Provoca gravi lesioni alla figlia di tre mesi: no all’affidamento in prova ai servizi sociali
Provoca gravi lesioni alla figlia di tre mesi no all'affidamento in prova ai servizi sociali
Corte di Cassazione, sez. Prima Pen. - Sent. del 12.09.2011, n. 33770
Osserva
Con ordinanza 30/11/10 il Tribunale di Sorveglianza di Milano rigettava l'istanza di M.S. di affidamento in prova al servizio sociale e dichiarava inammissibile quella di semilibertà (pena residua da espiare, dedotti tre anni per indulto, anni tre di reclusione per maltrattamenti e lesioni gravissime, in concorso col marito, in danno della figlioletta di tre mesi di età).
Il Tribunale, considerate le gravissime condotte sanzionate con la pena da espiare (dalle quali erano derivati danni permanenti alla piccola parte lesa) e la loro estraneità ad eventuali situazioni di emarginazione sociale o di disoccupazione (non conferente, pertanto, la segnalata attività lavorativa in capo alla M.), rilevava come risultasse dalla sentenza in atti come le stesse fossero addebitabili all'estremo egocentrismo della donna, che dopo la maternità vissuta come completamento della sua personale scala di successi (matrimonio, lavoro, prima casa) aveva volto in rabbia e aggressività la frustrazione patita alle prime difficoltà nella cura della neonata. Nonostante lo stato di possidenza e il benessere economico nulla aveva versato della provvisionale di 100 mila Euro cui era stata condannata. Dalla relazione Uepe emergeva un atteggiamento, definito sconcertante dal Tribunale, di minimizzazione delle proprie responsabilità, con una considerazione distaccata dei fatti, quasi che essi interessassero altra persona. Soprattutto per tale ragione veniva esclusa una prognosi favorevole (di rieducazione), la misura alternativa potendo essere vissuta ancora una volta dal soggetto in chiave deresponsabilizzante. Di qui il rigetto dell'istanza di affidamento in prova al servizio sociale. Inammissibile, invece, quella di semilibertà.
Ricorreva per cassazione la difesa. Premesso che il Tribunale aveva fondato il proprio giudizio su dati probatori inesistenti o erroneamente interpretati (travisati), deduceva violazione di legge sostanziale e processuale e vizio di motivazione. In ordine al rigetto dell'istanza di affidamento in prova al servizio sociale lamentava: 1) l'illegittimo collegamento della personalità della condannata al reato contestato (malamente desunto dal giudizio di primo grado, superato già da quello di appello), ai fini della misura alternativa dovendosi comunque valutare le condotte successive al reato; 2) la mancata presa d'atto della piena consapevolezza della donna - emergente dalla stessa relazione Uepe - rispetto alla intervenuta condanna, tanto che la detta relazione concludeva per la potenziale utilità della misura alternativa in vista del superamento degli atteggiamenti deresponsabilizzanti ancora rilevabili nel soggetto; 3) la “assunzione di responsabilità” pretesa dal Tribunale di Sorveglianza, l'intima convinzione di innocenza del soggetto condannato non potendo essere scambiato per un atteggiamento iattante, che peraltro non emergeva da nessuna carta processuale, né potendosi pretendere una postuma confessione nel merito; 4) il preteso risarcimento del danno, laddove nulla era mai stato chiesto in tal senso dalla parte civile e non essendosi altresì considerato che l'eventuale carcerazione avrebbe fatto perdere alla condannata ogni attività lavorativa e qualunque agio economico; 5) la mancata analisi di elementi decisivi, ai fini del decidere sulla concessione della misura richiesta, quali la pericolosità sociale e il pericolo di reiterazione del reato, entrambi inesistenti; 6) il conseguente “collasso” della motivazione.
in ordine alla dichiarazione di inammissibilità dell'istanza di semilibertà deduceva la totale assenza di motivazione, benché la norma (che così veniva violata) consenta la misura lì dove manchino i presupposti previsti per l'affidamento in prova.
Concludeva per l'annullamento dell'ordinanza impugnata.
Nel suo parere scritto il PG presso la S.C. chiedeva il rigetto del ricorso nella parte in cui si doleva della mancata concessione dell'affidamento in prova (congruamente motivata dal Tribunale), chiedendo invece l'annullamento dell'ordinanza impugnata laddove aveva omesso di motivare sull'istanza di semilibertà.
Con memoria difensiva ex art. 611 c.p.p. (depositata il 19/5/11) la difesa insisteva nelle sue ragioni, confutando i contrari argomenti del PG in ordine all'affidamento in prova ed associandosi alla richiesta di annullamento con rinvio in ordine alla semilibertà.
Il ricorso, nella parte relativa all'affidamento in prova al servizio sociale, è infondato e pertanto da rigettare.
Esso, più che individuare singoli aspetti del provvedimento impugnato da sottoporre a censura, tende a provocare una nuova, non consentita disamina delle circostanze di merito, in quanto tali insindacabili in sede di giudizio di legittimità, sovrapponendo le proprie valutazioni a quelle del giudicante. Il provvedimento impugnato, peraltro, ha correttamente e congruamente valutato le ragioni che hanno determinato, allo stato, il rigetto dell'istanza.
Fondata, invece, la censura relativa all'omesso esame della subordinata istanza di detenzione domiciliare. Il provvedimento di merito la dichiara inammissibile senza indicarne (o esplicitarne) le ragioni. Esso va pertanto annullato in questa parte, con rinvio per nuovo esame al giudice competente.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente alla semilibertà e rinvia per nuovo esame sul punto al Tribunale di Sorveglianza di Milano. Rigetta nel resto.
Depositata in Cancelleria il 12.09.2011
18-09-2011 00:00
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