Fornire ospitalità ad immigrati clandestini non è reato ma niente indennizzo per l’ingiusta detenzione
Corte di Cassazione Sez. Quarta Pen. - Sent. del 02.09.2011, n. 33011
Ritenuto in fatto
Ricorre per cassazione, per tramite del difensore J. M. - assolto dal Tribunale di Bolzano con sentenza 5 febbraio 2007, divenuta irrevocabile il 22 maggio 2007, ex art. 530 cpv. cod. proc. pen., per non aver commesso il fatto da entrambi gli addebiti contestatigli, in concorso , di favoreggiamento, a fini di lucro, dell'immigrazione clandestina in Italia di cittadini pakistani e di contraffazione di autorizzazioni e certificazioni amministrative - avverso l'ordinanza in data 11 giugno 2009 con la quale la Corte d'appello di Trento - Sezione distaccata di Bolzano aveva respinto la domanda di riparazione per I' ingiusta detenzione dal predetto subita in carcere dall' 10 luglio all' 8 dicembre 2004 ed agli arresti domiciliari, con autorizzazione al lavoro, dal 9 dicembre 2004 fino aI 19 gennaio 2005, sul presupposto della sussistenza di un comportamento dell'istante connotato da colpa grave sinergica con l'emissione ed il mantenimento della misura cautelare. In esito al giudizio, il Tribunale di Bolzano aveva accertato che lo J. - scagionato dalle dichiarazioni rese in giudizio da S. A. fratello dell'istante pur con cognome diverso - aveva dato ospitalità in un appartamento sito in Bolzano, di sua proprietà, a cittadini stranieri clandestini interessati a trattenersi nel territorio dello Stato - che nello stesso avevano effettivamente soggiornato - della cui condizione soggettiva egli non poteva non essere a conoscenza, alla stregua delle molteplici convergenze indiziarie evidenziate nella stessa sentenza di assoluzione.
Censura il ricorrente l'ordinanza deducendo, con un unico motivo, il vizio di mancanza ed illogicità della motivazione.
La Corte d'appello, secondo il ricorrente, avrebbe sostanzialmente ” riletto ” la sentenza del Tribunale di Bolzano, facendo ricorso a mere supposizioni, oltreché ad indizi generici e non comprovati atteso che l'istruttoria aveva sufficientemente dimostrato che i cittadini stranieri, escussi in qualità di testi, non avevano avuto incontri con l'istante, ma con il fratello J. A., quando
costui veniva ospitato nell'appartamento sito in Bolzano via (…) di fatto quindi solo dal predetto utilizzato. In ogni caso, sottolinea il ricorrente, che l'eventuale ospitalità fornita a soggetti immigrati clandestini, benché parzialmente scorretta, non vale ad integrare, quella colpa grave che avrebbe dato causa all'applicazione della misura cautelare, essendo essa pacificamente disgiunta da qualsivoglia finalità di lucro visto che lo J. non aveva intascato alcuna somma di danaro.
Costituendosi in giudizio a ministero dell'Avvocatura Generale dello Stato, il Ministero dell'Economia e delle Finanze con memoria in atti ha richiesto il rigetto del ricorso.
Il Procuratore Generale con requisitoria scritta in atti ha concluso per il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso non merita accoglimento.
Contrariamente agli assunti del difensore, l'ordinanza impugnata è del tutto immune dai denunziati vizi motivazionali.
La Corte distrettuale si è infatti correttamente attenuta, nell'esame critico e nella valutazione selettiva degli elementi utilizzati per giungere alla pronunzia di rigetto dell'istanza, ai principi fissati in subiecta materia dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte 13 dicembre 1995, S., secondo cui l'approccio valutativo al quale il giudice dell'equa riparazione deve sottoporre il medesimo materiale deve atteggiarsi in modo del tutto differente rispetto a quello che deve seguire il giudice della cognizione al fine di stabilire se determinate condotte costituiscano o meno reato. Il Giudice della riparazione è invece tenuto a verificare - con valutazione ex ante - se le stesse hanno rivestito un ruolo condizionante agli effetti della produzione dell'evento dannoso ovverosia dell'emissione e dell'eventuale mantenimento del provvedimento restrittivo della libertà personale. Ed ha altresì fatto corretta applicazione, come osservato dal Procuratore Generale nella requisitoria scritta, dei principi enunciati dalle Sezioni Unite penali di questa Corte con altra sentenza n. 34559 del 2002 secondo cui il giudice della riparazione deve fondare le proprie statuizioni su fatti concreti e precisi e non su mere supposizioni, valutando tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza od imprudenza al fine di stabilire ex ante non se le stesse integrino estremi di reato, ma solamente se siano state il presupposto che abbia ingenerato, anche in presenza di errore dell'autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale dando luogo alla detenzione con rapporto di causa effetto.
Orbene, la Corte distrettuale ha dato specificamente atto degli elementi di prova evidenziati dalla sentenza di assoluzione emessa dal tribunale di Bolzano ed in particolare della acclarata circostanza dello status dell'istante di proprietario dell'appartamento ( sito in Bolzano, via …) nel quale molti cittadini pakistani, entrati clandestinamente nello Stato avevano trovato accoglienza e soggiornato per periodi prolungati, peraltro confermando che lo J. si era fattivamente ingerito nel favorire il loro ingresso illegale e soggiorno nello Stato. Ed ha altresì sottolineato del tutto correttamente che l'assoluzione ” nel merito ” dello J. era stata determinata dal sostanziale difetto di completezza ed esaustività del riferito quadro probatorio ed indiziario. Ne discende che del tutto condivisibile va ritenuto l'assunto conclusivo cui è pervenuta la Corte distrettuale laddove ha opportunamente rimarcato che i richiamati elementi indiziari” a carico” dell'istante, benché non idonei a fondarne I' affermazione di penale responsabilità in ordine ai delitti ascrittigli, valevano tuttavia ad integrare una condotta gravemente e macroscopicamente negligente ed imprudente tale da ingenerare negli inquirenti un'erronea rappresentazione della correità dello J. sì da giustificare, pertanto, l'emissione del provvedimento restrittivo della libertà personale, stante l'indubbia relazione di causa ad effetto tra dette condotte e l'adozione di quest'ultimo.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché alla rifusione delle spese in favore dell'Amministrazione resistente, come in dispositivo liquidate.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese in favore dell'Amministrazione resistente e liquida le stesse in euro 750,00.
Depositata in Cancelleria il 02.09.2011
06-09-2011 00:00
Richiedi una Consulenza