Il mandato d'arresto europeo non può essere eseguito quando nei confronti della persona ricercata dall’autorità giudiziaria estera sia in corso un procedimento penale in Italia per lo stesso fatto.Sentenza 16-23 novembre 2010, n. 41370
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE VI PENALE
Sentenza 16-23 novembre 2010, n. 41370
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza in data 4 ottobre 2010, la Corte di appello di Torino disponeva la consegna di R.I.P., cittadino bulgaro, all'a.g. della Repubblica di Bulgaria, nei confronti la Procura Regionale di Pazardzhik aveva emesso in data 26 luglio 2010 mandato di arresto europeo (MAE) per la esecuzione della sentenza di condanna alla pena complessiva di anni uno, mesi dieci di reclusione emessa dal Tribunale Regionale di Pazardzhik in data 23 aprile 2009, divenuta irrevocabile il 17 marzo 2010, per vari fatti (commessi tra l'****) di reclutamento di donne da avviare alla prostituzione.
2. Osservava la Corte di appello che il P. aveva in quella stessa udienza camerale espresso consenso alla consegna e che il procedimento pendente in Italia in grado di appello (dopo la condanna ad anni otto e mesi otto di reclusione pronunciata dal G.u.p. di Torino in data 17 febbraio 2010), per fatti "parzialmente identici", avrebbe potuto proseguire in contumacia dell'imputato.
3. Ricorre per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Torino.
3.1. Con un primo motivo, denuncia la mancata applicazione della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18, comma 1, lett. p), posto che i fatti a base del MAE risultano essere stati parzialmente commessi in Italia, come si ricava dal procedimento penale qui pendente a carico del P. per tratta di persone e sfruttamento della prostituzione, in danno tra l'altro di due delle ragazze che figurano quali persone offese nel procedimento davanti all'a.g. bulgara.
3.2. Erronea applicazione dell'art. 24 della citata legge, in quanto, comunque, la Corte di appello non ha valutato se rinviare la consegna fino all'esito del procedimento penale pendente in Italia a carico del P..
Motivi della decisione
1. Il ricorso appare fondato.
2. Quanto al primo motivo, va osservato che la Corte di appello non ha affrontato il tema della coincidenza tra i fatti oggetto della richiesta di consegna e quelli per i quali pende a carico del P. procedimento in Italia.
Stando agli atti, appare che il P. è stato condannato dall'a.g. italiana per un'attività, rubricata ai sensi degli artt. 600 e 601 cod. pen., di reclutamento in Bulgaria di ragazze da avviare alla prostituzione in Italia, nei confronti delle quali egli aveva usato violenza e minaccia, trasportandole dalla Bulgaria a Torino via Austria.
Egli è stato inoltre condannato per il conseguente sfruttamento della prostituzione, commesso in territorio italiano, ai sensi della L. n. 75 del 1958, art. 3.
La prima imputazione appare coincidere sostanzialmente con i fatti descritti nel MAE, nel quale, sotto la rubrica "reclutamento e trasporto di persone con la finalità del loro impiego per il compimento di atti depravati", si fa riferimento ad analoga condotta posta in essere dal P. nelle medesime circostanze di tempo e di luogo e a carico, almeno in parte, delle stesse persone offese ( D.S.T., D.V.D., G. T.N.).
Considerata tale coincidenza, viene in causa la previsione della L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 18, comma 1, lett. o), che fa divieto di consegna della persona ricercata se per lo stesso fatto è in corso in Italia procedimento penale, a meno che il MAE concerna, come nel caso in esame, l'esecuzione di una sentenza definitiva di condanna.
Ne consegue che, ricorrendo tale ultima situazione, non sussisterebbero ostacoli alla consegna.
La Corte di appello non ha esaminato questo aspetto, su cui si impone dunque una nuova valutazione, fermo restando che se si dovesse ritenere che la condotta di reclutamento contestata coincide interamente con quella presa in esame dalla sentenza di condanna emessa dall'a.g. bulgara, non potrebbe farsi luogo alla consegna, in forza della citata disposizione.
3. Con riferimento, poi, al reato di sfruttamento della prostituzione, non oggetto del MAE, e per il quale pende procedimento in Italia, erroneamente la Corte di appello ha osservato che non sussistono ostacoli alla consegna, in quanto "il processo pendente in Italia in grado di appello per fatti parzialmente identici potrà proseguire in ... contumacia". Infatti, una volta effettuata la consegna del P. all'a.g. bulgara per l'esecuzione della pena inflittagli, il suo stato di detenzione all'estero integra un impedimento ostativo alla celebrazione del processo contumaciale in Italia (v. per tutte Sez. U, n. 45276 del 30/10/2003, dep. 24/11/2003, imp. Andreotti, Rv., 226098; Sez. U, n. 21035 del 26/03/2003, dep. 13/05/2003, imp. Caridi, Rv. 224133).
La Corte di merito avrebbe dovuto invece valutare, in applicazione della L. n. 69 del 2005, art. 24, comma 1, se rinviare la consegna per consentire la definizione del processo pendente in Italia a carico del P., attraverso una considerazione dei parametri (in particolare, stato del procedimento, gravità dei fatti, entità della pena da scontare) individuati dalla giurisprudenza (v. tra le altre, Sez. 6, n. 22451 del 03/06/2008, dep. 05/06/2008. imp. Viscuso, Rv. 239943; Sez. 6, n. 45647 del 25/11/2009, dep. 26/11/2009, imp. Munteanu, Rv. 245486).
4. Si impone pertanto l'annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Torino, che dovrà riesaminare all'esito di nuovo giudizio i punti sopra indicati.
5. La Cancelleria provvederà a norma della L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Torino per nuova deliberazione.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 22, comma 5.
30-12-2010 00:00
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