seguenti del citato testo unico, l'esecuzione della pena avrà corso immediato.
6. L'istanza deve essere presentata dal condannato o dal difensore di cui al comma 5 ovvero allo scopo nominato dal pubblico ministero, il quale la trasmette, unitamente alla documentazione, al tribunale di sorveglianza competente in relazione al luogo in cui ha sede l'ufficio del pubblico ministero. Se l'istanza non è corredata dalla documentazione utile, questa, salvi i casi di inammissibilità, può essere depositata nella cancelleria del tribunale di sorveglianza fino a cinque giorni prima dell'udienza fissata a norma dell'articolo 666, comma 3. Resta salva, in ogni caso, la facoltà del tribunale di sorveglianza di procedere anche d'ufficio alla richiesta di documenti o di informazioni, o all'assunzione di prove a norma dell'articolo 666, comma 5. Il tribunale di sorveglianza decide entro quarantacinque giorni dal ricevimento dell'istanza.
7. La sospensione dell'esecuzione per la stessa condanna non può essere disposta più di una volta, anche se il condannato ripropone nuova istanza sia in ordine a diversa misura alternativa, sia in ordine alla medesima, diversamente motivata, sia in ordine alla sospensione dell'esecuzione della pena di cui all'articolo 90 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni.
8. Salva la disposizione del comma 8-bis, qualora l'istanza non sia tempestivamente presentata, o il tribunale di sorveglianza la dichiari inammissibile o la respinga, il pubblico ministero revoca immediatamente il decreto di sospensione dell'esecuzione. Il pubblico ministero provvede analogamente quando l'istanza presentata è inammissibile ai sensi degli articoli 90 e seguenti del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, nonché, nelle more della decisione del tribunale di sorveglianza, quando il programma di recupero di cui all'articolo 94 del medesimo testo unico non risulta iniziato entro cinque giorni dalla data di presentazione della relativa istanza o risulta interrotto. A tal fine il pubblico ministero, nel trasmettere l'istanza al tribunale di sorveglianza, dispone gli opportuni accertamenti.
8-bis. Quando è provato o appare probabile che il condannato non abbia avuto effettiva conoscenza dell'avviso di cui al comma 5, il pubblico ministero può assumere, anche presso il difensore, le opportune informazioni, all'esito delle quali può disporre la rinnovazione della notifica.
9. La sospensione dell'esecuzione di cui al comma 5 non può essere disposta:
a) nei confronti dei condannati per i delitti di cui all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, nonchè di cui agli articoli 423-bis, 624, quando ricorrono due o più circostanze tra quelle indicate dall'articolo 625, 624-bis del codice penale, e per i delitti in cui ricorre l'aggravante di cui all'articolo 61, primo comma, numero 11-bis, del medesimo codice, (1) fatta eccezione per coloro che si trovano agli arresti domiciliari disposti ai sensi dell'articolo 89 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni;
b) nei confronti di coloro che, per il fatto oggetto della condanna da eseguire, si trovano in stato di custodia cautelare in carcere nel momento in cui la sentenza diviene definitiva;
c) nei confronti dei condannati ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto comma, del codice penale.
10. Nella situazione considerata dal comma 5, se il condannato si trova agli arresti domiciliari per il fatto oggetto della condanna da eseguire, il pubblico ministero sospende l'esecuzione dell'ordine di carcerazione e trasmette gli atti senza ritardo al tribunale di sorveglianza perché provveda alla eventuale applicazione di una delle misure alternative di cui al comma 5. Fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, il condannato permane nello stato detentivo nel quale si trova e il tempo corrispondente è considerato come pena espiata a tutti gli effetti. Agli adempimenti previsti dall'articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, provvede in ogni caso il magistrato di sorveglianza.
(1) Parole inserite dall'art. 2, comma 1, lett. m) del D. L. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazioni nella L. 24 luglio 2008, n. 125. Successivamente, la Corte costituzionale, con sentenza 5-8 luglio 2010, n. 249 (Gazz. Uff. 14 luglio 2010, n. 28 - Prima serie speciale), ha dichiarato "l'illegittimità costituzionale dell'art. 61, numero 11-bis, del codice penale e in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953, l'illegittimità costituzionale dell'art. 656, comma 9, lettera a), del codice di procedura penale, limitatamente alle parole «e per i delitti in cui ricorre l'aggravante di cui all'art. 61, primo comma, numero 11-bis), del medesimo codice,»".
Art. 657.
Computo della custodia cautelare e delle pene espiate senza titolo.
1. Il pubblico ministero, nel determinare la pena detentiva da eseguire, computa il periodo di custodia cautelare subita per lo stesso o per altro reato, anche se la custodia è ancora in corso. Allo stesso modo procede in caso di applicazione provvisoria di una misura di sicurezza detentiva, se questa non è stata applicata definitivamente.
2. Il pubblico ministero computa altresì il periodo di pena detentiva espiata per un reato diverso, quando la relativa condanna è stata revocata, quando per il reato è stata concessa amnistia o quando è stato concesso indulto, nei limiti dello stesso.
3. Nei casi previsti dai commi 1 e 2, il condannato può chiedere al pubblico ministero che i periodi di custodia cautelare e di pena detentiva espiata, operato il ragguaglio, siano computati per la determinazione della pena pecuniaria o della sanzione sostitutiva da eseguire; nei casi previsti dal comma 2, può altresì chiedere che le sanzioni sostitutive espiate siano computate nelle sanzioni sostitutive da eseguire per altro reato.
4. In ogni caso sono computate soltanto la custodia cautelare subita o le pene espiate dopo la commissione del reato per il quale deve essere determinata la pena da eseguire.
5. Il pubblico ministero provvede con decreto, che deve essere notificato al condannato e al suo difensore.
Art. 658.
Esecuzione delle misure di sicurezza ordinate con sentenza.
1. Quando deve essere eseguita una misura di sicurezza, diversa dalla confisca, ordinata con sentenza, il pubblico ministero presso il giudice indicato nell'articolo 665 trasmette gli atti al pubblico ministero presso il magistrato di sorveglianza competente per i provvedimenti previsti dall'articolo 679. Le misure di sicurezza di cui sia stata ordinata l'applicazione provvisoria a norma dell'articolo 312 sono eseguite dal pubblico ministero presso il giudice che ha emesso il provvedimento, il quale provvede a norma dell'articolo 659 comma 2.
Art. 659.
Esecuzione di provvedimenti del giudice di sorveglianza.
1. Quando a seguito di un provvedimento del giudice di sorveglianza deve essere disposta la carcerazione o la scarcerazione del condannato, il pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza di condanna emette ordine di esecuzione con le modalità previste dall'articolo 656 comma 4. Tuttavia, nei casi di urgenza, il pubblico ministero presso il giudice di sorveglianza che ha adottato il provvedimento può emettere ordine provvisorio di esecuzione che ha effetto fino a quando non provvede il pubblico ministero competente.
2. I provvedimenti relativi alle misure di sicurezza diverse dalla confisca sono eseguiti dal pubblico ministero presso il giudice di sorveglianza che li ha adottati. Il pubblico ministero comunica in copia il provvedimento all'autorità di pubblica sicurezza e, quando ne è il caso, emette ordine di esecuzione, con il quale dispone la consegna o la liberazione dell'interessato.
Art. 660.
Esecuzione delle pene pecuniarie.
1. Le condanne a pena pecuniaria sono eseguite nei modi stabiliti dalle leggi e dai regolamenti.
2. Quando è accertata la impossibilità di esazione della pena pecuniaria o di una rata di essa, il pubblico ministero trasmette gli atti al magistrato di sorveglianza competente per la conversione, il quale provvede previo accertamento dell'effettiva insolvibilità del condannato e, se ne è il caso, della persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria. Se la pena è stata rateizzata, è convertita la parte non ancora pagata.
3. In presenza di situazioni di insolvenza, il magistrato di sorveglianza può disporre la rateizzazione della pena a norma dell'articolo 133-ter del codice penale, se essa non è stata disposta con la sentenza di condanna ovvero può differire la conversione per un tempo non superiore a sei mesi. Alla scadenza del termine fissato, se lo stato di insolvenza perdura, è disposto un nuovo differimento, altrimenti è ordinata la conversione. Ai fini della estinzione della pena per decorso del tempo, non si tiene conto del periodo durante il quale l'esecuzione è stata differita.
4. Con l'ordinanza che dispone la conversione, il magistrato di sorveglianza determina le modalità delle sanzioni conseguenti in osservanza delle norme vigenti.
5. Il ricorso contro l'ordinanza di conversione ne sospende l'esecuzione.
Art. 661.
Esecuzione delle sanzioni sostitutive. 
1. Per l'esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata, il pubblico ministero trasmette l'estratto della sentenza di condanna al magistrato di sorveglianza territorialmente competente che provvede in osservanza delle leggi vigenti.
2. La pena pecuniaria, quale sanzione sostitutiva, è eseguita a norma dell'articolo 660.
Art. 662.
Esecuzione delle pene accessorie.
1. Per l'esecuzione delle pene accessorie, il pubblico ministero, fuori dei casi previsti dagli articoli 32 e 34 del codice penale, trasmette l'estratto della sentenza di condanna agli organi della polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza e, occorrendo, agli altri organi interessati, indicando le pene accessorie da eseguire. Nei casi previsti dagli articoli 32 e 34 del codice penale, il pubblico ministero trasmette l'estratto della sentenza al giudice civile competente.
2. Quando alla sentenza di condanna consegue una delle pene accessorie previste dagli articoli 28, 30, 32-bis e 34 del codice penale, per la determinazione della relativa durata si computa la misura interdittiva di contenuto corrispondente eventualmente disposta a norma degli articoli 288, 289 e 290.
Art. 663.
Esecuzione di pene concorrenti. 
1. Quando la stessa persona è stata condannata con più sentenze o decreti penali per reati diversi, il pubblico ministero determina la pena da eseguirsi, in osservanza delle norme sul concorso di pene.
2. Se le condanne sono state inflitte da giudici diversi, provvede il pubblico ministero presso il giudice indicato nell'articolo 665 comma 4.
3. Il provvedimento del pubblico ministero è notificato al condannato e al suo difensore.
Art. 664.
Esecuzione di altre sanzioni pecuniarie. 
1. Le somme dovute per sanzioni disciplinari pecuniarie o per condanna alla perdita della cauzione o in conseguenza della dichiarazione di inammissibilità o di rigetto di una richiesta, sono devolute alla cassa delle ammende anche quando ciò non sia espressamente stabilito.
2. I relativi provvedimenti possono essere revocati dal giudice, su richiesta dell'interessato o del pubblico ministero, prima della conclusione della fase del procedimento nella quale sono stati adottati, sempre che la revoca non sia vietata.
[3. I provvedimenti non più revocabili si eseguono nei modi previsti per il recupero delle spese processuali anticipate dallo Stato.] (1)
4. Per l'esecuzione delle sanzioni conseguenti a violazioni amministrative accertate nel processo penale, il pubblico ministero trasmette l'estratto della sentenza esecutiva all'autorità amministrativa competente.
(1) Comma abrogato dall'art. 299, D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113.
LIBRO DECIMO
ESECUZIONE
TITOLO III
ATTRIBUZIONI DEGLI ORGANI GIURISDIZIONALI
Capo I
Giudice dell'esecuzione
Art. 665. 
Giudice competente. 
1. Salvo diversa disposizione di legge, competente a conoscere dell'esecuzione di un provvedimento è il giudice che lo ha deliberato.
2. Quando è stato proposto appello, se il provvedimento è stato confermato o riformato soltanto in relazione alla pena, alle misure di sicurezza o alle disposizioni civili, è competente il giudice di primo grado; altrimenti è competente il giudice di appello.
3. Quando vi è stato ricorso per cassazione e questo è stato dichiarato inammissibile o rigettato ovvero quando la corte ha annullato senza rinvio il provvedimento impugnato, è competente il giudice di primo grado, se il ricorso fu proposto contro provvedimento inappellabile ovvero a norma dell'articolo 569, e il giudice indicato nel comma 2 negli altri casi. Quando è stato pronunciato l'annullamento con rinvio, è competente il giudice di rinvio.
4. Se l'esecuzione concerne più provvedimenti emessi da giudici diversi, è competente il giudice che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo. Tuttavia, se i provvedimenti sono stati emessi da giudici ordinari o giudici speciali, è competente in ogni caso il giudice ordinario.
4-bis. Se l'esecuzione concerne più provvedimenti emessi dal tribunale in composizione monocratica e collegiale, l'esecuzione è attribuita in ogni caso al collegio.
Art. 666.
Procedimento di esecuzione. 
1. Il giudice dell'esecuzione procede a richiesta del pubblico ministero, dell'interessato o del difensore.
2. Se la richiesta appare manifestamente infondata per difetto delle condizioni di legge ovvero costituisce mera riproposizione di una richiesta già rigettata, basata sui medesimi elementi, il giudice o il presidente del collegio, sentito il pubblico ministero, la dichiara inammissibile con decreto motivato, che è notificato entro cinque giorni all'interessato. Contro il decreto può essere proposto ricorso per cassazione.
3. Salvo quanto previsto dal comma 2, il giudice o il presidente del collegio, designato il difensore di ufficio all'interessato che ne sia privo, fissa la data dell'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso alle parti e ai difensori. L'avviso è comunicato o notificato almeno dieci giorni prima della data predetta. Fino a cinque giorni prima dell'udienza possono essere depositate memorie in cancelleria.
4. L'udienza si svolge con la partecipazione necessaria del difensore e del pubblico ministero. L'interessato che ne fa richiesta è sentito personalmente; tuttavia, se è detenuto o internato in luogo posto fuori della circoscrizione del giudice, è sentito prima del giorno dell'udienza dal magistrato di sorveglianza del luogo, salvo che il giudice ritenga di disporre la traduzione.
5. Il giudice può chiedere alle autorità competenti tutti i documenti e le informazioni di cui abbia bisogno; se occorre assumere prove, procede in udienza nel rispetto del contraddittorio.
6. Il giudice decide con ordinanza. Questa è comunicata o notificata senza ritardo alle parti e ai difensori, che possono proporre ricorso per cassazione. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni sulle impugnazioni e quelle sul procedimento in camera di consiglio davanti alla corte di cassazione.
7. Il ricorso non sospende l'esecuzione dell'ordinanza, a meno che il giudice che l'ha emessa disponga diversamente.
8. Se l'interessato è infermo di mente, l'avviso previsto dal comma 3 è notificato anche al tutore o al curatore; se l'interessato ne è privo, il giudice o il presidente del collegio nomina un curatore provvisorio. Al tutore e al curatore competono gli stessi diritti dell'interessato.
9. Il verbale di udienza è redatto soltanto in forma riassuntiva a norma dell'articolo 140 comma 2. (1)
(1) La Corte costituzionale con sentenza 3 dicembre 1990, n. 529 ha dichiarato l'illegittimità del presente comma nella parte in cui, dopo la parola "redatto" prevede "soltanto" anziché "di regola".
_______________

Cfr. Tribunale di Sorveglianza di Torino, ordinanza 20 novembre 2007 in Altalex Massimario.
Art. 667. 
Dubbio sull'identità fisica della persona detenuta. 
1. Se vi è ragione di dubitare dell'identità della persona arrestata per esecuzione di pena o perché evasa mentre scontava una condanna, il giudice dell'esecuzione la interroga e compie ogni indagine utile alla sua identificazione anche, a mezzo della polizia giudiziaria.
2. Quando riconosce che non si tratta della persona nei cui confronti deve compiersi l'esecuzione, ne ordina immediatamente la liberazione. Se l'identità rimane incerta, ordina la sospensione dell'esecuzione, dispone la liberazione del detenuto e invita il pubblico ministero a procedere a ulteriori indagini.
3. Se appare evidente che vi è stato un errore di persona e non è possibile provvedere tempestivamente a norma dei commi 1 e 2, la liberazione può essere ordinata in via provvisoria con decreto motivato dal pubblico ministero del luogo dove l'arrestato si trova. Il provvedimento del pubblico ministero ha effetto fino a quando non provvede il giudice competente, al quale gli atti sono immediatamente trasmessi.
4. Il giudice dell'esecuzione provvede in ogni caso senza formalità con ordinanza comunicata al pubblico ministero e notificata all'interessato. Contro l'ordinanza possono proporre opposizione davanti allo stesso giudice il pubblico ministero, l'interessato e il difensore; in tal caso si procede a norma dell'articolo 666. L'opposizione è proposta, a pena di decadenza, entro quindici giorni dalla comunicazione o dalla notificazione dell'ordinanza.
5. Se la persona detenuta deve essere giudicata per altri reati, l'ordinanza è comunicata all'autorità giudiziaria procedente.
Art. 668. 
Persona condannata per errore di nome. 
1. Se una persona è stata condannata in luogo di un'altra per errore di nome, il giudice dell'esecuzione provvede alla correzione nelle forme previste dall'articolo 130 soltanto se la persona contro cui si doveva procedere è stata citata come imputato anche sotto altro nome per il giudizio; altrimenti si provvede a norma dell'articolo 630 comma 1 lettera c). In ogni caso l'esecuzione contro la persona erroneamente condannata è sospesa.
Art. 669. 
Pluralità di sentenze per il medesimo fatto contro la stessa persona. 
1. Se più sentenze di condanna divenute irrevocabili sono state pronunciate contro la stessa persona per il medesimo fatto, il giudice ordina l'esecuzione della sentenza con cui si pronunciò la condanna meno grave, revocando le altre.
2. Quando le pene irrogate sono diverse, l'interessato può indicare la sentenza che deve essere eseguita. Se l'interessato non si avvale di tale facoltà prima della decisione del giudice dell'esecuzione, si applicano le disposizioni dei commi 3 e 4.
3. Se si tratta di pena pecuniaria e pena detentiva, si esegue la pena pecuniaria. Se si tratta di pene detentive o pecuniarie di specie diversa, si esegue la pena di minore entità, se le pene sono di uguale entità, si esegue rispettivamente l'arresto o l'ammenda. Se si tratta di pena detentiva o pecuniaria e della sanzione sostitutiva della semidetenzione o della libertà controllata, si esegue, in caso di pena detentiva, la sanzione sostitutiva e, in caso di pena pecuniaria, quest'ultima.
4. Quando le pene principali sono uguali, si tiene conto della eventuale applicazione di pene accessorie o di misure di sicurezza e degli altri effetti penali. Quando le condanne sono identiche, si esegue la sentenza divenuta irrevocabile per prima.
5. Se la sentenza revocata era stata in tutto o in parte eseguita, l'esecuzione si considera come conseguente alla sentenza rimasta in vigore.
6. Le stesse disposizioni si applicano se si tratta di più decreti penali o di sentenze e di decreti ovvero se il fatto è stato giudicato in concorso formale con altri fatti o quale episodio di un reato continuato, premessa, ove necessaria, la determinazione della pena corrispondente.
7. Se più sentenze di non luogo a procedere o più sentenze di proscioglimento sono state pronunciate nei confronti della stessa persona per il medesimo fatto, il giudice, se l'interessato entro il termine previsto dal comma 2 non indica la sentenza che deve essere eseguita, ordina l'esecuzione della sentenza più favorevole, revocando le altre.
8. Salvo quanto previsto dagli articoli 69 comma 2 e 345, se si tratta di una sentenza di proscioglimento e di una sentenza di condanna o di un decreto penale, il giudice ordina l'esecuzione della sentenza di proscioglimento revocando la decisione di condanna. Tuttavia, se il proscioglimento è stato pronunciato per estinzione del reato verificatasi successivamente alla data in cui è divenuta irrevocabile la decisione di condanna, si esegue quest'ultima.
9. Se si tratta di una sentenza di non luogo a procedere e di una sentenza pronunciata in giudizio o di un decreto penale, il giudice ordina l'esecuzione della sentenza pronunciata in giudizio o del decreto.
Art. 670.
Questioni sul titolo esecutivo. 
1. Quando il giudice dell'esecuzione accerta che il provvedimento manca o non è divenuto esecutivo, valutata anche nel merito l'osservanza delle garanzie previste nel caso di irreperibilità del condannato, lo dichiara con ordinanza e sospende l'esecuzione, disponendo, se occorre, la liberazione dell'interessato e la rinnovazione della notificazione non validamente eseguita. In tal caso decorre nuovamente il termine per l'impugnazione.
2. Quando è proposta impugnazione od opposizione, il giudice dell'esecuzione, dopo aver provveduto sulla richiesta dell'interessato, trasmette gli atti al giudice di cognizione competente. La decisione del giudice dell'esecuzione non pregiudica quella del giudice dell'impugnazione o dell'opposizione, il quale, se ritiene ammissibile il gravame, sospende con ordinanza l'esecuzione che non sia già stata sospesa.
3. Se l'interessato, nel proporre richiesta perché sia dichiarata la non esecutività del provvedimento, eccepisce che comunque sussistono i presupposti e le condizioni per la restituzione nel termine a norma dell'articolo 175, e la relativa richiesta non è già stata proposta al giudice dell'impugnazione, il giudice dell'esecuzione, se non deve dichiarare la non esecutività del provvedimento, decide sulla restituzione. In tal caso, la richiesta di restituzione nel termine non può essere riproposta al giudice dell'impugnazione. Si applicano le disposizioni dell'articolo 175 commi 7 e 8.
_______________
Cfr. Cassazione penale, sez. VI, sentenza 15 settembre 2008, n. 35345 in Altalex Massimario.
Art. 671.
Applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato. 
1. Nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, il condannato o il pubblico ministero possono chiedere al giudice dell'esecuzione l'applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato, sempre che la stessa non sia stata esclusa dal giudice della cognizione. Fra gli elementi che incidono sull'applicazione della disciplina del reato continuato vi è la consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza. (1)
2. Il giudice dell'esecuzione provvede determinando la pena in misura non superiore alla somma di quelle inflitte con ciascuna sentenza o ciascun decreto.
2-bis. Si applicano le disposizioni di cui all'articolo 81, quarto comma, del codice penale.
3. Il giudice dell'esecuzione può concedere altresì la sospensione condizionale della pena e la non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, quando ciò consegue al riconoscimento del concorso formale o della continuazione. Adotta infine ogni altro provvedimento conseguente. (2)
(1) Questo periodo è stato aggiunto dall'art. 4 vicies del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, convertito con modificazioni nella L. 21 febbraio 2006, n. 49
(2) Comma inserito dall'art. 5, comma 2 della L. 5 dicembre 2005, n. 251
_______________
Cfr. Cassazione Penale, sez. VI, sentenza 22 ottobre 2009, n. 40760 in Altalex Massimario.
Art. 672. 
Applicazione dell'amnistia e dell'indulto. 
1. Per l'applicazione dell'amnistia o dell'indulto il giudice dell'esecuzione procede a norma dell'articolo 667 comma 4.
2. Quando, in conseguenza dell'applicazione dell'amnistia o dell'indulto, occorre applicare o modificare una misura di sicurezza a norma dell'articolo 210 del codice penale, il giudice dell'esecuzione dispone la trasmissione degli atti al magistrato di sorveglianza.
3. Il pubblico ministero che cura l'esecuzione della sentenza di condanna può disporre provvisoriamente la liberazione del condannato detenuto ovvero la cessazione delle sanzioni sostitutive e delle misure alternative, prima che essa sia definitivamente ordinata con il provvedimento che applica l'amnistia o l'indulto.
4. L'amnistia e l'indulto devono essere applicati, qualora il condannato ne faccia richiesta, anche se è terminata l'esecuzione della pena.
5. L'amnistia e l'indulto condizionati hanno per effetto di sospendere l'esecuzione della sentenza o del decreto penale fino alla scadenza del termine stabilito nel decreto di concessione o, se non fu stabilito termine, fino alla scadenza del quarto mese dal giorno della pubblicazione del decreto. L'amnistia e l'indulto condizionati si applicano definitivamente se, alla scadenza del termine, è dimostrato l'adempimento delle condizioni o degli obblighi ai quali la concessione del beneficio è subordinata.
Art. 673. 
Revoca della sentenza per abolizione del reato. 
1. Nel caso di abrogazione o di dichiarazione di illegittimità costituzionale della norma incriminatrice, il giudice dell'esecuzione revoca la sentenza di condanna o il decreto penale dichiarando che il fatto non è previsto dalla legge come reato e adotta i provvedimenti conseguenti.
2. Allo stesso modo provvede quando è stata emessa sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere per estinzione del reato o per mancanza di imputabilità.
Art. 674. 
Revoca di altri provvedimenti. 
1. La revoca della sospensione condizionale della pena, della grazia o dell'amnistia o dell'indulto condizionati e della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale è disposta dal giudice dell'esecuzione, qualora non sia stata disposta con la sentenza di condanna per altro reato.
1-bis. Il giudice dell'esecuzione provvede altresì alla revoca della sospensione condizionale della pena quando rileva l'esistenza delle condizioni di cui al terzo comma dell'articolo 168 del codice penale. (1)
(1) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 2, della L. 26 marzo 2001, n. 128
Art. 675. 
Falsità di documenti. 
1. Se la falsità di un atto o di un documento, accertata a norma dell'articolo 537, non è stata dichiarata nel dispositivo della sentenza e non è stata proposta impugnazione per questo capo, ogni interessato può chiedere al giudice dell'esecuzione che la dichiari.
2. La cancellazione totale del documento, disposta dal giudice della cognizione o dell'esecuzione, è eseguita mediante annotazione della sentenza o dell'ordinanza a margine di ciascuna pagina del medesimo e attestazione di tale adempimento nel verbale, con la dichiarazione che il documento non può avere alcun effetto giuridico. Il documento rimane allegato al verbale e una copia di questo è rilasciata in sostituzione del documento stesso a chi lo possedeva o lo aveva in deposito, quando la copia è stata richiesta per un legittimo interesse .
3. Negli altri casi, il testo del documento, quale risulta in seguito alla cancellazione parziale o alla ripristinazione, rinnovazione o riforma, è inserito per intero nel verbale. Se il documento era in deposito pubblico, è restituito al depositario unitamente a una copia autentica del verbale a cui deve rimanere allegato. Se il documento era posseduto da un privato, la cancelleria lo conserva allegato al verbale e ne rilascia copia quando questa è richiesta per un legittimo interesse. Tale copia vale come originale per ogni effetto giuridico.
4. Per l'osservanza dei predetti adempimenti, il giudice o il presidente del collegio dà le disposizioni occorrenti nel relativo verbale.
Art. 676.
Altre competenze. 
1. Il giudice dell'esecuzione è competente a decidere in ordine all'estinzione del reato dopo la condanna, all'estinzione della pena quando la stessa non consegue alla liberazione condizionale o all'affidamento in prova al servizio sociale, in ordine alle pene accessorie, alla confisca o alla restituzione delle cose sequestrate (1). In questi casi il giudice dell'esecuzione procede a norma dell'articolo 667 comma 4.
2. Qualora sorga controversia sulla proprietà delle cose confiscate, si applica la disposizione dell'articolo 263 comma 3.
3. Quando accerta l'estinzione del reato o della pena, il giudice dell'esecuzione la dichiara anche di ufficio adottando i provvedimenti conseguenti.
(1) Le parole: “o alla devoluzione allo Stato delle some di denaro sequestrate ai sensi del comma 3-bis dell'articolo 262”, inserite dall'art.2, comma 613,della L. 24 dicembre 2007, n. 244, sono state successivamente soppresse dall'art. 2, comma 9, del D.L. 16 settembre 2008, n. 143, convertito con modificazioni, nella L. 13 novembre 2008, n. 181
_______________
Cfr. Cassazione penale, sez. VI, sentenza 21 dicembre 2007, n. 47527 in Altalex Massimario.
Capo II
Magistratura di sorveglianza
Art. 677.
Competenza per territorio. 
1. La competenza a conoscere le materie attribuite alla magistratura di sorveglianza appartiene al tribunale o al magistrato di sorveglianza che hanno giurisdizione sull'istituto di prevenzione o di pena in cui si trova l'interessato all'atto della richiesta, della proposta o dell'inizio di ufficio del procedimento.
2. Quando l'interessato non è detenuto o internato, la competenza, se la legge non dispone diversamente, appartiene al tribunale o al magistrato di sorveglianza che ha giurisdizione sul luogo in cui l'interessato ha la residenza o il domicilio. Se la competenza non può essere determinata secondo il criterio sopra indicato, essa appartiene al tribunale o al magistrato di sorveglianza del luogo in cui fu pronunciata la sentenza di condanna, di proscioglimento o di non luogo a procedere, e, nel caso di più sentenze di condanna o di proscioglimento, al tribunale o al magistrato di sorveglianza del luogo in cui fu pronunciata la sentenza divenuta irrevocabile per ultima.
2-bis. Il condannato, non detenuto, ha l'obbligo, a pena di inammissibilità, di fare la dichiarazione o l'elezione di domicilio con la domanda con la quale chiede una misura alternativa alla detenzione o altro provvedimento attribuito dalla legge alla magistratura di sorveglianza. Il condannato, non detenuto, ha altresì l'obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previsti dall'articolo 161.
Art. 678. 
Procedimento di sorveglianza. 
1. Il tribunale di sorveglianza nelle materie di sua competenza, e il magistrato di sorveglianza nelle materie attinenti alla rateizzazione e alla conversione delle pene pecuniarie, alla remissione del debito, ai ricoveri previsti dall'articolo 148 del codice penale, alle misure di sicurezza, alla esecuzione della semidetenzione e della libertà controllata e alla dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere, procedono, a richiesta del pubblico ministero, dell'interessato, del difensore o di ufficio, a norma dell'articolo 666. Tuttavia, quando vi è motivo di dubitare della identità fisica di una persona, procedono a norma dell'articolo 667.
2. Quando si procede nei confronti di persona sottoposta a osservazione scientifica della personalità, il giudice acquisisce la relativa documentazione e si avvale, se occorre, della consulenza dei tecnici del trattamento.
3. Le funzioni di pubblico ministero sono esercitate, davanti al tribunale di sorveglianza, dal procuratore generale presso la corte di appello e, davanti al magistrato di sorveglianza, dal procuratore della Repubblica presso il tribunale della sede dell'ufficio di sorveglianza.
Art. 679. 
Misure di sicurezza. 
1. Quando una misura di sicurezza diversa dalla confisca è stata, fuori dei casi previsti nell'articolo 312, ordinata con sentenza, o deve essere ordinata successivamente, il magistrato di sorveglianza, su richiesta del pubblico ministero o di ufficio, accerta se l'interessato è persona socialmente pericolosa e adotta i provvedimenti conseguenti, premessa, ove occorra, la dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato. Provvede altresì, su richiesta del pubblico ministero, dell'interessato, del suo difensore o di ufficio, su ogni questione relativa nonché sulla revoca della dichiarazione di tendenza a delinquere.
2. Il magistrato di sorveglianza sovraintende alla esecuzione delle misure di sicurezza personali.
Art. 680.
Impugnazione di provvedimenti relativi alle misure di sicurezza. 
1. Contro i provvedimenti del magistrato di sorveglianza concernenti le misure di sicurezza e la dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere, possono proporre appello al tribunale di sorveglianza il pubblico ministero, l'interessato e il difensore.
2. Fuori dei casi previsti dall'articolo 579 commi 1 e 3, il tribunale di sorveglianza giudica anche sulle impugnazioni contro sentenze di condanna o di proscioglimento concernenti le disposizioni che riguardano le misure di sicurezza.
3. Si osservano le disposizioni generali sulle impugnazioni, ma l'appello non ha effetto sospensivo, salvo che il tribunale disponga altrimenti.
Art. 681. 
Provvedimenti relativi alla grazia. 
1. La domanda di grazia, diretta al presidente della Repubblica, è sottoscritta dal condannato o da un suo prossimo congiunto o dal convivente o dal tutore o dal curatore ovvero da un avvocato o procuratore legale ed è presentata al ministro di grazia e giustizia.
2. Se il condannato è detenuto o internato, la domanda può essere presentata al magistrato di sorveglianza, il quale, acquisiti tutti gli elementi di giudizio utili e le osservazioni del procuratore generale presso la corte di appello del distretto ove ha sede il giudice indicato nell'articolo 665, la trasmette al ministro con il proprio parere motivato. Se il condannato non è detenuto o internato, la domanda può essere presentata al predetto procuratore generale, il quale, acquisite le opportune informazioni, la trasmette al ministro con le proprie osservazioni.
3. La proposta di grazia è sottoscritta dal presidente del consiglio di disciplina ed è presentata al magistrato di sorveglianza, che procede a norma del comma 2.
4. La grazia può essere concessa anche in assenza di domanda o proposta. Emesso il decreto di grazia, il pubblico ministero presso il giudice indicato nell'articolo 665 ne cura la esecuzione ordinando, quando è il caso, la liberazione del condannato e adottando i provvedimenti conseguenti.
5. In caso di grazia sottoposta a condizioni, si provvede a norma dell'articolo 672 comma 5.
Art. 682. 
Liberazione condizionale. 
1. Il tribunale di sorveglianza decide sulla concessione e sulla revoca della liberazione condizionale.
2. Se la liberazione non è concessa per difetto del requisito del ravvedimento, la richiesta non può essere riproposta prima che siano decorsi sei mesi dal giorno in cui è divenuto irrevocabile il provvedimento di rigetto.
Art. 683.
Riabilitazione. 
1. Il tribunale di sorveglianza, su richiesta dell'interessato, decide sulla riabilitazione, anche se relativa a condanne pronunciate da giudici speciali, quando la legge non dispone altrimenti. Decide altresì sulla revoca, qualora essa non sia stata disposta con la sentenza di condanna per altro reato.
2. Nella richiesta sono indicati gli elementi dai quali può desumersi la sussistenza delle condizioni previste dall'articolo 179 del codice penale. Il tribunale acquisisce la documentazione necessaria.
3. Se la richiesta è respinta per difetto del requisito della buona condotta, essa non può essere riproposta prima che siano decorsi due anni dal giorno in cui è divenuto irrevocabile il provvedimento di rigetto.
Art. 684.
Rinvio dell'esecuzione. 
1. Il tribunale di sorveglianza provvede in ordine al differimento dell'esecuzione delle pene detentive e delle sanzioni sostitutive della semidetenzione e della libertà controllata nei casi previsti dagli articoli 146 e 147 del codice penale, salvo quello previsto dall'articolo 147 comma 1 numero 1 del codice penale, nel quale provvede il ministro di grazia e giustizia. Il tribunale ordina, quando occorre, la liberazione del detenuto e adotta gli altri provvedimenti conseguenti.
2. Quando vi è fondato motivo per ritenere che sussistono i presupposti perché il tribunale disponga il rinvio, il magistrato di sorveglianza può ordinare il differimento dell'esecuzione o, se la protrazione della detenzione può cagionare grave pregiudizio al condannato, la liberazione del detenuto. Il provvedimento conserva effetto fino alla decisione del tribunale, al quale il magistrato di sorveglianza trasmette immediatamente gli atti.
PARTE SECONDA
LIBRO DECIMO
ESECUZIONE
TITOLO IV
Casellario giudiziale
[Art. 685. 
Uffici del casellario giudiziale. (1) 
1. Presso ciascun tribunale, sotto la vigilanza del procuratore della Repubblica, l'ufficio del casellario raccoglie e conserva l'estratto dei provvedimenti e le annotazioni di cui è prescritta l'iscrizione, concernenti le persone nate nel circondario.
2. Gli estratti dei provvedimenti e le annotazioni concernenti persone nate all'estero o delle quali non si è potuto accertare il luogo di nascita nel territorio dello Stato, si conservano nell'ufficio del casellario presso il tribunale di Roma.]
(1) Articolo abrogato dall'art. 52, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313.
[Art. 686. 
Iscrizioni nel casellario giudiziale. (1) 
1. Nel casellario giudiziale, oltre le annotazioni prescritte da particolari disposizioni di legge, si iscrivono per estratto:
a) nella materia penale, regolata dal codice penale o da leggi speciali:
1) le sentenze di condanna e i decreti penali appena divenuti irrevocabili, salvo quelli concernenti contravvenzioni per le quali è ammessa la definizione in via amministrativa o l'oblazione ai sensi dell'articolo 162 del codice penale, sempre che per le stesse non sia stata concessa la sospensione condizionale della pena;
2) i provvedimenti emessi dagli organi giurisdizionali dell'esecuzione non più soggetti a impugnazione che riguardano la pena, le misure di sicurezza, gli effetti penali della condanna, l'applicazione dell'amnistia e la dichiarazione di abitualità o professionalità nel reato o di tendenza a delinquere;
3) i provvedimenti che riguardano l'applicazione di pene accessorie;
4) le sentenze non più soggette a impugnazione che hanno prosciolto l'imputato o dichiarato non luogo a procedere per difetto di imputabilità o disposto una misura di sicurezza o dichiarato estinto il reato per applicazione di sanzioni sostitutive su richiesta dell'imputato;
b) nella materia civile:
1) le sentenze passate in giudicato che hanno pronunciato l'interdizione o l'inabilitazione e i provvedimenti che le revocano;
2) le sentenze con le quali l'imprenditore è stato dichiarato fallito;
3) le sentenze di omologazione del concordato fallimentare e quelle che hanno dichiarato la riabilitazione del fallito;
4) i decreti di chiusura del fallimento;
c) i provvedimenti amministrativi relativi alla perdita o alla revoca della cittadinanza e all'espulsione dello straniero;
d) i provvedimenti definitivi che riguardano l'applicazione delle misure di prevenzione della sorveglianza speciale semplice o con divieto od obbligo di soggiorno.
2. Quando sono state riconosciute dall'autorità giudiziaria, sono pure iscritte, nei casi previsti dal comma 1 lettera a), le sentenze pronunciate da autorità giudiziarie straniere.
3. Nel casellario si iscrive altresì, se si tratta di condanna penale, la menzione del luogo e del tempo in cui la pena fu scontata e dell'eventuale applicazione di misure alternative alla detenzione ovvero la menzione che non fu in tutto o in parte scontata, per amnistia, indulto, grazia, liberazione condizionale o per altra causa; devono inoltre essere iscritti i provvedimenti che dichiarano o revocano la riabilitazione.]
(1) Articolo abrogato dall'art. 52, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313.
[Art. 687. 
Eliminazione delle iscrizioni. (1) 
1. Le iscrizioni del casellario sono eliminate appena si ha notizia ufficiale dell'accertata morte della persona alla quale si riferiscono ovvero quando sono trascorsi ottanta anni dalla nascita della persona medesima.
2. Sono inoltre eliminate le iscrizioni relative:
a) alle sentenze e ai decreti revocati a seguito di revisione o a norma dell'articolo 673;
b) alle sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere per difetto di imputabilità, trascorsi dieci anni in caso di delitto o tre anni in caso di contravvenzione dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile o, se trattasi di sentenza di non luogo a procedere, è scaduto il termine per l'impugnazione;
c) alle sentenze o ai decreti di condanna per contravvenzioni per le quali è stata inflitta la pena dell'ammenda, salvo che sia stato concesso alcuno dei benefici previsti dagli articoli 163 e 175 del codice penale, trascorsi dieci anni dal giorno in cui la pena è stata eseguita ovvero si è in altro modo estinta.
3. Qualora siano state applicate misure di sicurezza, i termini previsti dal comma 2 decorrono dalla data della revoca della misura di sicurezza e, se questa è stata applicata o sostituita con provvedimento successivo alla sentenza, anche la relativa iscrizione è eliminata.
3-bis. Nella materia civile, sono eliminate le iscrizioni relative:
a) ai provvedimenti indicati nell'articolo 686 comma 1 lettera b) numeri 2) e 4), quando il fallimento è stato revocato con sentenza passata in giudicato;
b) ai provvedimenti indicati nell'articolo 686 comma 1 lettera c) quando sono stati annullati con provvedimento amministrativo o con sentenza passata in giudicato.]
(1) Articolo abrogato dall'art. 52, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313.
[Art. 688.
Certificati del casellario giudiziale. (1) 
1. Ogni organo avente giurisdizione penale ha il diritto di ottenere, per ragioni di giustizia penale, il certificato di tutte le iscrizioni esistenti al nome di una determinata persona. Uguale diritto appartiene a tutte le amministrazioni pubbliche e agli enti incaricati di pubblici servizi, quando il certificato è necessario per provvedere a un atto delle loro funzioni, in relazione alla persona cui il certificato stesso si riferisce.
2. Il pubblico ministero può richiedere, per ragioni di giustizia penale, il predetto certificato concernente la persona sottoposta alle indagini, l'imputato o il condannato. Il pubblico ministero e il difensore possono altresì chiedere, previa autorizzazione del giudice procedente, il certificato medesimo concernente la persona offesa dal reato o un testimone, per i fini indicati nell'articolo 236.
3. Nei certificati spediti per ragioni di elettorato non si fa menzione delle condanne e di altri provvedimenti che non hanno influenza sul diritto elettorale.]
(1) Articolo abrogato dall'art. 52, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313.
[Art. 689.
Certificati richiesti dall'interessato. (1)
1. La persona alla quale le iscrizioni del casellario si riferiscono ha diritto di ottenere i relativi certificati senza motivare la domanda.
2. I certificati rilasciati a norma del comma 1 sono:
a) certificato generale, nel quale sono riportate tutte le iscrizioni esistenti ad eccezione:
1) delle condanne delle quali è stato ordinato che non si faccia menzione nel certificato a norma dell'articolo 175 del codice penale, purché il beneficio non sia stato revocato;
2) delle condanne per contravvenzioni punibili con la sola ammenda e delle condanne per reati estinti a norma dell'articolo 167 comma 1 del codice penale;
3) delle condanne per reati per i quali si è verificata la causa speciale di estinzione prevista dall'articolo 556 del codice penale;
4) delle condanne in relazione alle quali è stata definitivamente applicata l'amnistia e di quelle per le quali è stata dichiarata la riabilitazione, senza che questa sia stata in seguito revocata;
5) delle sentenze previste dall'articolo 445 e delle sentenze che hanno dichiarato estinto il reato per applicazione di sanzioni sostitutive su richiesta dell'imputato nonché dei decreti penali;
6) delle condanne per fatti che la legge ha cessato di considerare come reati, quando la relativa iscrizione non è stata eliminata;
7) dei provvedimenti riguardanti misure di sicurezza conseguenti a sentenze di proscioglimento o di non luogo a procedere, quando le misure sono state revocate;
8) dei provvedimenti indicati nell'articolo 686 comma 1 lettera b) n. 1), quando l'interdizione o la inabilitazione è stata revocata;
9) dei provvedimenti concernenti il fallimento, quando il fallito è stato riabilitato con sentenza definitiva;
b) certificato penale, nel quale sono riportate tutte le iscrizioni esistenti ad eccezione di quelle indicate nella lettera a) numeri 1), 2), 3), 4), 5), 6) e 7) e di quelle indicate nell'articolo 686 comma 1 lettere b) e c);
c) certificato civile, nel quale sono riportate le iscrizioni indicate nell'articolo 686 comma 1 lettere b) e c) ad eccezione di quelle indicate nei numeri 8) e 9) della lettera a) del presente comma nonché i provvedimenti concernenti le pene accessorie portanti limitazioni alla capacità del condannato.
3. Quando è menzionata una condanna, nel certificato è indicata anche l'eventuale applicazione di misure alternative alla detenzione o l'avvenuta estinzione della pena per una delle cause indicate nell'articolo 686 comma 3.]
(1) Articolo abrogato dall'art. 52, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313.
[Art. 690. 
Questioni concernenti le iscrizioni e i certificati. (1) 
1. Sulle questioni concernenti le iscrizioni e i certificati decide, in composizione monocratica e con le forme stabilite dall'articolo 666, il tribunale del luogo dove ha sede l'ufficio del casellario giudiziale.]
(1) Articolo abrogato dall'art. 52, D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313.
LIBRO DECIMO
ESECUZIONE
TITOLO V
Spese
[Art. 691. 
Anticipazione delle spese.(1) 
1. Le spese dei procedimenti penali sono anticipate dallo Stato a eccezione di quelle relative agli atti chiesti dalle parti private non ammesse al patrocinio statale dei non abbienti.
2. Al recupero delle spese processuali anticipate dallo Stato si procede, in esecuzione del provvedimento del giudice che ne impone l'obbligo, secondo le forme stabilite dalle leggi e dai regolamenti.]
(1) Articolo abrogato dall'art. 299, D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113.
Art. 692. 
Spese della custodia cautelare. 
1. Quando l'imputato è condannato a pena detentiva per il reato per il quale fu sottoposto a custodia cautelare, sono poste a suo carico le spese per il mantenimento durante il periodo di custodia.
2. Se la custodia cautelare supera la durata della pena, sono detratte le spese relative alla maggiore durata.
[3. All'esazione si provvede secondo le norme stabilite per le spese conseguenti alla carcerazione per l'esecuzione della condanna.] (1)
(1) Comma abrogato dall'art. 299, D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113.
[Art. 693. 
Provvedimenti in caso d'insolvibilità.(1) 
1. La cancelleria del giudice che ha pronunciato sentenza di condanna alla rifusione delle spese anticipate dallo Stato comunica, per le necessarie informazioni, le generalità dell'obbligato dichiarato insolvibile all'ufficio provinciale di polizia tributaria, indicando il titolo e l'ammontare del credito.
2. L'ufficio di polizia tributaria assume informazioni sulle reali condizioni economiche della persona dichiarata insolvibile e su ogni mutamento in esse avvenuto. Quando gli risulta la solvibilità, comunica senza ritardo le informazioni alla cancelleria che le ha richieste, la quale procede al recupero del credito.]
(1) Articolo abrogato dall'art. 299, D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113.
Art. 694.
Spese per la pubblicazione di sentenze e obbligo di inserzione. 
1. Il direttore o vice direttore responsabile di un giornale o periodico deve pubblicare, senza diritto ad anticipazione o a rifusione di spese, non più tardi dei tre giorni successivi a quello in cui ne ha ricevuto ordine dall'autorità competente per l'esecuzione, la sentenza di condanna irrevocabile pronunciata contro di lui o contro altri per pubblicazione avvenuta nel suo giornale.
2. Fuori di questo caso, quando l'inserzione di una sentenza penale in un giornale è ordinata dal giudice, il direttore o vice direttore responsabile del giornale o periodico designato deve eseguirla, a richiesta del pubblico ministero o della persona obbligata o autorizzata a provvedervi.
3. La pubblicazione ordinata dal giudice per estratto o per intero può essere eseguita anche in foglio di supplemento dello stesso formato, corpo e carattere della parte principale del giornale o periodico, da unirsi a ciascuna copia di questo e in un unico contesto esattamente riprodotto.
4. Se il direttore o il vice direttore responsabile contravviene alle disposizioni precedenti, è condannato in solido con l'editore e con il proprietario della tipografia al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma fino a euro 1.549.
[Art. 695. 
Questioni sulle spese processuali.(1) 
1. Sulle questioni concernenti le materie previste nel presente titolo decide il giudice dell'esecuzione, che procede con le forme indicate nell'articolo 666.]
(1) Articolo abrogato dall'art. 299, D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113.
PARTE SECONDA
LIBRO UNDICESIMO
RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITA' STRANIERE
TITOLO I
Disposizioni generali
Art. 696. 
Prevalenza delle convenzioni e del diritto internazionale generale. 
1. Le estradizioni, le rogatorie internazionali, gli effetti delle sentenze penali straniere, l'esecuzione all'estero delle sentenze penali italiane e gli altri rapporti con le autorità straniere, relativi all'amministrazione della giustizia in materia penale, sono disciplinati dalle norme della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959 e dalle altre norme delle convenzioni internazionali in vigore per lo Stato e dalle norme di diritto internazionale generale. (1)
2. Se tali norme mancano o non dispongono diversamente, si applicano le norme che seguono.
(1) Comma così sostituito dall'art. 9 della L. 5 ottobre 2001, n. 367
LIBRO UNDICESIMO
RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITA' STRANIERE
TITOLO II
Estradizione
Capo I
Estradizione per l'estero
Sezione I
Procedimento
Art. 697. 
Estradizione e poteri del ministro di grazia e giustizia. 
1. La consegna a uno Stato estero di una persona per l'esecuzione di una sentenza straniera di condanna a pena detentiva o di altro provvedimento restrittivo della libertà personale può aver luogo soltanto mediante estradizione.
2. Nel concorso di più domande di estradizione, il ministro di grazia e giustizia ne stabilisce l'ordine di precedenza. A tal fine egli tiene conto di tutte le circostanze del caso e in particolare della data di ricezione delle domande, della gravità e del luogo di commissione del reato o dei reati, della nazionalità e della residenza della persona richiesta e della possibilità di una riestradizione dallo Stato richiedente a un altro Stato.
Art. 698. 
Reati politici. Tutela dei diritti fondamentali della persona. 
1. Non può essere concessa l'estradizione per un reato politico né quando vi è ragione di ritenere che l'imputato o il condannato verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti o comunque ad atti che configurano violazione di uno dei diritti fondamentali della persona.
[2. Se per il fatto per il quale è domandata l'estradizione è prevista la pena di morte dalla legge dello Stato estero, l'estradizione può essere concessa solo se il medesimo Stato dà assicurazioni, ritenute sufficienti sia dall'autorità giudiziaria sia dal ministro di grazia e giustizia, che tale pena non sarà inflitta o, se già inflitta, non sarà eseguita.] (1)
(1) La Corte costituzionale con sentenza 27 giugno 1996, n. 223 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma.
Art. 699. 
Principio di specialità. 
1. La concessione dell'estradizione, l'estensione dell'estradizione già concessa e la riestradizione sono sempre subordinate alla condizione espressa che, per un fatto anteriore alla consegna diverso da quello per il quale l'estradizione è stata concessa o estesa ovvero da quello per il quale la riestradizione è stata concessa, l'estradato non venga sottoposto a restrizione della libertà personale in esecuzione di una pena o misura di sicurezza né assoggettato ad altra misura restrittiva della libertà personale né consegnato ad altro Stato.
2. La disposizione del comma 1 non si applica quando l'estradato, avendone avuta la possibilità, non ha lasciato il territorio dello Stato al quale è stato consegnato trascorsi quarantacinque giorni dalla sua definitiva liberazione ovvero, avendolo lasciato, vi ha fatto volontariamente ritorno.
3. Il ministro può inoltre subordinare la concessione dell'estradizione ad altre condizioni che ritiene opportune.
4. Il ministro verifica l'osservanza della condizione di specialità e delle altre condizioni eventualmente apposte.
Art. 700.
Documenti a sostegno della domanda. 
1. L'estradizione è consentita soltanto sulla base di una domanda alla quale sia allegata copia del provvedimento restrittivo della libertà personale o della sentenza di condanna a pena detentiva che ha dato luogo alla domanda stessa.
2. Alla domanda devono essere allegati:
a) una relazione sui fatti addebitati alla persona della quale è domandata l'estradizione, con l'indicazione del tempo e del luogo di commissione dei fatti stessi e della loro qualificazione giuridica;
b) il testo delle disposizioni di legge applicabili, con l'indicazione se per il fatto per cui è domandata l'estradizione è prevista dalla legge dello Stato estero la pena di morte e, in tal caso, quali assicurazioni lo Stato richiedente fornisce che tale pena non sarà inflitta o, se già inflitta, che non sarà eseguita; (1)
c) i dati segnaletici e ogni altra possibile informazione atta a determinare l'identità e la nazionalità della persona della quale è domandata l'estradizione.
(1) Il seguente inciso che recita: “e, in tal caso, quali assicurazioni lo Stato richiedente fornisce che tale pena non sarà inflitta o, se già inflitta, che non sarà eseguita” è da ritenersi costituzionalmente illegittimo a seguito della sentenza citata in nota all'art. 698
Art. 701. 
Garanzia giurisdizionale. 
1. L'estradizione di un imputato o di un condannato all'estero non può essere concessa senza la decisione favorevole della corte di appello.
2. Tuttavia, non si fa luogo al giudizio della corte di appello quando l'imputato o il condannato all'estero acconsente all'estradizione richiesta. L'eventuale consenso deve essere espresso alla presenza del difensore e di esso è fatta menzione nel verbale.
3. La decisione favorevole della corte di appello e il consenso della persona non rendono obbligatoria l'estradizione.
4. La competenza a decidere appartiene, nell'ordine, alla corte di appello nel cui distretto l'imputato o il condannato ha la residenza, la dimora o il domicilio nel momento in cui la domanda di estradizione perviene al ministro di grazia e giustizia ovvero alla corte di appello che ha ordinato l'arresto provvisorio previsto dall'articolo 715 o alla corte di appello il cui presidente ha provveduto alla convalida dell'arresto previsto dall'articolo 716. Se la competenza non può essere determinata nei modi così indicati, è competente la corte di appello di Roma.
_______________
Cfr. Cassazione penale, sez. VI, ordinanza 12 luglio 2007, n. 27584 in Altalex Massimario.
Art. 702.
Intervento dello Stato richiedente. 
1. A condizione di reciprocità, lo Stato richiedente ha la facoltà di intervenire nel procedimento davanti alla corte di appello e alla corte di cassazione facendosi rappresentare da un avvocato abilitato al patrocinio davanti all'autorità giudiziaria italiana.
Art. 703.
Accertamenti del procuratore generale. 
1. Quando riceve da uno Stato estero una domanda di estradizione, il ministro di grazia e giustizia la trasmette con i documenti che vi sono allegati al procuratore generale presso la corte di appello competente a norma dell'articolo 701 comma 4, salvo che ritenga che essa vada respinta.
2. Salvo che si sia già provveduto a norma dell'articolo 717, il procuratore generale, ricevuta la domanda, dispone la comparizione davanti a sé dell'interessato per provvedere alla sua identificazione e per raccogliere l'eventuale consenso all'estradizione. L'interessato è avvisato che è assistito da un difensore di ufficio, ma che può nominarne uno di fiducia. Il difensore ha diritto di assistere all'atto del cui compimento gli è dato avviso almeno ventiquattro ore prima.
3. Il procuratore generale richiede alle autorità straniere, per mezzo del ministro di grazia e giustizia, la documentazione e le informazioni che ritiene necessarie.
4. Il procuratore generale, entro tre mesi dalla data in cui la domanda di estradizione gli è pervenuta, presenta alla corte di appello la requisitoria.
5. La requisitoria è depositata nella cancelleria della corte di appello, unitamente agli atti e alle cose sequestrate. La cancelleria cura la notificazione dell'avviso del deposito alla persona della quale è richiesta l'estradizione, al suo difensore e all'eventuale rappresentante dello Stato richiedente, i quali, entro dieci giorni, hanno facoltà di prendere visione e di estrarre copia della requisitoria e degli atti nonché di esaminare le cose sequestrate e di presentare memorie.
Art. 704. 
Procedimento davanti alla corte di appello. 
1. Scaduto il termine previsto dall'articolo 703 comma 5, il presidente della corte fissa l'udienza per la decisione, con decreto da comunicarsi al procuratore generale e da notificarsi alla persona della quale è richiesta l'estradizione, al suo difensore e all'eventuale rappresentante dello Stato richiedente, almeno dieci giorni prima, a pena di nullità. Provvede inoltre a designare un difensore di ufficio alla persona che ne sia priva. Fino a cinque giorni prima dell'udienza possono essere presentate memorie in cancelleria.
2. La corte decide con sentenza in camera di consiglio sull'esistenza delle condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione, dopo aver assunto le informazioni e disposto gli accertamenti ritenuti necessari e dopo aver sentito il pubblico ministero, il difensore e, se compaiono, la persona della quale è richiesta l'estradizione e il rappresentante dello Stato richiedente.
3. Quando la decisione è favorevole all'estradizione, la corte, se vi è richiesta del ministro di grazia e giustizia, dispone la custodia cautelare in carcere della persona da estradare che si trovi in libertà e provvede al sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato, stabilendo quali documenti e cose sequestrate possono essere consegnati allo Stato richiedente.
4. Quando la decisione è contraria all'estradizione, la corte revoca le misure cautelari applicate e dispone in ordine alla restituzione delle cose sequestrate.
_______________
Cfr. Cassazione penale, sez. VI, sentenza 21 dicembre 2007, n. 47527, Cassazione penale, sez. VI, sentenza 17 luglio 2009, n. 30059 e Cassazione penale, sez. VI, ordinanza 12 luglio 2007, n. 27584 in Altalex Massimario.
Art. 705. 
Condizioni per la decisione. 
1. Quando non esiste convenzione o questa non dispone diversamente, la corte di appello pronuncia sentenza favorevole all'estradizione se sussistono gravi indizi di colpevolezza ovvero se esiste una sentenza irrevocabile di condanna e se, per lo stesso fatto, nei confronti della persona della quale è domandata l'estradizione, non è in corso procedimento penale né è stata pronunciata sentenza irrevocabile nello Stato.
2. La corte di appello pronuncia comunque sentenza contraria all'estradizione:
a) se, per il reato per il quale l'estradizione è stata domandata, la persona è stata o sarà sottoposta a un procedimento che non assicura il rispetto dei diritti fondamentali;
b) se la sentenza per la cui esecuzione è stata domandata l'estradizione contiene disposizioni contrarie ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato;
c) se vi è motivo di ritenere che la persona verrà sottoposta agli atti, alle pene o ai trattamenti indicati nell'articolo 698 comma 1.
Art. 706.
Ricorso per cassazione. 
1. Contro la sentenza della corte di appello può essere proposto ricorso per cassazione, anche per il merito, dalla persona interessata, dal suo difensore, dal procuratore generale e dal rappresentante dello Stato richiedente.
2. Nel giudizio davanti alla corte di cassazione si applicano le disposizioni dell'articolo 704.
Art. 707.
Rinnovo della domanda di estradizione. 
1. La sentenza contraria all'estradizione preclude la pronuncia di una successiva sentenza favorevole a seguito di un'ulteriore domanda presentata per i medesimi fatti dallo stesso Stato, salvo che la domanda sia fondata su elementi che non siano già stati valutati dall'autorità giudiziaria.
Art. 708. 
Provvedimento di estradizione. Consegna. 
1. Il ministro di grazia e giustizia decide in merito all'estradizione entro quarantacinque giorni dalla ricezione del verbale che dà atto del consenso all'estradizione ovvero dalla notizia della scadenza del termine per l'impugnazione o dal deposito della sentenza della corte di cassazione.
2. Scaduto tale termine senza che sia intervenuta la decisione del ministro, la persona della quale è stata chiesta l'estradizione, se detenuta, è posta in libertà.
3. La persona medesima è altresì posta in libertà in caso di diniego dell'estradizione.
4. Il ministro di grazia e giustizia comunica senza indugio allo Stato richiedente la decisione e, se questa è positiva, il luogo della consegna e la data a partire dalla quale sarà possibile procedervi, dando altresì precise indicazioni circa le limitazioni alla libertà personale subite dall'estradando ai fini dell'estradizione.
5. Il termine per la consegna è di quindici giorni dalla data stabilita a norma del comma 4 e, a domanda motivata dello Stato richiedente, può essere prorogato di altri venti giorni.
6. Il provvedimento di concessione dell'estradizione perde efficacia se, nel termine fissato, lo Stato richiedente non provvede a prendere in consegna l'estradando; in tal caso quest'ultimo viene posto in libertà.
Art. 709.
Sospensione della consegna. Consegna temporanea. Esecuzione all'estero. 
1. L'esecuzione dell'estradizione è sospesa se l'estradando deve essere giudicato nel territorio dello Stato o vi deve scontare una pena per reati commessi prima o dopo quello per il quale l'estradizione è stata concessa. Tuttavia il ministro di grazia e giustizia, sentita l'autorità giudiziaria competente per il procedimento in corso nello Stato o per l'esecuzione della pena, può procedere alla consegna temporanea allo Stato richiedente della persona da estradare ivi imputata, concordandone termini e modalità.
2. Il ministro può inoltre, osservate le disposizioni del capo II del titolo IV, convenire che la pena da scontare abbia esecuzione nello Stato richiedente.
Art. 710.
Estensione dell'estradizione concessa. 
1. In caso di nuova domanda di estradizione, presentata dopo la consegna dell'estradato e avente a oggetto un fatto anteriore alla consegna diverso da quello per il quale l'estradizione è già stata concessa, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del presente capo. Alla domanda devono essere allegate le dichiarazioni della persona interessata, rese davanti a un giudice dello Stato richiedente, in ordine alla richiesta estensione dell'estradizione.
2. La corte di appello procede in assenza della persona interessata.
3. Non si fa luogo al giudizio davanti alla corte di appello se l'estradato, con le dichiarazioni previste dal comma 1, ha consentito all'estensione richiesta.
Art. 711.
Riestradizione. 
1. Le disposizioni dell'articolo 710 si applicano anche nel caso in cui lo Stato al quale la persona è stata consegnata domanda il consenso alla riestradizione della stessa persona verso un altro Stato.
Art. 712.
Transito. 
1. Il transito attraverso il territorio dello Stato di una persona estradata da uno ad altro Stato è autorizzato, su domanda di quest'ultimo, dal ministro di grazia e giustizia, salvo che il transito non comprometta la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato.
2. Il transito non può essere autorizzato:
a) se l'estradizione è stata concessa per fatti non previsti come reati dalla legge italiana;
b) se ricorre taluna delle ipotesi previste dall'articolo 698 comma 1 ovvero l'ipotesi prevista dal comma 2 dello stesso articolo se lo Stato richiedente non dia assicurazione che la pena di morte non sia inflitta o, se già inflitta, non sarà eseguita;
c) se si tratta di un cittadino italiano e la sua estradizione allo Stato che ha richiesto il transito non potrebbe essere concessa.
3. Salvo che la persona estradata non abbia consentito al transito con dichiarazione resa davanti all'autorità giudiziaria dello Stato che ha concesso l'estradizione, l'autorizzazione non può essere data senza la decisione favorevole della corte di appello. A tal fine il ministro di grazia e giustizia trasmette la domanda e i documenti allegati al procuratore generale presso la corte di appello. La corte procede in camera di consiglio in assenza della persona interessata, applicando le disposizioni previste dall'articolo 704 commi 1 e 2. Si applicano altresì le disposizioni previste dall'articolo 706 comma 1. La competenza a decidere appartiene in ogni caso alla corte d'appello di Roma.
4. L'autorizzazione non è richiesta quando il transito avviene per via aerea e non è previsto lo scalo nel territorio dello Stato. Tuttavia, se lo scalo si verifica, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dei commi precedenti e quelle della sezione II del presente capo.
Art. 713. 
Misure di sicurezza applicate all'estradato. 
1. Le misure di sicurezza applicate al prosciolto o al condannato nello Stato, che successivamente venga estradato, sono eseguite, quando lo stesso ritorna per qualsiasi causa nel territorio dello Stato, previo nuovo accertamento della pericolosità sociale.
Sezione II
Misure cautelari
Art. 714. 
Misure coercitive e sequestro. 
1 In ogni tempo la persona della quale è domandata l'estradizione può essere sottoposta, a richiesta del ministro di grazia e giustizia, a misure coercitive . Parimenti, in ogni tempo, può essere disposto, a richiesta del ministro di grazia e giustizia, il sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato per il quale è domandata l'estradizione.
2. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del titolo I del libro IV, riguardanti le misure coercitive, fatta eccezione di quelle degli articoli 273 e 280, e le disposizioni del capo III del titolo III del libro III. Nell'applicazione delle misure coercitive si tiene conto in particolare dell'esigenza di garantire che la persona della quale è domandata l'estradizione non si sottragga all'eventuale consegna.
3. Le misure coercitive e il sequestro non possono comunque essere disposti se vi sono ragioni per ritenere che non sussistono le condizioni per una sentenza favorevole all'estradizione.
4. Le misure coercitive sono revocate se dall'inizio della loro esecuzione è trascorso un anno senza che la corte di appello abbia pronunciato la sentenza favorevole all'estradizione ovvero, in caso di ricorso per cassazione contro tale sentenza, un anno e sei mesi senza che sia stato esaurito il procedimento davanti all'autorità giudiziaria. A richiesta del procuratore generale, detti termini possono essere prorogati, anche più volte, per un periodo complessivamente non superiore a tre mesi, quando è necessario procedere ad accertamenti di particolare complessità.
5. La competenza a provvedere a norma dei commi precedenti appartiene alla corte di appello o, nel corso del procedimento davanti alla corte di cassazione, alla corte medesima.
Art. 715. 
Applicazione provvisoria di misure cautelari. 
1. Su domanda dello Stato estero e a richiesta motivata del ministro di grazia e giustizia, la corte di appello può disporre, in via provvisoria, una misura coercitiva prima che la domanda di estradizione sia pervenuta.
2. La misura può essere disposta se:
a) lo Stato estero ha dichiarato che nei confronti della persona è stato emesso provvedimento restrittivo della libertà personale ovvero sentenza di condanna a pena detentiva e che intende presentare domanda di estradizione;
b) lo Stato estero ha fornito la descrizione dei fatti, la specificazione del reato e gli elementi sufficienti per l'esatta identificazione della persona;
c) vi è pericolo di fuga.
3. La competenza a disporre la misura appartiene, nell'ordine, alla corte di appello nel cui distretto la persona ha la residenza, la dimora o il domicilio ovvero alla corte di appello del distretto in cui risulta che la persona si trova. Se la competenza non può essere determinata nei modi così indicati, è competente la corte di appello di Roma.
4. La corte di appello può altresì disporre il sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato.
5. Il ministro di grazia e giustizia dà immediata comunicazione allo Stato estero dell'applicazione in via provvisoria della misura coercitiva e dell'eventuale sequestro.
6. Le misure cautelari sono revocate se entro quaranta giorni dalla predetta comunicazione non sono pervenuti al ministero degli affari esteri o a quello di grazia e giustizia la domanda di estradizione e i documenti previsti dall'articolo 700.
Art. 716. 
Arresto da parte della polizia giudiziaria. 
1. Nei casi di urgenza, la polizia giudiziaria può procedere all'arresto della persona nei confronti della quale sia stata presentata domanda di arresto provvisorio se ricorrono le condizioni previste dall'articolo 715 comma 2. Essa provvede altresì al sequestro del corpo del reato e delle cose pertinenti al reato.
2. L'autorità che ha proceduto all'arresto ne informa immediatamente il ministro di grazia e giustizia e al più presto, e comunque non oltre quarantotto ore, pone l'arrestato a disposizione del presidente della corte di appello nel cui distretto l'arresto è avvenuto, mediante la trasmissione del relativo verbale.
3. Quando non deve disporre la liberazione dell'arrestato, il presidente della corte di appello, entro novantasei ore dall'arresto, lo convalida con ordinanza disponendo l'applicazione di una misura coercitiva. Dei provvedimenti dati informa immediatamente il ministro di grazia e giustizia.
4. La misura coercitiva è revocata se il ministro di grazia e giustizia non ne chiede il mantenimento entro dieci giorni dalla convalida.
5. Si applicano le disposizioni dell'articolo 715 commi 5 e 6.
Art. 717. 
Audizione della persona sottoposta a una misura coercitiva. 
1. Quando è stata applicata una misura coercitiva a norma degli articoli 714, 715 e 716, il presidente della corte di appello, al più presto e comunque entro cinque giorni dalla esecuzione della misura ovvero dalla convalida prevista dall'articolo 716, provvede, all'identificazione della persona e ne raccoglie l'eventuale consenso all'estradizione facendone menzione nel verbale.
2. Al fine di provvedere agli adempimenti previsti dal comma 1, il presidente della corte di appello invita l'interessato a nominare un difensore di fiducia designando, in difetto di tale nomina, un difensore di ufficio a norma dell'articolo 97 comma 3. Il difensore deve essere avvisato, almeno ventiquattro ore prima, della data fissata per i predetti adempimenti e ha diritto di assistervi.
Art. 718. 
Revoca e sostituzione delle misure. 
1. La revoca e la sostituzione delle misure previste dagli articoli precedenti sono disposte in camera di consiglio dalla corte di appello o, nel corso del procedimento davanti alla corte di cassazione, dalla corte medesima.
2. La revoca è sempre disposta se il ministro di grazia e giustizia ne fa richiesta.
Art. 719.
Impugnazione dei provvedimenti relativi alle misure cautelari. 
1. Copia dei provvedimenti emessi dal presidente della corte di appello o dalla corte di appello a norma degli articoli precedenti è comunicata e notificata, dopo la loro esecuzione, al procuratore generale presso la corte di appello, alla persona interessata e al suo difensore, i quali possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge.
Capo II
Estradizione dall'estero
Art. 720. 
Domanda di estradizione. 
1. Il ministro di grazia e giustizia è competente a domandare a uno Stato estero l'estradizione di un imputato o di un condannato nei cui confronti debba essere eseguito un provvedimento restrittivo della libertà personale. A tal fine il procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto si procede o è stata pronunciata la sentenza di condanna ne fa richiesta al ministro di grazia e giustizia, trasmettendogli gli atti e i documenti necessari.
2. L'estradizione può essere domandata di propria iniziativa dal ministro di grazia e giustizia.
3. Il ministro di grazia e giustizia può decidere di non presentare la domanda di estradizione o di differirne la presentazione dandone comunicazione all'autorità giudiziaria richiedente.
4. Il ministro di grazia e giustizia è competente a decidere in ordine all'accettazione delle condizioni eventualmente poste dallo Stato estero per concedere l'estradizione, purché non contrastanti con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano. L'autorità giudiziaria è vincolata al rispetto delle condizioni accettate.
5. Il ministro di grazia e giustizia può disporre, al fine di estradizione, le ricerche all'estero dell'imputato o del condannato e domandarne l'arresto provvisorio.
Art. 721. 
Principio di specialità. 
1. La persona estradata non può essere sottoposta a restrizione della libertà personale in esecuzione di una pena o misura di sicurezza né assoggettata ad altra misura restrittiva della libertà personale per un fatto anteriore alla consegna diverso da quello per il quale l'estradizione è stata concessa, salvo che vi sia l'espresso consenso dello Stato estero o che l'estradato, avendone avuta la possibilità, non abbia lasciato il territorio dello Stato trascorsi quarantacinque giorni dalla sua definitiva liberazione ovvero che, dopo averlo lasciato, vi abbia fatto volontariamente ritorno.
_______________
Cfr. Cassazione penale, SS.UU., sentenza 6 marzo 2008, n. 10281 in Altalex Massimario.

Art. 722.
Custodia cautelare all'estero. (1) 
1. La custodia cautelare all'estero in conseguenza di una domanda di estradizione presentata dallo Stato è computata ai soli effetti della durata complessiva stabilita dall'articolo 303 comma 4, fermo quanto previsto dall'articolo 304 comma 4.
(1) La Corte costituzionale con sentenza 21 luglio 2004, n. 253 ha dichiarato l'illegittimità del presente articolo nella parte in cui non prevede che la custodia cautelare all'estero in conseguenza di una domanda di estradizione presentata dallo Stato sia computata anche agli effetti della durata dei termini di fase previsti dall'art. 303, commi 1, 2 e 3, del codice di procedura penale.
PARTE SECONDA
LIBRO UNDICESIMO
RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITA' STRANIERE
TITOLO III
Rogatorie internazionali
Capo I
Rogatorie dall'estero
Art. 723. 
Poteri del ministro di grazia e giustizia. 
1. Il ministro di grazia e giustizia dispone che si dia corso alla rogatoria di un'autorità straniera per comunicazioni, notificazioni e per attività di acquisizione probatoria, salvo che ritenga che gli atti richiesti compromettano la sovranità, la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato.
2. Il ministro non dà corso alla rogatoria quando risulta evidente che gli atti richiesti sono espressamente vietati dalla legge o sono contrari ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano. Il ministro non dà altresì corso alla rogatoria quando vi sono fondate ragioni per ritenere che considerazioni relative alla razza, alla religione, al sesso, alla nazionalità, alla lingua, alle opinioni politiche o alle condizioni personali o sociali possano influire negativamente sullo svolgimento o sull'esito del processo e non risulta che l'imputato abbia liberamente espresso il suo consenso alla rogatoria.
3. Nei casi in cui la rogatoria ha ad oggetto la citazione di un testimone, di un perito o di un imputato davanti all'autorità giudiziaria straniera, il ministro di grazia e giustizia non dà corso alla rogatoria quando lo Stato richiedente non offre idonea garanzia in ordine all'immunità della persona citata.
4. Il ministro ha inoltre facoltà di non dare corso alla rogatoria quando lo Stato richiedente non dia idonee garanzie di reciprocità.
Art. 724. 
Procedimento in sede giurisdizionale. 
1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 726 e 726-ter, (1) non si può dare esecuzione alla rogatoria dell'autorità straniera senza previa decisione favorevole della corte di appello del luogo in cui deve procedersi agli atti richiesti.
1-bis. Quando la domanda di assistenza giudiziaria ha per oggetto atti che devono essere eseguiti in più distretti di corte d'appello, la stessa è trasmessa, direttamente dall'autorità straniera, o tramite il Ministero della giustizia o altra autorità giudiziaria italiana eventualmente adita, alla Corte di cassazione, che determina secondo le forme previste dagli articoli 32, comma 1, e 127, in quanto compatibili, la corte d'appello competente, tenuto conto anche del numero di atti da svolgere e della tipologia ed importanza degli stessi con riferimento alla dislocazione delle sedi giudiziarie interessate. L'avviso di cui all'articolo 127, comma 1, è comunicato soltanto al procuratore generale presso la Corte di cassazione. La Corte di cassazione trasmette gli atti alla corte d'appello designata, comunicando la decisione al Ministero della giustizia. (2)
2. Il procuratore generale, ricevuti gli atti dal ministro di grazia e giustizia, presenta la propria requisitoria alla corte di appello e trasmette senza ritardo al procuratore nazionale antimafia copia delle rogatorie dell'autorità straniera che si riferiscono ai delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis. (3)
3. Il presidente della corte fissa la data dell'udienza e ne dà comunicazione al procuratore generale.
4. La corte dà esecuzione alla rogatoria con ordinanza.
5. L'esecuzione della rogatoria è negata:
a) se gli atti richiesti sono vietati dalla legge e sono contrari a principi dell'ordinamento giuridico dello Stato;
b) se il fatto per cui procede l'autorità straniera non è previsto come reato dalla legge italiana e non risulta che l'imputato abbia liberamente espresso il suo consenso alla rogatoria;
c) se vi sono fondate ragioni per ritenere che considerazioni relative alla razza, alla religione, al sesso, alla nazionalità, alla lingua, alle opinioni politiche o alle condizioni personali o sociali possano influire sullo svolgimento o sull'esito del processo e non risulta che l'imputato abbia liberamente espresso il suo consenso alla rogatoria.
5-bis. L'esecuzione della rogatoria è sospesa se essa può pregiudicare indagini o procedimenti penali in corso nello Stato.
(1) Le originarie parole: “Fuori dai casi previsti dall'art. 726” sono state così sostituite dalle attuali dall'art. 10, comma 1, della L. 5 ottobre 2001, n. 367
(2) Questo comma è stato inserito dall'art. 10, comma 2, della L. 5 ottobre 2001, n. 367
(3) Le parole da: “trasmette…” sino alla fine del comma sono state aggiunte dall'art. 10, comma 3, della L. 5 ottobre 2001, n. 367
Art. 725. 
Esecuzione delle rogatorie. 
1. Nell'ordinare l'esecuzione della rogatoria la corte delega uno dei suoi componenti ovvero il giudice per le indagini preliminari del luogo in cui gli atti devono compiersi.
2. Per il compimento degli atti richiesti si applicano le norme di questo codice, salva l'osservanza delle forme espressamente richieste dall'autorità giudiziaria straniera che non siano contrarie ai principi dell'ordinamento giuridico dello Stato.
Art. 726. 
Citazione di testimoni a richiesta dell'autorità straniera. 
1. La citazione dei testimoni residenti o dimoranti nel territorio dello Stato, richiesta da una autorità giudiziaria straniera, è trasmessa al procuratore della Repubblica del luogo in cui deve essere eseguita, il quale provvede per la notificazione a norma dell'articolo 167.
Art. 726-bis. 
Notifica diretta all'interessato. (1) 
1. Quando le convenzioni o gli accordi internazionali consentono la notificazione diretta all'interessato a mezzo posta e questa non viene utilizzata, anche la richiesta dell'autorità giudiziaria straniera di notificazione all'imputato residente o dimorante nel territorio dello Stato è trasmessa al procuratore della Repubblica del luogo in cui deve essere eseguita, che provvede per la notificazione a norma degli articoli 156, 157 e 158.
(1) Articolo inserito dall'art. 11 della L. 5 ottobre 2001, n. 367
Art. 726-ter. 
Rogatoria proveniente da autorità amministrativa straniera. (1)
1. Quando un accordo internazionale prevede che la richiesta di assistenza giudiziaria in un procedimento concernente un reato sia presentata anche da un'autorità amministrativa straniera, alla rogatoria provvede, su richiesta del procuratore della Repubblica, il giudice per le indagini preliminari del luogo in cui devono essere eseguiti gli atti richiesti. Si applicano gli articoli 724, comma 5 e 5-bis, e 725, comma 2.
(1) Articolo inserito dall'art. 11 della L. 5 ottobre 2001, n. 367
Capo II 
Rogatorie all'estero
Art. 727. 
Trasmissione di rogatorie ad autorità straniere. 
1. Le rogatorie dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero dirette, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, alle autorità straniere per comunicazioni, notificazioni e per attività di acquisizione probatoria, sono trasmesse al ministro di grazia e giustizia il quale provvede all'inoltro per via diplomatica.
2. Il ministro dispone con decreto, entro trenta giorni dalla ricezione della rogatoria, che non si dia corso alla stessa, qualora ritenga che possano essere compromessi la sicurezza o altri interessi essenziali dello Stato.
3. Il ministro comunica all'autorità giudiziaria richiedente la data di ricezione della richiesta e l'avvenuto inoltro della rogatoria ovvero il decreto previsto dal comma 2.
4. Quando la rogatoria non è stata inoltrata dal ministro entro trenta giorni dalla ricezione e non sia stato emesso il decreto previsto dal comma 2, l'autorità giudiziaria può provvedere all'inoltro diretto all'agente diplomatico o consolare italiano, informandone il ministro di grazia e giustizia.
5. Nei casi urgenti, l'autorità giudiziaria trasmette la rogatoria a norma del comma 4 dopo che copia di essa è stata ricevuta dal ministro di grazia e giustizia. Resta salva l'applicazione della disposizione del comma 2 sino al momento della trasmissione della rogatoria, da parte dell'agente diplomatico o consolare, all'autorità straniera.
5-bis. Quando, a norma di accordi internazionali, la domanda di assistenza giudiziaria può essere eseguita secondo modalità previste dall'ordinamento dello Stato, l'autorità giudiziaria, nel formulare la domanda di assistenza, ne specifica le modalità indicando gli elementi necessari per l'utilizzazione processuale degli atti richiesti. (1)
5-ter. In ogni caso, copia delle rogatorie dei magistrati del pubblico ministero, formulate nell'ambito di procedimenti relativi ai delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, è trasmessa senza ritardo al procuratore nazionale antimafia. (1)
(1) Comma aggiunto dall'art. 12 della L. 5 ottobre 2001, n. 367
Art. 728. 
Immunità temporanea della persona citata. 
1. Nei casi in cui la rogatoria ha ad oggetto la citazione di un testimone, di un perito o di un imputato davanti all'autorità giudiziaria italiana, la persona citata, qualora compaia, non può essere sottoposta a restrizione della libertà personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza né assoggettata ad altre misure restrittive della libertà personale per fatti anteriori alla notifica della citazione.
2. L'immunità prevista dal comma 1 cessa qualora il testimone, il perito o l'imputato, avendone avuta la possibilità, non ha lasciato il territorio dello Stato trascorsi quindici giorni dal momento in cui la sua presenza non è più richiesta dall'autorità giudiziaria ovvero, avendolo lasciato, vi ha fatto volontariamente ritorno.
Art. 729. 
Utilizzabilità degli atti assunti per rogatoria. 
1. La violazione delle norme di cui all'articolo 696, comma 1, riguardanti l'acquisizione o la trasmissione di documenti o di altri mezzi di prova a seguito di rogatoria all'estero comporta l'inutilizzabilità dei documenti o dei mezzi di prova acquisiti o trasmessi. Qualora lo Stato estero abbia posto condizioni all'utilizzabilità degli atti richiesti, l'autorità giudiziaria è vincolata al rispetto di tali condizioni. (1)
1-bis. Se lo stato estero dà esecuzione alla rogatoria con modalità diverse da quelle indicate dall'autorità giudiziaria ai sensi dell'articolo 727, comma 5-bis, gli atti compiuti dall'autorità straniera sono inutilizzabili. (1)
1-ter. Non possono in ogni caso essere utilizzate le dichiarazione, da chiunque rese, aventi ad oggetto il contenuto degli atti inutilizzabili ai sensi dei commi 1 e 1-bis. (1)
2. Si applica la disposizione dell'articolo 191 comma 2.
(1) L'originario comma 1 è stato così sostituito dagli attuali commi 1, 1-bis e 1-ter dall'art. 13 della L. 5 ottobre 2001, n. 367
LIBRO UNDICESIMO
RAPPORTI GIURISDIZIONALI CON AUTORITA' STRANIERE
TITOLO IV
Effetti delle sentenze penali straniere. Esecuzione all'estero di sentenze penali italiane
Capo I
Effetti delle sentenze penali straniere
Art. 730. 
Riconoscimento delle sentenze penali straniere per gli effetti previsti dal codice penale. 
1. Il Ministro di grazia e giustizia, quando riceve una sentenza penale di condanna o di proscioglimento pronunciata all'estero nei confronti di cittadini italiani o di stranieri o di apolidi residenti nello Stato ovvero di persone sottoposte a procedimento penale nello Stato, trasmette senza ritardo al procuratore generale presso la corte di appello, nel distretto della quale ha sede l'ufficio del casellario locale del luogo di nascita della persona cui è riferito il provvedimento giudiziario straniero, o presso la Corte di appello di Roma, (1) copia della sentenza, unitamente alla traduzione in lingua italiana, con gli atti che vi siano allegati, e con le informazioni e la documentazione del caso. Trasmette inoltre l'eventuale richiesta indicata nell'articolo 12 comma 2 del codice penale.
2. Il procuratore generale, se deve essere dato riconoscimento alla sentenza straniera per gli effetti previsti dall'articolo 12 comma 1 numeri 1, 2 e 3 del codice penale, promuove il relativo procedimento con richiesta alla corte di appello. A tale scopo, anche per mezzo del ministero di grazia e giustizia, può chiedere alle autorità estere competenti le informazioni che ritiene opportune.
2-bis. Quando il procuratore generale è informato dall'autorità straniera, anche per il tramite del Ministero della giustizia, dell'esistenza di una sentenza penale di condanna pronunciata all'estero, ne richiede la trasmissione all'autorità straniera con rogatoria, ai fini del riconoscimento ai sensi del comma 2. (2)
3. La richiesta alla corte di appello contiene la specificazione degli effetti per i quali il riconoscimento è domandato.
(1) Parole così sostituite dall'art. 53, comma 2, del D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313
(2) Comma inserito dall'art. 14 della L. 5 ottobre 2001, n. 367
Art. 731. 
Riconoscimento delle sentenze penali straniere a norma di accordi internazionali. 
1. Il Ministro di grazia e giustizia, se ritiene che a norma di un accordo internazionale deve avere esecuzione nello Stato una sentenza penale pronunciata all'estero o comunque che a essa devono venire attribuiti altri effetti nello Stato, ne richiede il riconoscimento. A tale scopo trasmette al procuratore generale presso la corte di appello nel distretto della quale ha sede l'ufficio del casellario locale del luogo di nascita della persona cui è riferito il provvedimento giudiziario straniero, o presso la Corte di appello di Roma, (1) una copia della sentenza, unitamente alla traduzione in lingua italiana, con gli atti che vi siano allegati, e con la documentazione e le informazioni disponibili. Trasmette inoltre l'eventuale domanda di esecuzione nello Stato da parte dello Stato estero ovvero l'atto con cui questo Stato acconsente all'esecuzione.
1-bis. Le disposizioni del comma si applicano anche quando si tratta dell'esecuzione di una confisca ed il relativo provvedimento è stato adottato dall'autorità giudiziaria straniera con atto diverso dalla sentenza di condanna .
2. Il procuratore generale promuove il riconoscimento con richiesta alla corte di appello. Ove ne ricorrano i presupposti, richiede che il riconoscimento sia deliberato anche agli effetti previsti dall'articolo 12 comma 1 numeri 1, 2 e 3 del codice penale.
(1) Parole così sostituite dall'art. 53, comma 2, del D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313
Art. 732.
Riconoscimento delle sentenze penali straniere per gli effetti civili. 
1. Chi ha interesse a far valere in giudizio le disposizioni penali di una sentenza straniera per conseguire le restituzioni o il risarcimento del danno o per altri effetti civili, può domandare il riconoscimento della sentenza alla corte di appello nel distretto della quale ha sede l'ufficio del casellario locale del luogo di nascita della persona cui è riferito il provvedimento giudiziario straniero, o alla Corte di appello di Roma. (1)
(1) Parole così sostituite dall'art. 53, comma 3, del D.P.R. 14 novembre 2002, n. 313
Art. 733. 
Presupposti del riconoscimento. 
1. La sentenza straniera non può essere riconosciuta se:
a) la sentenza non è divenuta irrevocabile per le leggi dello Stato in cui è stata pronunciata;
b) la sentenza contiene disposizioni contrarie ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico dello Stato;
c) la sentenza non è stata pronunciata da un giudice indipendente e imparziale ovvero l'imputato non è stato citato a comparire in giudizio davanti all'autorità straniera ovvero non gli è stato riconosciuto il diritto a essere interrogato in una lingua a lui comprensibile e a essere assistito da un difensore;
d) vi sono fondate ragioni per ritenere che considerazioni relative alla razza, alla religione, al sesso, alla nazionalità, alla lingua, alle opinioni politiche o alle condizioni personali o sociali abbiano influito sullo svolgimento o sull'esito del processo;
e) il fatto per il quale è stata pronunciata la sentenza non è previsto come reato dalla legge italiana;
f) per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona è stata pronunciata nello Stato sentenza irrevocabile;
g) per lo stesso fatto e nei confronti della stessa persona è in corso nello Stato procedimento penale.
1-bis. Salvo quanto previsto dall'articolo 735-bis, la sentenza straniera non può essere riconosciuta ai fini dell'esecuzione di una confisca se questa ha per oggetto beni la cui confisca non sarebbe possibile secondo la legge italiana qualora per lo stesso fatto si procedesse nello Stato.
Art. 734.
Deliberazione della corte di appello. 
1. La corte di appello delibera in ordine al riconoscimento, osservate le forme previste dall'articolo 127, con sentenza, nella quale enuncia espressamente gli effetti che ne conseguono.
2. La sentenza è soggetta a ricorso per cassazione da parte del procuratore generale presso la corte di appello e dell'interessato.
Art. 735. 
Determinazione della pena ed ordine di confisca. 
1. La corte di appello, quando pronuncia il riconoscimento ai fini dell'esecuzione di una sentenza straniera, determina la pena che deve essere eseguita nello Stato.
2. A tal fine essa converte la pena stabilita nella sentenza straniera in una delle pene previste per lo stesso fatto dalla legge italiana. Tale pena, per quanto possibile, deve corrispondere per natura a quella inflitta con la sentenza straniera. La quantità della pena è determinata, tenendo eventualmente conto dei criteri di ragguaglio previsti dalla legge italiana, sulla base di quella fissata nella sentenza straniera; tuttavia tale quantità non può eccedere il limite massimo previsto per lo stesso fatto dalla legge italiana. Quando la quantità della pena non è stabilita nella sentenza straniera, la corte la determina sulla base dei criteri indicati negli articoli 133, 133-bis e 133-ter del codice penale.
3. In nessun caso la pena così determinata può essere più grave di quella stabilita nella sentenza straniera.
4. Se nello Stato estero nel quale fu pronunciata la sentenza l'esecuzione della pena è stata condizionalmente sospesa, la corte dispone inoltre, con la sentenza di riconoscimento, la sospensione condizionale della pena a norma del codice penale; se in detto Stato il condannato è stato liberato sotto condizione, la corte sostituisce alla misura straniera la liberazione condizionale e il magistrato di sorveglianza, nel determinare le prescrizioni relative alla libertà vigilata, non può aggravare il trattamento sanzionatorio complessivo stabilito nei provvedimenti stranieri.
5. Per determinare la pena pecuniaria l'ammontare stabilito nella sentenza straniera è convertito nel pari valore in lire italiane (1) al cambio del giorno in cui il riconoscimento è deliberato.
6. Quando la corte pronuncia il riconoscimento ai fini dell'esecuzione di una confisca, questa è ordinata con la stessa sentenza di riconoscimento.
(1) Ora in euro.
Art. 735-bis. 
Confisca consistente nella imposizione del pagamento di una somma di denaro. 
1. Nel caso di esecuzione di un provvedimento straniero di confisca consistente nella imposizione nel pagamento di una somma di denaro corrispondente al valore del prezzo, del prodotto o del profitto di un reato, si applicano le disposizioni sull'esecuzione delle pene pecuniarie, ad eccezione di quella concernente il rispetto del limite massimo di pena previsto dall'articolo 735 comma 2.
Art. 736. 
Misure coercitive. 
1. Su richiesta del procuratore generale, la corte di appello competente per il riconoscimento di una sentenza straniera ai fini dell'esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale, può disporre una misura coercitiva nei confronti del condannato che si trovi nel territorio dello Stato.
2. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni del titolo I del libro IV riguardanti le misure coercitive, fatta eccezione di quelle dell'articolo 273.
3. Il presidente della corte di appello, al più presto e comunque entro cinque giorni dalla esecuzione della misura coercitiva, provvede alla identificazione della persona. Si applica la disposizione dell'articolo 717 comma 2.
4. La misura coercitiva, disposta a norma del presente articolo, è revocata se dall'inizio della sua esecuzione sono trascorsi sei mesi senza che la corte di appello abbia pronunciato sentenza di riconoscimento, ovvero, in caso di ricorso per cassazione contro tale sentenza, dieci mesi senza che sia intervenuta sentenza irrevocabile di riconoscimento.
5. La revoca e la sostituzione della misura coercitiva sono disposte in camera di consiglio dalla corte di appello.
6. Copia dei provvedimenti emessi dalla corte è comunicata e notificata, dopo la loro esecuzione, al procuratore generale, alla persona interessata e al suo difensore, i quali possono proporre ricorso per cassazione per violazione di legge.
Art. 737.
Sequestro. 
1. Su richiesta del procuratore generale, la corte di appello competente per il riconoscimento di una sentenza straniera ai fini dell'esecuzione di una confisca può ordinare il sequestro delle cose assoggettabili a confisca.
2. Se la corte non accoglie la richiesta, contro la relativa ordinanza può essere proposto ricorso per cassazione da parte del procuratore generale. Contro l'ordinanza che dispone il sequestro può essere proposto ricorso per cassazione per violazione di legge da parte dell'interessato. Il ricorso non ha effetto sospensivo.
3. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni che regolano l'esecuzione del sequestro preventivo.
Art. 737-bis.
Indagini e sequestro a fini di confisca. 
1. Nei casi previsti da accordi internazionali, il Ministro di grazia e giustizia dispone che si dia corso alla richiesta di un'autorità straniera di procedere ad indagini su beni che possono divenire oggetto di una successiva richiesta di esecuzione di una confisca, ovvero di procedere al loro sequestro.
2. A tal fine il Ministro di grazia e giustizia trasmette la richiesta, unitamente agli atti allegati, al procuratore generale presso la corte d'appello competente per il riconoscimento della sentenza straniera ai fini della successiva esecuzione della confisca. Il procuratore generale fa richiesta alla corte d'appello, che decide con ordinanza osservate le forme previste dall'articolo 724.
3. L'esecuzione della richiesta di indagini o sequestro è negata:
a) se gli atti richiesti sono contrari a principi dell'ordinamento giuridico dello Stato, o sono vietati dalla legge, ovvero se si tratta di atti che non sarebbero consentiti qualora si procedesse nello Stato per gli stessi fatti;
b) se vi sono ragioni per ritenere che non sussitono le condizioni per la successiva esecuzione della confisca.
4. Per l'esecuzione di indagini si osservano le disposizioni dell'articolo 725.
5. Nei casi di richiesta di sequestro, si applicano le disposizioni dell'articolo 737, commi 2 e 3.
6. Il sequestro ordinato ai sensi di questo articolo perde efficacia e la corte d'appello ordina la restituzione delle cose sequestrate a chi ne abbia diritto, se, entro due anni dal momento in cui esso è stato eseguito, lo Stato estero non richiede l'esecuzione della confiosca. Il termine può essere prorogato anche più volte per un periodo massimo di due anni; sulla richiesta decide la corte d'appello che ha dichiarato il sequestro.
Art. 738. 
Esecuzione conseguente al riconoscimento. 
1. Nei casi di riconoscimento ai fini dell'esecuzione della sentenza straniera, le pene e la confisca conseguenti al riconoscimento sono eseguite secondo la legge italiana. La pena espiata nello Stato di condanna è computata ai fini dell'esecuzione.
2. All'esecuzione provvede di ufficio il procuratore generale presso la corte di appello che ha deliberato il riconoscimento. Tale corte è equiparata, a ogni effetto, al giudice che ha pronunciato sentenza di condanna in un procedimento penale ordinario.
Art. 739. 
Divieto di estradizione e di nuovo procedimento. 
1. Nei casi di riconoscimento ai fini dell'esecuzione della sentenza straniera, salvo che si tratti dell'esecuzione di una confisca, il condannato non può essere estradato né sottoposto di nuovo a procedimento penale nello Stato per lo stesso fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado o per le circostanze.
Art. 740-bis. 
Devoluzione ad uno Stato estero delle cose confiscate. (1)
1. Nei casi previsti dagli accordi internazionali in vigore per lo Stato, le cose confiscate con sentenza definitiva o con altro provvedimento irrevocabile sono devolute allo Stato estero nel quale è stata pronunciata lqa sentenza ovvero è stato adottato il provvedimento di confisca.
2. La devoluzione di cui al comma 1 è ordinata quando ricorrono i seguenti presupposti: 
a) lo Stato estero ne ha fatto espressa richiesta;
b) la sentenza ovvero il provvedimento di cui al comma 1 sono stati riconosciuti nello Stato ai sensi degli articoli 731, 733 e 734
(1) Articolo inserito dall'art. 5, comma 1, della L. 3 agosto 2009, n. 116
Art. 741. 
Procedimento relativo al riconoscimento delle disposizioni civili di sentenze penali straniere. 
1. A domanda dell'interessato, nel medesimo procedimento e con la stessa sentenza prevista dall'articolo 734 possono essere dichiarate efficaci le disposizioni civili della sentenza penale straniera di condanna alle restituzioni o al risarcimento del danno.
2. Negli altri casi, la domanda è proposta da chi ne ha interesse alla corte di appello nel distretto della quale le disposizioni civili della sentenza penale straniera dovrebbero essere fatte valere. Si osservano le disposizioni degli articoli 733 e 734.
Capo II
Esecuzione all'estero di sentenze penali italiane
Art. 742. 
Poteri del ministro di grazia e giustizia e presupposti dell'esecuzione all'estero. 
1. Nei casi previsti da accordi internazionali o dall'articolo 709 comma 2, il ministro di grazia e giustizia domanda l'esecuzione all'estero delle sentenze penali ovvero vi acconsente quando essa è richiesta dallo Stato estero.
2. L'esecuzione all'estero di una sentenza penale di condanna a pena restrittiva della libertà personale può essere domandata o concessa solo se il condannato, reso edotto delle conseguenze, ha liberamente dichiarato di acconsentirvi e l'esecuzione nello Stato estero è idonea a favorire il suo reinserimento sociale.
3. L'esecuzione all'estero di una sentenza penale di condanna a pena restrittiva della libertà personale è ammissibile, anche se non ricorrono le condizioni previste dal comma 2, quando il condannato si trova nel territorio dello Stato richiesto e l'estradizione è stata negata o non è comunque possibile.
Art. 743. 
Deliberazione della corte di appello. 
1. La domanda di esecuzione all'estero di una sentenza di condanna a pena restrittiva della libertà personale non è ammessa senza previa deliberazione favorevole della corte di appello nel cui distretto fu pronunciata la condanna. A tale scopo il ministro di grazia e giustizia trasmette gli atti al procuratore generale affinché promuova il procedimento davanti alla corte di appello.
2. La corte delibera con sentenza, osservate le forme previste dall'articolo 127.
3. Qualora sia necessario il consenso del condannato, esso deve essere prestato davanti all'autorità giudiziaria italiana. Se il condannato si trova all'estero, il consenso può essere prestato davanti all'autorità consolare italiana ovvero davanti all'autorità giudiziaria dello Stato estero.
4. La sentenza è soggetta a ricorso per cassazione da parte del procuratore generale presso la corte di appello e dell'interessato.
Art. 744.
Limiti dell'esecuzione della condanna all'estero. 
1. In nessun caso il ministro di grazia e giustizia può domandare l'esecuzione all'estero di una sentenza penale di condanna a pena restrittiva della libertà personale se si ha motivo di ritenere che il condannato verrà sottoposto ad atti persecutori o discriminatori per motivi di razza, di religione, di sesso, di nazionalità, di lingua, di opinioni politiche o di condizioni personali o sociali ovvero a pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti.
Art. 745. 
Richiesta di misure cautelari all'estero. 
1. Se è domandata l'esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale e il condannato si trova all'estero, il ministro di grazia e giustizia ne richiede la custodia cautelare.
2. Nel domandare l'esecuzione di una confisca, il ministro ha facoltà di richiedere il sequestro.
2-bis. Il Ministro ha altresì facoltà, nei casi previsti da accordi internazionali, di richiedere lo svolgimento di indagini per l'identificazione e la ricerca di beni che si trovano all'estero e che possono divenire oggetto di una domanda di esecuzione di confisca, nonché di richiedere il loro sequestro.
Art. 746.
Effetti sull'esecuzione nello Stato. 
1. L'esecuzione della pena nello Stato è sospesa dal momento in cui ha inizio l'esecuzione nello Stato richiesto e per tutta la durata della medesima.
2. La pena non può più essere eseguita nello Stato quando, secondo le leggi dello Stato richiesto, essa è stata interamente espiata.
Avv. Antonino Sugamele

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