Un avvocato intrattiene rapporti sessuali con la segretaria minorenne. Non è reato se relazione sorge platonicamente.
Corte di Cassazione Sez. Terza Pen. - Sent. del 28.07.2011 n. 30032
Osserva
Con sentenza in data 20.05.2010 la Corte d'Appello di Catania confermava la sentenza del GIP del Tribunale di Catania 13.05.2008, appellata dal PM, con cui S. M. è stato assolto perché il fatto non sussiste dall'imputazione di cui agli art. 81 cpv, 609 quater, comma 1 n. 2 c.p. per avere, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, compiuto atti sessuali (rapporti orali) con I. B. R., di anni 14, che gli era stata affidata, per ragioni d'istruzione, essendo la stessa impiegata presso il suo studio professionale quale apprendista segretaria.
Rilevava la Corte che non era stata raggiunta la prova che l'imputato avesse compiuto atti sessuali penalmente rilevanti nel periodo 11 luglio-23 settembre 2005 in cui la minore gli era sta affidata con mansioni di segretaria, mentre era certo che rapporti sessuali erano stati consumati quanto meno l'11 ottobre 2005 quando l'affidamento era cessato.
Riscontrata l'inattendibilità della persona offesa, alla stregua delle sue evidenti menzogne su elementi essenziali della vicenda, la corte, prese in esame le lettere che la predetta aveva inviato durante il rapporto di lavoro al legale (che le esibiva al PM); le intercettazioni telefoniche e le captazioni ambientali, perveniva al convincimento dell'esistenza di una relazione, caratterizzata da reciproca attrazione sessuale e da intima confidenza durante il rapporto di lavoro, ma non sfociata nella consumazione di atti sessuali penalmente rilevanti.
In particolare, i biglietti e le letterine dimostravano che la quattordicenne si era infatuata dello S. che assecondava la sua passione amorosa platonicamente.
Non era probante l'uso in una missiva del tu, né il fatto che l'imputato avesse conservato gli scritti per parare eventuali accuse di avere consumato rapporti sessuali non consensuali.
Anche le intercettazioni telefoniche (che avevano interessato la convivente del professionista mostratasi gelosa dell'I. al punto di accusarlo di fottere con la ragazza e di appoggiarla nel culo; espressioni che la corte di merito riconduceva a un mero convincimento della convivente del quale non era stata indicata la matrice), capillarmente analizzate, non avevano svelato elementi denotanti con certezza che veri e propri atti sessuali fossero stati consumati, fatta eccezione per quanto era stato riscontrato nella captazione del l'11.10.2005, vale a dire la consumazione di un coito orale.
Dalla conversazione era emerso che S. aveva rimproverato la ragazza di averlo tradito con un suo amico e che la relazione sessuale durava da qualche giorno rimanendo però incerto se ciò fosse avvenuto anche prima del 23 settembre.
La corte territoriale, infine, non aderiva alla tesi dell'accusa secondo cui gli atti sessuali consumati la sera dell'11.10.2005 sarebbero punibili ai sensi dell'art. 609 quater comma 1 n. 2 c.p. perché riconducibili causalmente e psicologicamente a quel rapporto d'affidamento per ragioni d'istruzione che era iniziato con l'avvio di B. presso lo studio con funzioni di apprendista segretaria e che si era concluso in coincidenza della ripresa dell'anno scolastico.
Proponeva ricorso per cassazione: il PG denunciando violazione di legge e vizio di motivazione sul disconoscimento della configurabilità del reato.
A parere del PG la rilettura (eseguita mediante parziale rivisitazione dei rilievi della corte d'appello) dei dati emergenti dalle missive della minore, dalle intercettazioni telefoniche e dalle captazioni ambientali portava a opposto risultato considerando che era stata illogicamente privilegiata l'inverosimile spiegazione dell'imputato d'aver trattenuto gli scritti (in una gli veniva dato il tu) perché lo gratificavano;
- dalla conversazione tra l'imputato e B. del 22.07.2004 era emerso che essa aveva scritto che l'uomo le aveva detto “che ho la pancia sexy e un bel seno”;
- nelle conversazioni intercettate il 26.08.2005 la gelosa convivente aveva detto all'imputato «la appoggia nel culo», «gli fa i pompini», «si permette di fottere con lui»;
- dalla conversazione tra S. e B. captata il 30.08.2005 emergerebbe che il primo non aveva esplicitamente smentito alla convivente di avere commesso atti sessuali con l'apprendista;
- dalla captazione ambientale dell'11.10.2005 risultava che l'imputato sospettava che la giovane lo tradisse con un suo amico e l'aveva minacciata di lasciarla se avesse scoperto che aveva fatto un pompino ad E. con cui aveva litigato il “23 settembre 2005″.
Col secondo motivo il ricorrente denunciava erronea interpretazione del concetto di affidamento di cui all'art. 609 quater comma 1 n. 2 c.p. operante anche se non più attuale al momento del fatto, sicché gli atti sessuali commessi a rapporto di affidamento cessato potevano essere ricondotti, nel caso di specie, causalmente e psicologicamente al detto rapporto perché gli effetti della posizione di supremazia del datore di lavoro, che vizia il consenso, si proiettano oltre l'ambito spaziale e temporale del rapporto.
Chiedeva l'annullamento della sentenza impugnata.
Il primo motivo è inammissibile perché articola censure di ordine meramente fattuale, improponibili in sede di legittimità.
E' stata, infatti, avanzata una diversa ricostruzione dei fatti segnalando alcuni elementi che sono stati congruamente valutati dai giudici di merito i quali hanno adottato una decisione che non presenta alcuna lacuna motivazionale, né cadute logiche sull'esame dei dati probatori raccolti (compresa la captazione ambientale dell'11.10.2005 da cui non è dato inferire che il 23 settembre 2005 “seguendo le condivisibili considerazioni svolte dalla Corte vi era stato già il compimento di atti sessuali tra l'imputato e la minore, consistenti in rapporti orali” stante che la Corte aveva semplicemente notato che “fare un pompino è un atto sessuale evidentemente tipico e caratteristico del modo in cui, da parte dei due uomini, ci si aspetta che la l. si comporti nella relazione sessuale con loro”.
Non è, quindi, ravvisabile l'asserita illogicità della motivazione che, per essere apprezzabile come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale da essere percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese l'e deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento (Cass. SSUU n. 24/1999, 24.11.1999, Spina, RV. 214794).
Il ricorrente lamenta che i giudici di merito abbiano travisato le prove raccolte, ma la censura, priva di valide argomentazioni di supporto, si risolve in asserzioni totalmente avulse da quanto esposto con dovizia di approfondimenti dalla corte territoriale che ha vagliato le acquisizioni processuali e i rilievi dell'atto di appello ritenendoli inidonei a sovvertire la decisione di primo grado.
Pertanto la decisione sulla responsabilità, contrariamente al dedotto, non si è sottratta all'obbligo di fornire un quadro giustificativo della ritenuta non colpevolezza dell'imputato, per il periodo in cui vigeva l'affidamento della minore, in termini che certamente non possono essere tacciati d'illogicità.
Il secondo motivo è infondato.
Il delitto di cui all'art. 609 quater, comma 1 n. 2, c.p. riguarda il minore degli anni sedici ma maggiore degli anni quattordici cui è riservata una tutela rispetto a persone che su di lui possono esercitare suggestioni o condizionamenti per il presentarsi di occasioni frequenti di stretto contatto, per l'instaurarsi ne:l minore di uno speciale rapporto di fiducia; per il pericolo che egli accondiscenda alle loro richieste per assecondarle o per tema di reazioni così da determinare una limitazione della libertà di scelta.
Questa soggezione particolare impedisce di ritenere libero il consenso prestato dal minore, perché il compimento degli atti sessuali è reso possibile o agevolato dalla sussistenza delle suddette qualità e dei rapporti ivi indicati.
In sostanza, il reato si configura quando s'instaura un rapporto fiduciario che pone l'agente in una condizione di preminenza e di autorità, anche morale, dovuta al ruolo ricoperto.
Per evitare indebite estensioni, è opportuno rilevare che nel rapporto fiduciario quello che rileva è la qualità rivestita da soggetti che hanno particolari rapporti con i minori fra i quattordici e i sedici anni il cui equilibrio psichico viene alterato e che possono essere indotti a comportamenti non autonomamente ponderati e, comunque, per i quali è difficile discernere un consenso libero o plagiato.
Così individuato il concetto di affidamento, è evidente che non assumono rilievo le argomentazioni del ricorrente circa l'operatività della posizione di garanzia riconosciuta ai soggetti indicati nella norma de qua quando venga a cessare il rapporto di affidamento, come nel caso in esame, ostandovi sia il tenore letterale della stessa, sia il divieto d”interpretarla in malam partem sia il venir meno della presupposta condizione d'inferiorità psichica.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso del PG.
Depositata in cancelleria il 28.07.2011
01-08-2011 00:00
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